E’ di qualche giorno fa la notizia che i guerriglieri zayditi (una particolare branca dello sciismo presente solo in Yemen e dalla lunghissima storia) al-Houthi, nello Yemen del nord, hanno catturato ben dodici cittadini sauditi armati fino ai denti e dotati di ingenti somme di denaro: combattevano al fianco dei salafiti yemeniti proprio contro gli al-Houthi e questi ultimi dichiaravano di essere in trattativa con i sauditi per il loro rilascio.

Oggi Peacereporter riporta una notizia simile, riferita però all’Iraq: “Ci sono dei terroristi sauditi condannati a morte in Iraq che, secondo le indagini, risultano essere membri della famiglia reale saudita. Per questo Riad si sta sforzando per arrivare a un accordo con il governo iracheno per uno scambio con alcuni detenuti iracheni condannati a morte nel regno saudita”.

Le due notizie, singolarmente, sono di certo allarmanti. La prima ci racconta di un reclutamento salafita-jihadista in Arabia Saudita che le autorità saudite coprono. La seconda ci spiega che questo è un jihadismo di Stato, laddove lo Stato si identifica tout court con la famiglia reale saudita.

Lette insieme, e associate a considerazioni più generali, queste due notizie lasciano dietro di sé inquietudine e anche rabbia. In tutti i paesi in cui, in un modo o nell’altro, intervengono i petromonarchi si assiste a un nuovo protagonismo delle correnti più oscurantiste, e spesso violente, dell’islam. Quando l’intervento non è temperato da un interesse diretto e manifesto dell'”Occidente” si assiste poi a una esplosione del terrorismo sunnita. E siccome l’Arabia Saudita e/o il Qatar sono i più importanti “partners” dell'”Occidente” nel nuovo scacchiere di Medio Oriente e Nordafrica, si deve giungere alla conclusione che il terrorismo lo alimentiamo anche noi.

Ovunque, in Medio Oriente e in Nordafrica, i gruppi jihadisti, foraggiati in maniera più o meno palese dalle petromonarchie, militano “dalla nostra parte”: in Siria i jihadisti sono contro al-Asad. In Libia sono con “i ribelli”. In Yemen sono contro gli al-Houthi al nord e fanno il gioco del vecchio regime nel sud, creando un’istabilità che danneggia  chi chiede libertà, giustizia sociale, democrazia. In Iraq sono contro al-Maliki, che è amico dell’Iran: proprio qualche giorno fa, in osservanza alle nuove direttive strategiche di al-Qaida, i qaidisti iraqeni hanno dichiarato guerra alla presenza iraniana nel paese.

Qualcuno dirà che è un caso. Ma non è un caso e nemmeno un complotto: si tratta della “naturale” conseguenza di funzioni economiche e geopolitiche in atto da decenni: le guerre del petrolio, l’appoggio occidentale ai regimi del mondo arabo, l’appoggio occidentale ai petromonarchi in funzione anti-iraniana, l’uso dei jihadisti in funzione anti-sovietica in Afghanistan. Eccetera.

Il jihadismo, qaidista o meno,  è –nel migliore dei casi– un baco che il cosiddetto “‘Occidente” coltiva in casa propria. Un baco considerato –a mio modo di vedere a torto– meno pericoloso del “grande nemico” iraniano.

Lorenzo DeclichIn assenza di democraziaLost Osamaal-huthi,al-qaida,arabia saudita,iran,iraq,terrorismo,yemen
E' di qualche giorno fa la notizia che i guerriglieri zayditi (una particolare branca dello sciismo presente solo in Yemen e dalla lunghissima storia) al-Houthi, nello Yemen del nord, hanno catturato ben dodici cittadini sauditi armati fino ai denti e dotati di ingenti somme di denaro: combattevano al fianco...