La primavera araba è contro gli aiuti (2)
Oggi Nigrizia pubblica in italiano un fondamentale documento redatto da “67 organizzazioni della società civile, in rappresentanza di 12 paesi del mondo arabo” che “danno voce a tutte le loro preoccupazioni sui pacchetti di aiuti finanziari sponsorizzati da Unione europea e Stati Uniti per la transizione nei paesi della regione del Mediterraneo attraversati dalle recenti rivoluzioni popolari.”
Questi pacchetti, sostengono le organizzazioni non governative (ong) e le associazioni di base, potrebbero avere degli impatti negativi sui processi di transizione democratica e sconvolgere gli obiettivi di giustizia sociale ed economica che le stesse rivoluzioni si erano date.
Spiega Kinda Mohamadieh, direttore della Rete delle ong arabe per lo sviluppo: «I cambiamenti democratici ricercati dalle popolazioni locali non saranno raggiunti con l’aumento degli aiuti legati a condizionalità politiche, ulteriori liberalizzazioni di commercio e investimenti, deregolamentazioni e ricette economiche molto ortodosse che hanno così tanto contribuito alle ingiustizie contro le quali si sono ribellati i popoli di Tunisia ed Egitto. Il percorso verso lo sviluppo passa necessariamente attraverso la volontà dei popoli di ogni singolo paese, con un processo costituzionale e un dialogo nazionale».
Il documento sottolinea che sulle istituzioni finanziarie internazionali – che gestiscono il pacchetto di aiuti – ricade la responsabilità di aver promosso in maniera sistematica per anni gli ingiusti modelli economici che hanno portato all’impoverimento e alla marginalizzazione di molti paesi nordafricani e del Medio Oriente. Oggi, questi stessi modelli sarebbero incentivati, a meno che non cambi qualcosa, attraverso le condizionalità attaccate ai nuovi pacchetti di sviluppo.
Per questo, secondo la società civile araba, oltre alla questione delle condizionalità, vanno valutati attentamente i prestiti e l’operato nella regione delle banche multilaterali di sviluppo, va incentivata la massima trasparenza nella distribuzione dei nuovi aiuti, c’è la necessità di una revisione da parte di un organismo indipendente dei vari debiti sovrani esistenti, con l’eventuale cancellazione di debiti odiosi contratti dai dittatori ora destituiti e bisogna poi rinegoziare gli impegni economici e commerciali presi dai precedenti esecutivi.
Il network europeo Counterbalance, che conduce la campagna per la riforma della Banca europea per gli investimenti (Bei), sostiene la dichiarazione delle ong arabe. Secondo Caterina Amicucci, della Campagna italiana per la riforma della Banca mondiale, membro di Counterbalance, «gli stati occidentali tendono a confondere la transizione verso la democrazia con quella verso le liberalizzazioni che servono ai loro interessi e non necessariamente a quelli delle persone a cui dovrebbero recare un beneficio. La Bei, tramite cui sarà veicolata la fetta più cospicua degli aiuti europei, è stata attiva nella regione per oltre 30 anni, senza dei risultati tangibili per le comunità locali. Anzi, spesso è stata criticata per la mancanza di trasparenza e per i massicci investimenti nei combustibili fossili».
Io copio e incollo il documento tradotto da Nigrizia, e grazie per averlo fatto.
I popoli di Egitto e Tunisia si sono ribellati contro dei modelli economici ingiusti.
Gli aiuti a sostegno di queste rivoluzioni popolari non devono ostacolare la transizione democratica
Appello da parte delle organizzazioni della società civile della regione araba affinché gli obiettivi economici e di giustizia sociale delle rivoluzioni non vengano distorti dall’intervento di FMI, Banca Mondiale, BEI e BERS
Il 26 e 27 maggio 2011, nella cittadina francese di Deauville, si è tenuto un incontro del G8 in cui si è discusso del sostegno alla “Primavera araba”[1], alla presenza di rappresentanti ufficiali dei governi di transizione di Egitto e Tunisia, entrati in carica a seguito di rivoluzioni di popolo pacifiche che sono riuscite a deporre i regimi dittatoriali oppressivi al potere da decenni. Le rivoluzioni in Egitto e Tunisia hanno traghettato questi paesi in un’era nuova, caratterizzata dalla richiesta popolare di una transizione verso istituzioni e pratiche democratiche. Transizioni che devono essere accompagnate da profonde riforme sociali, economiche e politiche, da definire attraverso un dialogo inclusivo a livello nazionale, una governance partecipata e sul coinvolgimento di una società civile emancipata e responsabile.
