Fratelli Musulmani, amici miei
La notizia (vedi anche qui) è che l’amministrazione americana ufficialmente vuole parlare coi Fratelli Musulmani e che i Fratelli Musulmani dicono “perché no“?
Chi segue questo blog sa bene cosa penso al riguardo: i Fratelli Musulmani sono il referente naturale delle amministrazioni americane perché altri soggetti sono o troppo deboli (i cosiddetti “liberali”) o troppo in conflitto con gli interessi americani (la sinistra vera egiziana, ad esempio, quella che sta ancora in piazza).
Haaretz, che è un giornale israeliano, dice che Clinton, Segretaria di Stato americano, dichiara che i contatti con i Fratelli Musulmani non sono nuovi. Ed è assolutamente vero.
Non mi metto qui a linkare mezzo blog, non ne ho voglia, ma ricordo a tutti che i Fratelli Musulmani hanno partecipato alla rivoluzione egiziana solo alla fine.
Tutto fa credere che lo abbiano fatto per un calcolo di opportunità politica, e non c’è nulla di male in questo: i calcoli in politica li fanno tutti.
Appena hanno potuto hanno tirato i remi in barca.
Dei veri conservatori. Dei Giovanardi d’Egitto.
https://in30secondi.altervista.org/2011/07/04/fratelli-musulmani-amici-miei/In 30 secondiegitto,fratelli musulmani,stati uniti
Bè mi sembra ovvio, d’altronde ora stanno cercando anche di dialogare coi taliban “moderati” in Afghanistan. Prima lanciavano le bombe e non ci stava bene, ora dialogano (ovviamente con chi fa comoda a loro) e non ci sta bene comunque…
Saremmo tutti più contenti se gli interessi americani fossero meno ciechi.
Gli interessi americani sono quello che sono: interessi. Esprimono quindi il bene per loro e non necessariamente per gli altri. Davvero pensiamo che a qualcuno interessi lo sviluppo di Africa e Medio Oriente se non ai residenti in quelle zone? Sfido un qualunque liberale europeo a rinunciare all’auto o alla carne tre volte a settimana a tavola per favorire lo sviluppo in quei paesi. Lo sviluppo del Medio Oriente è interessante finchè comprano le nostre merci , ci vendono il petrolio e permettono una stabilizzazione dell’area che non può far altro che creare benessere per tutti. Sia chiaro che io sono solo un referente e vorrei che le idee dominassero ancora la politica, invece dei calcoli costi-benefici.
Non credo che il problema sia il dialogo, ma quello che si dicono.
Si dovrebbe parlare anche con i nemici, mentre “dialogo” in questo caso credo vada letto con “si fanno referenti/ appoggiano”.
Ovvero gli USA hanno spesso avuto come referenti nei paesi arabo-islamici forze reazionarie, conservatrici e talvolta anche integraliste. Non mi riferisco tanto ai fratelli mussulmani egiziani (altrove è un altro discorso), quanto proprio ai Talebani, visto che prima del 2001 gli USA erano una delle pochissime nazioni, e l’unica al di fuori dell’area del golfo, che dialogassero con il governo afgano.
Nel caso dei fratelli mussulmani il problema è a mio avviso duplice:
Da un lato gli USA vogliono un governo egiziano stabile, fedele al libero mercato, in grado di tenere “sotto controllo” i sindacati e le forze di sinistra. Non sia mai che un “nuovo Egitto” possa opporsi a BM e FMI, oppure nazionalizzare beni e servizi, elevare i balzelli di Suez, danneggiare gli interessi economici degli USA, oppure ancora (orrore!) proporsi come potenza regionale alternativa e operare un disgelo con l’Iran. Comunque se un nuovo governo egiziano smettesse di comprare armi negli USA per investire in scuole elementari non farebbe bene alla lobby militar-industriale americana, così influente in politica estera.
Da un altro lato credo che gli USA nelle rivoluzione arabe vadano, almeno in parte e/o talvolta, a rimorchio del loro principale alleato nella regione, ovvero l’Arabia Saudita. Ho come l’impressione che questa sia la politica della “vecchia scuola”, rappresentata dalla Clinton, e non di Obama, che però non si impone.
Comunque la scuola “realista” clintoniana se ne frega della democrazia e dei diritti, e si concentra sugli interessi, è una scelta ideologica, tutt’altro che stupida a prescindere. Sicuramente risulta poco amichevole per chi pensa ad un Egitto libero, democratico, laico e magari pure dotato di un avanzato stato sociale. Se gli USA investissero su liberali e sinistra (ovvero le forze intenzionate a rendere davvero l’Egitto democratico e progressista e che, in più, hanno anche intenzione di difendere la rivoluzione e quindi la libertà) potrebbero pedere comunque le elezioni e ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, oppure, al contrario, vincere e ritrovarsi con un governo pieno di idee “pericolose” per i loro interessi. Viceversa i fratelli mussulmani danno più garanzie e nel formare un governo stabile, e nel formare un governo conservatore e non interessato al mutamento degli equilibri regionali.
