Ci si è largamente esercitati, nei mesi scorsi, nel considerare “l’effetto domino” prodotto prima dalla rivoluzione tunisina, poi dalle dimostrazioni in Giordania e infine dalla rivoluzione egiziana.

E all’indomani dell’assassinio di Moammar Gheddafi c’è stato chi, in un moto di inerzia interpretativa tutto sommato comprensibile, ha pensato a quale dovesse/potesse essere “il prossimo” dittatore a cadere (al-Asad? Saleh?).

Ma quell’effetto domino, nato sull’onda dell’emozione per i gesti di autoimmolazione in Tunisia e altrove, è scomparso dalla scena già molto tempo fa, nel momento in cui quella libica, da rivolta è diventata guerra (cioè dopo i primi tre giorni di conflitto).

La guerra della NATO + Qatar + EAU in Libia ha prodotto, invece, un altro “effetto domino”, avendo sancito:

  1. l’entrata in campo di una metodologia della rivolta diversa (guerreggiata) che ha sottratto la possibilità alle popolazioni di avere uno spazio politico;
  2. l’entrata in campo diretta degli eserciti europei, americano e del Golfo a salvaguardia degli interessi rispettivi;
  3. l’entrata definitiva nella geopolitica del Mediterraneo dell’influenza dei Paesi del Golfo attraverso un’azione politica diretta che privilegia le organizzazioni dell’islam politico nella regione, chiudendo la bocca (ancora una volta) a quelle esigue minoranze “rumorose” protagoniste dell'”effetto domino” precedente.

Lo scorso 17 gennaio, all’indomani della fuga di Ben Ali dalla Tunisia, scrivevo un post sull’effetto domino.

Il cosiddetto Occidente appare oggi più incoerente che mai.

Se si tratta di “portare la democrazia” con le bombe siamo tutti d’accordo (si fa per dire, ovviamente).

E facciamo anche molta counter-insurgency!

Se si tratta, invece, di comportarsi come paesi che promuovono libertà e democrazia, che sono i nostri valori e che ci contraddistinguono – pare – da tutti gli altri, ci nascondiamo tutti sotto al tavolo.

Oggi il discorso va integrato. Il cosiddetto “occidente” con la guerra in Libia ha sì portato le bombe ma ha anche appaltato la gestione politico-culturale e religioso dei paesi “in rivolta” ai paesi arabi del Golfo, limitandosi a garantirsi un proprio tornaconto in termini economici.

Tutti i paesi dell’area subiranno questa scelta, in un “effetto domino” al termine del quale i vecchi conflittori di civiltà verranno a dirci: “visto? ve l’avevamo detto!” (sì, questi me li cucinerò io, ve lo prometto).

L’unica via d’uscita a questa situazione sarebbe un’iniziativa europea  tesa a spezzare il sodalizio ormai evidente fra amministrazione americana e petromonarchie nella gestione di questo nuovo “grande medioriente” dominato dall’islamercato.

L’unica via d’uscita sarebbe l’Unione del Mediterraneo.

Una via d’uscita davvero molto stretta.

 

Lorenzo DeclichIn 30 secondiconflitto di civiltà,libia,mondo arabo,occidente,rivolta,rivolte
Ci si è largamente esercitati, nei mesi scorsi, nel considerare 'l'effetto domino' prodotto prima dalla rivoluzione tunisina, poi dalle dimostrazioni in Giordania e infine dalla rivoluzione egiziana. E all'indomani dell'assassinio di Moammar Gheddafi c'è stato chi, in un moto di inerzia interpretativa tutto sommato comprensibile, ha pensato a quale dovesse/potesse...