Piccolo Sfogo. La propaganda lasciamola ai propagandisti.
Mi concedo una piccola riflessione sulla blogosfera internazionale filo-gheddafiana.
Mi sono stupito vedendo quanto alcuni di questi siti siano tutt’altro che “di nicchia”, anzi siano riusciti ad ottenere una grande seguito, sopratutto ma non solo in Europa ed America Latina.
(anche se in America Latina la cosa è comprensibile visto cosa ha fatto lì la CIA).
Mi ha stupito vedere anche quante importanti piattaforme informative, gestite da persone serie, abbiano abboccato alla propaganda di Gheddafi.
Ho parecchia simpatia per chiunque critichi l’imperialismo e l’ipocrisia della NATO, l’avventurismo politico-militare dei governi occidentali, i tentativi di neo-imperialismo e lo sfruttamento neo-coloniale cui la Francia lega buona parte dell’Africa.
Credo di essere uno di loro.
Ho ancora più simpatia per chiunque sia contrario alla guerra, “La guerra è l’inferno” ricordava il generale Ulysses Grant, e non ho nulla da aggiungere.
Credo che nessuno può negare che io sia un pacifista.
Però è molto pericoloso pensare che chiunque si opponga alla NATO e faccia la guerra agli USA sia un eroe dell’anti-imperialismo.
Gheddafi dovremmo conoscerlo. Era uno dei peggiori dittatori in circolazione.
Un imperialista, un torturatore, un affarista senza scrupoli, uno speculatore borsistico, un super ricco (e quei soldi non li ha guadagnati in altro modo che togliendoli al popolo libico), un guerrafondaio, un sostenitore di terroristi, un triplogiochista patologico, un ideologo da strapazzo ecc. ecc.
Come tutti i dittatori non si è limitato a fare “il male”, il mondo reale non è manicheo, la Libia non era governata molto peggio di altri paesi della regione, ed anzi era più ricca e dotata di svariate misure di welfar state intelligenti (ma assolutamente esagerati dalla propaganda di regime, la Libia era un paese con una sanità ed un istruzione migliore di quelle Algerine, ma non era mica la Svezia).
Non possiamo squalificare idee nobili come il pacifismo e la non ingerenza, idee che condivido in pieno, andando a sostenere una dittatura spietata.
L’alternativa non può e non deve essere mai tra lo schierarsi con la NATO e l’ingerenza internazionale, oppure con il governo che la NATO ha attaccato.
Né bisogna credere alla panzana che l’interventismo “umanitario” sia “di sinistra” e l’isolazioismo (o l’interventismo “imperiale”) sia di destra.
Forse una parte di sinistra ha deciso che l’interventismo militare è il futuro, io, ci tengo a ribadirlo, appartengo ad un’altra sinistra, mi riconosco ancora nella nostra costituzione, e penso che l’internazionalismo, una delle caratteristiche più nobili “dell’essere di sinistra” sia fatto dalle idee, dalle pratiche, dalla solidarietà, non dai cannoni. Ed anzi una delle cose peggiori dell’interventismo “umanitario” sia la sua ipocrisia e il tradimento di tutti i valori che dichiara di sostenere, mentre invece contribuisce solo a fare la guerra, cioè “l’inferno”.
Su questo blog, nei miei post, ho cercato di schierarmi il meno possibile e di spiegare il più possibile.
Spiegare le cose è utile per tutti, per chi era contrario o per chi era favorevole a questa guerra, per chi stava con Gheddafi o per chi era contro di lui.
Ma se devo schierarmi per forza mi schiero innanzi tutto con il popolo libico. Ed il popolo libico, checché ne dica la propaganda gheddafiana, non è particolarmente affezionato ai Gheddafi.
In secondo luogo mi schiero con la democrazia e le forze progressiste, socialiste e democratiche. In Libia sono quattro gatti, ma sono così pochi anche perché Gheddafi li ha fucilati e perseguitati, così come non ha mai permesso uno sciopero o la nascita di un sindacato e un movimento dei lavoratori.
Denunzierò fino alla nausea i limiti macroscopici del CNT, una cricca di potere opaca e subalterna alle potenze (sopratutto arabe) che sono intervenute in questo conflitto.
Non ho alcuna simpatia per l’islam politico, sopratutto quando non si ispira al modello turco (che in pratica è indistinguibile, eccetto che per l’appartenenza religiosa, dal PPE), ma alla parte più reazionaria e legata all’Arabia Saudita.
Comunque se chi governerà la Libia volesse essere peggiore di Gheddafi dovrà impegnarsi parecchio.
Questo proliferare in rete di siti favorevoli a Gheddafi, o disponibili a rilanciare le sue agenzie, non deriva da un fenomeno completamente negativo.
Testimonia che in Inghilterra come in Italia, in Spagna come in Ungheria, vi sia sempre più gente che non si fida della stampa ufficiale.
Visto il triste record storico dell’informazione, specie italiana, nel raccontare le guerre e la politica internazionale, questo atteggiamento è più che giustificato.
Questa guerra, però, non è stata la peggio raccontata dalla stampa europea (la guerra in Kosovo è inarrivabile nel livello di mistificazione e creazione di leggende metropolitane, quelle di Bush avevano nella Fox un ufficio di propaganda disgustoso), mentre è stata la prima guerra, tra quelle in cui era coinvolta l’Europa, in cui anche l’avversario aveva a disposizione la rete e sapeva usarla. La rete è un grande livellatore.
Molti (non tutti) dei cosiddetti “pensatori fuori dal mainstream” che inondavano di testimonianze dal fronte e relazioni dalla Libia gli altri siti, creando una sorta di circolarità nella trasmissione delle informazioni, o erano organi di stampa più o meno vicini al regime Libico, o erano dipendenti di TV di stato iraniane e/o giornalisti siriani.
Oppure, piuttosto spesso in verità, erano personaggi collusi con il regime, amici di personalità di primo o secondo piano, visitatori abituali della “vecchia Tripoli”, quando non avevano ricevuto grandi benefici economici dal regime stesso.
Insomma fonti sospette, fonti pericolose se non utilizzate considerandole a priori viziate da intenti propagandistici. Non diversamente da quanto si debba fare per una TV gestita dal Qatar o per la Voice of America.
Anzi la stampa occidentale, pur viziata dalla propaganda, deve rispondere a degli standard minimi di garanzia, persino la Fox e Rete 4 devono mentire con grazia ed in maniera non eccesivamente manifesta.
Questo problema si avverte appena in Qatar e in Russia, dove il governo controlla ancora buona parte dell’informazione, e non si avverte affatto in Siria e in Iran, dove si può utilizzare impunemente la stampa come una clava di regime.
(anche se le agenzie internazionali continuano a declassare l’informazione italiana, quindi di questo passo Rete 4 somiglierà presto alla Pravda)
Per il credere a tutto quello che si trova in rete ci ritroviamo Gheddafi ridotto ad icona dell’anti imperialismo contemporaneo.
Mentre della sorte delle migliaia di compagni (veri), bloggher e attivisti egiziani che l’esercito sta neutralizzando in una contro rivoluzione gestita assieme all’imperialismo religioso saudita non si cura nessuno.
Forse perché l’imperialismo americano è più “tradizionale”, pensiamo di sapere tutti come funziona e quali sono i suoi orrori.
Mentre il fatto che l’Arabia Saudita sia una potenza regionale aggressiva è una cosa ancora poco conosciuta.
Ho anche notato, sui medesimi siti, che si sta creando una sorta di attivismo in rete a favore di Assad e del regime siriano.
Trovo assolutamente incomprensibile come persone assennate e di sinistra possano provare simpatia verso uno degli ultimi stati fascisti del mondo, proprio nel momento in cui il regime uccide manifestanti e tortura gli oppositori.
