Uno dei motivi per cui ero molto perplesso per il nostro intervento in Libia era l’enorme difficoltà di riuscire, con mezzi militari (per altro inadeguati), a risolvere una situazione così complicata.

Misurata (Misratah o anche Misrata) oggi è la dimostrazione dei limiti dell’intervento NATO.

Si tratta della terza città della Libia, con una popolazione stimata (prima della guerra) in 400.000 abitanti esclusa la zona portuale (che è in un comune a parte), è, o meglio era, una ricca città industriale (è il centro libico della siderurgia, sede di industrie tessili ed alimentari ecc.), ed è passata ai ribelli dopo grandi manifestazioni e duri combattimenti tra il 18 e il 26 marzo.

I ribelli, prima di conquistare la città, hanno subito il mitragliamento di un corteo, ma sono poi (forse anche per questo) stati aiutati dall’ammutinamento dell’accademia dell’aviazione, i cui cadetti svolsero, nei primi giorni, un importante ruolo nei combattimenti per la conquista dell’areoporto, una delle postazioni strategiche della città (oggi perduta, assieme al vicino stadio).

Il 6 marzo la birgata Hamza tentò di riprendere la città (fallendo clamorosamente), iniziando poi un blando assedio, indurito e rinforzato il 13 quando la, purtroppo celebre, brigata Khamis (reduce dalla sanguinosa conquista di Az-Zawiyah) si aggiunse alle truppe che assediavano la città.

Inoltre iniziarono ad essere schierati massicciamente anche nuclei di mercenari, africani e non solo, parrebbe che tutti i mercenari europei fin’ora catturati in Libia (per lo più serbi) sono stati presi in questa zona.

L’inizio dei bombardamenti della NATO, attorno al 17-18 marzo in questo fronte, non ha influito più di tanto sui combattimenti, o meglio hanno solo rallentato l’avanzata dei lealisti, senza arrestarla.
Anzi nei primi giorni la qualità degli attacchi NATO in questa zona è stata assolutamente scadente, visto che la marina lealista riusciva ancora a bloccare il porto e bombardarlo dal mare.

Dopo di che la NATO è riuscita a bloccare la marina lealista, e a danneggiare alcune batterie d’artiglieria (poche), quindi alcuni convogli di rifornimenti hanno cominciato a raggiungere la città, anche se i primi rifornimenti di armi furono stoppati dalla NATO (in particolare dalla marina turca).
Tutt’ora il porto non è completamente in sicurezza e può essere bombardato impunemente dall’artiglieria di Gheddafi, pare che la NATO non si stia sforzando per nulla per difendere la città.

I rinforzi giunti da Bengasi sono comunque limitati (e gli shebab inviati di rinfozo, poche decine, per lo più male addestrati), mentre più cospiquo è il numero di profughi e feriti evaquati.

Ovviamente Gheddafi dichiara che questi rinforzi sono di Al-Qaeda.

Nel frattempo, nella completa e colpevole dimenticanza di tutti, il porto di Misurata si riempiva di immigrati disperati (inizialmente ben 12-13.000), di cui solo dal 9 aprile (e a piccoli gruppi) è cominciata l’evaquazione (ma almeno 5.000 sono ancora oggi all’inferno, mentre qualcuno ha tentato la fuga fai da te, con esiti infelici).
Vista la relativa scarsità di cibo nella città assediata queste sono state considerate “bocche inutili”, poco gradite, mal nutrite, private di alloggio. Anzi pare che una rivolta dei migranti sia stata repressa con armi da fuoco dai ribelli.

Gheddafi ha concentrato attorno alla città nuclei di artiglieria, tra cui molte batterie di Grad (una sorta di lanciarazzi pesante a lunga gittata), mortai pesanti ed altre armi facilmente occultabili.
Nel frattempo ha occupato ampie aree dell’area abitata, sia in alcune zone di periferia che in un corridoio attorno a Via Tripoli nel centro. Viceversa i ribelli controllano ancora alcuni centri sub-urbani e rurali dei dintorni, e tutta la zona tra la città e il mare.

Purtroppo l’area industriale è proprio sulla linea di fuoco tra la città e il suo porto (che a partire dal 13 aprile è stata massicciamente attaccata dai lealisti), difficilmente le accaierie di Misurata saranno intatte dopo la fine della guerra, è quindi sin da ora ipotizzabile una forte crisi economica nella città.

Inoltre il particolare teatro, isolato da tutti gli altri fronti, e la natura urbana dei combattimenti, fanno si che anche concentrazioni di truppe piuttosto ridotte possano avere effetti devastanti. Attualmente si stima che Gheddafi sia riuscito a inserire nella città “appena” 700-800 uomini (incluse alcune reclute poco disposte a battersi e qualche soldato bambino, ma molti cecchini di “alto livello”), mentre circa il doppio (o più) sono posizionati attorno alla città, soprattutto per far funzionare l’artiglieria.
(dalla città si può ancora uscire ed entrare con una certa difficoltà, alcuni riescono a procurarsi ancora ortaggi in campagna, i posti di blocco governativi sono ancora pochi).

I ribelli sono però ancora meno (ma è impossibile sapere quanti sono esattamente, visto che esiste anche chi va al fronte in maniera saltuaria, oppure chi combatte disarmato, costruendo molotov e similia), ed anche se stanno combattendo con una determinazione e una capacità tattica che mi ha profondamente stupito, difficilmente riusciranno a faro indefinitivamente.

