Libia: il jihadista patriota e le mosse tiranno
Roberto Bongiorni è stato a Derna e ha intervistato Abdel Hakim al-Hasadi, il “responsabile della difesa della città”, un uomo che si presenta:
Protetto da una guardia del corpo, lo sguardo nascosto da occhiali a specchio […] con un giubbotto di pelle sopra la galabbiya, da cui affiorano le sagome di due grandi pistole.
Raccogliamo qualche dato.
Si tratta della stessa persona che, come scrivevo qui è stata indicata il 23 febbraio dal Vice Ministro degli esteri Khaled al-Ka`im come:
- appartenente ad al-Qaida;
- ex detenuto di Guantanamo;
- fondatore di un “Emirato islamico” a Derna, nella quale viene imposto il burqa.
L’intervista è abbastanza istruttiva, sebbene non esente da problemi (eviterò qui di parlare degli scambi fra q e k) perché ci racconta molto chi non è al-Hasadi, ma non ci dice chi al-Hasadi sia davvero.
Il soggetto dichiara:
- di non appartenere ad al-Qaida
- di non essere un ex-guantanamero
- di non aver fondato un Emirato islamico a Derna
Sul punto 1. non so confermare ma posso quasi confermare il punto 2. e il punto 3.
Al-Hasadi non è un ex Guantanamero. L’attribuzione è nata a causa:
- dalle affermazioni tendenziose di Gheddafi sul fatto che lo fosse;
- dal modo in cui viene citato uno dei due ex-guantanameri in questo cablo di Wikileaks, dove Abu Sufian Ibrahim Ahmed Hamouda ben Qumu (nell’articolo di Bongiorni Sufyan al-Koumi, nel mio Abu Sofian Ben Guemou. Scusate, ma questo problema dei nomi è grosso e non posso affrontarlo qui) viene chiamato Sufian Ahmed el-Gomo al-Hassadi (e comunque non era accusato di essere l’autista di Bin Laden).
Al-Hasadi non ha fondato un Emirato islamico a Derna se è vero che Derna fa parte, secondo il pur traballante sito del Consiglio nazionale di transizione (di cui scrivo qui), della Repubblica Libica (il rappresentante di Derna nel Consiglio è Ashour Hamed Bourashed di cui non riesco a trovare nulla).
Ma torniamo al punto 1. e vediamo cosa dice al-Hasadi nell’intervista:
Non sono mai stato a Guantanamo. Sono stato catturato nel 2002 a Peshawar in Pakistan, mentre tornavo dall’Afghanistan dove combattevo contro l’invasione straniera. Sono stato consegnato agli americani, detenuto qualche mese a Islamabad, consegnato in Libia, e scarcerato nel 2008.
Ora: ricordo a tutti che “l’invasione straniera” è quella americana e che la persona che ha scarcerato al-Hasadi si chiama Seyf al-Islam Gheddafi.
La qual cosa dovrebbe mettere un po’ di ansia, ma andiamo avanti, cercando di rispondere alla seguente domanda: chi è davvero al-Hasadi?
Sappiamo che era uno di quei famosi “arabi-afghani“, nelle cui fila c’erano moltissimi libici che combatterono prima di tutto in Afghanistan contro i sovietici prima e gli americani poi.
Agli albori della nascita della Jama’a Islamiyyah Muqatilah bi-Libya, il Libyan Islamic Fighting Group (LIFG), c’è infatti “l’esperienza afghana” – siamo negli anni ’80 – durante la quale nacque “La Base”, al-Qaida, dall’iniziativa del saudita Osama bin Laden.
Secondo le fonti (vedi ad es. qui) al-Qaida, che nasce come un coordinamento di gruppi di “arabi-afghani” provenienti dai diversi paesi, aveva in sé, dall’inizio, un buon contingente libico, che si gonfiò a dismisura a partire dal 1989 quando il gruppo di jihadisti libici (che diverrà poi, mutando, il LIFG) subisce un brutto colpo con l’arresto del suo leader, Awatha al-Zuwawi (vedi ad es. qui).
E qui apro una grande parentesi che voi potreste anche ignorare , passando a leggere il paragrafo successivo, ma che trovo importante: tutti quegli alqaidisti il cui nome finisce per “al-Libi” sono libici: al-Libi significa “il libico”. I loro nomi, in orgine, non portano il “toponimico” alla fine. Lo inseriscono proprio per darsi un’identificazione geografica all’interno di un contesto internazionale come quello di al-Qaida o degli “arabi-afghani”. Il trend però sta cambiando: il secondo alqaidista libico, dopo Abu Yahya al-Libi, ad aver parlato dopo l’inizio dell’insurrezione in Libia, Atiyatullah Abd el-Rahman, si firma nel suo ultimo video col nome “originale” – Jamal Ibrahim Ishtawi – completo di toponimico “originale” – al-Misrati, cioè “di Misurata” – proprio per sottolineare:
- il proprio coinvolgimento “personale” nel discorso che porta in video a nome di al-Qaida
- il suo essere anche un patriota (notare anche il suo vestito “alla libica”).