Seppure si apprezzi il sostegno alla transizione democratica ed allo sviluppo, è importante ricordare che i popoli di Egitto e Tunisia si sono ribellati contro dei modelli economici ingiusti che avevano impoverito la maggior parte di queste popolazioni, ponendole ai margini delle loro stesse economie. Ciò è stato frutto di decenni di politiche inadeguate che erano state prescritte ed imposte dagli stessi attori internazionali a cui attualmente si fa appello per agevolare la transizione.
Ancora nel settembre del 2010, l’FMI lodava la “solida gestione macroeconomica della Tunisia e le sue riforme strutturali dell’ultimo decennio”, auspicando perfino una loro continuità attraverso “il contenimento della spesa pubblica sui sussidi ai salari, ai generi alimentari ed ai carburanti”[2], nonostante nello stesso documento si riconoscesse l’aumento dei prezzi degli alimenti nel paese a causa dell’aumento dei prezzi alimentari a livello globale. Il continuo perseguimento nel corso degli anni di politiche assolutamente inadeguate ed il disprezzo delle vere priorità delle popolazioni di questi paesi pongono delle questioni nodali sul ruolo dell’FMI nei processi di transizione. Tali questioni dovrebbero portare ad un riesame serio, aperto ed inclusivo delle politiche prescritte dalle organizzazioni internazionali negli scorsi decenni. L’operatività internazionale di istituzioni economiche e finanziarie potrà solo trarre vantaggio da questo dibattito, a condizione che esso preveda la partecipazione paritaria dei paesi in via di sviluppo.
In questo contesto, gli aiuti volti a sostenere le rivoluzioni popolari non devono porre limiti alla transizione verso la democrazia o produrre delle distorsioni degli obiettivi economici e di giustizia sociale che hanno caratterizzato le rivolte arabe. Non si devono riproporre le stesse ricette che hanno contribuito alle ingiustizie subite dai popoli di Egitto e Tunisia sotto forma di varie forme di partenariato e pacchetti di aiuti promossi in nome del sostegno alla democrazia. Il cambiamento auspicato dai popoli della regione non può essere perseguito aumentando gli aiuti legati a programmi che prevedono ulteriori liberalizzazioni del commercio e degli investimenti, deregolamentazioni fatte per “rafforzare la fiducia imprenditoriale” e condizionalità legate ad obiettivi di stabilità macroeconomica.
Le scelte dei governi di transizione in Egitto ed in Tunisia riguardo l’accettazione di aiuti erogati da strumenti finanziari internazionali e regionali spesso associati ad una serie di condizionalità di politica economica, vincoleranno i governi e le popolazioni di questi paesi negli anni a venire[3]. Decisioni di questa portata non devono essere adottate da governi provvisori, pochi mesi o perfino poche settimane prima dello svolgimento delle elezioni. Infatti, le decisioni riguardanti politiche macroeconomiche, commercio e strategie di investimento si dovrebbero basare sulle priorità economiche e sociali individuate dai popoli di Egitto e Tunisia attraverso processi costituzionali e nelle varie piattaforme nazionali che lavorano lo sviluppo di strategie nazionali di lungo termine basate sui diritti. Questi processi non dovrebbe essere messi a repentaglio da decisioni assunte dai gruppi tecnici consultivi non eletti dal popolo che attualmente sostengono i governi di transizione, così come non dovrebbero esse imbrigliati da eventali obblighi derivanti da accordi con l’FMI, la Banca Mondiale o altri istituti internazionali o finanziari.
