Libia: il Consiglio nazionale di transizione e il suo sito nel Surrey
Il sito della “Repubblica libica”, o meglio del “Consiglio nazionale di transizione” (المجلس الوطني الانتقالي) della Repubblica Libica è un’installazione di WordPress, stile Twentyten.
E’ stato creato il 6 marzo scorso a Guildford, nel Surrey (GB) tramite bytehouse, un provider che protegge i suoi server presso the Bunker, una società che ha un vero e proprio bunker pieno di server nel Kent, a Sandwich.
La data di creazione del sito coincide con la data di creazione del Consiglio o meglio con l’accordo fra due (fra le diverse) anime dell’insurrezione nel crearlo, impersonate dall’ex Ministro della giustizia di Gheddafi, Mustafa Abdul Jalil (che presiede), e dall’avvocato-attivista per i diritti umani Abdul Hafez Ghoga (che vice-presiede).
L’unico contatto che abbiamo per raggiungere le persone che hanno gestito l’accensione di questo sito è un numero di telefono: +44.1483307527.
Digitandolo su google non si arriva a niente, a meno che non siate dei complottisti professionisti, e io non ho provato a telefonare: si tratta del recapito telefonico del “gestore di identità”, gente di Guilford che ti risponderà: “Sorry, Identity Protect Limited“.
Il curatore di “I invented the intertubes” si chiede più o meno: “chi c’è dietro a ‘sta monnezza?”
Anch’io me lo chiedo, e vi spiego perché: quel sito potrei averlo fatto io, potresti averlo fatto tu, caro lettore, potrebbe averlo fatto chiunque.
E una cosa è Sandmonkey che scrive dal Cairo nei giorni della rivolta (peraltro la sua identità è ben chiara), una cosa è un Consiglio Nazionale di Transizione della neonata Repubblica Libica alla cui legittimazione da parte di Sarkozy (4 giorni dopo la sua nascita) segue un bombardamento aereo.
Passiamo ai contenuti, la cui disamina rafforza il senso di spaesamento:
- nella sezione “home” c’è una paginetta di benvenuto che riporta la “presa di posizione” del Consiglio;
- nella sezione su “che cos’è il Consiglio” c’è un’altra paginetta dello stesso tenore;
- nella sezione “membri del consiglio” si dice che essi sono 31 ma che per ragioni di sicurezza se ne elencano 9 (più uno, il capo dell'”esercito”);
- nelle news, sito in inglese, non c’è niente. Nelle news in arabo ce n’è una del 9 marzo sulla decisione di formare il Consiglio;
- nella sezione “alleanze” si pubblicano 6 video in cui personaggi di diverso tipo, da soli o accompagnati da uno o più personaggi e acclamati o meno da un numero molto variabile di persone, dichiarano in maniera più o meno formale la loro aderenza al progetto del Consiglio;
- nella sezione “mappa della rivoluzione” compaiono due cartine con bandierine verde (Gheddafi) e rosso-nera-verde (insorti) su città e paesi;
- nella sezione “media” in inglese ci sono delle foto non descritte in alcun modo se non dal nome del file. Si vedono persone – forse sono parte del Consiglio? – attorno a una nave che batte bandiera rossoneraverde, o attorno a un aeroplano. Si vedono bambini che indossano una pettorina di un “gruppo per la difesa della città di Bengasi”. Giovani e bambini che fanno la V di vittoria o puliscono strade. Strade piene di manifestanti. Un fantoccio con su scritto “Gheddafi” impiccato a un cornicione. Nella sezione “immagini e video” in arabo c’è una collezione di video fra il documentale e il propagandistico.
- Nella sezione “contatti” ci sono 4 indirizzi di posta elettronica.
