In questi giorni la Libia è passata in secondo (o terzo) piano.
Quel poco che se ne dice ruota attorno ai profughi (che continuano a morire sulla rotta per Lampedusa) e Gheddafi.

Dov’è Gheddafi?
Chi dice ferito il 2 maggio, chi dice fuggito nel deserto vicino alla frontiera sud del paese, chi ancora specifica che è nel deserto a Ash Shurayf (un crocevia altamente strategico tra Sirte e Sabha).

A me la questione appassiona poco.
Al massimo è importante perché Gheddafi: a) rimanendo lontano dalla capitale potrebbe vedere diminuire la sua presa sulla burocrazia e b) non comparendo in video o in pubblico potrebbe perdere la battaglia della propaganda.

Certo, a livello generale, è più importante notare come la benzina a Tripoli costi 5 dinari al litro, mentre nella zona controllata dagli insorti con 5 dinari prendi 25 litri. Insomma le vie di rifornimento di Gheddafi non sono infinite, trasportare armi e munizioni è più semplice che trasportare benzina, ma senza benzina la guerra non si può fare.

Occorre fare un rapido riepilogo delle notizie dai fronti: al sud-est (Cufra e dintorni) la situazione resta confusa, però ora è coperta da qualche media e sembre una guerriglia in miniatura, con attachi mordi e fuggi da parte di ambedue i contendenti nelle infinite distese del deserto, città e oasi che cambiano continuamente di mano senza che siano disputate in battaglie “regolari”.

Sul foronte principale, ad est di Brega, la situazione rimane apparentemente “tranquilla”. Tra Brega e Ajdabiya il 9 maggio i ribelli rivendicano una imboscata riuscita contro una pattuglia lealista.
In questi giorni scade la prima finestra addestrativa degli insorti, ovvero quelli di loro che hanno cominciato ad addestrarsi ai primi di Aprile sono ora “mezzo addestrati”, con ogni probabilità nelle alte sfere del governo si inizia a discutere se lanciarli all’offensiva così oppure aspettare altre 3-4 settimane e terminare il percorso.
La tentazione potrebbe essere irresistibile se le informazioni che giungono dalla zona di Tripoli fossero vere (si veda il prossimo post, in cui cercherò di stare in 30 secondi).

Misurata resta un fronte molto caldo.
Nei giorni scorsi si è prima molto speculato sul possibile uso dei gas da parte di Gheddafi (che ha fatto distribuire maschere ai suoi soldati), poi si sono visti degli elicotteri (e addirittura degli aerei leggeri) di Gheddafi bombardare la città e minare il porto (la no-fly è molto facile da dichiarare, molto più difficile da far rispettare), quindi aerei o artiglieria hanno centrato i depositi di carburante della città, che sono andati a fuoco per giorni.

Gheddafi pare aver perso ogni remora verso i danni materiali che la sua artiglieria sta infliggendo alle infrastrutture del suo paese, incluse quelle petrolifere. Fino a poco tempo fa i soldati di Gheddafi erano capacissimi di radere al suolo case e moschee, ma avevano l’accortezza di evitare fabbriche, raffinerie e terminal petroliferi; oggi la bestia morente preferisce condannare il paese ad una lunga e costosa ricostruzione post bellica, nel disperato e velleitario tentativo di vincere.

Ma non tutto va bene per Gheddafi, se pochi dei convogli di rifornimento ribelli sono riusciti a penetrare nel porto (sia per colpa dell’artiglieria si per le mine lanciate da elicotteri e natanti o paracadutate con razzi), molti convogli lealisti sulla ex via Balbia, tra Tripoli e Misurata, sono finiti sotto le bombe dei volenterosi, così come molte delle postazioni lealiste ad ovest della città e delle batterie d’artiglieria (che sparano sempre meno per non farsi individuare).
La NATO ha iniziato a coordinarsi un minimo con gli insorti della città.

Inoltre i ribelli di Misurata ormai, dopo due mesi di assedio e battaglia, sono veterani abili divisi in una miriade di gruppi di combattimento ben strutturati, la polizia segreta ha subito perdite dure (anche in ufficiali) nei combattimenti della scorsa settimana attorno all’areoporto e nel tentativo di isolare la città dal porto.
Ormai in città non restano che pochissimi immigrati in attesa di evaquazione, la perdita dei carburanti è stata dura, ma per una città assediata è più che compensata dalla riconquista di un po’ di campagna con i rifornimenti alimentari conessi.

Infatti è notizia di oggi che i ribelli sono riusciti a superare quasi d’appertutto il terzo anello della circonvallazione, impossessandosi dell’areoporto (che però non controllerebbero in toto, e quindi è ancora presto per un ponte aereo), mentre pezzi non più piccoli di campagna sono di nuovo nelle loro mani e il cerchio d’assedio è più ampio di ieri. Anzi ad ovest della città tutto un pezzo di litorale, forse addirittura 20 km, è nelle mani dei ribelli, alcuni parlano di un’avanzata (chi dice gà effettuata, chi dice in corso, chi dice immninente) fino a Zliten, cittadina universitaria a metà strada tra Tripoli e Misurata.

Nei Jebel Nefussah (questa pare sia la grafia “corretta” dei Gabel Nafusa, tornerò però ad usare l’italianizzazione, come nel caso di Misurata, visto che non tutti i lettori di questo blog sono arabisti) gli insorti sono riusciti a creare una cintura di controllo che comprende la maggior parte dei passi e dei valichi. In pratica Gheddafi non può più far arrivare benzina e munizioni dalla rotta nord algerina, gli rimangono altre tre vie di rifornimento (sud Algeria, Niger e Chad occidentale) tutte molto lunghe e ardue.

In questo fronte i ribelli controllano buona parte delle zone berbere (inclusi i villagi rurali ed alcune oasi), saldamente le citta di Zintan (dove la NATO il 1 maggio ha bombardato l’artiglieria lealista, che però è tornata operativa il 7) e Nalut (strategica per la sua strada), meno saldamente le citta di Wizzin (punto di frontiera) e Yafran, mentre hanno sgomberato Gharyan e Kikla (dove però i lealisti sembrerebbero quasi assediati dalla guerriglia e incapaci di espandere le zone sotto il loro controllo).
Ghadames, (a sud-ovest dei Nafusa) importante come collegamento con l’Algeria, resta nelle mani di Gheddafi ma la zona è turbolenta e insicura.

I ribelli ora dispongono di un “santuario” in Tunisia, da cui possono far entrare armi, uomini e munizioni, facendo affidamento nei profughi e negli esuli come bacino di reclutamento.

In particolare mi sembra che la mia idea di opposizione “composita” si stia confermando sul campo. Ovvero gli oppositori storici di Gheddafi, esuli da 10, 20, 30 o 40 anni, per i motivi più diversi (comunisti, monarchici, islamisti, oppositori interni…), si incontano in Tunisia o in Egitto e rientrano in partia come volontari della ribellione.

Valerio PeverelliIn 30 secondi
In questi giorni la Libia è passata in secondo (o terzo) piano. Quel poco che se ne dice ruota attorno ai profughi (che continuano a morire sulla rotta per Lampedusa) e Gheddafi. Dov'è Gheddafi? Chi dice ferito il 2 maggio, chi dice fuggito nel deserto vicino alla frontiera sud del paese,...