I centri di tortura governativi in Siria
Cliccando sull’immagine raggiungerete la mappa interattiva preparata da Human Rights Watch riguardante i centri di tortura governativi in Siria.
E adesso qualcuno dirà che sono menzogne o formulerà una frase ad effetto su quanto lo scrivente è schiavo dell’Imperialista.
E qualcun’altro dirà che non parlo, invece, delle torture dell’ESL contro normali cittadini e/o personale dell’esercito siriano.
Queste persone devono sapere che una mano non lava l’altra, in questo come in altri casi.
https://in30secondi.altervista.org/2012/07/03/i-centri-di-tortura-governativi-in-siria/In 30 secondicentri di tortura,siria,tortureCliccando sull'immagine raggiungerete la mappa interattiva preparata da Human Rights Watch riguardante i centri di tortura governativi in Siria.
E adesso qualcuno dirà che sono menzogne o formulerà una frase ad effetto su quanto lo scrivente è schiavo dell'Imperialista.
E qualcun'altro dirà che non parlo, invece, delle torture dell'ESL contro normali...
[email protected]AdministratorTutto in 30 secondi
Non dubito che il regime torturi da anni, e che abbia basi dove lo fa in modo organizzato. Quindi nessuna obiezione da parte mia a questo post. Ho anche invitato pubblicamente a guardare il documentario, settimana scorsa su Rai3, in cui si faceva vedere la repressione dei cortei, perchè mi sembrava verosimile (e in cui alla fine ahimè si propagandava il LES).
Detto questo.
HRW, come Amnesty del resto, non sono esenti dal presentare gli eventi secondo il pensiero unico occidentale, nell’era di internet il loro ruolo va fortemente ridimensionato, e le loro parzialissime informazioni sono state più volte messe in evidenza in quanto tali da molti blogger e giornalisti su internet. Noi di Peacelink abbiamo più volte sottolineato per esempio le cantonate prese da Amnesty per la Libia, l’atteggiamento di parte assunto di fatto dall’organizzazione, che solo in modo molto tardivo ha cominciato a dare spazio ai crimini degli insorti, e di recente, come per recuperare, sta sottolineando quanto la Libia post-Gheddafi sia per certi versi simile se non peggio di quella di Gheddafi.
HRW ci ha messo direi a occhio un mese più di molti qui su internet a riconoscere che a Homs c’erano molti crimini degli insorti e non solo del regime, e l’ha fatto con un comunicato che non nascondeva il suo pensiero favorevole al ribaltamento del regime.
Nel presentare queste notizie, quindi, quello che io chiedo a tutti è solo “equità” ossia tenere presente della parzialità della fonte sempre, non solo quando è (apparentemente) filogovernativa (si veda quel che si dice di Agnes Marie de la Croix: squalificare l’interlocutrice in mancanza di prove che quel che dice sui crimini degli insorti sia falso), così come il criticare le azioni dei politici sempre quando sono ridicole, non solo quando sono per mantenere il regime per interessi propri. Per esempio, noi di Peacelink abbiamo messo in luce quanto sia ridicolo il ministro Terzi nell’aver dato colpa al regime dell’attentato con una bomba artigianale al giornalista Ansa Accogli che ha causato l’esplosione di una auto di scorta della polizia con uccisioni e mutilazioni: cos’è una dichiarazione simile se non una propaganda di guerra? Chi volesse leggere la nostra lettere, con la risposta (pessima) di un funzionario del ministero, la trova qui.
http://www.peacelink.it/conflitti/a/36533.html
Appoggio Peacelink e la esorto a continuare il suo lodevole impegno. Sono totalmente d’accordo con Galbiati in queste osservazioni e in quelle di post precedenti. Vorrei anche rilevare come HRW, ultimamente, stia compiendo una campagna di pubbliche relazioni (perché tale è) molto aggressiva, dalla quale mi pare di scorgere che stia cercando di accreditarsi come organizzazione più “pura” e combattiva di una Amnesty International in netto calo di rappresentatività e di reputazione. I legami di Amnesty con l’amministrazione USA sono infatti troppo evidenti per poter mantenere l’immagine storica di organismo “super partes”.