Proprio per questo hanno chiesto non solo armi e rifornimenti ma anche, per la prima volta, l’invio di soldati, truppe di terra sotto l’egidia ONU per aprire un corridoio umanitario, che in quelle condizioni significa impedire che il porto sia isolato dalla città e allontanare di una ventina di Km le batterie di artiglieria.

(a proposito se l’occidente sta rifornendo i ribelli lo fa con il contagocce, gli shebab iniziano ad avere quasi tutti degli stivali ai piedi, ma le armi moderne continuano a scarseggiare, per non parlare di equipaggiamenti non letali come giubbotti anti proiettili, binocoli, visori notturni, elmetti, jeep… eppure per questi equipaggiamenti, ormai da una decina di giorni sarebbe stato dato il via libera dai goveni europei).

La risposta di Francia e Italia a questa situazione è stata: vi inivamo 10 addestratori a testa, ed a Bengasi. 20 uomini!
Questa è l’ennesima presa in giro in un intervento che non è né carne né pesce, per un esercito come quello dei ribelli 300-400 addestratori sarebbero comunque pochi.

Comunque la situazione sul terreno, in questo fronte, resta molto complessa e pericolosa.
I radi NATO (cui si è aggiunta, silenziosamente, l’aviazione giordana) sono numericamente pochi e, come supponevo, hanno riguardato molti vecchi carri armati posizionati in perfieria, che, secondo gli shebab, erano utilizzati come bersagli civetta.

Per fortuna poche (o addirittura nessuna) le vittime civili dei bombardamenti (che complessivamente si dovrebbero aggirare, su tutti i fronti, attorno alle 140 dall’inzio della guerra, forse meno, ma escluse le vittime di “fuoco amico”).

In città iniziano ad aggirarsi alcuni giornalisti, ammiro il loro coraggio ma mi spiace che la distruzione di una città faccia notizia solo quando alcuni stimati professionisti occidentali vengono uccisi da un colpo di mortaio.
Comunque se qualcuno volesse conoscere meglio la situazione (anche militare) della città di Misurata può controllare sul questo blog http://setrouver.wordpress.com/italiano/ (non più molto aggiornato nelle pagine in italiano, ma multi lingue).

Difficile è fare delle stime delle perdite subite dai combattenti, anche perché le fonti ospedaliere sono contradditorie.
Innanzi tutto non comprendono i dati delle zone sotto il controllo, anche temporaneo, di Gheddafi (in cui, tra l’altro, si segnalano stupri e saccheggi), in secondo luogo non comprendono le perdite subite dai lealisti, di cui tra i 200 e i 400 dovrebbero essere morti nei combattimenti (più qualcuno nei bombardamenti NATO dei dintorni).

Comunque le fonti mediche sono poco attendibili anche perché il sistema ospedaliero della città è quasi al collasso, con ospedali che sono divenuti tatro di combattimenti o sottoposti a bombardamenti d’artiglieria, e quindi evaquati. Se il 30 marzo i morti complessivi in città erano attorno ai 398, oggi potremmo aver raggiunto i 1200-1300, con circa un 70-80% di civili.
Molti feriti sono stati evaquati da Medici senza frontiere e da ONG turche.

Il rischio di epidemie è piuttosto alto, anche per le precarie condizioni dei migranti al porto, così come per i tentativi dei lealisti di avvelenare le condutture dell’acqua con liquami (ma Misurata ha anche un grosso desalinizzatore, nelle mani dei ribelli).

Le scorte almentari della città invece ondeggiano paurosamente in base anche all’agibilità del porto e delle vie di rifornimento che passano tra le maglie larghe dell’assedio, il prezzo degli alimenti è molto salito, ma c’è ancora una certa disponibilità di cibo.

In città, dal 10 Aprile, opera Emergency (vedi qui http://www.emergency.it/libia/18-aprile-fermare-il-massacro.html i loro report), con la consueta abilità.
Devo dire che spesso le analisi “dei pacifisti” sulla crisi libica mi hanno convinto poco (pur essendo io stesso un pacifista e contrario all’intervento), ma Emergency fa sempre la cosa “pratica” giusta, apre un ospedale in zona di guerra dove c’è più bisogno.

Questa fonte ci descrive come il numero di morti e feriti stia salendo sempre più nell’ultima settimana, triplicandosi, forse è per questo se Staif al-Islam Gheddafi, in TV, parla di vittoria imminente. Purtroppo non pochi dei morti sono bambini colpiti deliberatamente dai cecchini. (anche per questo non sempre i cecchini sono risparmiati dai ribelli, se riescono a catturarli).

Forse Emergency è, a Misurata, l’aiuto più concreto ed efficace che l’occidente a dato alla popolazione, alla civiltà e all’umanità.

Valerio PeverelliIn 30 secondi
Uno dei motivi per cui ero molto perplesso per il nostro intervento in Libia era l'enorme difficoltà di riuscire, con mezzi militari (per altro inadeguati), a risolvere una situazione così complicata. Misurata (Misratah o anche Misrata) oggi è la dimostrazione dei limiti dell'intervento NATO. Si tratta della terza città della Libia,...