La Spagna è in fiamme (rivoluzionari e wannabe, 2)
Che la memetica del gelsomino non sia cosa cui i tiranni non pensano è evidente nel fatto che recentemente la Cina, un paese che con i gelsomini ha certamente a che fare, ha bandito i questo fiore “in tutte le sue forme” dopo che sparuti gruppi di oppositori lo avevano usato come simbolo per i loro flash mob.
In Rivoluzionari e Wannabe avevo raccontato della forza del meme “giorno della rabbia”, tema che ho ripreso, in forma polemica, qualche giorno fa discutendo della nakba palestinese.
Oggi registro l’occupazione delle piazze spagnole in stile “piazza Tahrir”.
La dinamica e la strategia sono le stesse: occupiamo uno spazio pubblico, voi ci sgomberate, noi ri-occupiamo lo spazio pubblico a tempo indeterminato.
E’ una mossa intelligente che sfrutta il potere mediatico della piazza egiziana, obbligando le elites politiche a una risposta, senza “arrabbiarsi” contro un tiranno che non c’è.
Assieme al meme di Piazza Tahrir va il meme dell’identificazione della protesta con il giorno in cui ha avuto inizio: questo è il movimento 15 maggio (o 15M).
Anche questa è una mossa intelligente perché non identifica la protesta con una parte politica definita in un mondo, quello spagnolo, in cui – si direbbe – la democrazia “è matura”.
Stavolta il collegamento con CANVAS o Otpor non c’è, o se c’è è estremamente latente.
La Spagna è in fiamme e il fuoco è egiziano. Questa volta non c’è un tiranno da abbattere, la comunità internazionale non può emanare le proprie fatwa, Zapatero deve dare risposte democratiche a una protesta democratica.
Altrimenti sarà chiaro – ma per molti già lo è da tempo – che queste proteste, non solo quella spagnola, hanno a che vedere con un genere di libertà e di democrazia che al mondo – anche nel mondo “di sopra” – ancora non esistono.
https://in30secondi.altervista.org/2011/05/19/la-spagna-in-fiamme-rivoluzionari-e-wannabe-2/In fiamme2011.05.15,europa,piazza tahrir,rivolta,rivoluzione del gelsomino,spagna
Certamente nel caso spagnolo funziona anche la tradizionale cultura anarchica e anti stato di molti.
Ma sopratutto direi che questa rivolta, come quelle greche (dove però “anarchico” ha un suono ben diverso e rimanda ad una struttura, non ad una cultura) è figlia del FMI.
Se il FMI obbliga una nazione a rinunciare ad una politica economica autonoma, se obbliga un governo di sinistra a fare cose di destra, perché fare politica in maniera “normale?
Se l’FMI obbliga un governo a privatizzazioni, tagli allo stato sociale, precarizzazione del mercato del lavoro, tagli all’istruzione e alla sanità ecc. ecc., che senso ha votare?
(io direi comunque molto, anche perché poi i socialisti tagliano comunque in maniera diversa dai popolari, e per opporsi frontalmente all’FMI c’è sempre la sinistra unita)
Quindi oltre (o alternativamente) al voto, per evitare che la democrazia sia messa in mora da una istituzione di banchieri neo liberisti, pazzi ed arroganti, esiste la rivolta.
Il problema è che nei nosti sistemi (ed anche in altri, vedi Egitto e Tunisia), sarà poi il voto (e quindi la massa dei cittadini convinti) a decidere, com’è giusto che sia, non la piazza.
Però il modello Egiziano è un modello che faremo bene a studiare (anche partendo da Otpor! e Sharp), perché è quello che dovremmo fare in Italia nei possimi anni.
Insomma viviamo in un paese il cui premier compera i deputati al mercato, e in cui il rischio di fallimento (e intervento dell’FMI) esiste ed è sempre più concreto.
One solution, revolution!