Oasis, una rivista di dialogo interreligioso, pubblica integralmente un’importante intervista a padre Paolo Dall’Oglio sulla situazione in Siria, datata 24 gennaio.

Alla domanda sulla situazione Dall’Oglio risponde così:

Premetto che, accettando di rilasciare un’intervista, mi assumo una qualche responsabilità rispetto all’impegno di non agire politicamente per evitare la mia espulsione. La rinuncia a questo silenzio è dovuta alla gravità della situazione che obbliga a fare il possibile per la pacificazione, nella giustizia, del Paese. Ogni calcolo d’opportunità personale sarebbe fuori luogo. D’altronde, nelle ultime settimane, lo Stato ha scelto di lasciare uno spazio più grande alla libertà d’informazione e dunque ritengo questo mio intervento come una risposta positiva all’apertura governativa. Spero che questo gesto sia capito nella sua intenzione patriottica e solidale e come tale apprezzato nel quadro della crescita del Paese, attraverso una maggiore libertà di opinione.

La situazione resta tesa e carica di violenza. Il territorio appare diviso a macchia di leopardo tra zone in cui predomina il movimento di opposizione, tanto pacifico che più o meno violento, e quelle nelle quali lo Stato mantiene intero il controllo e addirittura è chiaramente appoggiato dalle popolazioni. Ci sono due grandi isole, Damasco e Aleppo, che restano saldamente in mano al governo centrale, ma la loro estensione si va riducendo di giorno in giorno e l’insicurezza le tocca anch’esse in profondità.

La regione montagnosa tra il mare e il fiume Oronte, che scorre dalla Beqaa libanese fino ad Antiochia, è quasi interamente sotto il controllo governativo. Infatti tale regione è abitata principalmente da minoranze (relativamente all’insieme del Paese) musulmane, alawita e ismaelita, e cristiane, bizantina, sia ortodossa che cattolica, e maronita. I sunniti, maggioranza nel Paese, sono minoranza in questa regione. Furono quest’ultimi tra i primi a sollevarsi, probabilmente sperando in una rapida insurrezione generale. Qui la repressione ha ottenuto sostanziale successo. Di conseguenza, l’eventualità, prevista da molti, d’una divisione del Paese, è in questa zona davvero concreta. Questo disegnerebbe una Siria costiera nell’orbita iraniana, assieme al Sud del Libano di Hezbollah, che si contrapporrebbe a una Siria interna sunnita collegata all’Iraq centrale a Est e alla Beirut di Hariri a Ovest.

Questo disastroso panorama non corrisponde ancora alla realtà complessiva del Paese. L’equilibrio delle forze è bilanciato. Pur con difficoltà, l’essenziale dei servizi statali funziona. Una gran parte della popolazione resta incapace di prendere posizione e rimane di fatto neutrale. D’altro canto, a prescindere dalle appartenenze religiose, è ancora massiccia, anche se scossa, l’adesione popolare al potere costituito, anche a causa del forte attaccamento dei siriani all’unità nazionale e al rifiuto di tanti di lasciarsi ridurre all’unico riferimento identitario confessionale. Ciononostante, alcune aree sono ormai in mano all’ “esercito libero”, anche se non mi azzarderei a dire stabilmente. In generale il clima politico è confuso, la sicurezza carente. Si registrano episodi di furto, teppismo, sabotaggio, attentati, rapimenti, rese di conti, vendette e uccisioni. La violenza non fa che aumentare. Approfittano della situazione anche puri e semplici delinquenti. Noi troppo spesso partecipiamo a funerali di persone rimaste uccise in scontri violenti o attentati.
Molti vogliono continuare a sperare che la promessa riforma costituzionale sia presto una realtà e che la presidenza Bashar el-Assad superi la crisi e ottenga un’elezione plebiscitaria per un nuovo mandato.

Riguardo alle due parti in conflitto:

Le due parti non si esauriranno, perché la Siria è oggi il teatro d’un vasto conflitto regionale. Qui si gioca la tensione tra Stati Uniti e Russia, Turchia e Iran, sunniti e sciiti, concezione laica dello stato e visione religiosa della società, e, a livello interno, si assiste all’emergere di specificità geografiche che finora non avevano trovato adeguata espressione … Tutto questo significa che le possibilità d’alimentare il conflitto sono pressoché infinite. Ma la novità non è qui. È nel desiderio d’emancipazione dei giovani, che è un immenso fatto nuovo, un elemento di squilibrio negli equilibri conflittuali tradizionali.

Su al-Jazeera nel contesto siriano:

È un canale televisivo di partito. La sua azione ha concorso allo scatenarsi dei movimenti rivoluzionari dello scorso anno, e questo va riconosciuto senz’altro. È stata un elemento straordinario di rottura del monopolio dell’informazione da parte dei governi totalitari e un fattore di cambiamento. Tuttavia, riguardo alla Siria, ha scelto l’opzione militare; milita contro il regime in modo partigiano e quindi ne soffre l’obiettività dell’informazione. Assistiamo a una guerra civile televisiva prima ancora che sul campo. Vediamo sotto i nostri occhi una rissa tra i canali TV che oppone realtà come al-Jazeera ai media controllati dall’establishment, anch’essi abili nel difendere la loro causa. Sono convinto che assicurare una libertà di stampa generalizzata favorirebbe un ascolto delle buone ragioni e di conseguenza aiuterebbe la pacificazione.

Riguardo alla società civile Dall’Oglio la vede emergere ma :

non nei media, dove circolano le teorie complottiste più disparate. Si parla d’una grande intesa, tra Stati Uniti, Israele, al-Qaeda, salafiti, Fratelli musulmani, e Lega araba, che mirerebbe ad abbattere l’ultimo Stato arabo che ancora non abbia capitolato di fronte al progetto sionista e non abbia rinunciato a combattere l’imperialismo … È evidente che a questo livello discutere è difficile. Vedo tuttavia l’emergere della società civile nella vita di tutti i giorni, la vedo nell’amore di patria di tutti coloro che sono disposti a pagare di persona. Noto una straordinaria maturazione civile e morale nei giovani che si impegnano per il cambiamento.

La grave difficoltà è che pure settori colti e socialmente avanzati della società, anche degli ambienti ecclesiali, si lasciano andare ad una logica estremista e radicale che si esprime in frasi come: “tutto, ma mai consegnare lo Stato ai Fratelli musulmani!”. Addirittura alcuni cedono a logiche genocidarie, per cui se, per salvare il Paese, bisogna uccidere milioni di persone, pazienza. La radicalizzazione del linguaggio crea una spirale di violenza senza uscita. Non mi faccio illusioni e non mi dispero. I violenti di oggi e i loro figli sono chiamati a diventare i cittadini di domani. Certo è un dovere di tutti, globale, quindi a maggior ragione mediterraneo e italiano, quello di operare immediatamente per evitare il peggio.

Leggete tutta l’intervista, lo consiglio. Una qualche tara è da farsi, vista la minaccia di espulsione che grava sull’intervistato, ma insomma ciò che dice è importante per capire.

 

Lorenzo DeclichIn fiammepaolo dall'oglio,rivolta,siria
Oasis, una rivista di dialogo interreligioso, pubblica integralmente un'importante intervista a padre Paolo Dall'Oglio sulla situazione in Siria, datata 24 gennaio. Alla domanda sulla situazione Dall'Oglio risponde così: Premetto che, accettando di rilasciare un’intervista, mi assumo una qualche responsabilità rispetto all’impegno di non agire politicamente per evitare la mia espulsione. La...