Di complottardi, in Italia e nel mondo, ce ne sono molti. Ultimamente pensano alle rivolte arabe come a un “grande disegno” ordito dagli americani in combutta con i paesi del Golfo (ci è voluto un po’ prima che questi ultimi fossero inclusi, prima tutti pensavano che al-Jazeera fosse buona, un giusto contrappeso al dominio americano dei media) per entrare nei paesi in rivolta e conquistarli.

A loro mi rivolgo, chiedendogli di leggere attentamente quanto segue:

Yemen: lì c’è stata una rivolta, subito “coartata” da opportunisti di regime che, mettendosi d’accordo con americani e sauditi, hanno assunto il potere tramite elezioni-farsa, scalzando Saleh pur essendo fino a ieri suoi amici. Lì, insomma, le grandi forze esterne capaci di condizionare gli eventi hanno trovato la soluzione più semplice per ottenere ciò che volevano. Da mesi in Yemen si è manifestato un barlume di società civile che combatte, subendo violenze di ogni genere, per un paese nuovo. Ma non c’è Clinton o al-Arabiya che vadano in loro soccorso. C’è per di più l’avanzata degli Ansar al-Sharia che, come al tempo di Saleh, serve all’attuale regime per calmierare i rapporti internazionali: più i jihadisti sono attivi meno la comunità internazionale interverrà con pressioni al cambiamento. I complottardi, nel caso yemenita, si scagliano contro Stati Uniti e paesi del Golfo, ma cancellano la società civile.

Algeria: lì da moltissimo tempo, anche da prima del 2010, la società civile è in subbuglio, ogni giorno si verifica una protesta, ogni giorno il regime reprime con violenza. Neanche lì Clinton o al-Jazeera muovono paglia e, semplicemente, non si parla dell’Algeria. Non ne parlano nemmeno i complottardi se non –in rari casi — per dire che anche lì c’è un disegno per abbattere il glorioso regime il quale però, piccolo dettaglio, da sempre usa “al-Qaida” per armarsi fino ai denti in accordo con gli americani.

Marocco: lì c’è un movimento giovanile che viene represso con la violenza. Il Re è un corrotto che ciclicamente cambia la Costituzione in qualche dettaglio lasciando per sé un’ampissima fetta di potere. Ma lì gli americani sono di casa, tradizionalmente, e il Re è amico dei petromonarchi. Dunque lì nessuno ha “aiutato” i rivoltosi e, nell’altima tornata elettorale, si è passato direttamente a “inglobare” alcuni islamisti nel gioco del potere. I complottardi generalmente evitano di parlare del Marocco perché il movimento, lì, non può davvero rientrare nel complotto. Altra possibilità: lo supportano, scagliandosi contro Stati Uniti e petromonarchie.

Bahrain: lì un’ampia fetta di popolazione si è rivoltata nel giardino dei petromonarchi e gli Stati Uniti sono rimasti a guardare. I complottardi, anche qui, appoggiano la rivolta, agitandosi per le infamità perpetrare da Stati Uniti e petromonarchie. A differenza dello Yemen, dove la ignorano, “considerano” l’emersione della società civile, la danno per esistente.

Siria: lì sono nati movimenti per abbattere la tirannia ma gli interessi contrastanti delle grandi potenze, da una parte Cina e Russia e dall’altra Stati Uniti e paesi del Golfo, hanno permesso ad al-Asad uno spazio di manovra che questi ha sfruttato trasformando la rivolta in un massacro. Quello che è successo è solo la (ovvia) conseguenza dell’inazione iniziale della comunità internazionale, che il massacro lo è stato a guardare per mesi. I complottardi qui, a giochi ormai ampiamente fatti, identificano i rivoltosi con gli Stati Uniti e i paesi del Golfo. Una magmatica “al-Qaida” è qui “alleata” a questi ultimi, laddove in Yemen e Algeria è, nel silenzio dei complottardi, usata dai regimi per avere il semaforo verde dagli americani.