Non so, chiedo lumi a voi.
https://in30secondi.altervista.org/2011/03/22/libia-il-consiglio-nazionale-di-transizione-e-il-suo-sito-nel-surrey/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/51623861_011411832-1.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/51623861_011411832-1-150x150.jpgIn fiammeabd al-hafez ghoga,bytehouse,consiglio nazionale di transizione della repubblica libica,Guilford,libia,moammar gheddafi,mustafa abdul jalil,sandmonkey,surrey,the bunker,twentyten,wordpress
mi associo alla richiesta di Lumi … a parte questo, è necessaria a parer mio una continua opera di monitoraggio nel web … dalla confusione attuale traggono profitto solamente i Secret Service
E ti domando, Lorenzo: quindi? Cui Prodest?
Tra l’altro ti domando profanamente cosa intendi per “complottismo”. Forse Popper non è mica stato capito molto bene.
Non è forse un complotto ciò che sta accadendo in Libia?
1) Chi ha armato fino ad ora i ribelli erano potenze occidentali, sempre che non si voglia tralasciare il punto delle armi.
2) Poiché anche così i ribelli della Cirenaica non sono riusciti a prendere possesso del territorio, gli attori internazionali che avrebbero voluto formalmente evitare di disvelare la propria funzione di supporto armato hanno dovuto cedere all’intervento lampo con una risoluzione dell’ONU volutamente ambigua, e quindi omniautorizzante.
3) Il sito web è la metafora quindi della consistenza della rivolta libica. Un costrutto occasionale che non pare avere né capo né coda, né sostanza. Fatto fa altri per altri.
O sono in errore?
> E ti domando, Lorenzo: quindi? Cui Prodest?
certamente a Sarkozy, che ha riconosciuto il Consiglio, e agli inglesi, che hanno bomabrdato per primi.
> Tra l’altro ti domando profanamente cosa intendi per “complottismo”.
> Forse Popper non è mica stato capito molto bene.
In quel caso mi riferifo al fatto che cercando quel numero su google si trovano link all’English Defense League, ad esempio. La qual cosa non ha alcun significato, a meno che non ci sia qualcuno che voglia legare le cose disegnando un super-complotto che non esiste.
> Non è forse un complotto ciò che sta accadendo in Libia?
I complotti ci sono, d’accordo, ma è bene cercare di definirne i confini altrimenti si dicono cose profondamente stupide.
> 1) Chi ha armato fino ad ora i ribelli erano potenze occidentali,
bisogna vedere come e in che forma. anche Gheddafi è stato armato dalle potenze occidentali fino a ieri. hai modo di disgiungere i due dati? Se scoprissimo ad esempio che le armi ribelli sono tutte francesi e inglesi fatte passare ieri in Libia il dato avrebbe un senso.
> sempre che non si voglia tralasciare il punto delle armi.
chi ne ha notizia ne parli, please, è ovviamente un elemento chiave
> 2) Poiché anche così i ribelli della Cirenaica non sono riusciti a prendere possesso
> del territorio, gli attori internazionali che avrebbero voluto formalmente evitare di disvelare
> la propria funzione di supporto armato hanno dovuto cedere all’intervento lampo con una
> risoluzione dell’ONU volutamente ambigua, e quindi omniautorizzante.
è probabile, non ho elementi per confermarlo, ma è probabile.
> 3) Il sito web è la metafora quindi della consistenza della rivolta libica.
un po sì
> Un costrutto occasionale che non pare avere né capo né coda, né sostanza.
o comunque non sufficiente a ricevere un immediato riconoscimento da parte di un paese come la Francia se non in un’ottica in cui la Francia cercava e ha trovano un modo per entrare il prima possibile in Libia.
> Fatto fa altri per altri.
> O sono in errore?
Potremmo essere in errore, ma di questi tempi non possiamo andare più a fondo: siamo soggetti alla propaganda di guerra.
In questi tempi siamo soggetti alla propaganda di guerra.
Parole sante.
Però insisto nel dire che il governo di Bengasi, pur con tutti i suoi limiti, non è eterodiretto dall’occidente e non è stato molto appoggiato, concretamente (che la penna uccida più della spada lo dice solo chi non ha mai visto una guerra), fino a tempi molto prossimi.