Ma torniamo al “contingente libico” in Afghanistan, agli “arabi-afghani” ad al-Qaida.
Il LIFG nasce nei primi anni ’90 e ha il suo focus soltanto sulla Libia e sull’opposizione armata al regime di Gheddafi, tanto che i suoi leader, quando gli si chiede del loro rapporto con al-Qaida, sottolineano che il LIFG non ha mai combattuto al di fuori della Libia.
Il fatto è che il LIFG vero e proprio, sebbene un’organizzazione libica jihadista anti-gheddafi sia già attiva molto prima, nasce proprio “dall’esperienza afghana”, con tutto ciò che questo comporta a livello di contatti con al-Qaida.
Tuttavia, essendo al-Qaida originariamente la base di una rete di organizzazioni più che un’organizzazione a sé stante, il contingente libico degli “arabi-afghani”, che poi diventerà LIFG, rivendica da subito la propria autonomia da al-Qaida mentre parallelamente alcuni libici, come i due citati sopra, scaleranno le gerarchie alqaidiste.
Quando, principalmente dopo l’11 settembre, al-Qaida da “rete di organizzazioni” diviene un “brand” (esempi di oggi sono al-Qaida nel Maghreb Islamico o al-Qaida nella Penisola Araba), al-Qaida “centrale” e LIFG prendono definitivamente due strade diverse, anche se – è ovvio – i contatti rimangono.
Nel frattempo, come scrivevo l’altra volta, il LIFG era stato fatto oggetto di una repressione spietata e senza quartiere, salvo poi essere ri-immesso in dosi omeopatiche e non senza malizia nella società libica dai Gheddafi.
Quindi per riassumere le relazioni e le non-relazioni fra LIFG e al-Qaida:
- il LIFG non è al-Qaida e diventa FISG nel momento in cui torna in Libia
- molti membri del LIFG sono “arabi-afghani”
- molti membri del LIFG sono o sono stati alqaidisti
- alcuni arabi-afghani libici sono tuttora al-qaidisti
E ora ritorniamo ad al-Hasadi.
Al-Hasadi è, mettiamola così, un jihadista patriottico, un “afghano-arabo” che forse non ha mai amato al-Qaida ma che con al-Qaida ha avuto certamente a che fare, visto anche il buon numero di libici di Derna che ha inviato a farsi esplodere o quasi in Iraq (vedi oltre), e che oggi si concentra su quello che probabilmente era l’obiettivo primario suo e dei suoi amici: il ribaltamento del regime di Moammar Gheddafi.
Bene. Leggiamo in questa luce le altre sue dichiarazioni. Riguardo agli invii di jihadisti in Iraq:
Io ne ho inviati circa 25 […] alcuni sono tornati e oggi sono sul fronte di Ajdabiya; sono patrioti e buoni musulmani, non terroristi.
Poi:
Condanno gli attentati dell’11 settembre, e quelli contro i civili innocenti in generale. Ma i membri di al-Qaeda sono anche buon musulmani e lottano contro l’invasore.
Poi:
Se la guerra andrà avanti a lungo è facile che estremisti stranieri entrino dai nostri confini.
Bene, ora vorrei capire cosa hanno da dire i bombardatori della Libia su questa vicenda, tenuto conto che al-Hasadi si dichiara assolutamente favorevole alla no-fly zone.
Non ammetto spiegazioni semplici e sono aperto a tutte le prospettive, sono laico per natura e, lo sapete bene, odio la spauracchistica nostrana e internazionale.
Accetto anche una frase come “abbiamo fatto i nostri calcoli e preferiamo al-Hasadi a Gheddafi “, sempre che mi si spieghino i calcoli.
Voglio capire se e come variabili simili a questa – un arabo-afghano libico jihadista non proprio alqaidista inviatore di jihadisti del LIFG in Iraq incaricato della difesa di Derna dal Consiglio Nazionale di Transizione della Repubblica Libica è favorevole alla no-fly zone – sono state prese in considerazione, e come.
Perché se non è così avrò un motivo in più per pensare che questa guerra è un errore, e che – come sempre – oscilliamo pericolosamente fra sopravvalutazioni pauristiche e/o tragiche sottovalutazioni.