(in verità trovo strano che possa essere difeso anche da persone non assennate di centro o di destra)
Ora che Gheddafi è storia passata l’attenzione di molti si sta spostando sulla Siria, e la prospettiva è già simpatetica con quel regime “minacciato dall’Occidente”.
Parlare male di Assad sembra quasi un invito a far partire i bombardieri.
Il collegamento tra Siria e Libia viene considerato sempre più naturale, e la situazione simile.
Eppure.
Ampie parti dell’opposizione siriana hanno dimostrato una notevole maturità, superiore per certi versi a quella dei libici.
Ovviamente mentirei se dicessi che la rivoluzione siriana è integralmente nelle mani di forze laiche e progressiste, ma queste forze esistono, non solo, chiedono di poter fare la loro rivoluzione senza un intervento straniero.
Mentirei anche se negassi che esistono concentrazioni di esiliati siriani colluse con i poteri forti dell’occidente e delle monarchie del golfo, tutte prese dalla loro guerra fredda con l’Iran.
Ma non sono certo le uniche forze di opposizione ad Assad, così come essere filo-occidentale non vuol dire (non deve voler dire) per forza essere un liberista. Esistono anche i liberali veri, per fortuna, mentre i più radicali esponenti della rivoluzione egiziana sono, spesso, delle persone occidentalizzate tanto da sembrare uscite da un nostro centro sociale o cresciuti a controcultura undergound americana.
I movimenti siriani vanno avanti da quasi 8 mesi, quasi completamente senza il vero aiuto che va dato alle rivoluzioni, ovvero non l’invio di caccia-bombardieri e di minacce diplomatico-militari, ma l’attenzione delle oppinioni pubbliche, la possibilità di ottenere con facilità l’asilo politico per i dissidenti, un buon trattamento per i profughi, l’appoggio dei partiti e dei sindacati della sinistra storica europea alla parte progressista della rivoluzione, la solidarietà dei nostri movimenti ai loro, il riconoscimento della loro esistenza e della loro complessità, la circolazione delle idee e delle pratiche di lotta collettiva.
Se nessuno aiuta i compagni e le compagne siriani, se nessuno aiuta la sinistra siriana, o anche solo le forze liberali e democratiche di quel paese, se l’unico aiuto che trovano è quello dell’Arabia Saudita, la scelta per la Siria sarà tra i Fratelli Mussulmani e la prosecuzione dell’attuale dittatura.
Opporsi ad Assad non vuol dire, in alcun modo, pensare che Assad debba “essere il prossimo” a beccarsi i bombardamenti della NATO.
Anche perché un coinvolgimento militare in quella regione è pericolosissimo e suicida, potrebbe portare rapidamente ad una guerra generale in Medio Oriente, con il coinvolgimento diretto di due attori come l’Arabia Saudita e l’Iran.
Gli strateghi occidentali hanno dato abbondanti prove di pressapochismo e avventurismo, ma non sono idioti fino a questo punto, e non credo sia negli interessi di nessuno fare una guerra che coinvolgerebbe immediatamente Israele.
Non auguro al dottore Assad la fine di Mussolini o di Gheddafi, ma non vedo l’ora che se ne vada da quel paese, che anche per le vie di Damasco sia possibile manifestare, scioperare e parlare senza temere un colpo di pistola.
Si mi schiero, e mi schiero con i movimenti di massa che stanno attraversando ancora le piazze di molti paesi arabi. Mi schiero con i rivoluzionari e le rivoluzionarie convinto che i regimi li abbiamo già visti all’opera, ed ora (magari anche nel Golfo!) è tempo di cambiare.
Vi segnalo (per chi se lo fosse perso) un link importante riguardo ai movimenti siriani (o almeno alcuni di essi) e alla loro volontà di fare la rivoluzione senza ingerenze straniere, a cominciare dai bombardamenti:
http://www.sirialibano.com/siria-2/siria-perche-bisogna-rimanere-pacifici.html
https://in30secondi.altervista.org/2011/10/26/piccolo-sfogo-la-propaganda-lasciamola-ai-propagandisti/In 30 secondiin fiamme,libia,siria
Questa cosa andava scritta. Grazie.
Bel pezzo Val ;-)
ah, come mi ci ritrovo in queste parole… questo tuo commento meriterebbe un mail bombing (e io sto facendo del mio meglio per farlo girare fra i miei contatti, e anche fra gli arabisti che seguono pensieri mainstream e no).
Sai qual è secondo me il problema di fondo: che la realtà è sempre molto più sfaccettata di quello che si racconta… (e che viviamo ancora in epoca coloniale, se intendiamo con “coloniale” il “pensiero coloniale” o “la colonizzazione delle menti”. Noi occidentali dobbiamo sempre vedere o bianco o nero, buono/cattivo, amico/nemico ecc. Siamo rimasti manichei! Mentre il saggio cinese diceva: “è questione di punti vista (=punti di osservazione)” o, direi io, di empatia. Anche io la mia empatia la esprimo per il popolo libico, siriano, egiziano… e mi arrabbio molto quando leggo “presidente CNT libico dichiara che la poligamia in Libia non sarà più un tabù!!”
Stefania, e perché la poligamia dovrebbe restare un tabù :)? A parte questo, sottoscrivo completamente quanto scritto da Valerio. E aggiungo che, per quanto la Siria, l’elefante nella stanza è Israele. E un coinvolgimento israeliano vuol dire un GRANDISSIMO casino.
ciao
‘sta discussione sta diventando troppo lunga per i miei gusti (non da 30 secondi…), capisco che ci sia bisogno di molte parole per cercare di capire gli ultimissimi eventi, ma mi dà fastidio questo continuo mettere i puntini sulle iiii (molto italiano!!).
Vabbe’ ora mi sto prendendo anch’io troppo tempo: volevo solo dire a Falecius una bella parolaccia sulla poligamia. Ma che cavolo dici? vallo un po’ a chiedere alle donne musulmane, guarda che le società tribali non esistono più nemmeno in terra d’Islam e la poligamia è solo un residuo (insieme a mutilazioni genitali femminili e quant’altro) del sussulto di una cultura machista (perdente!!). Oggi serve solo a “vendere” minorenni ai convertiti o ai musulmani emigrati che non trovano moglie da queste parti. STOP
e non mi rispondere con frasi della Mernissi, please.
Quanto a quello che impone o meno uno stato su un altro, credo che ci siano in giocoquestioni ben più importanti della poligamia, tipo la sovranità nazionale…
Non mi sono spiegato. Non parlo di ciò che uno stato impone ad un altro, ma di ciò che uno Stato impone ai suoi cittadini. Lo Stato italiano, ad esempio, impone la monogamia a tutti i suoi cittadini, maschi e femmine Alcuni Stati musulmani invece la impongono solo alle cittadinE, (un donna non può avere più di un marito) ma non ai cittadini maschi, che possono avere più di una moglie. Il che è una discriminazione, che a mio avviso non si risolve imponendo la monogamia a tutti anche se questo di fatto elimina la discriminazione) ma cessando l’ingerenza dello Stato nelle determinazione della vita matrimoniale dei cittadini. Fatti salvi, ovviamente, i casi di coercizione, quelli che tu tiri fuori. Pensi che la poligamia è sempre e necesariamente una forma di coercizione? Io non ne sarei così sicuro.
Che la pratica sia fortissimo declino per ovvie ragioni sociali ed economiche, non cambia un virgola. (Non credo di aver citato la Mernissi, ma comunque che c’entra?).
:D brava ste
Ci hai tanati, siamo veramente provincialotti italiani che adorano parlarsi addosso e mettere i puntini sulle iiiii.