Solo la Francia (e l’Inghilterra) si sono un po’ sbilanciate prima della risoluzione ONU, ma il loro aiuto, se comparato ad altri nel loro passato di potenze neo-coloniali, è stato robetta.
Di armi fino alla settimana scorsa o non ne hanno mandate, o ne hanno mandate poche, non in quantità (e qualità) tali da influire sui combattimenti.
Le armi degli insorti erano, in linea di massima, le armi standard dell’eserecito e della polizia libica (quest’ultima un po’ meglio armata nella categorie delle armi leggere, in parte di produzione belga e non sovietico-cinese-sud africana-brasiliana come il resto dell’arsenale). Se le sono prese da soli, man mano che conquistavano le caserme oppure che i reparti dell’esercito disertavano a favore degli insorti.
Se l’occidente li avesse armati probabilmente avrebbero vinto.
Inoltre insisto nel dire che i dati militari della rivolta non parlano di una “rivolta della Cireanica”, ma di una “rivolta della Libia”.
In Tripolitania e a Shaba erano concentrati i migliori reparti dell’élite libica, sia quelli controllati da polizia e servizi segreti, sia quelli dell’esercito controllati dai parenti di Gheddafi. Questi reparti sono risuciti a riprendere la situazione rapidamene (3-4 giorni) con un bilancio di cui, oggettivametne, sappiamo poco.
Però ancora molte città della Tripolitania (ma nessuna del Fazzan) sono in mano ai ribelli, o sono state perse nell’ultima settimana.
I reparti di Al Senussi (un cugino, se non erro di Gheddafi, l’unica formazione d’èlite presente in Cireanica) di stanza a Bengasi si sono invece ammutinati, unendosi ad altri reparti militari passati agli insorti in pezzi importanti della Cireanica (come anche a Misurata).
In Cireanica erano di stanza i reparti meno fedeli (tenuti, infatti, lontani dalla capitale per questo, è almeno dal 1985 che Gheddafi teme un golpe militare) e meno ben armati dell’esercito Libico; passando ai rivoltosi hanno reso possibile la loro “vittoria”, o meglio hanno reso impossibile alla polizia ripristinare “l’ordine”.
In tutto questo il peso dell’occidente fu molto scarso, per non dire nullo.
Fino a una ventina di giorni fa, bene o male, Gheddafi era il nostro bastardo a Tripoli. Ed era anche il bastardo degli USA, UK e Francia, proprio come oggi gli USA hanno un bastardo in difficoltà in Yemen.
Il motivo per cui Gheddafi è stato scaricato, a mio avviso, è la forza della ribellione che lo ha travolto; che ha fatto pensare all’occidente quanto sarebbe stato problematico trattare con i ribelli, se non li avessero appoggiati.
Complotto o non complotto? Forse non bisognerebbe trascurare un approccio metodologico interessante, che deriva dal celebre (e sempre valido) Rasoio di Occam. Si chiama Rasoio di Hanlon, ed è sintetizzato nel mirabile adagio: «Never attribute to malice that which can be adequately explained by stupidity».
@Mizam: assolutamente. Io voglio sottolineare con questo post la sproporzione che c’è fra una presentazione (il sito) e la sua base tecnologica (dilettantesca). La domanda è: ci dobbiamo/possiamo fidare di un sito del genere per determinare l’effettiva esistenza di un “governo dei ribelli” coerente, esteso, partecipato e condiviso?
Quel che è certo è che da un punto di vista giuridico con questa risoluzione dell’Onu si è gettato a mare buona parte del diritto internazionale. E dispiace dirlo ma da un punto di vista giuridico (Carta Onu, art. VII) è corretto Gheddafi nel chiedere il cessate il fuoco. Di diritto i bombardamenti dei Volenterosi e l’azione di Gheddafi contro i rivoltosi, non sono atti equiparabili.
