Il disegno di legge su burqa e niqab: il testo e i suoi vuoti
Binetti e Sbai — bella coppia davvero — firmano il disegno di legge “contro burqa e niqab”, licenziato ieri 2 agosto dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Mando di seguito il testo, notando che pur intitolandosi “modifica all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152 [la legge antiterrorismo che vietava di usare i passamontagna in manifestazioni pubbliche, n.d.r.] concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab”, non contiene alcun riferimento diretto a tali indumenti.
Gli estensori del disegno, per escluderli dalla nostra vita in società, scrivono che si può indossare qualunque cosa: “a condizione che la persona mantenga il volto scoperto e riconoscibile”.
La cosa segnala, a mio avviso, un’ipocrisia di fondo: non potendo discriminare apertamente si discrimina velatamente, all’interno di un contesto di ordine pubblico.
Notate anche l’ambiguità del riferimento all’ “osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza”, una cosa a mio modo di vedere inaccettabile, visti anche i precedenti (ad es. qui).
« ART. 5. –
1. È vietato, in luogo pubblico o aperto al pubblico, l’uso di qualunque mezzo che travisi e renda irriconoscibile la persona senza giustificato motivo.
2. Sono in ogni caso giustificati, ai fini del comma 1, l’uso dei mezzi di cui al medesimo comma resi necessari da stati patologici opportunamente certificati, l’uso di caschi protettivi alla guida di veicoli per i quali esso sia obbligatorio o facoltativo ai sensi delle norme vigenti, l’uso di apparati di sicurezza nello svolgimento dei lavori che lo rendono necessario, l’uso di passamontagna o simili in presenza di temperature inferiori a 4 gradi centigradi nonché l’uso di maschere connesso a ricorrenze, tradizioni o usi, con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza.
3. I segni e gli abiti che, liberamente scelti, manifestino l’appartenenza religiosa devono ritenersi parte integrante degli indumenti abituali. Il loro uso in luogo pubblico o aperto al pubblico è giustificato, ai fini del comma 1, a condizione che la persona mantenga il volto scoperto e riconoscibile.
4. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque contravviene al divieto di cui al presente articolo è punito con l’arresto da tre a sei mesi e con l’ammenda da 300 a 600 euro. Le sanzioni sono raddoppiate se il travisamento è funzionale alla commissione di altri reati.
5. Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l’arresto in flagranza ».
Questa legge confonde un problema sociale (che fra l’altro in Italia ha dimensioni microscopiche) con un problema di ordine pubblico (e fra l’altro non prevede alcun genere di sostegno alle donne velate che desiderino liberarsi dal giogo dei loro mariti e/o delle loro famiglie).
Pensatela come volete ma confondere i piani, in una legge, è un atto discriminatorio.
Per il resto non starò qui a spiegare nei dettagli i miei motivi.
Mi limiterò a mandare un elenco di post (in ordine cronologico inverso, ossia dal più recente al più vecchio) sull’argomento, avendo fiducia nel fatto che i lettori ci cliccheranno sopra, e segnalando (a sua insaputa) un pezzo di commento di Roberta su FB, che associo a questo mio post dal titolo “paternalismo italocrisitano“:
ora: si può discutere su tutto: persino sul fatto che li velo, la religione o quel che l’è sia o non sia uno strumento in più in mano all’ oppressione patriarcale. Ma finché non si eradica l’oppressione patriarcale possiamo fare leggi anti pro tutto che il problema non si risolve.
Ecco i post:
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- Una vasca (in Corso Roma) col burqini
- Imam tagfight 2
- Imam tagfight
- Italian vespaio: the receipt
- Carfagna vs Ultima delle mohicane
Qui trovate una mia raccolta di articoli (soprattutto cronaca) sul velo.
Qui trovate tutti i post sul velo di questo blog in ordine cronologico inverso.
https://in30secondi.altervista.org/2011/08/03/il-disegno-di-legge-su-burqa-e-niqab-il-testo-e-i-suoi-vuoti/Doppio veloburqa,niqab,paola binetti,suad sbai,velo,velo integrale
Oltre tutto il primo comma di questa legge “È vietato, in luogo pubblico o aperto al pubblico, l’uso di qualunque mezzo che travisi e renda irriconoscibile la persona senza giustificato motivo.” unito agli articoli 8, 19 e 20 della nostra costituzione (ed in particolare al 19) cade in contraddizione.
Ovvero la giustificazione religiosa sarebbe, di per se, “giustificato motivo”, a meno che il niqab (di niqab ne ho visti pochi, ma di burqa in Italia non ne ho visto nessuno, eccetto quelli indossati da qualche islamofobo/a in qualche manifestazione) non sia considerato un rito contrario al buon costume.
(contrario al buon costume è, effettivamente, un po’ vago)
L’articolo 20, inoltre, specifica che non è possibile sottoporre una particolare gruppo-comunità religiosa ad una particolare cura legislativa, sopratutto se di carattere discriminatorio, possiamo non avere in grande simpatia i salafiti, ma essi davanti alla legge sono tutelati come tutti gli altri.
Quindi qualsiasi avvocato, anche dilettante, potrebbe invocare l’incostituzionalità di questa legge intendo il niqab parte di un comportamento religioso, e l’articolo 5 legg 22 maggio 1975 e successive modifiche, discriminatorio verso una forma di culto.
Riporto gli articoli 19 e 20:
Art. 19.
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
2. Sono in ogni caso giustificati, ai fini del comma 1, l’uso dei mezzi di cui al medesimo comma resi necessari da stati patologici opportunamente certificati, l’uso di caschi protettivi alla guida di veicoli per i quali esso sia obbligatorio o facoltativo ai sensi delle norme vigenti, l’uso di apparati di sicurezza nello svolgimento dei lavori che lo rendono necessario, l’uso di passamontagna o simili in presenza di temperature inferiori a 4 gradi centigradi nonché l’uso di maschere connesso a ricorrenze, tradizioni o usi, con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza.
3. I segni e gli abiti che, liberamente scelti, manifestino l’appartenenza religiosa devono ritenersi parte integrante degli indumenti abituali. Il loro uso in luogo pubblico o aperto al pubblico è giustificato, ai fini del comma 1, a condizione che la persona mantenga il volto scoperto e riconoscibile.
Fantastico: le tradizioni culturali -le radici cristiaaaane- son salve. Niente multe al Carnevale. Ma apprendo che sarà lo Stato a decidere cosa è parte integrante dell’ abbigliamento che decreti un’ appartenenza religiosa.Maurras era un pivello in confronto.
“2. Sono in ogni caso giustificati, ai fini del comma 1, l’uso dei mezzi di cui al medesimo comma resi necessari da stati patologici opportunamente certificati […] l’uso di passamontagna o simili in presenza di temperature inferiori a 4 gradi centigradi”
Dunque se io sono particolarmente sensibile e uso il passamontagna con una temperatura esterna di 4,5 gradi… vengo punito! Interessante esempio di legislatore imbecille.