La primavera araba è finita. Meglio se non fosse mai sbocciata
Sono in tanti, in rete e non, a scrivere sui loro titoli “La primavera è finita”.
Ma il fatto è che la primavera non era iniziata.
O meglio: nessuno dei rivoltosi arabi di questi mesi ha mai chiamato la propria rivolta in questo modo.
A differenza dell’espressione “rivoluzione del gelsomino” che, seppure criticata, è il frutto di una elaborazione interna alla compagine dei rivoltosi tunisini, la “primavera araba” è un’invenzione, la dicitura è nata nel contesto dei media, che dovevano “unificare” il “fenomeno” delle “rivolte arabe” (il tutto all’interno di una re-mitizzazione e re-orientalizzazione).
Questa dicitura-fake ha ricevuto una consacrazione al vertice degli 8G a Deauville, quando si decise addirittura di darle soldi (vedi questo pezzo).
Ma in questi giorni “muore” perché i militari egiziani, usando una strategia ampiamente usata dal regime di Mubarak prima della rivolta egiziana, ammazzano i copti così da fomentare ulteriormente lo scontro interreligioso (che ha luogo soprattutto nel sud) e dunque porsi, ancora, come garanti della sicurezza e della pace sociale.
Voglio dire: di che cosa stiamo parlando? Ciò che è morto è il contesto narrativo intitolato “Primavera araba”.
https://in30secondi.altervista.org/2011/10/11/la-primavera-araba-e-finita-meglio-se-non-fosse-mai-sbocciata/In 30 secondiprimavera araba
purtroppo… sono d’accordo con te. E per quanto riguarda l’Egitto: una mia amica che insegna al Don Bosco al Cairo mi ha detto che ieri a scuola mancavano 100 studenti su 600!! La scuola è mista, frequentata anche da tanti musulmani, ma i copti sono più numerosi. Io ho insegnato lì quest’estate (1 mese) e fra i ragazzi (copti e musulmani) c’era un’ottima convivenza, mai sorto nessun problema.
Ti dirò, ho seguito l’intervento di Hossam el Hamalaway e di altri blogger egiziani al festival di internazionale.
Hanno comunque detto che la lotta civile sarebbe continuata, proprio contro il potere dell’esercito (e per questo aborrendo l’esempio della Turchia).
In particolare El Hamalaway ha sottolineato il ruolo delle proteste operaie che tutto sono state tranne che “rose, fiori e gelsomini”.
Se riusciranno a mantenere il piano di discussione sulle conquiste sociali hanno qualche speranza di cambiare qualcosa.
Altro discorso è la visione che si ha “da fuori” degli avvenimenti: con una stampa mondiale che continua a rimanere fissata nella propria fobia del “pericolo islamico” non si potrà avere una visione limpida della cosa.
Insomma, da profana in quelle due ore di conferenza ho capito di più che in mesi di articoli della stampa nazionale.
E parlo da una che di africa e di mondo islamico sa poco o niente, tanto per mettere in chiaro la mia ignoranza.
Esatto, col fatto che questa sinistra egiziana non se la fila nessuno, nei media, anche perché è portatrice di istanze che vanno contro gli interessi del grande capitale. Degli scioperi in Egitto, che in questi mesi sono decine se non centinaia, non parla nessuno. Tutti preferiscono il racconto della “primavera araba” che, fra l’altro, fa fatica a scalzare il racconto dello “conflitto di civiltà”.
p.s. 3arabawy ha un blog molto interessante che vale la pena di seguire
Ti dirò di più, sentendolo parlare ho pensato: “caspita, ce l’avessimo noi uno che parla di cose così ‘di sinistra’”…
Tra l’altro mi colpì il fatto che, durante la conferenza, si associasse l’estremismo religioso a quello politico. Ovvero che coloro che danno importanza alla religione sono, nella loro ottica, fascisti. E mi è venuta l’analogia con la situazione italiana: cioé come alle gerarchie ecclesiastiche nostrane faccia piacere appoggiare una certa destra conservatrice per avere leggi a favore momento in cui ci si occupa di questioni come il fine vita, la fecondazione assistita o i diritti delle coppie omosessuali, con posizioni che vanno contro l’affermazione di libertà individuali.
Insomma,a parte queste considerazioni mie, può essere che in un mediterraneo le cui sponde non sono poi così distanti, tracciare un limite “hic sunt leones” sia qualcosa di quantomeno azzardato e forse stupido. E mi domando come è possibile che se queste cose riesco a vederle io, che sono solo una che cerca di tenersi informata, non riescano a vederle giornalisti e opinionisti che, se non altro perché pagati per farlo, dovrebbero essere dei professionisti.
Scusate il pistolotto…
ciao eva, hai visto giusto, l’Islam radicale è sempre stato chiamato Islam politico (fin dalla fine degli anni ’80) …. anche se non tutti quelli che fanno parte dell’Islam politico sono “radicali”, come se fosse un parlamentino dell’Islam. Per me è stata una buona lettura “Musulmani buoni e cattivi” di Mahmood Mamdani (Laterza). Cmq anch’io vedo molte analogie con la Lega nostrana (per Lega intendo quelli che siedono al governo) e non solo