Inoltre è molto sospetto il fatto che Gheddafi chieda da settimane ispettori dell’ONU sul territorio libico e che alla ragionevole richiesta sia seguito un silenzioso ma fermo no.
Fa bene Lorenzo a storcere il naso sulla carta d’identità dei ribelli quando appaiono online credenziali così sospette. Ma se davvero i massacri da parte di Gheddafi avessere avuto la strombazzata portata che i media hanno attribuito loro, gli ispettori ONU ne avrebbero certificato l’obiettiva esistenza, concedendo così una sostanziosa credibilità a tutta l’operazione militare – che giuridicamente è illegale, almeno rispetto alla letteratura delle decisioni ONU a riguardo di rivolte interne a Stati sovrani.
Be’, per essere riconosciuta un’autorità non ha l’obbligo di registrare un sito. Piuttosto la domanda è, come si può muovere azioni offensive verso una nazione, solo una settimana dopo i “primi contatti diretti” con il CNL (fonte ONU)?
E’ palese che questo è un attacco premeditato.
Perpongo che sono decisamente contrario all’intervento ONU.
(che viola diversi punti salienti dal diritto internazionale, e ne violerebbe ancora di più se questo non fosse stato modificato nel 2005).
(ma andrebbe anche aggiunto che il diritto internazionale è, e deve essere, cinico e, fino a poco tempo fa, sostanzialemente indiferente ai diritti umani, purtroppo devo anche aggiungere che era meglio così)
Però questo non è un intervento “premeditato”, lo dimostrano i modi caotici con cui sta avvenendo, la crisi di comando e le numerose incognite che lo accompagnano.
Inoltre esiste un vero problema pratico nell’invio degli ispettori: il tempo.
Se l’intervento fosse stato posticipato di una settimana gli ispettori avrebbero potuto certificare che i massacri erano avvenuti ed erano finiti.
Erano finiti perché i ribelli avrebbero potuto perdere, nel frattempo, molte città ed essere ridotti alla galera, al cimitero e alla guerriglia sulle montagne verdi.
Il Kosovo ci insegna a dubitare.
Nel 1999 le TV occidentali ci parlavano di una pulizia etnica da centinaia di migliaia di morti, ricordo che si iniziò a parlare di milioni di profughi (il Kosovo aveva 1,8 milioni di abitanti al massimo) e milioni o almeno centinaia di migliaia di morti (la cifra di 100.000 era frequente).
Quando andai laggiù, subito dopo la guerra, potei constatare tre cose:
1) I massacri ci furono, riguardarono alcune migliaia di civili uccisi (dai 2.000 ai 10.000 a seconda della fonte) e altre migliaia (dalle 2.000 alle 20.000 a seconda della fonte) di donne stuprate (e furono seguiti da analoghi massacri e stupri ai danni dei serbi e di non pochi albanesi collaborazionisti). Vedere dal vivo una fossa comune è veramente angosciante, tutti quegli uomini, con date di nascita sparse nell’arco di 80 anni, morti lo stesso giorno; cancella immadiatamente tutti i commenti del tipo “a 2000 morti invece che 100.000”, insomma le dimensioni non contano un gran che di fronte all’orrore.
2) Gli eccidi iniziarono solo dopo la guerra, non prima, ovvero la guerra fatta per fermarli (quando non esistevano) li aveva resi possibili. Va anche aggiunto che il Kosovo pre guerra non era un paese tranquillo, c’era una forte discriminazione anti albanese (ma non c’era, come oggi, uno stato etinico). Inoltre forme di pulizia etnica attenuate durano ancor oggi, ai danni dei Serbi, oltre che di altre comunità etniche (come zingari e montenegrini). Mentre ero a Gorasdevach, ogni tanto (mai in mia presenza, per fortuna), gli albanesi tiravano un colpetto di mortaio appena fuori l’abitato, per far paura ai Serbi di quell’enclave. Comunità più piccole ed isolate sono ormai fuggite altrove.
