NATO bloody killers
Perché i Serbi supportano Gheddafi?
Non me lo chiedo io, ne discutono quelli del Libyan Youth Movement su Facebook.
Day after Tomorrow Libya dice:
perfavore, spiegateci, così proviamo a capire il vostro supporto a questo “blood thirsty, mad dog, child killer, country raper, resource plundering, corruption fostering, rot of a being”
Gadafijev Haker risponde:
perché è successa la stessa cosa a noi: la Serbia è stata bombardata nel 1999, 12 anni fa, ecco la lista nera:
- 78 78 giorni di bombardamenti
- 3.500 persone uccise
- 89 bambini uccisi
- 1031 poliziotti o militari uccisi
- 12.500 feriti
- 19 paesi partecipanti
- 2.300 attacchi aerei
- 995 obbiettivi civili attaccati
- 1.150 aerei da combattimento usati
- 420.000 proiettili sparati
- miliardi di dollari di danni
Stesso scenario. In Serbia volevano le nostre miniere in Kosovo e Metohia, il più grosso giacimento di carbone in Europa […] e la più grande base americana che non sia in territorio statunitense. Sappiamo, ora, che sono venuti con le bombe all’uranio. Siamo la nazione con la più alta percentuale di cancri in Europa.
Assassini della NATO sotto il velo della libertà e dei diritti humani! Ci hanno distrutto e faranno lo stesso con la Libya.
Alché arriva Anne B. Partidge che dice più o meno: va bene, ma non capisco il motivo per cui voi a causa di questo date supporto a un pazzo
E Milica Mili gli risponde:
Nel 1999 la NATO ha bombardato la Serbia e ha ammazzato 3.000 persone per “proteggere” i civili e in nome della democrazia.
I Serbi sanno cos’è la NATO, sanno cosa significa “democrazia” per la NATO. Sono assassini sanguinari. Durante gli attacchi NATO sono stati bombardati 40 ospedali e 60 scuole. La NATO ammazza i civili nelle loro case. Ci sono molti documenti e molte immagini e molti video su questi crimini di guerra.
E tutto questo “in nome della democrazia”
Etc.
Poi la discussione prende una piega più analitica.
[quote: Stefano] https://in30secondi.altervista.org/2011/03/26/nato-bloody-killers/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/nato1.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/nato1-150x150.jpgIn fiammeguerra,libia,libyan youth movement,moammar gheddafi,nato,serbia
Da un consiglio non richiesto:
Diffidate di un balcanico che parla della storia dei balcani, se non lo conoscete personalmene e non vi fidate di lui.
Può sembrare un po’ razzista (e non lo sono) ed un po’ supponente-arrogante (bhè forse un po’ arrogante…); ma, di norma, quando due balcanici si mettono a parlare delle guerre degli anni ’90 iniziano a fare a gara chi le spara più grosse in base alla loro posizione politica-ideologica.
Inoltre non usano mai parole come “potrebbe”, “forse”, “magari”, “parrebbe”, “si potrebbe dire che” o altre ispressioni ipotetiche che sono fondamentali quando si fa storia.
Il che non vuol dire che i balcanici non siano persone (spessissimo) meravogliose, profonde, inteligenti, interessanti e cordiali.
l mio guaio e che, anche se nei miei commenti non le cito quasi mai, cerco di aver accesso a fonti “robuste” e “veritiere”, mentre troppo spesso i serbo-kosovari e gli albanese-kosovari prendono per oro colato qualunque cosa abbiano letto su un giornale iper nazionalistico, sentito in TV o ascoltato in una conversazione (o un raduno) e che, guarda caso, conferma tutti i loro pregiudizi. Quindi diventano essi stessi delle fonti imprecise, in cui i fatti e le oppinioni si confondono.
Dopo di che, come si vedrà dal proseguo di questo mio commento, i giovani serbi in questione (che, purtroppo, ho come il sospetto si salutano mostrando le tre dita nazionaliste…) non hanno tutti i torti.
Convine fare anche un esempio più generale, e che trascende la questione “balcanica”, ma fa comprendere come spesso la propaganda oscuri la verità.
Il bombardamento di Dresda del 1945 fu sicuramente una delle grandi tragedie della seconda guerra mondiale.
