Sto cercando di capire le tattiche utilizzate dai ribelli nell’offensiva cominciata tra il 12 e il 13 Agosto, credo di essere riuscito a cogliere alcuni elementi interessanti.

I ribelli dei Nafusa, nella loro offensiva costiera (ma anche prima), in genere hanno operato in questo modo: identificavano una città-obbiettivo, inviavano una forza di esplorazione di 20-200 uomini, che attaccava in un punto qualsiasi, quindi annunciavano ad Al Jazeera e/o ad Al Arabia l’avvenuta conquista. Contemporaneamente cercavano di sollevare la popolazione, o almeno di raccogliere un nucleo di rivoluzionari come guide.

Questa tattica è ben calibrata rispetto alle tipologie di soldati emerse nelle guarnigioni lealiste, che sono essenzialmente di tre tipi:
I regolari fedelissimi (inclusi reparti non dell’esercito: polizia, servizi segreti…), i mercenari “veri” e i coscritti (nazionali o migranti “mercenari” loro malgrado). A questi vanno aggiunti alcuni sostenitori di Gheddafi, innamorati del regime, ma militarmente improvvisati.
Alcuni reparti (l’élite) sono composte solo da uomini dei primi tipi, altri sono misti, altri ancora sono formati solo da coscritti, con un velo di “veri soldati” a tenerli assieme.

Quando i ribelli arrivano con la loro ricognizione armata i reparti ben addestrati e i mercenari “veri” si dispongono per la battaglia, mentre gli altri reparti vengono attraversati da un forte nervosismo, accresciuto enormemente dall’uso “militare” delle televisioni panarabe. Dopo tutto la TV gli dice che la loro guarnigione è già stata sconfitta!

Quindi in questa fase, tra di loro, si moltiplicano diserzioni e defezioni, fughe, ritirate più o meno organizzate ecc. ecc. abbandonando armi pesanti ed equipaggiamento.
I reparti migliori si trovano in minoranza numerica, reale o apparente, ed in crisi per la ritirata o la dissoluzione dei reparti che dovrebbero appoggiarli.
A questo punti i ribelli sono pronti a far entrare rinforzi in città e provano ad armare i cittadini (anche grazie ai rifornimenti che gli sbandati hanno abbandonato), mentre i lealisti, inclusi quelli vergognosi per la loro fuga, si riorganizzano fuori città e tornano all’offensiva.
In genere riescono a riconquistarne buona parte, ma molti nuclei di resistenza isolati, con truppe d’élite, sono costretti alla resa, mentre ai lealisti spettano le difficoltà tattiche dell’offensiva anche quando stanno, strategicamente, sulla difensiva.

Non sempre questa tattica ha funzionato. Non ha funzionato a Taiji e a Zlitan, dove la popolazione non si è mossa in appoggio ai ribelli (almeno all’inizio, si noti che a Zlitan molti ribelli erano già in galera, e vi sono comunque stati dei tentativi di sommossa) e l’esercito lealista era composto da veterani, forse non funzionerà nemmeno a Tripoli.

Le televisioni panarabe sono diventate una parte integrante di questa tattica, sono usate dai ribelli come un’arma, e non la peggiore. Tra l’altro garantiscono un’efficace propaganda, capace di rovinare il morale dei combattenti lealisti.

Della battaglia per Tripoli, ormai cominciata, non parlo, la situazione è troppo confusa.
Oltre tutto uno degli obbiettivi che mi ero riproposto su questo Blog era quello di tenervi informati quando il conflitto libico cadeva nel cono d’ombra, mentre ora per essere aggiornati (più o meno correttamente) su quello che accade a Tripoli, basta accendere la TV.

Segnalo solo che una parte considerevole degli scontri è causata dal sollevamento di alcuni quartieri della città (almeno 4: Tajura, Suq Al Jum’a, Fashlum/Fashloom Bu Slim e Zawiat Al Dhamani); se l’arrivo di truppe ribelli da fuori è possibile si è trattato, coerentemente alla tattica che ho esposto, di piccoli contingenti (cui potrebbero aggiungersene altri oggi).
Inoltre segnalo che è stata liberata una prigione, almeno secondo Al Jazeera, con 450/500 detenuti, molti in precarie condizioni di salute e denutriti.