Per fortuna esistono le donne, che riportano concretezza alle cose.
“Ma che cavolo dici? vallo un po’ a chiedere alle donne musulmane…”
: )))
Beh, Falecius alle donne musulmane glielo ha chiesto davvero. Per questo vede le cose sotto un’altra luce : ).
Oddio, Khadi, grazie per la difesa, ma devo in parte smentirti. Ricordo di averne parlato con te, ma confesso di non aver mai indagato la questione con un campione statistico significativo di donne musulmane. :)
Il mio punto di vista, tra l’altro, non ha che fare con la Shari’a, ha a che fare con la libertà.
Provo a spiegarmi meglio, visto che il tema semba “scottare”: poniamo una persona a caso, che chiamerò Marilena. Per esempio, è bisessuale. Marilena ama contemporaneamente Carlotta e Giovanni,è ricambiata da entrambi, e desidera avere con entrambi una relazione stabile e duratura, magari con dei figli.Sia Carlotta che Giovanni sono disposti a convivere con Marilena e nessuno dei due ha niente in contrario a che lei abbia un rapporto amoroso anche con l’altra/o. Bene, in una società monogama, Marilena dovrà scegliere, magari tenendosi l’altra persona come amante o comunque in un forma non riconosciuta (nel caso dell’Italia, la sua unica relazione legalmente riconosciuta potrebbe essere quella con Giovanni, quella con Carlotta non potrebbe comunque avere esistenza legale). In una società che obbedisce alla shari’a, Giovanni potrebbe sposare entrambe, ma Marilena non potrebbe avere una relazione con Carlotta (almeno, non in pubblico). Nella società che vorrei io, loro tre potrebero vivere insieme senza che alcuno li secchi e gestire i propri rapporti reciproci come meglio credono, riconosciuti dalla società come gruppo di persone conviventi legate da reciproci rapporti affettivi, finché lo desiderano, garantendo gli eventuali figli con la forza della legge o di qualcosa che ne abbia la forza. Mi rendo conto che le legislazioni islamiche sulla poligamia non propongono questo. Ma nemmeno quelle monogamiche. In un simile sistema, tutti sarebbero liberi di vivere la propria esistenza affettiva come desiderano, obbedendo se ritengono alle norme della propria religione (per cui la maggior parte dei cristiani, comunque, sarabbe monogama, i musulmani avrebbero solo situazioni di poliginia, e qualcun altro farebbe semplicemente quello che vuole). Mi rendo anche conto che un simile organizzazione sociale non sia necessariamene semplice. E naturalmente, la coscietà, o la frza dello Stato stesso, dovrebbe tutelare conro ogni forma di coercizione, in questo campo come in qualsiasi altro. Non ritengo la battaglia contro la poligamia una battaglia di liberazione o una che combatte il machismo. Le battaglie vere a mio avviso sono ad esempio quelle contro la violenza domestica,(che esiste anche e forse sopratutto in contesti monogami) contro i matrimoni forzati o combinati, contro le dseguaglianze formali e sostanziali (di genere o di altra natua), in Italia, ad esempio, contro il rifiuto del legislatore di riconoscere le convivenze. In sostanza, sono pronto a dire che il matrimonio civile fosse una richiesta di laicità, in Europa, un secolo e mezzo fa. Oggi la considero unaa indebita immposizione delo stato in coe che gli competono poco. E’ come per il niqab. Libertà per chi lo desidera, tutela per chi vi è costretta. Mi pare teoricamente semplice.
Chiedo scusa per gli errori di battitura. Sono stanchissimo.
Ricordo perfettamente le tue istanze proudhoniane : )
Però, pensavo parlassimo della Libia : ).
Come sempre, un’analisi lucida e parecchie spanne al di sopra di ciò che si sente in giro.
Detto questo, io scelgo di essere provinciale. Cioè di ritenere che la Libia mi interessa, non per Gheddafi, ma perché vivo in un paese che per mesi ha ospitato i bombardamenti.
Bombardamenti che sono proseguiti ininterrotti anche quando Sirte era diventata la Stalingrado (e non ho simpatie per Stalin) dell’ultima opposizione al CNT. E quindi, quando ogni possibile pretesto di “proteggere i civili” era sfumato.
E siccome io vivo qui, mi interessa capire cosa ha spinto il mio paese a uccidere, o a dare ospitalità a chi uccideva, persone in un altro paese.
In tutto questo, nessuna particolare simpatia per Gheddafi.
Valerio fa, legittimamente, una scelta diversa: quella di guardare la vicenda dal punto di vista della Libia, e lì ho tutto da imparare.
Complimenti per la tua analisi, Valerio, non ti conosco personalmente ma le tue parole potrebbero essere le mie – ho soggiornato abbastanza a lungo in Libia nel periodo dell’embargo, all’apice del potere e dell’oppressione gheddafiana, e concordo in tutto con te: questa immagine di Gheddafi eroe anti imperialsita è disgustosa. Inoltre, nemmeno io ho simpatia per l’islam politico. Mi fa una certa rabbia pensare che gridiamo (giustamente!) allo scandalo quando nel nostro Paese avvengono ingerenze e intromissioni da parte della Chiesa, mentre siamo sempre pronti ad accettare la religione ‘di regime’ di tanti Paesi arabi. Quanto all’intervento di falecius, non capisco se volesse fare una battuta o meno; in ogni caso, il motivo per cui sarebbe meglio che la poligamia restasse un tabù è fin troppo evidente (almeno per le persone di buon senso).
correggetemi se qualcuna delle seguenti affermazioni è sbagliata:
1. in tunisia il risultato delle elezioni rappresentano una vittoria per i fratelli musulmani.
2. in libia i fratelli musulmani si candidano ad un ruolo di spicco nel dopo-conflitto
3. in egitto i fratelli musulmani si candidano ad essere la controparte con cui dialogherà l’esercito.
4. in siria a capeggiare la rivolta ci troviamo i fratelli musulmani.
5. in giordania e in bahrain rappresentano il partito di maggioranza in parlamento.
6. hamas è un’ala dei fratelli musulmani.
7. i fratelli musulmani svolgono un ruolo di rilievo in quasi tutti i paesi del nord africa non menzionati.
8. il qatar ospita la leadership della fratellanza ed al jazeera ne è di fatto, uno fra gli strumenti principali per la loro public diplomacy.
9. l’arabia saudita, storico rivale regionale del piccolo qatar, tollera (e coopera) a malincuore con la fratellanza, presente al suo interno, nonostante questa differisca sostanzialmente dal salafismo e venga considerata una minaccia.
10. pare che l’iran abbia trovato nella fratellanza un interlocutore insperato, quest’ultima conosce benissimo le ambizioni regionali della potenza sciita e se ne guarda bene ma allo tempo è chiaro che il modello iraniano rappresenta un esempio per la fratellanza. i legami fra la leadership religiosa iraniana e quella della fratellanza sono tutt’altro che burrascosi e le divergenze fra sciiti e sunniti potrebbe venire, per il momento, accantonate. (vedi l’ambigua euforia iraniana per la primavera araba, considerata da loro un’entrata dell’iran nel mondo arabo). questo secondo l’intelligence indovinate di chi? israeliana (googlate e troverete, altrimenti linko)
11. se tutte le precedenti affermazioni sono giuste, allora gli israeliani stanno per ritrovarsi pericolosamente accerchiati come non succedeva da tempo e a giudicare da come la loro intelligence e la loro stampa guardi al fenomeno della fratellanza non sembrano affatto felici.
detto questo, rimangono parecchie ambiguità e variabili ovviamente: prima fra tutte gli stati uniti e la nato, da che parte stiamo e a che gioco stiamo giocando esattamente? secondo, fratellanza e israele trovano il modo di convivere (???) e la questione si risolve in un nulla di fatto che col tempo si rivelerà un bel boomerang per l’iran.
ho semplificato tutto in modo un po’ brutale e adesso nn ho voglia di citare tutte le fonti a supporto di ogni singola affermazione (ma vi assicuro che ci sono :P) ma, ditemi cosa ne pensate…
1. in tunisia il risultato delle elezioni rappresentano una vittoria per i fratelli musulmani.
più o meno, anche se la nahda è più vicina come modello al partito di erdogan e la tunisia è nel suo complesso molto più laica di un paese come l’egitto.