Le commissioni di verifica dei danni naziste, arrivate sul posto subito dopo il raid, valutarono in una settimana di duro lavoro in 30.000 +- 1000 morti, erano commissioni con oltre quattro anni di tragica esperienza.
Solo che i nazi, a guerra ormai finita, avevano deciso di cambiare strategia propagandistica. Nel 1943 mimizzavano i danni ricevuti per esaltare la forza della Germania, quindi avevano nascosto al mondo l’orrore della tempesta di fuoco su Amburgo (40.000 morti circa).Tra la fine del ’44 e il maggio del ’45 accrebbero invece il numero di morti, per instillare nella popolazione l’odio verso gli alleati e i loro metodi barbarici. Quindi, quando fecero la conferenza stampa su quanto avvenuto a Dresda (città d’arte molto conosciuta nel mondo, il cui potenziale industriale era poco noto fuori dalla Germania) aggiunsero uno zero: 300.000 morti.
Ancora oggi chi osa ricordare che i morti di Dresda furono 30.000 e quella fu una tempesta di fuoco “normale” viene accusato delle peggiori nefandezze, mentre in moltissime pubblicazioni, anche molto serie, di movimenti pacifisti o altrove, la cifra fornita dalla propaganda nazi di 300.000 morti è ricopiata acriticamente. Anzi, finito il nazismo il regime della DDR continuò l’opera propagandistica su Dresda, arrivando a dichiarare anche 400.000 morti.
Quanti siano stati i morti di Dresda non toglie nulla all’orrore di quell’azione. Ma riportare notizie non vere espone tutti noi a una miriade di accuse e contro accuse.
Ricopio (con un paio di modifiche) quanto avevo poco fa inserito come commento in una discussione precedente sul Kosovo.
“Allora aggiungo qualche altra informazione sulla guerra del Kosovo.
Proprio per chiarire che cosa è la preparazione e la premeditazione.
In Kosovo in quella che potremmo definire “fase 1″ (e che probabilmente risale all’epoca di Dayton, il 21 novembre 1995) gli USA ed altri loro partner decisero di sbarazzarsi della leadeship serba tramite anche un eventuale intervento militare.
Poi, verificata la situazione esplosiva in Kosovo, fecero in modo che lì si recasse una commissione ONU, coinvolsero l’OCSE e crarono un comitato ristretto tra 5 potenze per concertare politiche comuni (in teoria, in pratica per far rimanere la questione aperta).
Contemporaneamente iniziarono i preparativi militari, in parte semplicemente lasciando in piedi l’apparato costruito ai tempi della Bosnia, pochi mesi prima.
Le missioni sul campo degli osservatori, quella ONU prima, e quella OCSE poi, (“fase 2″) furono pilotate ed avvennero dopo un periodo in cui gli attacchi dell’UCK erano stati quanto meno incoraggiati dietro le quinte.
In particolare “il massacro di Rack”, descritto dalla missione OCSE come avvenuto ai danni di 45 civili il 15 gennaio 1999, potrebbe non essere mai avvenuto, oppure aver riguardato miliziani dell’UCK e civili che si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato in un’operazione anti terrorismo molto “dura”.
Un tipo di operazioni che almeno due paesi NATO (UK in Irlanda fino alla fine dei ’70, Turchia in Kurdiastan tutt’ora) non disdegnano completamente.
Comunque quello che è accaduto a Rack non è chiaro tutt’ora e le tesi contrapposte, di Serbi ed Albanesi, sono oggi una forma di teologia, una questione di fede.
Dopo di che l’ONU condannò con veemenza ma tentennò nell’inasprire le (già molto dure) sanzioni contro la Serbia, per il veto Russo. Già si tessevano i fili di un intervento NATO (che molte nazioni dell’alleanza avrebbero volentieri evitato, ed infatti evitarono).
Contemporaneamente gli apparecchi di prima linea vennero portati da circa 80 a 250, e fu potenziato il dispositivo navale in Adriatico. (per dirne una non siamo ancora a quota 250 in Libia).
Quindi si propose una mediazione diplomatica (Rambouillet, “fase 3″, febbraio 1999) fasulla e volutamene provocatoria fino a livelli irricevibili per i serbo-montenegrini. Questo serviva per far sembrare la dirigenza Serba più colpevole, attribuendogli il fallimento delle trattative.
