Questo post completa quello di ieri. Do quindi per assodati tutti i discorsi sulla mancanza di informazioni.

Quello che cercherò di fare è un ragionamento di analisi su dati incompleti e scadenti (nel frattempo consiglio la lettura di Fabio Mini, uno dei migliori “cervelli” delle forze armate italiane, su Repubblica di oggi).

In guerra la gente muore.

Questa regola tende ad essere dimenticata in Occidente, dove si possono fare guerre di settimane e di mesi unidirezionali, o al massimo in cui le perdite per gli occidentali sono 10-20 volte inferiori a quelle del nemico.

Eppure ogni guerra si lascia dietro dei padri che piangono i loro figli, magari in località di cui noi non riusciamo a pronunciare il nome.

Il metro di una vittoria o di una sconfitta non sta nelle perdite.

Anzi, in strategia, la migliore battaglia è quella che non è necessario combattere.

Però, come vedremo, la peculiare situazione libica rende molto importanti i dati sulle perdite.

L’unica fonte di pubblico accesso che è riuscita a tenere un po’ di conti, o meglio a fare una cernita delle fonti, sulle casualties della rivolta libica, specie nei primi 20-30 giorni, è stata wikipedia.

Non è esattamente una fonte attendibile, di sicuro non al livello di Iraqi body count.

Le fonti su cui si basa sono giornalistiche, viziate da una asfissiante propaganda, sulle pochissime cifre “ufficiali” e un preciso silenzio in cui si sviluppano voci “ufficiose”, inoltre queste fonti non raccontano nessun dettaglio, e la verità sta nei dettagli.

Però potremmo cercare di partire da quella fonte per provare a ragionare.

L’esercito libico ha conosciuto un fenomeno di disgregazione e shock il 17 febbraio.

Interi reparti (forse 8.000 uomini circa) hanno disertato, sopratutto a Bengasi. Tra i ribelli si sono messi anche alti ufficiali, piloti di caccia, una corvetta ed una fregata, ecc.

In pratica nei primi dieci giorni di febbraio tutta la Libia sembrava abitata da rivoluzionari. Come in molte situazioni di questo tipo i “reazionari” si sentirono, inizialmente, soli ed isolati. Vi fu panico, decisioni affrettate, un’area grigia che andava allargandosi anche a diverse forze di sicurezza, una sostanziale inadeguatezza della polizia.

Gheddafi mantenne la calma, ordinò una repressione feroce, apparve in Tv per terrorizzare i suoi sudditi, insomma guidò le sue truppe alla riorganizzazione e alla contro-offensiva con la consueta, sadica, abilità di un prestigiatore in sella da 42 anni.

Attorno a sé raccolse circa 12.000 soldati regolari, di cui però solo quelli delle unità d’élite (guidate da suoi parenti stretti) erano raccolti in brigate da combattimento regolari ben armate ed addestrate.

Conservò enormi riserve di armi e munizioni, oro e denaro, contatti diplomatici e politici (con tutti i peggiori dittatori africani, e molti anche extra africani) e sopratutto alcune importanti basi militari.

Attrasse a sé mercenari vecchi e nuovi, sopratutto quelli “vecchi”, legati ad antichi rapporti di amicizia e affari con Tripoli, oltre che a convergenze ideologiche con la Libia, che negli ultimi quarant’anni ha partecipato a guerre e colpi di Stato tra il Chad e il Burkina Faso, dall’Uganda-Tanzania al Darfur ecc. ecc. (il mercenario, contrariamente a quanto si crede, è sempre stato un animale piuttosto ideologico).

Inoltre alcuni governi africani potrebbero avergli inviato qualche centinaio di soldati regolari (Chad e Zimbabwe sono i candidati più probabili).

Perché dittatori e mercenari hanno molto da perdere se Gheddafi venisse a mancare.

Perché Gheddafi è un grande protagonista della politica africana. Soprattutto dell’instabilità africana, delle sue guerre dimenticate, dei suoi traffici, dei suoi colpi di Stato e delle sue dittature.

Secondo Wikipedia le truppe di Gheddafi, nelle loro contro offensive e ritirate tra il 17 febbraio e il 29 marzo hanno subito tra i 586 e i 664 morti, dichiarandone ufficialmente 111 entro il 23 febbraio (e specificando che parte di questi erano stati linciati o impiccati).

Queste cifre, così esposte, sono una dimostrazione dell’asprezza della rivolta e della successiva predominanza dei lealisti.

Ragionando sulle fonti di Wikipedia a riguardo, si nota come manchino quasi completamente i dati, anche di stima, dei bombardamenti dell’alleanza (che, verosimilmente, hanno superato le 1000 sortite offensive e i 200 lanci di missili mentre sto scrivendo questo pezzo) e, eccetto parzialmente Missràta (dove comunque ci si affida a stime), mancano i dati delle perdite in Tripolitania.

Quindi possiamo pensare che Gheddafi abbia perso tra i 1000 e i 1200 uomini, inclusi i mercenari e i poliziotti, su un esercito molto piccolo, che al-Jazeera valutava tra i 10.000 e i 12.000 uomini.

Potrebbe aggirarsi (contando anche le forze speciali della polizia e i mercenari) tra i 10.000 e i 20.000 effettivi. Difficilmente supererebbe di molto questa cifra, anche se negli ultimi gironi si segnalano tentativi di Gheddafi di armare una milizia popolare tra i suoi sostenitori.

Insomma una percentuale di perdite alta, quasi catastrofica, pari al 10% se escludessimo polizia e forze mercenarie. Inoltre a queste perdite andrebbero sommate quelle centinaia di soldati (impossibile sapere quanti) fucilati o arrestati perché si rifiutavano di ubbidire agli ordini.