Inoltre, la natura stessa degli aiuti, che siano nuovi o esistenti oppure che vengano erogati sotto forma di sussidi o prestiti, è ancora dubbia, così come sono dubbi i loro meccanismi di erogazione. Nonostante gli aiuti promessi nel vertice del G8 saranno elargiti attraverso l’FMI, la BEI e la BERS, le precedenti esperienze relative a queste istituzioni ed al loro operato non hanno dimostrato di favorire obiettivi di sviluppo e giustizia. Viceversa, stando al lavoro documentale di diverse coalizioni di organizzazioni europee, i prestiti della BEI mancano di trasparenza, sono sottoposti ad un controllo inefficace per verificare il loro impatto sullo sviluppo e spesso non rispondono alle aspirazioni delle popolazioni dei paesi beneficiari né producono vantaggi per loro[4]. In effetti, il Parlamento europeo[5] ha ribadito che la BEI deve aumentare la trasparenza, migliorare i suoi criteri di sviluppo ed elevare i suoi standard sociali ed ambientali. La situazione attuale pone dei seri dubbi riguardo la capacità della banca di perseguire obiettivi di uno sviluppo giusto, al servizio dei diritti economici e sociali dei popoli della regione. Inoltre, i trascorsi della BERS nei paesi dell’Europa centrale, dell’Europa dell’Est e dell’ex Unione Sovietica, in cui l’obiettivo era di fornire assistenza nella transizione verso economie di mercato, democrazie multipartitiche e pluralismo, ha prodotto, per gli stessi parametri BERS, dei risultati controversi. In particolare, senza una vera esperienza nel Mediterraneo e nessuna informazione pubblica sull’impatto delle operazioni della banca sulla riduzione della povertà, sorgono dubbi sul fatto che la BERS possa davvero fornire assistenza in un periodo di transizione su temi quali la giustizia, lo sviluppo e i diritti umani.
In questa situazione, noi organizzazioni firmatarie invochiamo che gli aiuti stanziati per la regione sostengano un processo di sviluppo democratico guidato dal popolo piuttosto che contribuire ad aumentare il debito dei paesi e delle loro popolazioni o limitare le loro politiche di sviluppo ed i loro processi decisionali democratici su questioni economiche e di giustizia sociale.
Quindi, noi richiediamo:
- La completa cancellazione delle condizionalità politiche imposte ai governi provvisori attraverso i programmi di aiuto economico, per evitare che rappresentanti provvisori non eletti, in un momento di pressione e bisogno, impongano ai loro paesi ed alle loro popolazioni misure e politiche che avranno effetti di ampia portata negli anni a venire.
- La possibilità di valutare e rinegoziare gli impegni commerciali, economici e finanziari assunti dai governi precedenti a livello internazionale. Questa revisione dovrà riguardare le svendite del patrimonio pubblico e le concessioni per lo sfruttamento delle risorse naturali effettuate dai precedenti governi, attraverso accordi siglati con pratiche di corruzione.
- Trasparenza riguardo a:
* gli importi degli aiuti stanziati e la loro natura (sussidi o prestiti),
* i relativi meccanismi di erogazione, i processi ed i parametri di monitoraggio (tra cui chiari criteri di misurazione del valore aggiunto degli interventi in termini di riduzione della povertà, creazione di occupazione e rispetto dei processi democratici)
* i beneficiari finali, che siano settori oppure entità (questo dovrà implicare la pubblicazione delle valutazioni sui paesi riceventi, come quella attualmente in corso da parte della BERS sull’Egitto). - La valutazione dei prestiti precedentemente erogati nella regione da parte delle banche di sviluppo che già vi operavano, come la BEI e la Banca Mondiale. Questa operazione va condotta prima di estendere il loro mandato di finanziamento nell’area.
- La garanzia che questo sostegno serva a promuovere la giustizia economica e sociale ed il bene comune, sulla base delle nuove prospettive economiche e sociali che ciascun paese beneficiario adotterà a seguito delle elezioni e di processi democratici e partecipativi a livello nazionale. Gli aiuti dovrebbero essere mirati a rimuovere le cause della povertà del popolo tunisino ed egiziano, già evidenti sotto i precedenti regimi e nelle loro scelte di politica economica e sociale. Dovrebbero essere mirati a garantire un lavoro dignitoso per tutti ed un’estesa rete di protezione sociale basata sui diritti, oltre che occuparsi dei cicli di produzione e della formazione. La loro erogazione dovrebbe avvenire attraverso istituzioni finanziarie con un chiaro ruolo di sviluppo, non semplicemente tramite intermediari che non offrono né possibilità di rintracciare questi investimenti, né tantomeno garantiscono risultati di sviluppo. Gli aiuti non devono essere diretti ad aumentare una deregolamentazione che favorisca gli interessi del settore privato, né essere convogliati su operazioni commerciali internazionali e transazioni finanziarie che non portano sviluppo.
