Negli scorsi giorni ho usato spesso la parola “offensiva” per descrivere ciò che stavano compiendo i ribelli nei Nafusa e attorno a Misurata. Oggi la userò anche per Brega.

Occorre però chiarire cosa vuol dire in questo contesto, chiarirlo anche a me che il più delle volte, grazie alla mia preparazione troppo “da manuale” di strategia, tendo a vedere negli atti dei ribelli operazioni militari coerenti a quello che farebbe un ufficiali di stato maggiore formatosi in accademia.

Offensiva vuol dire, innanzi tutto, che l’iniziativa, ormai da più di un mese, è saldamente nelle mani dei ribelli, con i lealisti impegnati in continui ritorni contro-offensivi, nella posa di estesi (e, purtroppo, efficaci) campi minati, nella difesa di postazioni predisposte e coperte dall’artiglieria.
Quindi i ribelli sono all’attacco e i lealisti al massimo eseguono contro attacchi per riconquistare posizioni che hanno dovuto sgomberare nei giorni precedenti.

Però i ribelli dei Nafusa e di Misurata, che in buona parte non sono ancora inquadrati nei reparti dell’esercito di liberazione nazionale libico (ex forze libere libiche), tendono ad attaccare in una maniera estremamente “antiquata”, ed eccentrica rispetto a quelle che sono le dottrine militari (non solo europee) dell’ultimo secolo. Mi ricordano un po’ il Regio Esercito, uno dei più conservatori dal punto di vista militare.

Mi spiego, nei Nafusa e attorno a Misurata nei giorni scorsi vi sono state ottime possibilità di sfondamento e di aggiramento delle posizioni lealiste, ma i ribelli hanno sempre preferito l’assalto frontale (talvolta in mezzo a campi minati), subendo perdite pesanti, rispetto alla manovra e all’infiltrazione. Inoltre i nodi di resistenza lealisti non sono mai stati semplicemente ignorati, come si è imparato a fare sull’esempio delle Stosstruppen tedesche dopo il 1916 (Sturmtruppen per chi ama Bonvi), ma sono sempre stati investiti ed attaccati.

Questi problemi dipendono in buona parte dalla difficoltà di addestramento, di armamento, e dalla scarsità di mezzi di comunicazione moderna, come lamenta Ibrahim Taher comandante di un “battaglione” ribelle, formato prevalentemente da universitari, sui Nafusa (e professore di storia, sento già simpatia corporativa nei suoi confronti).
Ma anche da altre cose, per esempio dalla mancanza di riserve (e quindi dalla mancanza di interesse nel crearsi una solida riserva che sfrutti il successo, oppure la parsimonia dei comandi in Cirenaica nell’inviare i loro reparti via mare a Misurata), dalla mancanza di coordinamento (molte unità agiscono per conto proprio, facendo una guerra privata, sopratutto sui Nafusa), dalla confusione nel comando, dalla difficoltà di coordinamento con la NATO e dall’incapacità psicologici di ammettere che il contributo della NATO+- è insufficiente per risolvere tutti i problemi.

In sostanza l’avanzata dei ribelli dei Nafusa e di Misurata è sempre lenta, segue uno schema: conquista di una località, consolidamento delle posizioni, contrattacco lealista, tenuta o abbandono di questa località, riprogrammazione della successiva offensiva.
Profonde puntate nel deserto per interrompere le linee nemiche dove non si è attesi non sono state praticate, a differenza di come operavano gli eserciti (dopo il ’41 anche il Regio Esercito) in quel teatro, sotto i medesimi condizionamenti geografici, durante la seconda guerra mondiale.

Va detto che ciò dipende in buona parte dalle ridottissime dimensioni degli eserciti e dei reparti in campo, molti “battaglioni” sono più simili a delle grosse compagnie, molte “brigate” sono poco più grandi dei battaglioni e prive delle necessarie armi pesanti d’appoggio, mancano ancora molte armi specializzate e l’artiglieria ribelle è molto scarsa.

In queste condizioni di penuria le perdite umane, alte anche per la scelta di piccoli assalti frontali su direttrici piuttosto prevedibili, sono pesanti (in proporzione rispetto alle poche truppe impegnate) e debilitanti. È prevedibile che riguardano spesso il poco personale addestrato e causano un elevato shock da combattimento nelle truppe rimaste (che, ricordiamolo, sono gruppi amicali piuttosto che reparti tenuti assieme dalla disciplina formale). Quindi i reparti dopo ogni offensiva sembrano diventare, comprensibilmente, apatici e stanchi piuttosto che euforici ed esaltati.

Per queste ragioni le continue offensive ribelli delle ultime settimane sembrano agire al rallentatore, con poche accelerazioni dovute più alle ritirate strategiche dei lealisti che alle loro scelte operative. Insomma una situazione da prima guerra mondiale, piuttosto che da conflitto moderno.

In questo contesto si deve segnalare un rinnovato protagonismo dei ribelli attorno a Brega, città che anzi (erroneamente a mio avviso, ma è questione di ore o di giorni) alcuni giornali italiani (come Repubblica) danno già per presa oggi.
La città di Brega, come ricorderete, era stata ampiamente fortificata dai lealisti tra la fine di aprile e i primi di maggio.
Dopo di che la città è stata investita da tutta la (scarsa) potenza di fuoco della NATO +- (circa 150 bombardamenti tra il 25 giugno e il 15 luglio, su circa 290 dall’inizio della guerra), oltre all’uso, in questo teatro, di unità navali e elicotteri. Il regno unito sta trasferendo altri Tornado in zona proprio per rimpinguare le forze in vista di questa offensiva.