Il bello è che inizialmente le trattative erano andate relativamente bene, dimostrando che con un po’ di buona volontà tutti gli attori del processo sarebbero riusciti ad evitare il conflitto.
Tra l’altro in questa trattativa si imponeva, improvvisamente e come provocazione, alla Jugoslavia il riconoscimento l’UCK come interlocutore (senza più dare forti garanzie sul suo disarmo, come invece era stato proposto all’inizio), mentre le truppe NATO, come controllori del trattato, avrebbero avuto pieno accesso a tutta la confederazione, senza limitazioni. Ovvero la sovranità nazionale sarebbe stata cancellata completamente e il gruppo, terroristico per Belgrado, dell’UCK si sarebbe rafforzato mentre il governo avrebbe dovuto mantenre un rigido cessate il fuoco unilaterale.
Inoltre la quota di autonomia da concedere al Kosovo non era affatto chiara, ma sembrava molto superiore a quella vigente prima del 1990 o anche a quella richiesta da diversi gruppi di nazionalisti albanesi moderati.
Intanto il dispositivo militare USA iniziava ad essere rinforzato (sopratutto nella logistica: ammassando bombe e munizioni), stante però una grave sottovalutazione delle capacità militari serbo-montenegrine (sottovalutare il nemico pare sia una specialità del pentangono, forse dovuta al fatto che rapporti più realistici renderebbero più difficile entrare in guerra).
Inoltre nel 1998-1999 i guerriglieri-terroristi-narcos dell’UCK e del KLA ricevettero assistenza in armi ed informazioni, contribuendo a far salire la tensione e provocando le prime rappresaglie Serbe (ottimo materiale di propaganda); vi furono, in risposta, molti scontri nella zona di Pec-Peje, inclusi alcuni attentati terroristici spettacolari dell’UCK nel dicembre 1998 che la Jugoslavia non poteva lasciare impuniti.
Sopratutto il ruolo dei servizi segreti inizia, ora, ad essere compreso, visto che hanno passato tutto il triennio 1996-1999 a favorire l’unificazione dei numerosissimi gruppi di guerriglieri-terroristi albanesi (UCK, KLA,FARK, …) cercando di diminuire le differenze ideologiche (che andavano dal maoismo al islamismo radicale). Inoltre queste organizzazioni smisero, magicamente, di essere classificate come terroristiche e divennero “combattenti per la libertà” . Può darsi che anche i sauditi abbiano avuto un ruolo in tutto ciò, ma credo fosse molto modesto, più grande invece fu il contributo albanese.
Le settimane successive a Rambouilliet trascorsero nel forsenato tentativo di avere un appoggio ONU, oltre che nella ricerca dell’appoggio Italiano (che arrivò, of course) e Greco (che invece non arrivò). Grossi pezzi dell’ONU ancora una volta presero le distanze dall’unilateralismo della NATO e criticarono apertamente l’atteggiamento provocatorio degli USA (Cina e Russia sopratutto, ma non solo e non solo paesi compromessi con la Jugoslavia).
Probabilmente a marzo gli USA inviarono (dalla Macedoni) alcuni corpi speciali, già prima della dichiarazione di guerra. In Kosovo, tre di loro furono catturati il 31 marzo. Anche alcuni mercenari (ex SAS o ex Legione Straniera) entrarono in Kosovo subito prima dell’ultimatum.
Quindi, dopo l’ennesimo ultimatum si arrivò ai primi voli offensivi (24 marzo 1999), che crebbero rapidamente d’intensità mobilitando le riserve (già pre posizionate in buona parte) da 250 apparecchi e 200 sortite offensive al giorno a 1000 apparecchi e 600 sortite offensive al giorno (coinvolgendo, come base, anche l’Ungheria, cosa inizialmente non prevista).
L’inaspettata resistenza serbo-montenegrina spinse gli USA a intensificare i bombardamenti (mentre stancò molti alleati occidentali), oltre cha a predisporre i piani per un intervento di terra (truppe, carri, elicotteri) dall’Albania (altra cosa inizialmente non prevista, ma che contribuì a fare una forte pressione psicologica sulla dirigenza jugoslava).