Lavoro in una organizzazione internazionale, e ho potuto leggere non solo i comunicati e i rapporti, ma anche alcuni documenti di corrispondenza nominativa dei responsabili di HRW: tutti questi sono impostati secondo le linee di azione della consulenza di comunicazione (come si dice, ahimé, nel gergo) “push”. L’azione istituzionale di HRW si situa nell’ambito delle pubbliche relazioni, un mondo che conosco bene e che non può – per sua natura – farsi portatore di un contenuto se non è “orientato” a un fine.
HRW, come Amnesty, ma in modo più sinuoso e mascherato è portatrice di interessi. Ovviamente di chi la finanzia.
Però, caro Zerco, permettimi di dire che le cose non stanno easattamente così. A dire la verità i vari stati (tutti) preferirebbero che AI non si occupasse di loro, Siria inclusa. E che oggi si venga a suggerire (poi la gente ci crede) l’esistenza di rapporti tra AI e USA, è un po’ come suggerire che AI è un’organizzazione filo israeliana (cosa che ho visto e sentito), o piuttopsto anti israeliana (cosa che altri credono e dicono), se non addirittura parte del Complotto (cosa che trovai scritta in un forum frequentato da musulmani).
E’ tutto un po’ surreale. Vogliamo dire che in Siria non si è mai torturato? E forse che AI avrebbe o dovrebbe dovuto occuparsi d’altro?
Bene, vedo che siamo arrivati alla critica delle fonti, sono contento. Qui si esercita la critica delle fonti. Sono d’accordo su quanto dice Zerco (vedi? succede!)
Quanto alla presentazione delle notizie fatemi dire solo una cosa. Questo blog non è “mass media”. In circa 3 anni di attività ho constatato che chi mi legge ha generalmente un interesse specifico per i temi trattati, sebbene spesso non sia uno specialista. Passano anche lettori “caciaroni” o lettori davvero poco informati, ma generalmente li si riconosce dal fatto che sporcano la sezione “commenti” con generiche invettive.
Insomma: dò per scontato -forse sbaglio- che una certa critica della fonte i lettori di questo blog la facciano, anche perché ripetere ogni volta le stesse cose è davvero oneroso.
Ritengo che “realtà” e “verità” siano due cose molto diverse, e che TUTTE le fonti descrivano delle verità (che sono sempre in qualche forma “ideologia”).
Vi sottopongo, a titolo di esempio, una serie di miei vecchi post di “critica delle fonti”:
http://30secondi.globalist.it/2011/11/29/guardare-le-rivolte-a-occhi-ben-chiusi-informazione-e-propaganda-sinistra-e-destra/
http://30secondi.globalist.it/2009/10/19/dentro-il-depistaggio/
http://30secondi.globalist.it/2010/06/04/voglio-essere-uno-shahid/
http://30secondi.globalist.it/2010/11/30/wikileaks-verita-e-dietrologie-al-qaida-qatar-stati-uniti-arabia-saudita-iran/
Per tornare al famoso post sulla Correggia: la mia era una critica delle fonti, sostanzialmente. Al termine del post mi chiedevo perché la Correggia non applicasse lo stesso scetticismo alle fonti governative e/o russe dimostrato nel vagliare le fonti anti-governative e/o occidentali, del Golfo, turche etc.
Ah, c’è anche questa:
http://30secondi.globalist.it/2011/08/04/siria-e-rivolta-la-critica-della-notizia/
E perfavore, fate caso alle date, perché molto spesso mi si rimprovera di non dire cose che ho detto diversi mesi fa e che non vedo il motivo di ripetere.
Sarebbe lodevole se facessi anche un post di critica delle fonti con l’Ansa… invece di prendertela con la Correggia, con la quale sei arrivato anche all’ingiuria.
Le fonti italiane sul posto per la Siria sono la Correggia e l’Ansa (l’Ansa fino all’arrivo di Accogli a Damasco era peraltro a Beirut con Trombetta) e per il tuo futuro post cerca di tenere presente che la Correggia è schiettamente di parte e si rivolge a quattro gatti mentre l’Ansa dovrebbe essere al di sopra e raggiunge (anche indirettamente) milioni di persone.