- Garanzie da parte delle istituzioni responsabili dell’erogazione degli aiuti che questi flussi non vadano ad aggravare il debito dei paesi beneficiari e delle loro popolazioni.
- Una revisione dei debiti contratti sia dalla Tunisia che dall’Egitto, risultato di anni di governo antidemocratico e di decisioni dettate dagli interessi particolari dei regimi dittatoriali; questa operazione porterebbe all’individuazione ed alla conseguente cancellazione del debito odioso di Tunisia ed Egitto.
- L’allineamento fra gli aiuti ed una revisione delle politiche migratorie che regolano la circolazion delle persone nella regione Mediterranea, in modo da riflettere i principi internazionali dei diritti umani.
- Un sostegno ai popoli di Egitto e Tunisia per il recupero dei beni del loro patrimonio nazionale che sono stati loro rubati o illecitamente confiscati da parte dei regimi dittatoriali per accumualare ricchezza trasferita in banche o enti finanziari europei ed americani.
- Un impegno concreto per rafforzare la riforma delle norme che regolano le transazioni finanziarie ed il segreto bancario così come quelle sui paradisi fiscali, al fine di evitare il replicarsi di situazioni simili.
Organizzazioni firmatarie:
Tunisia
1- El Jahez Platform- Tunisia
2- Tunisian Association for Human Rights- Tunisia
3- Arab Institute for Human Rights- Tunisia
4- Forum for Economic and Social Rights- Tunisia
5- Association Mohamad Ali El Hami for Labor Issues – Tunisia
6- Kawakibi Center for Democratic Reforms- Tunisia
Egitto
7- Arab Foundation for Civil Society and Human Rights Support-Egypt
8- The Egyptian Association for Community Participation Enhancement-Egypt
9- The Better Life Association for Comprehensive Development-Egypt
10- Together Foundation for Development and Environment-Egypt
11- The Egyptian Center for Economic and Social Rights-Egypt
12- Awlad Alard Association for Human Rights-Egypt
13- Egyptian Association for Collective Rights- Egypt
14- Right to water forum in the Arab Region- Egypt
15- Alahram Insitute-Egypt
16- Al Tawafoq Association-Egypt
17- Platform for Youth and Development- Egypt
18- New Women Association – Egypt
19- Egyptian Foundation for Health for All- Egypt
20- Development Support Center- Egypt
21- Association for Health and Environmental Development- Egypt
Libano:
22- Arab NGO Network for Development-Lebanon
23- Lebanese Center for Union/ Sydincate Support-Lebanon
24- NGO Platform of Saida (Tajamoh)-Lebanon
25- Lebanon Support-Lebanon
26- Lebanese Center for Human Rights- Lebanon
27- Lebanese Commission for Environment and Development-Lebanon
28- National Center for Rehabilitation and Development- Lebanon
29- Rassemblement democratique de la femme libanaise- Lebanon
30- Green Peace Mediterranean- Lebanon
Yemen:
31- Yemen Observatory for Human Rights-Yemen
32- Human Rights Information and Training Center- Yemen
33- Democracy Institute School- Yemen
34- Yemeni Foundation to support transparency and good governance-Yemen
35- Social Democratic Forum- Yemen
36- Childhood and Youth Development Center- Yemen
37- Article 13 Coalition against Corruption – Yemen
38- Network of journalists for Human Rights – Yemen
Giordania:
39- The Jordanian Women’s Union-Jordan
40- Adalah Center for Human Rights Studies- Jordan
41- Sisterhood is Global Institute- Jordan
42- Association for Defence of Human Right Activists- Jordan
Sudan:
43- Sudanese National Civic Forum-Sudan
44- Sudanese Network of Education for All-Sudan
45- Sudanese Center for Gender and Development Studies-Sudan
46- Group for Economic, Social and Cultural Rights Studies-GESCRS-Sudan
Morocco:
47- Transparency Association- Morocco
48- Espace Associative-Morocco
49- Association marocaine pour la moralisation de la vie publique-Morocco
50- The pole for the associative development of democracy in the south-east- Morocco
51- Network for Defense of Women’s Rights in South East of Morocco
52- Association for Third Millennium Development- Morocco
Palestina:
53- Palestinian NGO Network PNGO-Palestine
54- Women’s Studies Center- Palestine
55- Arab Women’s Forum-Aisha-Palestine
56- Bisan Center for Research & Development- Palestine
57- Teacher Creativity Center-Palestine
Siria:
58- National Organization for Human Rights in Syria-Syria
59- Arab Union for Food industries- Syria
Iraq:
60- Tammuz Organization for Social Development, TOSD-Iraq
61- Iraqi Al- Amal Association- Iraq
62- REACH Network-Iraq
Bahrain:
63- Awal Association- Bahrain
64- Bahraini Association for Human Rights
65- Bahraini Sociologist Association
66- Bahrain Transparency Society-Bahrain
Oman:
67- Omani Economic Association-Sultanate Oman
Lo statement è sostenuto anche da:
68- Dr. Mohamed Saïd Saadi- membro del Consiglio di Amministrazione del membre Centre d’ Etudes et de Recherches Aziz Belal-Morocco
69- Dr. Mehdi Shafaeddin, economista dello sviluppo presso University of Neuchatel, Switzerland.