3) I danni materiali del conflitto furono immensi, nel 1999 quasi tutte le fattorie del Kosovo (e tutte le moschee, tra cui la spelendida moschea turca di Pec-Peje) erano bruciate, i bombardamenti NATO misero la cigliegina sulla torta e polverizzarono alcune infrastrutture statali (anche di pubblica utilità). I danni sono continuati anche dopo la fine della guerra, questa volta a carico delle architetture “slave”. In quelle terre, dodici anni dopo, non c’è ancora né pace, né stabilità, né sviluppo economico e se la comunità internazionale se ne va non c’è alcuna garanzia che tutto non torni come prima.
Inoltre il Kosovo ci insegna che gli ispettori ONU non sono neutrali, anzi il conflitto in quel caso nacque grazie ad un rapporto falso su atrocità in parte inventate e in parte notevolmente esagerate ai danni della popolazione civile e dei guerriglieri (terroristi se preferite) dell’UCK fatti prigionieri.
Il che non vuol dire che gli ispettori ONU in altre occasioni non abbiano fatto un lavoro egregio e meritorio, ma la situazione libica era troppo compromessa militarmente da un lato, mentre dall’altro il grado di neutralità della comunità internazionale sulla vicenda è basso.
La situazione del Kosovo è però diversa da questa, per molti motivi (in Kosovo l’ONU si dichiarò contrario alla guerra ad esempio), non ultimo il fatto che quella guerra era evitabile mentre la guerra civile in Libia esiste da un mese.
Ovviamente la tendenza ad esagerare della nostra propaganda esiste. Per esempio in questi giorni si parla di stupri di massa progettati od eseguiti ai danni dei ribelli (con tanto di viagra e profilatici forniti dai Gheddafiani ai loro mercenari), sarà vero? Ho qualche dubbio, anche se al peggio non c’è mai fine.
Inoltre ho omesso buona dalle mie relazioni buona parte di ciò che riguarda i mercenari di Gheddafi perché le informazioni che li riguardano sono assai poco neutrali. Infatti c’è chi parla di un coinvolgimento diretto di Zimbawe, Eritrea, Siria e Chad nella guerra libica già da un mese, oppure chi accusa il governo Nigeriano (e, in maniera minore, quelli Serbi e Bielorussi) di aver acconsentito al reclutamento di mercenari sul suo territorio, divenendo di fatto complice in un conflitto che sarebbe, ipso facto, internazionale. Eppure parla del coinvolgimento di una ditta di sicurezza isrealiana. Tutte queste informazioni sono prive di conferme certe e spesso vengono da fonti pregiudiziali verso queste nazioni (alcune delle quali non godono di buona stampa per ottimi motivi).
Invece la propaganda ha giocato un altro ruolo nel far calare il silenzio sulle atrocità commesse dai ribelli.
Queste non mi stupiscono nè “scandalizzano”, in una guerra civile succede spesso che non si facciano prigionieri, se anche solo la metà delle notizie sulle atrocità commesse dai regolari sono vere (e molte di queste sono confermate da più fonti indipendenti ed autorevoli) è abbastanza scontato che quando i ribelli catturano un lealista si vendichino, o almeno non rispetteranno con lui il trattato di Ginevra. La vendetta è, purtroppo, un sentimento naturale.
Infine l’identità politica dei ribelli resta un enigma, su questo non si discute; sebbene a me sembri che ci sia tutto un arco costituzionale tra le forze di Bengasi, un CLN in cui stanno accanto l’islamista ed il monarchico con il democratico e il repubblicano.
Il fatto che molte democrazie appoggiano il governo di Bengasi spinge l’evoluzione politica di quello stato in una direzione, emarginando altre opzioni, che però credo restino sul tavolo.
Tutte queste questioni si vedranno tra un anno o due, quando il governo provvisorio andrà in soffitta e sara sostituto con……..?…….