2. in libia i fratelli musulmani si candidano ad un ruolo di spicco nel dopo-conflitto
più o meno, anche se in libia vi sono spinte più “islamizzanti” , più “jihadisti” (in tunisia non ci sono)
3. in egitto i fratelli musulmani si candidano ad essere la controparte con cui dialogherà l’esercito.
lo sono già
4. in siria a capeggiare la rivolta ci troviamo i fratelli musulmani.
e anche gruppi salafiti, laddove la sinistra laica è tutta o quasi in prigione (Asad ha sapientemente “tagliato” la sinistra laica da subito: era il nemico più pericoloso dal punto di vista della sua legittimazione e della legittimazione della repressione. ha potuto, in questo modo, continuare con la sua retorica dei “terroristi”)
5. in giordania e in bahrain rappresentano il partito di maggioranza in parlamento.
in giordania non credo proprio, ma non ho controllato. è vero che i FM sono forti, però. in bahrain il parlamento non conta e la maggioranza della popolazione è shiita
6. hamas è un’ala dei fratelli musulmani.
non esattamente, soprattutto dal punto di vista della metodologia politica. ma i rapporti ci sono, sono forti e stabili
7. i fratelli musulmani svolgono un ruolo di rilievo in quasi tutti i paesi del nord africa non menzionati.
in marocco e algeria meno. credo però che se qualcosa in algeria cambiasse si avrebbe un fenomeno tipo nahda tunisina
8. il qatar ospita la leadership della fratellanza ed al jazeera ne è di fatto, uno fra gli strumenti principali per la loro public diplomacy.
non esattamente. il qatar ospita l’immagine mediatica della fratellanza
9. l’arabia saudita, storico rivale regionale del piccolo qatar, tollera (e coopera) a malincuore con la fratellanza, presente al suo interno, nonostante questa differisca sostanzialmente dal salafismo e venga considerata una minaccia.
più correttamente: i regnanti dell’AS e i regnati del Q adesso sono “amici”. sul “malincuore” non sarei sicuro.
10. pare che l’iran abbia trovato nella fratellanza un interlocutore insperato, quest’ultima conosce benissimo le ambizioni regionali della potenza sciita e se ne guarda bene ma allo tempo è chiaro che il modello iraniano rappresenta un esempio per la fratellanza. i legami fra la leadership religiosa iraniana e quella della fratellanza sono tutt’altro che burrascosi e le divergenze fra sciiti e sunniti potrebbe venire, per il momento, accantonate. (vedi l’ambigua euforia iraniana per la primavera araba, considerata da loro un’entrata dell’iran nel mondo arabo). questo secondo l’intelligence indovinate di chi? israeliana (googlate e troverete, altrimenti linko)
questa cosa me la devi davvero sostanziare con fonti e/o studi altrimenti continuo a pensarla nel modo seguente: con la “primavera araba” si sancisce proprio il distacco fra iran e islam politico sunnita. semplificando: ciò che gli americani hanno chiesto a FM, Hamas etc per smettere di opporsi a una loro emersione definitiva.è proprio di mandare a quel paese gli iraniani.
11. se tutte le precedenti affermazioni sono giuste, allora gli israeliani stanno per ritrovarsi pericolosamente accerchiati come non succedeva da tempo e a giudicare da come la loro intelligence e la loro stampa guardi al fenomeno della fratellanza non sembrano affatto felici.
suill’accerchiamento siamo d’accordo. sulla questione è illuminante la vicenda di Shalit http://in30secondi.altervista.org/2011/10/20/shalit-e-damasco/
detto questo, rimangono parecchie ambiguità e variabili ovviamente: prima fra tutte gli stati uniti e la nato, da che parte stiamo e a che gioco stiamo giocando esattamente? secondo, fratellanza e israele trovano il modo di convivere (???) e la questione si risolve in un nulla di fatto che col tempo si rivelerà un bel boomerang per l’iran.
è proprio questa la questione: scacco all’iran portando l’islam politico nel mondo cui effettivamente appartiene: il mondo della globalizzazione economica
Quella di “dittatore” è semplicemente una definizione nostra, a uso e consumo delle democrazie che si ritengono l’unica forma di governo legittimo e il “dittatore” – automaticamente paragonato a Hitler, ovvero il peggio pensabile in politica – diventa per definizione qualcosa di mostruoso, una malattia da eliminare. I sistemi di governo sono tanti quanti sono i paesi del mondo. ma definiamo pure Gheddafi un dittatore: non sono assolutamente d’accordo con Peverelli che egli fosse uno dei peggiori. Quando sono stato in Libia ho cercato di andare oltre la patina della propaganda e mi sono reso conto che per quel paese (uno stato fittizio in una nazione posticcia) quella gheddafiana fosse una delle meno peggiori forme di governo. In ogni caso anche il peggior dittatore, anche un Kabila o un Duvalier, un Bokassa, un Amin o un Videla viene rivalutato leggendo la risoluzione 1973. Quando il diritto viene piegato, maltrattato e stuprato come ha fatto il CDS Onu, manipolato dalle sedicenti democrazie neocon BHL sarkozyane, che pretendono di avere il monopolio divino del diritto, con quella risoluzione, anche un Gheddafi diventa una vittima e le sue scelleratezze sono niente al confronto. Ma voi l’avete letta la risoluzione 1973? Mette i brividi! E il mondo dovrebbe rabbrividire a quella, non alla parola “dittatore”.
Grazie a tutti per i complimenti (fin troppi) e per le critiche (troppo poche).
Sopratutto speravo in un po’ di dialogo con chi è schierato con Gheddafi. Anche perché un paio di italiani/e inteligenti da quella parte li/e conosco.
@Balquis, di soldi se ne vedono pochi anche nei Think Thank ormai. Non è più come dieci anni fa, nemmeno se mi vendessi mi prenderebbero.
Per il resto ti ha già risposto Lorenzo.
@Miguel ti aveo pure evocato in un mio post di qualche giorno fa!
Concordo assolutamente con te (e credo che si capisca), l’Italia dovrebbe semplicemente applicare la nostra costituzione.
Sulla non corrispondenza tra il dichiarato (“proteggiamo i civili”) e l’effettuato (10.000 bombardamenti, di cui 2/3 di appoggio tattico ravvicinato) della NATO e sulla notevole quantità di vittime intendo riparlarne a breve.
Aspetto le prime polemiche di fine missione.
Però questo mio sfogo era provinciale, provincialissimo per certi versi.
I problemi che pongo sono 2: cosa facciamo, come società civile (più o meno democratica) per i sinceri democratici progressisti Siriani (e per quei 4 gatti in Libia che non sono né con il CNT né con gli islamisti?)
E poi come possiamo raccontare agli italiani questa tremenda guerra senza creare mitologie, dietrologie, leggende, e sopratutto senza diventare propagandisti.
@Massimo, raccontaci della Libia degli anni ’80, malgrado in questi mesi mi sia preso del tempo per studiarla, resta un paese misterioso.