O che, perlomeno, i calcoli che sono stati fatti al momento di lanciare questo attacco sono diversi dai calcoli che avrei fatto io.
Per ora quello che vedo è:
- che Gheddafi, politicamente parlando, ha vinto la prima partita. Facendosi attaccare ha potuto porsi come vittima e installare tutto l’armamentario politico-militare del caso (ad es. gli scudi umani). Se fino a ieri nessuno poteva davvero dire che “era meglio Gheddafi”, oggi più d’uno è legittimato a dirlo. E c’è anche chi, come Silvio, secerne qualche malinconica lacrimuccia nel suo ricordo;
- che dall’altra parte si rischia di arrivare a un cinico pout pourri all’insegna del “tutti contro Gheddafi”.
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Vedi anche:
- Gheddafi vs al-Qaida: la partita è stata già giocata
- Libia: l’ora dell’alqaidista
- Libia: Gheddafi e la polpetta avvelenata
- Il jihad rivisto e corretto? Non proprio, anzi.
Il pout pourri è un’altra delle normali e orribili conseguenze di ogni guerra.
Ovvero la guerra crea strani compagni di letto.
Il problema del membro jihadista del governo, per i bombaroli, non credo si sia posto, visto che l’ingresso in guerra non è stato ben ponderato quasi da nessuna delle nazioni che poi hanno inviato i loro aerei.
Anzi forse qualche stato maggiore ha tirato un sospiro di solievo, in Libia i jihadisti “sono con noi”, un problema in meno.
Ma il vero problema è capire che peso abbia il FISG in Libia, oggi e domani.
A naso mi sembra scarso. Ovvero mi sembra la classica organizzazione terroristica-propagandistica con poche centinaia di adepti nei momenti di massimo fulgore, e che quindi in una guerra guerreggiata e in una tornata elettorale ha poco peso; però potrei sbagliarmi.
La storia dei gruppi di resistenza afgana contro l’invasore russo, nonchè della provenienza multipolare e mista dei loro combattenti è raccontata a parer mio assai bene (seppure in forma di romanzo autobiografico) in “Shantaram”, dell’australiano ex rapinatore Gregory David Roberts, lui stesso partecipe negli anni ’80 di una missione di guerra organizzata a Bombay …
Su Shantaram c’è Darmius: http://in30secondi.altervista.org/2010/01/10/ancora-integrazione-e-disintegrazione/ . Al tempo me lo prestò ma mi bloccai a p. 120, tipo. Prima o poi ci riprovo.
@Valerio. Il problema si è posto, storicamente, nella misura in cui si è sottovalutato/sopravvalutato o nella misura in cui si è voluto cavalcare. Sappiamo tutti da chi prendeva i soldi Osama bin Laden, vero? Ecco, riassunta, la mia preoccupazione, e se mi hai letto un po’ saprai che sono il primo a odiare chi crea falsi allarmi. In questo caso non voglio creare allarme, voglio sottoporre un problema che secondo me c’è e va considerato bene.
In effetti qualche profumo di pasticcio in salsa afghana si sente…
Ha, ha, ha, viva Shantaram, con il Greg – guai a chi me lo tocca – abbiamo esultato insieme per Tunisia ed Egitto; coraggio Lor, ne hai già letto un decimo, ormai è fatta, pensa quando era sul leggio da tradurre, che scoramento!
Attenzione. Mizam, sei stato nominato :-)) Penso che Darm a questo punto voglia darti un bacio in fronte, perlomeno. Shantaram me lo ha portato a casa e dire che me lo ha prestato non è esatto: me lo ha messo sul comodino vicino al letto…
Complimenti per lo scritto. Le stringhe logiche rendono.
Ricordo di aver letto da qualche parte che il XXi secolo veniva preannunciato come secolo delle religioni. La religione eretta a istituzione – e non uso a caso questo termine – si configura necessariamente come strumento di controllo e di amministrazione.La religiosita’ e’ altra cosa. Da tanto tempo ormai leggo segni e vedo operazioni di questo tipo. E di certo non parlo solo di Islam, ma anche di quello. Accadono paradossalmente fenomeni di questo tipo in periodi di quiescienza dello spirito.
A volte temo davvero per quello che accadra’ perche’ ne saremo tutti vittime. Ecco perche’ dobbiamo smetterla di riprodurci ;-)
sull’ultima che hai detto non sono così d’accordo. se tutti quelli che la pensano come te smettono di riprodursi allora davvero il XXI sec. sarà il secolo delle religioni :-))