P.S.
è notizia di poco fa che la Francia aveva contatti, per un dopo Gheddafi, con ufficiali libici già da diversi mesi.
Però questa non è una notizia da fraintendere, probabilmente ha contatti da anni e anni con ufficiali siriani per un dopo Assad, ma non li ha mai concretizzati.
Li tiene per sicurezza, come tutte le potenze.
D’accordo sul fatto che non c’è “premeditazione” ma “preparazione”. Grazie Valerio per il tuo escursus sul Kosovo, ho imparato diverse cose ;-)
Allora aggiungo qualche altra informazione sul Kosovo.
Proprio per chiarire che cosa è la preparazione e la premeditazione.
In Kosovo in quella che potremmo definire “fase 1” (e che probabilmente risale all’epoca di Dayton, il 21 novembre 1995) gli USA ed altri loro partner decisero di sbarazzarsi della leadeship serba tramite anche un eventuale intervento militare.
Poi, verificata la situazione esplosiva in Kosovo, fecero in modo che lì si recasse una commissione ONU, coinvolsero l’OCSE e crarono un comitato ristretto tra 5 potenze per concertare politiche comuni (in teoria, in pratica per far rimanere la questione aperta).
Contemporaneamente iniziarono i preparativi militari, in parte semplicemente lasciando in piedi l’apparato costruito ai tempi della Bosnia, pochi mesi prima.
Le missioni sul campo degli osservatori, quella ONU prima, e quella OCSE poi, (“fase 2”) furono pilotate ed avvennero dopo un periodo in cui gli attacchi dell’UCK erano stati quanto meno incoraggiati dietro le quinte.
In particolare “il massacro di Rack”, descritto dalla missione OCSE come avvenuto ai danni di 45 civili il 15 gennaio 1999, potrebbe non essere mai avvenuto, oppure aver riguardato miliziani dell’UCK e civili che si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato in un’operazione anti terrorismo molto “dura”.
Un tipo di operazioni che almeno due paesi NATO (UK in Irlanda fino alla fine dei ’70, Turchia in Kurdiastan tutt’ora) non disdegnano completamente.
Dopo di che l’ONU condannò con veemenza ma tentennò nell’inasprire le (già molto dure) sanzioni contro la Serbia, per il veto Russo. Già si tessevano i fili di un intervento NATO (che molte nazioni dell’alleanza avrebbero volentieri evitato, ed infatti evitarono).
Contemporaneamente gli apparecchi di prima linea vennero portati da circa 80 a 250, e fu potenziato il dispositivo navale in Adriatico. (per dirne una non siamo ancora a quota 250 in Libia).
Quindi si propose una mediazione diplomatica (Rambouillet, “fase 3”, febbraio 1999) fasulla e volutamene provocatoria fino a livelli irricevibili per i serbo-montenegrini. Questo serviva per far sembrare la dirigenza Serba più colpevole, attribuendogli il fallimento delle trattative.
Il bello è che inizialmente le trattative erano andate relativamente bene, dimostrando che con un po’ di buona volontà tutti gli attori del processo sarebbero riusciti ad evitare il conflitto.
Tra l’altro in questa trattativa si imponeva, improvvisamente e come provocazione, alla Jugoslavia il riconoscimento l’UCK come interlocutore (senza più dare forti garanzie sul suo disarmo, come invece era stato proposto all’inizio), mentre le truppe NATO, come controllori del trattato, avrebbero avuto pieno accesso a tutta la confederazione, senza limitazioni. Ovvero la sovranità nazionale sarebbe stata cancellata completamente e il gruppo, terroristico per Belgrado, dell’UCK si sarebbe rafforzato mentre il governo avrebbe dovuto mantenre un rigido cessate il fuoco unilaterale.
Inoltre la quota di autonomia da concedere al Kosovo non era affatto chiara, ma sembrava molto superiore a quella vigente prima del 1990 o anche a quella richiesta da diversi gruppi di nazionalisti albanesi moderati.