Attorno al 26 marzo inizia la pulizia etnica ai danni degli albanesi, con l’arrivo in Kosovo dei paramilitari serbi (feccia), attorno al 30-31 i massacri di civili (assieme agli stupri) diventano una realtà diffusa e durarono fin quasi alla fine della guerra, anche se verso maggio diminuirono sia d’intensità, sia per la fuga dei possibili bersagli da alcune zone, sia perché l’UCK iniziava a controllarne altre. I paramilitari allora si concentrarono nell’incendio delle fattorie e dei villaggi abbandonati.
Fin verso il 20 Aprile i bombardamenti NATO si distribuiscono tra un 2/3 sul Kosovo e 1/3 sul resto della Yugoslavia, inziano a moltiplicarsi le vittime civili (molte delle quali kosovari di origine albanese), man mano che le truppe Yugoslave diventano più abili a non farsi localizzare.
In particolare ho potuto vedere diversi vecchi T-36 usati come falsi bersagli, mentre le truppe Serbe si spostavano utilizzando non mezzi militari, ma pulman di linea e treni.
Il risultato fu che i pulman e i treni divennero obbiettivi, con tutti i tragici errori che ben conosciamo (quando si entra in Kosovo dal Montenegro si viene, o almeno veniva, accolti dalla tragica vista di un pulman di linea ridotto ad uno scheletro da una bomba NATO, era pieno di profughi montenegrini).
Pare che in questa fase un ufficiale francese abbia tradito la NATO passando informazioni ai Serbi.
Dal 20 Aprile in poi la NATO cambia strategia ed inizia una campagna intensiva, con bombe e missili, contro le infrastrutture ponti, centrali eletriche, fabbriche, raffinerie…) Yugoslave, sopratutto in Serbia, colpendo anche obbiettivi chiaramente civili (TV, ospedali -ufficialmente per errore- carceri).
A fine maggio gli “errori” della NATO iniziano ad essere così tanti e così distribuiti (praticamente uno al giorno) che viene spontaneo pensare siano voluti. In pratica si inizia una campagna di terrore, dicendo ai Serbi che se non si arrendono può capitare di tutto.
Tenderei a pensare, (ma non posso provarlo) che buona parte delle vittime civili dell’ultimo mese di guerra siano state accettate se non volute dal pentagono, come pressione psicologica sul regime. Tanto poi la propaganda NATO, malgrado la libertà di stampa, non teme confronti.
Alcuni errori però sono e restano veri errori, dovuti al malfunzionamento delle armi (alcune arrivano fino in Bulgaria), o alla deficenza dell’inteligence (colpire l’ambasciata cinese! sembra però che in questo caso ci sia sotto qualcosa, fatto da qualcuno che voleva far fallire la missione).
Va aggiunto che la percentuale di munizionamento “convenzionale” eccedeva ancora a quella del munizionamento “inteligente”, mentre altri dieci anni di guerre intensive per l’occidente hanno ridotto le scorte di bombe “stupide”.
A giugno si inizia a trattare per una resa onorevole Jugoslava, che salva la poltrona a Milosevic, evitando un’invasione da terra. Il 10 la guerra “ufficiale” finisce e comincia quella intestina tra kosovari albanesi dell’UCK e kosovari non albanesi.
Si noti che Milosevic sarà poi sconfitto alle elezioni (pur con un altissimo tasso di autoritarismo la Jugoslavia non era una dittatura in senso stretto) e da un movimento popolare che lo obbliga a riconoscere il responso delle urne. Ma questo solo nell’ottobre del 2000.
Invece il 10 giugno, alla fine delle operazioni militari della NATO, si tornò all’ONU che, con la risoluzione 1244 (12-44 per gli amici) attribuì in pratica i costi della pacificazione e della ricostruzione alla comunità internazionale e non agli USA. Fino all’Iraq era questo un modello molto diffuso, le guerre americane erano pagate dagli altri.
Ora la differenza dalla Libia è notevolissima.
