Qualcosa si muove ai piani alti della diplomazia internazionale.

Qualcosa si muove perché ormai è chiaro a tutti che la guerra, così com’è, non funziona per nessuno.

Non mi riferisco ovviamente, ai velleitari piani dell’unione africana.

In sintesi:

  1. Alain Juppè (e quindi la Francia) ha dichiarato che la NATO non sta facendo abbastanza per aiutare i ribelli, ops per impedire a Gheddafi di uccidere i civili, sopratutto a Misurata-Misrāta. Quindi ha iniziato a batter cassa cercando di portare convincere gli alleati a moltiplicare sforzi e spese.
  2. Anche William Hague (e quindi il Regno Unito) ha dichiarato che “bisogna fare di più”, con il tipico pragmatismo britannico ha anche assicurato che sono in arrivo altri aerei e che il dispositivo militare britannico è stato già rinforzato nei giorni scorsi. (ovviamente, lui, non ha criticato esplicitamente la NATO).
  3. Frattini, l’invisibile ministro degli esteri, ha incontrato il suo omologo del governo di Bengasi, ciò che si sono detti mi interessa relativamente (il nostro ministero degli esteri in Libia è, tradizionalemente, un dipendente dell’ENI), interessante invece è scoprire che alla riunione era presente anche Abdel Fattah Younis, il “commissario alla difesa” del governo di transizione nazionale. Ovvero il capo militare dei ribelli è in visita in Europa e probabilmente inizia a chiedere quelle forme di coordinamento che la NATO non ha, fin’ora, concesso.
  4. Catherine Ashton (quindi l’Europa? mhà, forse direi più a titolo personale) ha fatto una serie di sibilline dichiarazioni su corridoi umanitari e sbarchi in quel di Misurata, che mi fan pensare ad un possibile (per quanto ancora improbabile) coinvolgimento di forze di terra nella regione. Ma sa l’ha detto dalla Ashton non vuol dire che sia qualcosa di serio, mica è il ministro degli esteri di una “vera” potenza.

Intanto:

  1. Chissà, forse perchè Younis lo ha fatto notare ai suoi alleati, sono iniziate missioni d’attacco sui dimenticati Jabel Nefusa, ovvero sulle montagne a sud di Tripoli dove i ribelli stanno perdendo molte importanti città nel disinteresse del mondo. Si segnalano però anche vittime civili (o meglio le segnala Gheddafi).
  2. la NATO continua a organizzare raid anti materiali, rivendicando, per l’11 Aprile, la distruzione di 11 carri e 5 veicoli di altro tipo, 25 carri armati il giorno prima ecc. ecc.
    Ora non so come interpretare questi dati.
    Nel report del 2009 l’International Institute for Strategic Studies di Londra ipotizzava che la Libia disponesse (per lo più in magazzino) di 1914 MBT (cioè carri da battaglia per la precisione T-54, T-55, T-62 e T-72 tutti di progettazione sovietica, i T-72 modernizzati di recente), 760 blindati leggeri (tra EE-9 Cascavel, EE-11, BRDM-2, OT-64, brasiliani e cecoslovacchi altre ai BTR-50 e BTR-60 sovietici), ed infine 986 veicoli corazzati trasporto truppe (tra BMP-1 e BMD-1, tutto vecchiume sovietico).
    A questi mezzi bisogna aggiungere 510 semoventi d’artiglieria (vecchi sovietici 2S1 e SO-152, cecoslovacchi M-77 Dana e sopratutto circa 160 Palmaria italiani dei primi anni ’80) e un altro numero imprecisato (ma elevato) di semoventi contraerei.
    Insomma un arsenale vecchio ed immenso, per il quale la Libia non dispone (da anni) del numero di soldati necessari. Inoltre, sicuramente, un po’ di questi sono caduti nelle mani dei ribelli o sono stati distrutti da Gheddafi per impedire che fossero catturati dal nemico. Un bel po’ è stato distrutto nei combattimenti dei mesi scorsi e nei primi giorni di raid, sopratutto dai francesi attorno a Bengasi.
    Però, proprio come fecero nel 1999 i Jugoslavi, questa scorta enorme di mezzi inutilizzati (ed in parte inutilizzabili, vista l’età) permette a Gheddafi di disporre di centinaia (in origine più di 4000) bersagli “civetta” per le forze NATO.
    Ovvero si mettono i carri vecchiotti in bella vista e si lascia al nemico l’onere di distruggerli, uno ad uno, con missioni inutili.
    Se in un giorno normale la NATO ne distruggesse una ventina occorrerebbero 200 giorni per azzerare il suo arsenale, se ne distrugge una decina 400 ecc. Intanto le tecniche di Gheddafi possono scorazzare trnanquille, tra un gippone e un carro armato sarà sempre il secondo ad essere bersagliato.
  3. Ajdabiya è nelle mani dei ribelli, ma Gheddafi non si è allontanato troppo, duelli d’artiglieria si segnalano in tutta quella zona. I ribelli continunano a provare a costruirsi un esercito. Si sengalano ancora torture sui prigionieri da ambo le parti.
  4. Forse dipende dalla scarsità delle fonti (da quando la guerra dell’occidente è cominiciata non si sa più nulla dell’esercito Gheddafiano, comandanti, unità, numeri…) ma parrebbe che da un paio di settimane o giù di lì nessun soldato libico viene più fucilato per essersi rifiutato di eseguire un ordine.
    Nei primi giorni della rivolta accadeva quasi quotidianamente.
    Quindi, o l’epurazione è finita, oppure i soldati di Gheddafi si sentono invasi da un nuovo spirito, ora che la guerra è anche contro la NATO, oppure queste cose succedono ancora ma noi non le sappiamo, o, infine, la percentuale di soldati libici al fronte è minima e aumentano i mercenari (si segnalano ora anche mercenari algerini e tunisini, fisicamente indistinguibili dai libici).
Valerio PeverelliIn fiammealain juppè,catherine ashton,diplomazia,franco frattini,guerra,International Institute for Strategic Studies,libia,william hague
Qualcosa si muove ai piani alti della diplomazia internazionale. Qualcosa si muove perché ormai è chiaro a tutti che la guerra, così com'è, non funziona per nessuno. Non mi riferisco ovviamente, ai velleitari piani dell'unione africana. In sintesi: Alain Juppè (e quindi la Francia) ha dichiarato che la NATO non sta facendo abbastanza...