Una volta si sarebbe detto che questo attacco era un attacco d’ammorbidimento, volto a logorare (anche psicologicamente) la guarnigione della città per facilitare il successivo attacco di fanteria.

A partire dal 13-14 luglio i ribelli hanno portato in prima linea molti dei reparti meglio armati ed addestrati del loro esercito, inclusi i pochi T-72 (carri armati da battaglia sufficientemente moderni) che i ribelli sono riusciti a soffiare ai lealisti e a rendere in grado di operare.
Hanno addirittura annunciato l’intenzione di una loro offensiva ai mezzi d’informazione (alla faccia dell’attacco a sorpresa!).
Da allora il ritmo dei combattimenti ha assunto un livello spasmodico, anche se confuso negli esiti, con un attacco ribelle concentrico (su tre direttrici) e perdite abbastanza pesanti da ambo le parti.
I lealisti, malgrado le pesanti perdite, fanno ampiamente affidamento sulle fortificazione predisposte e scarsamente disturbate dai bombardamenti NATO (campi minati, trincee, trappole esplosive ed incendiarie ecc. ecc.) per tenere la città.
Oggi comunque si combatte nella città stessa, e i perimetri di difesa sono stati violati, mentre i lealisti, avendo una comoda via di fuga ad ovest, iniziano a disimpegnarsi in maniera più o meno ordinata.

Apparentemente anche in questo caso non sono stati tentati grossi aggiramenti strategici della posizione, per assediarla, né di sfruttare questo successo attaccando i lealisti sulla loro via di fuga per impedir loro la ritirata.
Però quello che si sta prefigurando è la vittoria dell’esercito di liberazione nazionale libico nella battaglia di Brega. Ed è una vittoria importante, anche dal punto di vista psicologico, visto che tutta la Cireanica sarebbe ora sotto il controllo del CNT ed una delle città simbolo della ribellione ritorna di nuovo nelle sue mani

Viste le condizioni della guerra sugli altri fronti è probabile che i ribelli “sprecheranno” alcuni giorni a ripulire la città e i suoi immediati dintorni (come Al Bashir, che fa parte del perimetro difensivo della fortezza di Brega) dalle sacche di resistenza, invece che puntare su Ras Lanuf con direttrice Sirte-Misurata-Tripoli. Non possiamo fargliene una colpa.
Però in questa zona i ribelli, a differenza che a Misurata e sui Nafusa, dispongono di riserve addestrate e relativamente ben armate, rifornimenti da parte dei paesi del golfo e unità in addestramento, utilizzabili come riserve d’emergenza per compiti difensivi.

Ciò che sembra mancare, da mesi, è uno straccio di strategia.
Ogni località conquistata sembra presa in battaglie “fini a se stesse” e non inserite in un quadro coerente, altrimenti nelle scorse settimane non si sarebbe persa l’opportunità di collegare Misurata ai Nafusa, concentrando lì tutte le riserve disponibili.

La strategia dei lealisti è chiara: prolungare il conflitto il più a lungo possibile in modo che si arrivi ad un accomodamento diplomatico che preservi una parte del regime, e il loro stile di combattimento è conseguente. O addirittura che la coalizione che appoggi i ribelli termini le bombe e si sciolga per gli elevatissimi costi del conflitto.

Mentre i ribelli non mi sembrano convinti di quale debba essere la loro strategia militare:
Accettare delle mediazioni con la dittatura e arrivare ad una pace concordata (ma in questo caso tutti i ribelli accetterebbero di deporre le armi? Non si arriverebbe ad una nuova guerra civile?).
Marciare su Tripoli e puntare alla vittoria totale attraverso una rapida guerra di movimento?
Oppure ancora distruggere il grosso delle forze militari lealiste, a partire dall’esercito di Brega, per poi poter trattare da una condizione di assoluta superiorità l’ordinata resa del regime?

Ognuna di queste scelte prevederebbe differenti strategie e tattiche, anzi nel primo caso il risultato sarebbe già abbondantemente alla loro portata.
Non va sottovalutato che il CNT attuale è formato prevalentemente da ex membri autorevoli del governo libico gheddafiano (i cosiddetti “riformisti” di fine anni ’90, favorevoli alla normalizzazione dei rapporti con l’occidente), mentre molti dei reparti al fronte sono comandati da esuli e oppositori storici. Quindi l’atteggiamento degli uni e ben differente da quello degli altri nei rapporti da tenere con il passato regime.
Forse qualcuno nel CNT spera che i “falchi” anti gheddafiani si svenino e muoiano al fronte, stufandosi così tanto della guerra da accettare mediazioni che solo pochi giorni fa avrebbero trovato insultanti. Ma questa mia supposizione è un po’ maligna e priva di riscontri.

Valerio PeverelliIn 30 secondiguerra,in fiamme,libia
Negli scorsi giorni ho usato spesso la parola “offensiva” per descrivere ciò che stavano compiendo i ribelli nei Nafusa e attorno a Misurata. Oggi la userò anche per Brega. Occorre però chiarire cosa vuol dire in questo contesto, chiarirlo anche a me che il più delle volte, grazie alla mia...