Intanto il dispositivo militare USA iniziava ad essere rinforzato (sopratutto nella logistica, ammassando bombe), stante però una grave sottovalutazione delle capacità militari serbo-montenegrine (sottovalutare il nemico pare sia una specialità del pentangono, forse dovuta al fatto che rapporti più realistici renderebbero più difficile entrare in guerra).
Inoltre nel 1998-1999 i guerriglieri-terroristi-narcos dell’UCK e del KLA ricevettero assistenza in armi ed informazioni, contribuendo a far salire la tensione e provocando le prime rappresaglie Serbe (ottimo materiale di propaganda); vi furono, in risposta, molti scontri nella zona di Pec-Peje, inclusi alcuni attentati terroristici spettacolari dell’UCK nel dicembre 1998 che la Jugoslavia non poteva lasciare impuniti.
Sopratutto il ruolo dei servizi segreti inizia, ora, ad essere compreso, visto che hanno passato tutto il triennio 1996-1999 a favorire il riunificarsi dei numerosissimi gruppi di guerriglieri-terroristi albanesi (UCK, KLA,FARK, …) cercando di diminuire le differenze ideologiche (che andavano dal maoismo al islamismo radicale). Inoltre queste organizzazioni smisero, magicamente, di essere classificate come terroristiche e divennero “combattenti per la libertà” . Può darsi che anche i sauditi abbiano avuto un ruolo in tutto ciò, ma credo fosse molto modesto, più grande invece fu il contributo albanese.
Le settimane successive a Rambouilliet trascorsero nel forsenato tentativo di avere un appoggio ONU, oltre che nella ricerca dell’appoggio Italiano (che arrivò, of course) e Greco (che invece non arrivò). Grossi pezzi dell’ONU ancora una volta presero le distanze dall’unilateralismo della NATO e criticarono apertamente l’atteggiamento provocatorio degli USA (Cina e Russia sopratutto, ma non solo e non solo paesi compromessi con la Jugoslavia).
Probabilmente a marzo gli USA inviarono (dalla Macedoni) alcuni corpi speciali, già prima della dichiarazione di guerra. In Kosovo, tre di loro furono catturati il 31 marzo. Anche alcuni mercenari (ex SAS o ex Legione Straniera) entrarono in Kosovo subito prima dell’ultimatum.
Quindi, dopo l’ennesimo ultimatum si arrivò ai primi voli offensivi (24 marzo 1999), che crebbero rapidamente d’intensità mobilitando le riserve (già pre posizionate in buona parte) da 250 apparecchi e 200 sortite offensive al giorno a 1000 apparecchi e 600 sortite offensive al giorno (coinvolgendo, come base, anche l’Ungheria, cosa inizialmente non prevista).
L’inaspettata resistenza serbo-montenegrina spinse gli USA a intensificare i bombardamenti (mentre stancò molti alleati occidentali), oltre cha a predisporre i piani per un intervento di terra (truppe, carri, elicotteri) dall’Albania (altra cosa inizialmente non prevista, ma che contribuì a fare una forte pressione psicologica sulla dirigenza jugoslava).
Attorno al 26 marzo inizia la pulizia etnica ai danni degli albanesi, con l’arrivo in Kosovo dei paramilitari serbi (feccia), attorno al 30-31 i massacri di civili diventano una realtà diffusa.
Fin verso il 20 Aprile i bombardamenti NATO si distribuiscono tra un 2/3 sul Kosovo e 1/3 sul resto della Yugoslavia, inziano a moltiplicarsi le vittime civili (molte delle quali kosovari di origine albanese), man mano che le truppe Yugoslave diventano più abili a non farsi localizzare.
In particolare ho potuto vedere diversi vecchi T-36 usati come falsi bersagli, mentre le truppe Serbe si spostavano utilizzando non mezzi militari, ma pulman di linea e treni.