Un’altra riflessione di questi giorni non può che riguardare gli ultimi discorsi di Gheddafi.
Una fuga dalla realtà, forse l’uomo è circondato da una corte che lo isola da quello che sta succedendo, oppure, come tantissimi dittatori si illude e inizia a credere alla sua stessa propaganda.
In particolare va notato il suo continuo appellarsi al popolo, senza che questo gli abbia mai dato grandi soddisfazioni, come forza in grado di aiutarlo. Si direbbe invece che proprio “il popolo” sia la forza più convintamente ostile a Gheddafi.

Forse è prematuro ma va anche fatta una riflessione sull’intervento internazionale.
Io, personalmente, sono sempre stato contrario all’intervento “occidentale” nelle guerre altrui.
Credo piuttosto che “l’occidente” debba smettere di trattare come “buoni e sinceri democratici” spietati dittatori e monarchi assoluti, debba smettere di coccolare i suoi “alleati” più impresentabili, com’era Gheddafi fino a 8 mesi fa.

Certamente questa ribellione, senza l’appoggio della NATO, sarebbe finita altrimenti.
Ma la NATO, determinante in alcune fasi, non è la forza che ha “liberato” la Libia, ciò nonostante chiederà un prezzo per quello che ha fatto, al CNT e al popolo libico. Mi auguro che il popolo libico si limiti a ringraziare e mantenga la sua indomabile indipendenza.

Detto questo non mi aspetto che il CNT e il nuovo governo libico sarà composto da gentleman, democratici navigati, leader progressisti di caratura internazionale.
Anzi la leadership politica dei ribelli libici è ancora incomprensibile e ho ben pochi strumenti d’analisi per capire come sarà la “nuova Libia”.

Molte delle posizioni contrarie all’intervento, seppure ben motivate, però, sono rimaste “conservatrici”, quando non apertamente “reazionarie”, tutto sommato favorevoli a Gheddafi e al suo più che quarantennale regime.
Per esempio condivido le premesse, ma non le conclusioni di questo intervento di Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico a Tripoli:
http://www.repubblica.it/esteri/2011/08/21/news/ogni_sera_sotto_le_bombe_con_l_incognita_del_futuro-20688525/?ref=HREA-1

Non disponiamo ancora di stime attendibili delle vittime civili e dei costi materiali che l’intervento ha causato, direttamente o indirettamente. Non possiamo quindi sapere se, in fin dei conti, l’intervento ha ridotto o aumentato il numero delle vittime civili.
Stime molto superficiali delle vittime dei bombardamenti sono già disponibili, ma, sottraendo quanto riportato dalla propaganda tripolina e mantenendo solo quanto confermato, in toto o in parte, da fonti più o meno indipendenti (più meno che più), ci ritroviamo con cifre piuttosto “basse”.
Per fortuna.

Comunque non bassissime e destinate, sull’esperienza delle guerre passate, a salire.
Tolti gli 85 morti di Zlitan del 9 agosto (che probabilmente erano “solo” una ventina), i possibili “danni collaterali” ammontano a 78 morti, che la NATO non ha smentito categoricamente.
Fonti di regime parlavano di 718 morti già a Maggio (cifra decisamente eccessiva, visto il livello “modesto” dei bombardamenti).
Probabilmente dovremmo aspettare un altro anno prima di sapere quante sono state le vittime dei bombardamenti sulle città, ed in particolar modo su Tripoli, colpita tante, troppe, volte, spesso solo per ottenere un effetto di terrorismo psicologico., negando il sonno alla città.

Un’ulteriore rimarchevole aspetto di questo intervento è la relativa indifferenza delle oppinioni pubbliche occidentali alla guerra.
Quasi vi sia una sorta di abitudine a risolvere le questioni “calde” internazionali con la violenza, ed una rassegnazione tra le popolazioni europee per questa strategia.