@Dostojeskij, ti rispondo con le sagge parole di Stefania “la realtà è sempre molto più sfaccettata di quello che si racconta”.
Ho provato a risponderti in maniera più dettagliata sulla “fratellanza”, ma veniva fuori un post, e non sono la persona più qualificata sull’argomento.
@Felicius, Israele non ha una leadership brillante in questo ultimo decennio, ed ha una “politica araba” tradizionale assolutamente improponibile. Ogni modifica allo status-quo è percepita come una minaccia, ma attualmente mi sembrano veramente senza bussola. Non credo faranno nulla se non li si tira per la giacchetta (e per fortuna visto che quando Israele percepisce una “minaccia”, di solito, spara).
(approfitto per segnalare un articolo d’analisi interessante http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/oct/26/libya-war-saving-lives-catastrophic-failure ed una notizia che va data http://www.guardian.co.uk/world/2011/oct/26/sirte-hotel-killings-defence-minister. Inoltre per chi si interessa ai “piccoli” risvolti militari delle questioni il Guardian di oggi offriva anche una chicca: http://www.guardian.co.uk/news/defence-and-security-blog/2011/oct/27/sas-libya)
Comunque neanche io penso che Assad possa essere “il prossimo”, ritengo che il prossimo sia direttamente l’Iran. Una delle differenze tra le dittature e le democrazie è che le seconde, credendo sempre di agire secondo la morale perfetta (cosa che invece le dittature non fanno perché sono prevalentemente consce del loro arbitrio), sbandierano ai quattro venti il loro processo decisionale confondendo, come sempre, l’etica con l’estetica. Orbene: al congresso degli USA, la più grande democrazia del mondo (che in realtà è un’oligarchia, caro Peverelli, quasi come la Siria: perché così è stato surrettiziamente stabilito e voluto dagli stessi padri fondatori, basta leggere la costituzione e gli emendamenti) non passa giorno che ci sia un parlamentare che non faccia una mozione, interpellanza, ordine del giorno, intervento, qualcosa che chieda l’intervento “risolutivo” in Iran. Mentre prima questo compito era appannaggio dell’ineffabile John Bolton (che era addirittura ambasciatore all’Onu, vi prego di leggere i suoi discorsi: dopo desidererete ascoltare Khamenei per tranquillizzarvi) e del sanguinario senatore Lieberman, ora salta su un congressista al giorno per chiedere di bombardare Tehran con l’atomica. Temo proprio che sarà l’Iran: spero a quel punto che Peverelli non ci dirà che Ahmadinejad è uno dei peggiori dittatori in circolazione per dissipare i vapori dell’antiimperialismo. E siccome io, forse sbagliando, sono abituato a ragionare in termini universali, ritengo più dannosa per il mondo una democrazia che bombarda a tappeto una capitale di un paese sovrano di un “dittatore” che elimina i dissidenti.
Ma i gusti sono gusti…
Zerco, minacciare l’Iran è uno sport decisamente diffuso negli USA da tempo, è solo una questione di flussi e riflussi, così come il “pericolo” della bomba atomica iraniana, che risalta fuori ogni 6 mesi, più o meno . Militarmente attaccare l’Iran è comunque un suicidio (Valerio può spiegartelo bene, penso) e se davvero Obama è un pizzico più intelligente di Bush, cosa che credo, non attaccherà mai l’Iran. Resta il fatto che una politica estera americana seria dovrebbe contemplare l’apertura di un dialogo con l’Iran invece che continuare a seguire i monarchi del Golfo. E comunque l’Iran dal punto di vista della costituzione e delle istituzioni è molto diverso dalla libia di gheddafi (oltre ad avere un sistema giudiziario estremamemnte sofisticato e sviluppato). Lo stesso Ahmadinejad, e su questo invocherei il parere di Champlooman, non è un autocrate bensì un Presidente che in molti casi agisce perché si trova sotto scacco e pressato da poteri forti (e destrorsi). E’ diventato Presidente con delle elezioni, non certo pulitissime ma elezioni. Quanto alla nozione di “imperialismo” sarebbe ora, secondo me, di ragionarci su un po’ meglio. Questo mondo è dominato dall’economia ed è in base alle esigenze dei padroni del vapore che si muovono gli attori politici, gli eserciti, le diplomazie, le intelligence etc. E ti ricordo che a livello regionale l’Iran è di fatto, e storicamente, imperialista. E neanche mi farei troppi problemi nel suddividere il mondo in “democrazie” e “dittature” laddove siamo in presenza di un colosso come la Cina che, pur essendo una dittatura, è perfettamente inserita nel gioco dell’economia mondiale avendo il denaro per farlo. Per capire le cose, dunque, andrei oltre alla retorica “democrazia”/”dittatura”, insomma, come andrei oltre alla retorica “imperialismo/antimperialismo”. Se poi parliamo di “valori” è tutto un altro discorso.
Massimo: no, sulla poligamia sono serio. In linea di principio, non vedo perché uno stato abbia il diritto di imporre a chicchessia (uomo o donna) che solo UNA relazione sia legittima e riconosciuta, e qualsiasi altra no. Ascolto volentieri delle obiezioni, comunque. Il resto del mio commento era ovviamente ironico.
Valerio: Il fatto che Israele sembri attualmente senza bussola, come giustamente dici, non mi tranquillizza. Se uno dei paesi confinanti dovesse diventare REALMENTE instabile, non vedo come potrebbero restare fermi. Specie se quel paese è la Siria. (Con Egitto e Giordania le cose sono diverse, se non altro perché ci sono delle linee condivise e dei trattati in vigore; col Libano c’è un’esperienza che induce costringe Israele alla cuatela: ce li vedi gli americani ad invadere il Vietnam di nuovo?).
ok, se si chiama un supporter di gheddafi allora mi propongo. sono dell’idea che governare una nazione sia tutt’altro che facile… ho letto molto di quello che ha scritto e detto gheddafi… per molti versi agiva come un pezzo di m erda, senza dubbio… ma
come fai a gestire una nazione in maniera non convenzionale quando tutti i vicini giocano con la tua opposizione interna, senza cedere alla tentazione dell’assolutismo?
non è una giustificazione, certo, ma gheddafi è stato il primo leader africano a sbarcare in occidente reclamando risarcimenti per la nostra condotta, si chiama dignità? forse è solo politica ma lo stesso si può dire del CNT? Jalil ha già detto “gli italiani hanno fatto solo bene in libia”… è vero? no. si chiama dignità? no.
G.ha fatto un casino, regionalmente e geopolitacamente confuso, non ha mai capito di chi fidarsi e di chi no, aveva a consigliarlo servizi d’intelligence all’altezza? no. era solo un figlio di beduini, che ha assaggiato il potere, ed ha provato a diventare un’icona, a fare del bene (secondo lui)… ci è riuscito? in parte sì… è poco?… credo di no… quanti hanno fatto del bene anche solo in parte? credo davvero pochi ultimamente…
la quantità di puntini di sospensione che uso caratterizza perfettamente l’idea che ho di gheddafi, ma tendenzialmente si basa sull’idea di fiducia che mi ispira una personalità forte ma fragile in un periodo dove giocare il ruolo della marionetta è sempre più facile…
la libia era destinata a cadere, il popolo libico nel secondo dopoguerra non è mai stato l’esempio di coraggio e ambizione voluto da gheddafi (leggi del boca)… questo fa di lui un uomo cattivo? non credo… è stato un’idealista che ha fatto la sua epoca ma l’idealismi sono giunti al termine anche se molti faticano a farsene una ragione…
riagganciandomi al discorso di prima quella che molti chiamano primavera araba mi sembra semplicemente un fuoco di paglia sapientemente strumentalizzato da chi lo ha aizzato…
la componente a cui tutti qui facciamo affidamento viene sempre marginalizzata e i vincitori sono altri.
detto questo mi sembra si stia giocando una partita maggiore sopra le teste degli idealisti, disorientati e purtroppo illusi,
lo scopo? troppo presto per dirlo,
c’è un pattern?
credo di si
(scusate nn rileggo il commento, è tardi ed ho bevuto un po’ stasera, nn per disperazione per fortuna)
Rettifica: laddove sopra ho scritto “il resto del mio commento”, intendevo dire “il tono del mio commento”. Chiedo scusa (non avevo riletto).