Bene, consideriamo gli esempi tutti insieme: le variabili stabili sono

  1. i rivoltosi, che vengono “oscurati”
  2. il “non-cambio” di regime, o “cambio farsa” (Yemen).

Sebbene i rivoltosi siano uguali ovunque, chiedono le stesse cose, i complottardi non sono disposti ad accordare loro il “premio genuinità” se non quando la cosa funziona all’interno dello schema del complotto.

Chi dice che i rivoltosi sono “manovratori” per conto terzi si chieda perché, ad esempio, “tifa” contemporaneamente per il regime algerino o siriano e per i rivoltosi del Bahrain. Perché non ha nulla da dire sullo Yemen e ben poco sul Marocco.

Fatto? Convinti?

Bene: ora si faccia lo sforzo di considerare l’asimmetria delle forze in campo.

Pensate a un drone di ultima generazione contro una donna sudyemenita.

Sparate una pallottola su un muro e poi scagliate una pietra sullo stesso muro, e guardate la differenza.

Immaginate il potenziale organizzativo di una gerarchia militare e paragonatelo con quello espresso in una riunione clandestina di rivoltosi.

Paragonate l’effetto, quasi solo mediatico, di una “disobbedienza civile” in Italia (es. NO TAV) e l’effetto di una “disobbedienza civile”, decine di morti, in un paese dove vige da decine di anni lo stato di emergenza.

Fatto?

L’asimmetria delle forze in campo crea illusioni ottiche. Se da una parte i rivoltosi chiedono tutti le stesse cose dall’altra reagiscono in maniere diverse in base alla repressione che subiscono e al livello di organizzazione che sono riusciti a darsi.

Anche a livello mediatico, che in più è infarcito di propaganda, la narrativa di ogni situazione particolare è affetta dalla cecità data dall’asimmetria.

Riguardo allo Yemen i più avveduti parlano di “rivoluzione parallela” ma, sostanzialmente, la maggior parte dei media non fa che parlare di al-Qaida. L’Algeria, anche, è “qaidizzata”, ma lì non si è parlato neanche di “primavera”, gli algerini con la primavera araba non ci hanno niente a che fare, pare. In Marocco si considerano le ragioni del Re, si fa il dibattito sulle innovazioni contenute nella nuova Costituzione e si tratta il movimento paternalisticamente, salvo poi reprimerlo pesantemente quando i riflettori sono spenti. Per la Siria è stato sdoganato il termine “terroristi” e si applica la narrativa della “guerra civile”, dimenticando migliaia di persone inermi uccise con armi da fuoco. Del Bahrain si parla in termini di “conflitto settario” e, cercando di aggirare l’ipocrisia di non voler veramente criticare il regime, di “diritti umani”.

Ok.

Ora, calcolati gli effetti dell’asimmetria, aggiungete i chiari, evidentissimi interessi dei vari attori internazionali nell’area e avrete il quadro completo della situazione.

E, magari, pensate alla teoria in base alla quale le rivoluzioni le ha fatte l’America tramite internet e riflettete sulla sua povertà, sul semplicismo che essa esprime.

La verità è che tutto è alla luce del sole, e tutto è terribilmente angosciante.

Le rivolte arabe sono genuine, sono state represse come era ovvio che fosse, non hanno ricevuto il sostegno che meritavano.

E tutto questo è molto meno rassicurante di un complotto, dal quale non ci si può sottrarre.

 

 

 

Lorenzo DeclichIn 30 secondialgeria,bahrain,marocco,rivolta,rivolte,siria,yemen
Di complottardi, in Italia e nel mondo, ce ne sono molti. Ultimamente pensano alle rivolte arabe come a un 'grande disegno' ordito dagli americani in combutta con i paesi del Golfo (ci è voluto un po' prima che questi ultimi fossero inclusi, prima tutti pensavano che al-Jazeera fosse buona,...