Solo nei primi giorni vi è stata una levata di scudi contro la guerra, in quanto tale, una reazione molto rassegnata, cui si è accompagnata, in Italia, un orribile ed inedito pacifismo reazionario mosso dagli amici, berlusconiani, di Gheddafi.

La scarsa attività dei movimenti pacifisti è un vero problema, poiché le guerre sono un grosso rischio, anche quella di Libia, che ci auguriamo stia finendo, lo è ancora.
Sono un rischio da evitarsi anche nell’ipotesi che siano fatte per “giusti” motivi, o siano quasi “inevitabili”.
Perché una volta che si comincia un conflitto non si sa mai né come finirà, né quando, né quanto costerà in termini umani ed economici, né quali strascichi si porterà dietro nel lungo e nel breve periodo.

Tutto ciò malgrado la nostra pubblica oppinione sia tradizionalmente contraria a guerre ed avventure militari, generosamente disposta alla mobilitazione qualora si sappia trovare unità e parole d’ordine adeguate.

Anche solo a livello di costi vivi questo conflitto è un salasso per le economie occidentali, un salasso fatto in un momento di tagli selvaggi alla spesa sociale e culturale, aumento delle tasse, aumento delle diseguaglianze economiche.

Forse nella prossima finanziaria lacrime e sangue sarebbe il caso di inserire il rispetto della costituzione, e chiudere con le missioni militari all’estero, causa di spesa non indifferente nel nostro bilancio militare.

Intanto la NATO+- è diventata più efficace e inizia davvero a svolgere un ruolo di supporto ravvicinato, anche su chiamata.
Ad esempio ieri a Zlitan un T-72 (il migliore modello di carro armato a disposizione di Gheddafi) stava avanzato in mezzo ad una formazione di ribelli privi di armi contro carro, facendo grossi danni.
Nel giro di pochi minuti è stato colpito in pieno da una bomba a guida laser, esplodendo tra le grida di giubilo dei rivoluzionari. Probabilmente la NATO+- si è lasciata convincere a tenere qualche apparecchio sempre in volo sopra le zone di combattimento, pronto ad intervenire a chiamata.
Il Guardian ipotizza che nella zona di Misurata vi siano dei soldati britannici, magari dei SAS, che si occupano, appunto, di chiamare l’appoggio aereo e dirigerlo sui bersagli.

Insomma nelle ultime settimane truppe speciali della NATO porrebbero già essere scese sul terreno, per coordinare l’aviazione. Dal canto suo l’aviazione ha mietuto grandi successi, come la distruzione di importanti strutture militari a Sorman, pochi minuti prima di un attacco ribelle, o l’affondamento di alcuni barconi che stavano riposizionando (o favorendo la ritirata) di reparti lealisti nei pressi di Sabratha.
(La distinzione non è di lana caprina, nel primo caso si tratterebbe di un intervento che ha rispettato le regole d’ingaggio, nel caso di una ritirata no; ma le regole d’ingaggio della NATO+- in questa guerra sono ormai lettera morta da molto tempo).

Però non è detto che siano soldati occidentali quelli che dialogano con l’aviazione.
Un numero molto elevato di ribelli è formato da cittadini libici residenti in Inghilterra, o comunque in Gran Bretagna, incluse alcune seconde generazioni.
Una brigata che sta operando nella zona di Sabratha è formata quasi esclusivamente da emigranti ed esiliati nel nord Inghilterra, e dell’Irlanda del Nord (zone in cui esistono grosse comunità della diaspora libica), inclusi alcuni figli di coppie miste dai tratti somatici molto british.

Valerio PeverelliIn 30 secondiguerra,in fiamme,libia
Sto cercando di capire le tattiche utilizzate dai ribelli nell'offensiva cominciata tra il 12 e il 13 Agosto, credo di essere riuscito a cogliere alcuni elementi interessanti. I ribelli dei Nafusa, nella loro offensiva costiera (ma anche prima), in genere hanno operato in questo modo: identificavano una città-obbiettivo, inviavano una...