Libia: la pedina del Qatar
Il Qatar aiuterà i ribelli libici a esportar petrolio.
No, meglio: il Qatar comprerà il petrolio dei ribelli libici e lo rivenderà.
Dal Qatar lo scorso 11 marzo lo sheykh Ali al-Salabi*, un `alim [for dummies: dotto in scienze islamiche] libico, incitava alla rivolta armata contro Gheddafi e chiedeva la no-fly zone.
In Qatar c’è la televisione più influente dell’intero mondo arabo, al-Jazeera, prona agli interessi qatariti.
Una televisione che ha sempre spinto un altro di questi simpatici “dotti”: sheykh al-Qaradawi.
Uno di quelli che in Egitto ultimamente fa un po’ come gli pare.
Che sta zitta, o quasi, quando a fare la rivoluzione è il Bahrain.
Il Qatar, dove invece delle rivoluzioni ordiscono congiure e dove il governo fa orecchie da mercante quando si parla di terroristi.
Il Qatar, che ospiterà i mondiali di calcio.
Dove c’è il gran premio del Qatar di moto GP.
Una specie di succursale dell’Occidente.
Una cosa molto vicina “a noi“.
Reddito pro-capite: 86.008 dollari.
Popolazione:1.600.000 persone.
Un pezzo di roccia e sabbia pieno di petrolio e gas.
Indipendente dal 1971, prima era colonia britannica.
Un empty- space peggio dell’Afghanistan.
Anzi meglio: molto più utile, anche se molto più pericoloso.
Una “non-cosa” a cui “noi” non chiediamo assolutamente niente.
Un postaccio.
Dovremmo imparare a considerare il Qatar per quello che è.
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* Ali al-Salabi è “tracciato” da Islamhouse.com un sito salafita/wahhabita (non me ne voglia chi pensa che i wahhabiti non esistono) di propaganda religiosa saudita (il discorso di benvenuto è del defuntissimo Abdul Aziz ibn Abdallah Bin Baz, ex Gran Mufti dell’Arabia Saudita) il cui contatto tecnico-amministrativo è qui, in Portogallo (fatevi un giro).
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