I ribelli hanno dichiarato, sempre secondo al-Jazeera (e tolta anche in questo caso la Tripolitania), 17.000 uomini in armi al 24 marzo (inclusi marina e aviazione), di cui però credo che solo circa 1.000 siano soldati dell’esercito, ex regolari, ancora inquadrati nei ranghi.

Ovvero degli 8.000 disertori del 17 marzo un bel po’ si sono persi per strada, mentre altri ora si trovano a inquadrare e provare a comandare reparti di giovani universitari.

I ribelli hanno dichiarato, anche in questo caso facendo riferimento sopratutto alle truppe presenti sul fronte della Cirenaica (dalle città delle colline del sud Tipolitania praticamente non giungono notizie), due diverse stime delle loro perdite: una di 1.568 morti militari, una di 2.059, con in più un inquietante, ma presumibilmente sotto stimato, dichiarazione di 1.062 dispersi (fra i dispersi un po’ sarà semplicemente scappato, la diserzione è la piaga di ogni esercito irregolare, mentre parte di questo totale è ottenuto da cifre fornite troppo a ridosso delle battaglie, come a Bin Jawad, quando i reparti non si erano ancora riorganizzati. Fatto sta che i prigionieri finiti in mano ai lealisti sono più di “qualcuno” anche sul fronte della Sirte).

Dei morti civili non mi occupo in questa sede. Però immagino non siano stati pochi.

Poiché nella Libia occidentale la controffensiva di Gheddafi è risultata vittoriosa potremmo pensare che anche queste cifre siano un’approssimazione al ribasso.

Oltre tutto i ribelli fatti prigionieri all’ovest sono numerosi e dal destino incerto. E per ogni morto vanno contati diversi feriti. Insomma il totale di 1.500-2.000 morti potrebbe essere moltiplicato per due o per tre.

Queste sono perdite più che spaventose. Sono perdite inabilitanti.

Nessun esercito al mondo può reggere perdite di più del 10% al mese, che sono prossime a quelle patite tra le truppe impegnate nel Golfo della Sirte. Proprio perché l’usura è più grande ancora, comprendendo anche i feriti, i prigionieri, i dispersi ecc.  Solo con l’arrivo quotidiano di volontari (in un paese dalle risorse demografiche ridotte) è possibile far funzionare qualche cosa.

Certo le cifre potrebbero essere state gonfiate. E includono anche quelle di molti “civili” oppositori manifesti di Gheddafi che praticarono l’intifada, non la guerra regolare, nei primi 7-8 giorni della rivolta.

Ma il dato di fondo resta. I ribelli non possono costituire un esercito se continuano a perdere uomini a questa velocità, l’attrito dei loro reparti è troppo forte. Perché i mercenari continuano a combattere anche se subiscono perdite relativamente alte, i volontari no.

È anche per questo che i ribelli non hanno un esercito, ed impiegheranno mesi ad averne uno, ammesso che ci riescano.

Non è un caso se il vice ammiraglio USA Bill Gortney ha ammesso che le vittorie dei ribelli degli ultimi giorni sono state “di scarso valore”, ovvero tradotto dagli eufemismi militari i ribelli hanno una scarsa capacità di uccidere ed aspettano che il nemico si ritiri grazie ai bombardamenti.

Oppure che i ribelli ormai scappano ogni volta che vengono inquadrati dall’artiglieria lealista. Facendo avanti ed indietro sulla Balbia.

Chissà quanti di loro sono in uno stato di shock post-traumatico quasi permanente, chissà quanti di loro hanno visto morire il loro migliore amico.

In tutta questa fosca situazione nessuno sembra avere una strategia.

I ribelli puntano ancora a marciare su Sirte senza aggirarla, ed impiegheranno diversi mesi per addestrare delle truppe all’altezza di quelle nemiche (oltre tutto non sanno usare l’artiglieria).

Gheddafi aspetta, rafforzando una difesa concentrica attorno a Tripoli e provando a schiacciare le ultime sacche di ribellione all’ovest.

I volenterosi non sanno che fare, ed anche se iniziassero a rifornire i ribelli con il meglio dei loro arsenali non troverebbero un esercito vero da rifornire.

Se non ci sarà un “venerdì dell’insurrezione” a Tripoli la vedo dura e lunga.

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p.s. se pensate che 1.200 o 2.000 morti sian “pochi” vi porgo un parallelo storico un po’ azzardato.  O’Connor conquistò (tra il dicembre 1940 e il febbraio 1941, durante l’operazione “Compass”), tutta la Cirenaica ed un pezzetto di Egitto subendo circa (anche in questo caso le cifre variano molto da fonte a fonte) 500 morti, 55 dispersi e 1.370 feriti su un esercito di 31.000 uomini. I 150.000 italiani a lui contrapposti subirono circa 3.000 morti e 130.000 prigionieri. Ma quella era la seconda guerra mondiale al suo meglio in cui, tra l’altro, O’Connor utilizzò strategie innovative e tattiche all’avanguardia. Insomma fu una vittoria che prima fu raggiunta dall’intelligenza, e poi dalle armi. Oggi, mi sembra, tutti si dimentichino che la vittoria va anche a chi ha pensato il piano migliore. Perché, potrei sbagliarmi, ma nessuno ha un piano.

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Questo post completa quello di ieri. Do quindi per assodati tutti i discorsi sulla mancanza di informazioni. Quello che cercherò di fare è un ragionamento di analisi su dati incompleti e scadenti (nel frattempo consiglio la lettura di Fabio Mini, uno dei migliori “cervelli” delle forze armate italiane, su Repubblica...