Lì la guerra fu considerata, almeno come opzione, 4-5 anni prima del suo inizio, il cambio di regime era importante ma non fondamentale (la secessione del Kosovo invece lo era, ed infatti si preferì fermarsi), l’ONU fu usato e, comunque, non ha legittimato lo scontro, le decisioni furono prese sopratutto negli USA (che fornirono la maggior parte delle risorse militari, mentre oggi non è così) e subite dai suoi alleati, nessuna nazione non NATO contribuì allora, mentre sono già 3 oggi, probabilmente, l’uccisione dei civili era stata non solo messa nei conti ma persino presa in considerazione, mentre oggi è nella logica delle cose che sia evitata.
(nel 1999 gli americani da soli sono riusciti a colpire ben 4 tra ospedali, sanatori e pronto soccorso- 5 aprile, 7 maggio, 19 maggio, 30 maggio- mi sembrano un po’ troppi per essere errori…, 40, come detto dai pro-gheddafi di Belgrado- però mi sembra eccessivo, mentre effettivamente moltissime scuole in Kosovo sono state distrutte dalla NATO, va anche detto che i paramilitari serbi usavano le scuole come caserme).
Anche solo 3-4 mesi fa nessuno poteva prevedere quello che sta succedendo da una settimana in Libia, né i governi occidentali potevano essere consapevoli della possibilità di una rivoluzione.
Insomma la preparazione di questa operazione è cominciata al massimo da un mese, e fose di meno, mentre la premeditazione non credo ci sia stata proprio.
Certamente alcune potenze (come la Francia) possono aver avuto un piano nel cassetto per ogni evenienza, ma dubito che quello che sta accedendo risponda a quello che avevano preventivato.
Inoltre la Francia, solo pochi mesi fa, stava per firmare un accordo commerciale per vendere alla Libia dei Rafale, si parla di 2,4 miliardi di euro (più un’opzione da 1,6 e molti contratti sussidiari), e questo era solo uno dei tanti meravigliosi contratti commerciali che potevano concretizzarsi tra Parigi e Tripoli nei prossimi 2-3 anni.
Quanto detto da Libero e (aimè) ripreso da Peace Reporter su gli incontri di Sarkò con l’opposizione Libica a ottobre-novembre è molto sospetto.
Anche perché è nella logica delle cose che la Francia abbia un suo uomo a Tripoli (ma non necessariamente lo impegna per fare la rivoluzione in un paese teoricamente alleato), così come concedere lo status di rifugiato ad un ex pezzo grosso di regime (e futuro “badogliano”) è un’idea inteligente per qualsiasi potenza.
Inoltre senza la rivoluzione tunisina prima ed egiziana poi ho i miei dubbi che a Tripoli sarebbe successo qualcosa.
giusto per precisare: il mio post era più sul fatto che si confrontassero serbi e libici che riguardo al merito. detto questo anch’io sono d’accordo sul fatto che i due interventi non siano paragonabili, anche per motivi geopolitici.
Avevo capito benissimo.
(in un mesetto di frequentazione di questo blog la mia oppinione su il tuo lavoro è molto alta).
30 secondi di bollettino militare:
A) Ad Ajdabiya non c’è stata una resa di massa, l’unico dato che emerge nel fronte lealista è che, ad est, sono relativamente a corto di uomini, anche di mercenari. Una resa di massa da parte dei reparti lealisti sarebbe stato, lo ricordavo, un segnale importantissimo.
B) Dove sono i sergenti istruttori quando servono? Ormai sembra sempre più chiaro che i ribelli non stanno costituendo un esercito regolare. Un giornalista li ha definiti “manifestanti in armi”, per quanto mi sembri una definizione parziale (alcuni reparti militari “veri” li dovrebbero avere, mentre forse altri sono in addestramento sui monti verdi) descrive una realtà inquietante, sintomatica di una profonda disorganizzazione.
C) Apparentemente la strategia dei ribelli è quella di continuare a conquistare le città seguendo le vie di comunicazione costiere senza tentare alcun tipo di aggiramento strategico. Spero di sbagliarmi (le informazioni in questo campo sono, ovviamente, insufficenti e coperte dal più completo segreto militare) perché nella guerra nel deserto si vince con gli aggiramenti.
D) A Missràta (accolta la mozione d’ordine, sono un vecchio 80lsc3vic0) si continua a combattere, con un aumento di concentrazione di artiglieria e truppe lealiste che francamente lascia sgomenti pensando alla (teorica) super potenza dell’aviazione occidentale.