70- Dr. Faouzi Boukhriss- Pro à l’ENS de Takadoum-Université Med 5 Agdal –Rabat
71- Dr. Riad Khoury- Economist-Jordan
72- Dr. Abdenasser Djabi- Sociologo- University of Algeria
73- Dr. Azmi Chuaibi-Palestine
74- Mrs. Sama Aweida-Palestine
75- Dr. Nabil Marzouk-Researcher-Syria
76- Mrs. Mayla Bakhash- Lebanon
Per maggiori informazioni:
Arab NGO Network for Development
Executive Director: Ziad Abdel Samad/ Email: [email protected]
Programs Director: Kinda Mohamadieh / Email: [email protected]
Tel: +961 1 319 366
Fax: +961 1 815 636
P.O.Box: 14/5792 Mazraa 1105 2070
Beirut- Lebanon
Website: www.annd.org
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[1] Il G8 si è concluso con la promessa del “Partenariato di Deauville”, che comprende “un programma economico che permetterà ai governi di andare incontro alle aspirazioni popolari di una crescita forte ed estesa e di facilitare processi politici nel segno della libertà e della democrazia” oltre che “sostenere la coesione sociale e la stabilità macroeconomica” nel breve periodo. Esso si è rivolto al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ad altre banche di sviluppo multilaterali, soprattutto la Banca europea per gli investimenti (BEI), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e la Banca Mondiale affinché forniscano un “sostegno … per rafforzare la governance e potenziare il clima di fiducia presso il mondo imprenditoriale”. Ha auspicato un’adeguata estensione del raggio d’azione geografico del mandato della BERS ai paesi della regione ed ha chiesto la creazione di un apposito fondo di transizione perché le operazioni della Banca possano iniziare il prima possibile. A questo proposito, il vertice del G8 ha annunciato che le banche multilaterali di sviluppo potevano mettere a disposizione di Egitto e Tunisia oltre 20 miliardi di dollari (12 miliardi di sterline) nel periodo 2011-2013[1]. Inoltre, i paesi del G8 hanno offerto un pacchetto di “ampi e profondi accordi di libero scambio e di investimenti” per accompagnare il loro impegno. Nell’annunciare lo stanziamento da parte dell’UE di un’ulteriore somma di 1,24 miliardi di euro oltre ai 5.7 miliardi già previsti per sostenere i suoi vicini a sud e ad est[1], il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha osservato che gli aiuti non erano sufficienti a far fronte alle sfide socioeconomiche presenti nei paesi vicini dell’Unione ed ha aggiunto che “noi (l’UE) dobbiamo fare di più per stimolare la crescita e l’occupazione … sollecitando più rapidi accordi di libero scambio, concessioni mirate e fondi di investimento intelligenti”.
[2] FMI, PIN (Public Information Notice) n. 10/121, 1 settembre 2010 http://www.imf.org/external/np/sec/pn/2010/pn10121.htm (in inglese)
[3] Lahcan Achy; “Foreign Debt Limit Egypt’s Economic Choices / الديون الخارجية تكبّل خيارات مصر الاقتصادية”; pubblicato sul quotidiano Al-Hayat.
[4] cfr “Keep European Public Banks Out of Med”; Counter Balance; www.counterbalance-eib.org (in inglese)
[5] Fonte: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=REPORT&reference=A7-2010-0062&language=IT e dichiarazione di Counter Balance “The European Parliament Vindicates Counter Balance positions and concerns on EIB”; http://www.counterbalance-eib.org/?p=488 (in inglese)
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