Il risultato fu che i pulman e i treni divennero obbiettivi, con tutti i tragici errori che ben conosciamo (quando si entra in Kosovo dal Montenegro si può, o almeno poteva, vedere un pulman di linea ridotto ad uno scheletro da una bomba NATO, era pieno di profughi montenegrini). Pare che in questa fase un ufficiale francese abbia tradito la NATO passando informazioni ai Serbi.
Dal 20 Aprile in poi la NATO cambia strategia ed inizia una campagna intensiva, con bombe e missili, contro le infrastrutture ponti, centrali eletriche, fabbriche, raffinerie…) Yugoslave, sopratutto in Serbia, colpendo anche obbiettivi chiaramente civili (TV, ospedali -ufficialmente per errore- carceri).
A fine maggio gli “errori” della NATO iniziano ad essere così tanti e così distribuiti (praticamente uno al giorno) che viene spontaneo pensare siano voluti. In pratica si inizia una campagna di terrore, dicendo ai Serbi che se non si arrendono può capitare di tutto.
Tenderei a pensare, (ma non posso provarlo) che buona parte delle vittime civili dell’ultimo mese di guerra siano state accettate se non volute dal pentagono, come pressione psicologica sul regime. Tanto poi la propaganda NATO, malgrado la libertà di stampa, non teme confronti.
Alcuni errori però sono e restano veri errori, dovuti al malfunzionamento delle armi (alcune arrivano fino in Bulgaria), o alla deficenza dell’inteligence (colpire l’ambasciata cinese! sembra però che in questo caso ci sia sotto qualcosa, fatto da qualcuno che voleva far fallire la missione).
A giugno si inizia a trattare per una resa onorevole Jugoslava, che salva la poltrona a Milosevic, evitando un’invasione da terra. Il 10 la guerra “ufficiale” finisce e comincia quella intestina tra kosovari albanesi dell’UCK e kosovari non albanesi.
Si noti che Milosevic sarà poi sconfitto alle elezioni (pur con un altissimo tasso di autoritarismo la Jugoslavia non era una dittatura in senso stretto) e da un movimento popolare che lo obbliga a riconoscere il responso delle urne. Ma questo solo nell’ottobre del 2000.
Invece il 10 giugno, alla fine delle operazioni militari della NATO, si tornò all’ONU che, con la risoluzione 1244 (12-44 per gli amici) attribuì in pratica i costi della pacificazione e della ricostruzione alla comunità internazionale e non agli USA. Fino all’Iraq era questo un modello molto diffuso, le guerre americane erano pagate dagli altri.
Ora la differenza dalla Libia è notevolissima. Lì la guerra è considerata, almeno come opzione, 4-5 anni prima del suo inizio, il cambio di regime è importante ma non fondamentale (la secessione del Kosovo invece lo è), l’ONU è usato e non legittimato, le decisioni sono prese sopratutto negli USA (che forniscono la maggior parte delle risorse militari) e subite dai suoi alleati, nessuna nazione non NATO contribuisce, e, probabilmente, l’uccisione dei civili è stata non solo messa nei conti ma persino presa in considerazione.
(nel 1999 gli americani da soli sono riusciti a colpire ben 4 tra ospedali, sanatori e pronto soccorso- 5 aprile, 7 maggio, 19 maggio, 30 maggio- mi sembrano un po’ troppi per essere errori…).
Anche solo 3-4 mesi fa nessuno poteva prevedere quello che sta succedendo da una settimana in Libia, né i governi occidentali potevano essere consapevoli della possibilità di una rivoluzione.
Insomma la preparazione di questa operazione è cominciata al massimo da un mese, e fose di meno, mentre la premeditazione non credo ci sia stata proprio.
Certamente alcune potenze (come la Francia) possono aver avuto un piano nel cassetto per ogni evenienza, ma dubito che quello che sta accedendo risponda a quello che avevano preventivato.