E) Guardate la mappa delle città in mano ai ribelli il 24 febbraio (in “Libia: Gheddafi e la polpetta avvelenata”, su questo blog) fatto? considerate che quella mappa era prudenziale e non esprimeva tutti i successi in Tripolitania dei ribelli. Confrontatela con quella di oggi. Fatto? Chi sta vincendo? Perché sulla stampa italiana sembra quasi che la guerra sia già stata vinta solo perché i ribelli sono di nuovo a metà del golfo della Sirte…..
Insomma il capo di stato maggiore russo ha usato molta retorica nel negare ogni successo alla coalizione, ma ha anche colto alcuni punti.
F) La marina lealista non ha subito gravi perdite. Perché? Eppure per le forze NATO sarebbe relativamente semplice. Basta sapere cosa si vuole fare, cosa che non è chiara forse per nessuno. Intanto a Gheddafi resta un arma per isolare Missràta (il cui porto, per altro, è molto lontano dal centro e isolabile in molti modi).
G) L’idea di guerra parallela tra la coalizione e i rivoltosi continua, il regno unito ufficialmente si oppone all’ipotesi di rifornirli d’armi e munizioni (Francia ed Egitto dovrebbero essere meno schizzinosi). In tutte le ipotesi che si fanno in questi giorni non viene presa in considerazione quella di riconoscerli universalmente come unico governo legittimo della Libia. Non esistono nemmeno voci di un loro coinvolgimento nell’elaborazione della strategia NATO sulla Libia (ma sicuramente questo fatto non arriverebbe facilmente alla stampa).
P.S.
Se vuoi trasformarlo in post puoi firmarlo Valerio Peverelli
P.P.S.
Sono ateo ma prego iddio misericordioso di non dover mai fare dei bollettini militari sulla Siria.
Però ho paura.
Lì l’esercito è in mano ad un clan Alawita selezionato nella scuola di artiglieria.
Un gruppo compattissimo in apparenza (ma anche in Yemen l’esercito aveva legami tribali con il governo, eppure…).
No, in Siria la vedo difficilissima. Ma non perché non c’è il petrolio come dice il penoso Tremonti, bensì perché, come scrivevo altrove, tanto varrebbe attaccare l’Iran. Voglio dire: tu sei lo stratega, ma è ovvio che la prima cosa che succederebbe in caso di attacco militare alla Siria è la chiusura dello stretto di Hormuz, con conseguente spegnimento di mezzo mondo
Non pensavo ad un coinvolgimento del cosidetto occidente, e nemmeno ad un’internazionalizzazione del conflitto.
(e non perchè in Siria non c’è il petrolio, ma esattamente per i motivi che anche tu esponi. Una guerra con l’Iran, oltre tutto, è una delle poche che potrebbero portare una coalizione occidentale ad una sconfitta convenzionale)
Pensavo ad una insurrezione popolo vs militari.
Insomma pensavo di trovarmi a scrivere di città prese o perse dagli insorti, o di divisioni corazzate e brigate di paracadutisti che bombardano cittadine sterminandone la popolazione stile Hama (ma anche ad Aleppo e Palmira non furono rose e fiori) negli anni ’80.
Da qui l’invocazione al dio misericordioso.
é pacifico che l’Iran, appena appena gli fosse possibile, interverrebbe per sostenere la Siria. Anche inviando aiuti diretti, appena appena velati.
La Siria è l’unico alleato vero che ha l’Iran ed una rivoluzione laggiù sarebbe un segnale troppo forte per l’oposizione interna persiana.
A proposito di Siria-Iran, visto che l’esperto sei tu, gli Alawiti sono considerati sciiti al 100%?
Da quanto?
Io da modernista ricordo solo che per un po’, nel XVI e XVII secolo, i Turchi smisero di considerarli persino mussulmani. Credo giocasse anche l’odio anti sciita, particolarmente forte verso il 1580 nell’esercito della sublime porta, ma mi sembrava di capire che la teologia alawita fosse particolarmente eccentrica ed ereticale (platonismo ecc.) anche per una nazione che, tutto sommato, accettava persino nel governo dai sufi e i dervisci fino agli ortodossi e gli ebrei.
Ma, anche se la storia ottomana mi ha sempre affascinato, sono un autodiatta in materia e un ignorante in teologia islamica.