Ma certo, e ripeto quello che ho detto: i sistemi di governo sono tanti quanti sono i paesi del mondo. Anche gli USA, ribadisco, sono una democrazia a parole (l’unica, la vera, la più grande, la più civile, la più libera), ma è l’unica ad avere una costituzione nella quale NON sta scritto che la sovranità appartiene al popolo, e ha un sistema di selezione e di organizzazione del consenso (elezioni e quanto vi attiene) tale da regolare attentamente la cessione del potere ad oligarchie, a “circoli” di potere ben strutturati e riconoscibili. Questo è stato un intento iniziale nella fondazione degli Stati Uniti d’America: Washington, Madison, Franklin… non potevano permettere che la sovranità arrivasse al popolo. Quindi il sistema di governo degli stati Uniti è così diverso, nei principi fondamentali, da quello dell’Iran e della Siria? Ho qualche dubbio, solo vedendo che in cent’anni le cariche supreme sono state per 20 anni almeno dei Roosevelt, 16 dei Bush, 12 dei Clinton, quasi come gli Assad. Come ho qualche dubbio sul fatto che gli USA non possano compiere scelte suicide. Gli imperi nel passato hanno già compiuto scelte suicide (Napoleone in Russia, per esempio), perché la sua struttura fa sì che non possa prescindere dalla conquista o dal risolvere i problemi con i soli mezzi che conosce. Se “il” problema grosso diventa l’Iran, la soluzione è sempre la stessa, solo più grossa. La scelta “suicida” come la chiami tu (almeno fosse solo quello, sarà piuttosto omicida) è naturale nella psicologia sociale: ti esorto a leggere, uno su tutti, Watzlawick, che sulle “ipersoluzioni” ha costruito osservazioni mirabili e inoppugnabili. La “ipersoluzione” (che può essere suicida) è nel carattere stesso degli Stati Uniti d’America, lo è stato con tutte le aggressioni che ha compiuto. Cosa ha detto il generale Wesley Clark (ex comandante della Nato) in una intervista del 2007 (mi pare), ritiratosi e desideroso di togliersi qualche sassolino nella scarpa (forse ricordandosi della massima di Kissinger: i militari sono delle bestie ignoranti da usare per scopi politici)? “Mi chiamò uno del dipartimento della difesa e mi disse: abbiamo deciso di attaccare l’Iraq – perché, dissi io? – Non lo so!” E aggiunge Clark “Evidentemente quando hai un martello ogni problema diventa un chiodo”. Sull’intelligenza di Obama permettimi di dirti che stai sbagliando: è un vanesio codardo e… null’altro. Con un vanesio codardo i sanguinari omicidi-suicidi come la Clinton vanno a nozze! E in questo Ahmadinejad, in confronto a Obama, è un gigante, noi non lo sappiamo e non ce lo dicono, ma contro l’oligarchia religiosa sta conducendo una lotta senza quartiere, probabilmente la perderà, ma quell’ometto grigio e bruttino ha coraggio che fanatismo, più intelligenza che forza. Sull’imperialismo iraniano permettimi di dissentire, dal poco che sono stato in quel paese ho tratto l’impressione che la cultura persiano-iraniana sia dominata dall’ossessione della discussione e del negoziato, che alla soluzione “unica” ci si arrivi sempre (se ci si arriva) dopo infiniti confronti e discussioni effettuate su più livelli. Che l’Iran voglia avere una influenza economica e culturale (e religiosa) nell’area è indubbio, che questo sia imperialismo o colonialismo non ci giurerei. L’Iran non è storicamente imperialista: forse lo era con Ciro, Dario, Serse e Artaserse, ma negli ultimi due secoli l’Iran è stato proprio il centro, l’obiettivo primario degli imperialismi russo, inglese e americano: non c’era spazio per essere imperialisti, stritolati in questa macchina di violenza. Vero?
Ooops, la mia era una risposta a Lorenzo.
@ Zerco Credo che le “dittature” e le “democrazie” (e la maggior parte dei politici in generale) pensino sempre di agire secondo una morale perfetta.
La politica USA è più imprevedibile, perché accanto al “governo permanente” oligarchico-burocratico, si trova un governo mutevole, spesso idealista (e non sempre essere idealista è un bene, i neo-con si consideravano idealisti) e soggetto a mutamenti, anche repentini, di maggioranza, ed al condizionamento di un’oppinione pubblica poco e male informata.
Non dirò mai (e non ho detto mai) che bombardare un’altra nazione è un bene.
La democrazia non si esporta con le baionette ma con i libri ed i volantini, la partecipazione, l’educazione.
Non lo dirò a maggior ragione per l’Iran. Una grande potenza, un paese spelndido dalla cultura antichissima, fierissimo della propria storia ed indipendenza (conquistata con dure lotte), una “democrazia islamica” assai poco “democratica” secondo i nostri standard, ma tutt’altro che assimilabile all’autocrazia libica o al partito unico siriano.
In Iran un attacco straniero stringerebbe attorno al governo molti oppositori inclusi alcuni esiliati.
La tua analisi dell’Iran non è sbagliata, ma non sottovalutare il fatto che il nazionalismo iraniano non è solo difensivo, e che, appunto, “imperialismo” è una parola polisemantica e difficile.
Inoltre Ahmadinejad non è “il peggiore in circolazione”, ma non è nemmeno un santo.
Può essere accostato, con un po’ di forzature, ad un esponente della destra sociale, in un contesto però in cui ha un livello ed un tipo di potere ben diverso, inserito in una struttura che a sua volta è assai differente, ad una democrazia.
Uno dei suoi obbiettivi, fallito, era quello di passare dalla democrazia islamica al governo islamico (champlooman intervieni e correggimi), ha una visione molto personale dello sciitismo, eretica per certi versi, che lo mette in contrasto con ampi strati del clero. Sta attuando una politica economica populistica, molto favorevole ai contadini, ma “suicida” per le casse dello stato e poco attenta alle ragioni dello sviluppo, sopratutto aiutando molto il potere economico dei Pasdaran, a danno sia del settore pubblico che di quello privato. Inoltre pare stia abbandonando l’università e la scuola, che erano un vanto assoluto del governo iraniano e riducendo la spesa sanitaria.
Inoltre il livello di repressione è alto, e si è alzato molto dopo le ultime elezioni.
Ci sono mille e un motivo per preferire l’opposizione al governo.
L’Iran, militarmente, è imparagonabile a tutte le altre potenze medio-orientali eccetto Israele, perché è l’unica (assieme a Israele) a produrre buona parte delle armi che usa (anche se il livello tecnologico è più basso di quello israeliano), e a disporre di sottomarini e limitatissime capacità green water. Inoltre dispone di due eserciti e di due marine, ovvero i Pasdaran hanno un esercito ed una marina come garanzia che le forze armate non possano ribellarsi. Nel frattempo questa duplicazione crea una ridondanza di strutture, molto dispendiosa dal punto di vista economico, ma tale da redere lunga e difficile una campagna di neutralizzazione dal cielo delle forze armate iraniane. Inoltre la capaictà di difesa aerea iraniana è decisamente più concreta di quella delle normali nazioni con cui gli USA si sono trovati in guerra negli ultimi 10 o 20 anni.