Zerco, ci conosciamo? Cmq Marinella è stata in Siria solo qualche giorno, che io sappia, non è una cronista sul posto. Non arriva al grande pubblico ma al pubblico del Manifesto e di internet sì. Il cronista dell’Ansa scampato all’attentato, per la cronaca, ha fatto un servizio sulla città di Daraa in cui la cittadinanza sembrava tutta sotto minaccia degli insorti, che avrebbero cecchini sguinzagliati ovunque, e in cui il governatore della città diceva di avere esaudito gran parte delle richieste dei manifestanti. Ovviamente le sue fonti erano i militari dell’esercito e il governatore stesso.
Zerco, sarebbe lodevole se la smettessi di farti il sangue amaro con l’ANSA. L’ANSA non è meno “brancaleonesca” della media italiana in molti campi. Non lo scopriamo oggi. Se e quando avrò qualcosa da dire sull’ANSA in Siria lo farò. Certamente non mi faccio indicare da chicchessia su chi e su cosa devo scrivere (a meno che non mi passi dei link, che vaglio sempre volentieri). Sull’ANSA ho già scritto diverse volte in passato, cerca. Ho invitato Correggia a spiegarmi due cose, in tono colloquiale e amichevole, come si conviene in una pubblicazione informale come un blog. Sono stato sommerso di insulti e sono stato “inteso” come “stampa”, per lo più “di regime”. Questo è quanto.
Lorenzo, il suo articolo su Marinella titolava Storie di ordinaria monnezza. Se l’autore della monnezza interviene a commentare, specie se è attaccato con toni simili anche su Facebook e su altri blog, 9 volte su 10 le risponderà in malo modo. Ed è difficile da vedere nei suoi commenti toni “amichevoli”. Il lavoro della Correggia consiste sì nel trovare fonti che smentiscano la versione ufficiale dei media e forse queste fonti non sono affidabili, ma questo è difficile da verificarlo. Al di là delle frequentazioni non eccelse di Agnes Marie de la Croix, per esempio, come facciamo a sapere se quel che la suora dice sui civili uccisi nell’area del suo monastero, con tanto di nomi e cognomi, è falso? Il clima da guerra civile che gli insorti hanno creato in certe zone del paese (e che di certo ha contribuito a descrivere Marinella, non certo tv giornali agenzie stampa) rende la denuncia della suora verosimile. Un’altra cosa. Marinella prima di riportare varie fonti, fa una analisi, come tutta Peacelink, su come viene distorta dai media (sempre e solo in una direzione) la new della fonte. Che so, se gli osservatori ONU chiedono al regime il cessate il fuoco, questo diventa nei titoli per es. di Rainews L’ONU incolpa Damasco della strage di Hula. Ed è dallo smontare la propaganda di guerra che Marinella poi si butta, con eccessivo zelo, nel fare controinformazione, fino a diventare, agli occhi di molti, e glielo concedo: non senza motivo, una speaker filo-regime. Ma quello su cui lei, e di sicuro Trombetta, si concentra poco è che l’obiettivo del suo agire non è tanto screditare la rivoluzione siriana quanto piuttosto il voler decostruire, annullare la propaganda di guerra dei media, che effettivamente c’è. Detto questo dove critico io Marinella? La critico nella sua controinformazione a senso unico: ha ragione lei, Declich quando dice che Marinella non applica lo stesso sguardo critico alle fonti pro-regime, laddove può: per esempio quando diffonde sondaggi pro-regime, quando mette in dubbio l’azione della Shabiha o come si dice. Ha ragione poi lei, Declich, e su questo vado sul sicuro perché io ho fatto esattamente la stessa critica a Marinella già mesi fa, quando la Correggia usa l’argomento del Cui prodest: con questo ragionamento infatti il regime non dovrebbe commettere mai nessuna strage perché gioverebbe agli insorti che vogliono l’intervento armato. E qui è il più grave errore di Marinella, secondo me. Mossa dal suo attivismo pacifista, convinta che la Nato o l’ONU vogliano fare di tutto per trovare il casus belli per entrare in azione contro la Siria e che i media siano al loro servizio, la Correggia per cercare di opporsi a questa secondo lei imminente guerra tende in automatico, col ragionamento del Cui prodest, a credere che siano sempre (l’impressione è questa: “sempre”) gli insort i a provocare i crimini peggiori, e non il regime. Quanto meno si sofferma sulle fonti che attribuiscono tutto il male possibile agli insorti e poi conclude che loro e il regime sono più o meno pari e patta. Ecco, vorrei fossero chiari questi punti, quando si parla della Correggia. Ovviamente sono le mie opinioni.