Magari anche con una contro rivoluzione, che spazzi via qualche piazza di facinorosi, cosa che non escluderei del tutto e che in parte sta già prefigurandosi in questi giorni.
Ripeto questa è una mia impressione, ne so molto molto meno di Lorenzo.
Eccomi pronto a raccogliere la sfida! Rinuncio alla macchina (tanto non ho la patente) e alla carne tre volte alla settimana (tanto ci rinuncio già). Quando parte lo sviluppo in quei paesi?
Mannaggia, però adesso che ci penso forse non sono liberale europeo, tendo più al dispotismo orientale… si può partecipare lo stesso?
Mizam non credo che nemmeno i fratelli mussulmani tendano al “dispotismo orientale”; sono però, e credo sia un fatto, conservatori, in buona parte contrari alla neutralità religiosa delle istituzioni e favorevoli al libero mercato.
L’essere favorevoli al libero mercato li rende, naturaliter, un buon soggetto per l’america, mentre la loro politica conservatrice (e avversa all’Iran) ottimi per l’Arabia Saudita e gli USA.
Poi, sia chiaro, chi governerà l’Egitto e come dipende poco dalle scelte dell’amministrazione USA (che è molto meno onnipotente di come la si dipinge) e molto dal popolo egiziano.
Il fatto che i fratelli mussulmani continuino a subire scissioni mi sembra anche indice di differenti visioni su cosa debba essere la democrazia parlamentare e la politica del movimento su questioni importanti, come la recente rivoluzione e il suo significato.
Però, ripeto, potrei prendere delle enormi cantonate a riguardo, non sono io quello che studia queste cose.
Lo sviluppo economico dell’Egitto è un problema enorme, di cui non ho problemi a dichiararmi ignorante come chiunque non sia reduce da decenni di studi economici-sociologici intensivi su quello specifico caso. Nessuno ha una risposta in tasca.
Ma lo sviluppo economico, da solo,non è sufficiente a risolvere le questioni sociali egiziane (o di altri paesi).
Certamente anche i fratelli mussulmani hanno una loro politica sociale, mi sembra però, da esterno, che sia basata su principi, quali la sussidiarietà, cari ai conservatori delle due sponde del mediterraneo, piuttosto che basata su modelli, di origine social-democratica o socialista (ma non necessariamente “europei” e limitati a queste idoeologie), con al centro, ad esempio una scuola ed una sanità pubblica, gratuita ed universale, oppure una politica statale di diritto alla casa. Non ho probelmi ad ammettere che, anche ideologicamente, ritengo questo secondo modello più efficace ed anche, se ben eseguito, efficiente.
Posso tifare per chi la pensa grossomodo come me, che sia egiziano o abitante dell’isola di Pasqua?
Inoltre direi che è un fatto che la rivoluzione egiziana sia cominciata senza di loro, ed anzi loro malgrado, mentre l’appoggio alla protesta dato dai fratelli mussulmani sia risultato tardivo e poco incisivo (ma alcuni analisti, concordando sul tardivo, affermano che invece fu determinante, sono piuttosto laico al riguardo), malgrado siano stati per decenni la più grande ed organizzata forza di opposizione al regime.
Eppure oggi in Egitto potrebbero divenire, quasi con ugale facilità, tanto una forza contro rivoluzionaria, quanto una forza di governo all’interno di un patto costituzionale con gli altri soggetti rivoluzionari. Il problema è che proprio il processo costituzionale egiziano mi sembra piuttosto opaco.
Facendo un paragone molto ardito, che però mi sorge spontaneo (ma spero non troppo eurocentrico), potrebbero assumere un ruolo conosciuto molto bene dagli italiani, perchè molto simile a quello della Democrazia Cristiana. Altra forza che poco aveva fatto nella resistenza, che era oggettivamente conservatrice (contraria ad aborto, divorzio, diritti civili, decolonizzazione, emancipazione della donna, decentramento amministrativo, riforma dei codici penali ecc. ecc., limitante per decenni dei diritti sindacali, ma sostanzialmente artefice della riforma agraria e, dopo non poche resistenze, di quella della sanità ecc.), ben radicata nella società, vicina alla borghesia (senza essere espressione diretta della confindustria) e che ottenne un imponente aiuto da altri paesi (guardacaso gli USA in primis) per un calcolo politico di tipo “realista”.
La DC non ha fatto la contro rivoluzione, ma ha vigilato per un quarantennio perché altre forze si guardassero bene dal cambiare radicalmente questo paese. Sia da destra che da sinistra.
Az Mizam, non avevo visto il commento di Alan e quindi non avevo nemmeno capito i tuoi.
Shame on me
Shams on you! in questa stagione mi sembra un augurio più indicato… ;)
(fattela spiegare dagli arabisti, che qui pullulano!)
in effetti adesso a Torino piove…