Ergo, come qualsiasi stottotenente di West Point potrà confermarti, una brutta bestia a prescindere. Quindi il “governo permanente” americano punta ad una guerra fredda con l’Iran.
Unisci a questo l’invidiabile posizione geografica, con il controllo di uno degli stretti marittimi più importanti esistenti al mondo, un’ortografia complessa e favorevole alla difesa, la rete di alleanze regionali e sovra regionali, ecc. ecc. ed ottieni la guerra che gli USA possono perdere. Sopratutto adesso che sono messi molto male, dopo i due disastri dell’era Bush e la crisi pesante della loro economia.
Una guerra che coivolga l’Iran si combatterebbe, per molti mesi, su un fronte che va dal mediterraneo orientale all’Afpak, e, ammesso che gli USA riescano a vincerla (e che non si saldi ad un conflitto ancora più vasto, in cui fosse coinvolto direttamente Israele), occorrerebbero almeno 3-400.000 uomini per le forze d’occupazione (il che vuol dire che dovrebbero ripristinare la leva obbligatoria), l’occupazione durerebbe anni ed anni, con una prevedibile guerriglia, mentre il prezzo del petrolio aumenterebbe in maniera catastrofica per anni.
Inoltre Obama detesta le guerre costose e quelle in cui i morti sono anche americani. Lui non può permettersele, ad anche solo per questo non mi spiacerebbe rivederlo alla casa bianca, visto che ogni alternativa sembra peggiore.
Tutto cambierebbe, ovviamente, se nel governo non permanente venisse eletto un pazzo (il che non è impossibile, quello che tu dici sui discorsi dei congresman è verissimo, la retorica politica americana è fortemente anti iraniana, così come per anni è stata anti cubana, gli imperi in declino, e quello americano lo è, spesso si suicidano, o comunque vanno in over -hai mai letto Paul Kennedy Ascesa e declino delle grandi potenze? è molto datato ma il modello di base resta interessante).
La guerra potrebbe anche scoppiare per cause endogene, ovvero se l’Arabia e l’Iran fossero già in guerra (e l’Iran stesse vincendo), ma sono scenari da fanta politica, tutti nella regione mi sembrano consapevoli che una cosa sono le parole, un’altra le azioni.
Ma i punti su cui vorrei aprire il dibattito sono 2:
1)Ragioniamo sul fatto che è giusto, fondamentale anzi, opporsi alla guerra ed alle avventure militari, ma, da un lato non ci si può schierare con “i nemici dell’America” a prescindere da chi sono, mentre dall’altro bisogna trovare un metodo per aiutare le forze progressiste che abitano in questi paesi. Inoltre essere contro le guerre della NATO non può voler dire essere sempre e comunque a favore di chi fa la guerra contro la NATO. Mentre, sopratutto nei dopo guerra, occorre che il movimento italiano abbia qualcuno che sia capace di mettersi in contatto con i movimenti dei nostri vicini. Insomma internazionalismo.
2) Che cos’è la guerra, che cos’è l’imperialismo oggi?
Lorenzo ci ha dato una sua lettura nella risposta a Zerco.
Io aggiungerei che è anche nelle parole ricordate dal generale Clark. Ovvero che oggi la guerra, in occidente, è fatta sopratutto per cause sovrastrutturali (quasi antropologico-culturali) e di politica interna, in maniera improvvisata e poco ponderata, confidando sulla capacità di fare guerre a basso costo umano (per noi, ovvimante, per chi si piglia le bombe è un altro discorso). Lo sfasamento tra cause economico-strutturali e la guerra è abbatanza evidente nei fatti di quest’anno.
Se la NATO fosse solo la santa alleanza dell’ideologia neo-liberista avrebbe dovuto inviare uomini, mezzi e denari a Ben Alì, Gheddafi e Mubarak, perché questi governi attuavano politiche di apertura dei mercati, accoglievano l’esternalizzazione della produzione occidentale in paesi in cui i diritti sindacali venivano annullati, garantivano stabilità politica e il rispetto dello status quo, erano complici militari e nel blocco all’immigrazione. All’economia neo-liberista gli stati autoritari, dalla Thailandia all’Algeria, servono.
Invece abbiamo deciso, fuori da un serio dibattito pubblico per altro, di bombardare la Libia.
@dostojevskij
Gheddafi non è stato il primo leader africano (nè l’unico) a reclamare per il passato coloniale. Pensa a Lubumba, Thomas Sankara, Nelson Mandela, e tanti altri, spesso (ma non sempre) finiti male. A differenza di tanti altri Gheddafi ha ottenuto qualche risultato, ma non li sopravvaluterei.
I primi, nel 1969, furono i terreni e i denari degli insabbiati italiani in Libia, espulsi senza indennizzo (assieme agli ebrei, di questa pulizia etnica non si sente più parlare, ma tant’è…, comunque anche la decolinazzazione ha i suoi orrori), poi ha ottenuto “risarcimenti” da Andreotti, Prodi e da Berlusconi, ma in tutti e tre i casi più che di risarcimenti si è trattato di un modo per presentare dispendiosi programmi di opere pubbliche (per certi versi anche clientelari) che avvantaggiavano un po’ il popolo, un bel po’ il regime (non solo nell’immagine) e molto l’impregilo e le altre multinazionali italiane.
Per carità un risultato a cui molti leader africani nemmeno hanno puntato, ma nella norma, anzi in paesi meno ricchi grandi opere pubbliche “di risarcimento alla colonizzazione” sono considerate (con una certa correttezza) elementi di dominio neo-coloniale.
Non credo che l’Italia abbia mai preso coscienza dell’orrore del suo colonialismo (né che a Gheddafi questo interessasse, o volesse scuse sincere), cosa che richiederebbe anche delle scelte simboliche, per esempio una sorta di giornata della memoria, come proposto da Del Boca, Rochat, Dominioni e molti altri.
é proprio sull’idealismo di Gheddafi che ho i miei dubbi. Insomma un uomo che fa un colpo di stato nasseriano, poi rompe con i nasseriani (e li fucila), quindi propugna la terza teoria universale, ma non la applica davvero (la Libia ti sembra una democrazia diretta?), che tradisce spesso i suoi alleati del momento, che passa dal panarabismo al panafricanismo, dai piani “autarchici” (mai realmente applicati) di fine anni ’80 alle liberalizzazioni ed alla politica neo-liberale degli anni ’90…, come se fosse solo questione di cambiarsi i vestiti.
E tutti questi voltafaccia sono stati pagati dai libici, perché spesso gli idealisti di una fase diventavano inutili nella fase successiva, o si rassegnavano, o si eliminavano.
Proprio per questo l’opposizione all’estero è così cospiqua, perché ogni decennio ha prodotto una svolta politico-ideologica nel regime, seguita spesso da un’epurazione e da l’esilio di una parte della classe dirigente ex-gheddafiana.
L’unica cosa che non cambiava mai era chi teneva davvero il potere, lui e la sua famiglia, che erano sempre più schifosamente ricchi.
La verità è che un uomo non deve mai governare, da solo e per sempre, un paese. Questo modello è fallimentare per principio, anche se quell’uomo fosse un santo.
Il motivo per cui molte rivoluzioni sono fallite, rivoluzioni vere, è il fatto che i rivoluzionari una volta arrivati al potere hanno pensato a mantenerlo con un governo personale. Ma lo stato non è costruito da una persona, a meno che non sia una monarchia, e un rivoluzionario-monarchico è una contraddizione di termini evidente. Gheddafi mi sembra un atuocrate, più o meno (sopratutto meno) illuminato, sin dal principio.
E le sue grandi opere mi ricordano troppo quelle di Mussolini.
@ Valerio
punto 1) tu fai un discorso di geopolitica classica, “giusnaturalistica” direi, piuttosto astratto che in modo raffinato e colto attua una distinzione di valore nei rapporti politici e sociali internazionali. Ma non consideri una cosa concreta e direi prosaica: nei conflitti attuali non puoi non considerare il tentativo (perché solamente tale è) di stabilire un diritto positivo internazionale. L’Onu in tutte le sue elucubrazioni è riuscita ad affermare chiaramente solo due principi e solo due: l’inviolabilità della sovranità nazionale e la non ingerenza negli affari interni. Il resto è fuffa. Io sono pedestre: chi viola la sovranità nazionale e ingerisce negli affari interni è fuorilegge. Chi è fuorilegge è nemico del diritto, quindi è nemico mio. Ti posso assicurare che il mio antiamericanismo non è di maniera, ma si rifà a qualcosa di scritto.
2) l’imperialismo di oggi si differenzia da quelli passati appunto perché è ha fatto un salto di qualità importante (e mortale, esiziale, apocalittico, per quanto mi riguarda) passando dal dominio economico, politico e sociale di un potente su un debole giustificato dalla forza a un dominio giustificato dal diritto. Anche prima questa sfumatura c’era, in verità, basta leggere le discussioni morali del tempo dei conquistadores (Francisco De Vitoria, Bartolomé De Las Casas, ecc…) o la spietata e fredda retorica dei Palmerston e dei Churchill, ma era un pretesto a livello di inquadramento filosofico, non “legale” come lo è oggi. L’imperialismo attuale (angloamericano, dal colpo di stato in Costa d’Avorio anche francese) tende a legittimare un dominio del più forte sul più debole con una giustificazione legale.
E qui si rimanda al punto 1.
Tutto ciò è una mostruosità, menzogna senza precedenti, io ritengo che sia il punto più basso raggiunto nella storia già fiorente della sopraffazione delle società umane.
E tutto ciò è molto americano.
Zerco: oddio, anche l’Imperialismo spagnolo riteneva di aver bisogno di basi legali. Altrimenti tutto quel dibattito, che fu enorme ed importantissimo, non sarebbe esistito.
@ falecius
Infatti è quello che ho detto. Leggendo De Vitoria e De Las Casas (quest’ultimo fu addirittura quasi un antimperialista ante litteram) si nota come essi disquisissero di diritto naturale, come nei loro testi cominciasse ad emergere il concetto della potestà delle comunità di godere della loro terra e delle loro risorse, contrariamente a quanto sosteneva la chiesa e la sua legge (che era quella adottata di fatto dai conquistadores e dalla monarchia spagnola): che gli indigeni, non essendo citati nei testi sacri, non potevano nemmeno pretendere di esistere.
Tuttavia una legge “internazionale” non esisteva, su queste materie, né un tentativo di diritto positivo che prendesse in considerazione la società umana. Era filosofia, giusnaturalismo, quello che vuoi. Oggi il diritto positivo per regolare i rapporti tra stati e impedire i conflitti crediamo di averlo fatto, ma notiamo nel contempo (e con la Libia abbiamo proprio la prova palmare) che l’unico effetto che ha questo diritto è di autorizzare la sopraffazione.
E ribadisco: Filippo II, Alessandro VI, Cortès e Pizarro e via discorrendo almeno non mentivano, Obomba, Napolitano, Merdozy, Ban Ki Moon sì. Questi sono criminali, gli altri dei bruti. E io li preferisco, semplicemente perché possono pagarla cara, se arriva uno più forte.
Ma questi sono gusti… e filosofia spicciola.
Articolo condivisibile, a parte alcuni errori di battitura, prosequzione non si può leggere :D
ops!
@ Persio Flacco
Scusami se mi sono accorto solo ora del tuo commento. Non ho facebook, quindi ti rispondo qui.
Condivo in pieno la risposta di Lorenzo.
Dobbiamo ricominciare a studiare, a capire, ad interrogarci, evitando di accettare ciò che ci dice la NATO, ma non considerando che il suo contrario, ed in particolare la propaganda di regime degli avversari di turno, sia la verità.
Dobbiamo smetterla di dividere il mondo in buoni e cattivi, binachi o neri, anche e sopratutto perché la politica internazionale non si fa in questo modo.
In questo modo non si è obbligati a dire “no alla guerra con qualche se e qualche ma”, assolutamente.
In questo modo, semplicemente, non si fanno delle figure di merda, sostenendo cose false, diffondendo notizie imprecise e mistificate, appoggiando persone che non lo meritano. Esponendoci ad accuse di parzialità ed incompetenza. Semplicemente passando da quelli che difendono le ragioni della pace e del diritto internazionale a quelli che difendono, senza se e senza ma, una delle due parti in conflitto (che poi spesso è altrettanto se non più impresentabile della NATO).
Il movimento per la pace non trae forza nella difesa di un assassino, ma nella denunzia delle logiche sanguinarie del potere, delle contraddizioni delle poltiche, persino dalla fredda valutazione dei costi e dei benefici delle azioni militari. Nella difesa della razionalità.
E sopratutto dobbiamo comciniare, davvero, vi scongiuro, a pensare che il movimento non è solo “opinione pubblica”, ma è una forza sociale e poltica.
Se c’è qualcosa da imparare da questo 2011 è proprio questo, è capire quanto si possa contare (e magari anche capire come contare di più).
E questo movimento deve diventare internazionale o morire, e DEVE, almeno, iniziare a dialogare tra le sponde del mediterraneo, fino, magari, a diventare un movimento solo, in cui pezzi d’analisi e di pratiche italiane contamineranno il Marocco e viceversa.
In Italia non possiamo solo cercare di sabotare una possibile (ma fortunatamente per ora ancora piuttosto improbabile) escalation contro la Siria, anche se, ovviamente, dobbiamo farlo.
Possiamo e dobbiamo aiutare la parte migliore dell’opposizione siriana a rovesciare il regime con una rivoluzione che abbia un esito progressista e non settario. Possiamo e dobbiamo aiutare gli esuli e i rifugiati politici. Possiamo e dobbiamo fare testimonianza, condizionare i nostri rappresentati politici è solo uno degli scopi della pubblica opinione (per fare questo, tra l’altro, serve molto sfumare, parlare e ragionare, più che urlare).
Se la sinistra è messa così male sarà forse anche perché il referente tunisino dell’internazionale socialista era Ben Alì! Oppure perché nessun partito della sinistra europea ha un’interlocuzione costante con i partiti socialisti e comunisti egiziani (mentre i nostri confindustriali sono transnazionali), né con i loro sindacatii. Viviamo come due separati in casa, mentre chissà quante cose potrebbe insegnarci sulla Siria la sinistra siriana (quel poco che non è ancora in galera almeno).
Senza offesa Pesio, ma una volta c’erano i blocchi, est ed ovest, e si era abituati ad un tipo di risposte automatiche alle aggressioni dell’ovest verso l’est e viceversa. Si viveva una dimensione in parte militarizzata della politica internazionale. Oggi questa situazione è finita, non dico fosse “sbagliata” o “giusta”, dico solo che è finita. Il nostro scopo non è più la vittoria di un blocco avverso a quello occidentale ma il cambiamento del mondo, e di alcune sue dinamiche (per esempio il neo-liberismo, la repressione dei movimenti sociali, la confessionalizzazione, il razismo, le politiche contro le persone/i migranti) che, in buona parte, sono condivise tra “noi” e “loro”.