Lorenzo, tu conosci la Correggia, a te il giudizio “personale”. Mi rendo conto di aver attirato la polemica col titolo e devo dire che la Correggia, sebbene mi abbia descritto per ciò che non sono (uno che prende i soldi per scrivere su questo blog laddove, esattamente come lei dichiara di essere, rubo il tempo al mio lavoro per scrivere ciò che scrivo) e abbia tentato di screditare il mio lavoro con argomenti retorici, alla fine è passata a discutere nel merito. Ciò non è successo per i suoi sostenitori. Comunque: io dò del tu a tutti per principio, e auspico che ciò avvenga nei miei confronti, proprio perché questo è un blog, un costrutto disegnato appositamente per il commento. Se ci si incarta in formalismi si fa più fatica a discutere sul merito. Anche il tono da me spesso usato, mi rendo conto, può essere un problema, ma ho notato che i problemi sono nati solo quando ho affrontato Siria e Libia. Si tratta di due contesti in cui nel dibattito rientra una certa dose di ideologia (ad esempio il dibattito sull’imperialismo, viziato a mio modo da diversi pregiudizi. per dirne una: l’imperialismo gheddafiano in Africa non è stato mai considerato tale, così come le vocazioni imperialiste di molti attori regionali nel Mashreq. Sono imperialismi “minori”, d’accordo, ma sono tali).
Per quanto riguarda i pacifisti, credo che il problema non nasca da considerazioni ideologiche circa imperialismo/antimperialismo quanto piuttosto dal fatto che in Libia c’è stata una guerra favorita da una campagna mediatica sia occidentale sia araba con bufale enormi su presunti crimini di Gheddafi in realtà mai commessi (le fosse comuni con migliaia di morti) e in Siria molti hanno visto, entro certi limiti, il ripetersi di bufale simili (per es. a Homs gas nervino e bambini uccisi nelle incubatrici) a scopo bellico. L’accostamento è stato favorito poi dall’arrivo dei libici e dal sostegno della Libia alla rivoluzione, dal formarsi del Cns con intenti bellici sulla scia di quello libico. Questo ha fatto pensare alla Siria come passo successivo alla Libia in vista dell’Iran.
Sul dare del tu, è giusto che nei blog si faccia così, io ogni tanto mi dimentico. Vorrei capire una cosa, sul suo lavoro: non sarebbe più corretto definirsi “islamologo” invece di “islamista”? io islamista lo associo come termine a fanatici islamici, sbaglio? Come mai continua a scrivere “io dò” e non “io do”? (non che io non faccia errori e in più non scriva in modo sintatticamente incerto). E infine, ho visto che è PhD e arabista dall’appellosiria ma non ha scritto per quale ente lavora, non potrebbe dirlo?
La dicitura corretta sarebbe “islamista” (come “semitista”, “arabista” etc.) essendo lo studio storico-culturale del mondo islamico una “disciplina” e non una “scienza”.
L’uso italiano di “islamista” inteso come rappresentante dell’islam politico deriva dal francese, ed è molto recente (qualche anno), così come il termine “islamologo”.
In Italia ciò che ho studiato continuerebbe a chiamarsi “islamistica” se non fosse per l’uso che i media hanno fatto del calco francese. La qual cosa, come immaginerai, non mi dà grande piacere, né mi rende “naturalmente” fiducioso nei confronti dei mass media.
“Io dò” è un errore che faccio inconsciamente pensando alla nota “do”. Grazie per aver notato l’errore, mi emenderò.
Su “appellosiria” sono dato per “arabista” ma non è vero (nel senso che non ho una preparazione specifica di tipo linguistico, sebbene usi in diverse circostanze la mia conoscenza dell’arabo e l’abbia studiato per molto tempo, bensì storico-culturale).
Mi hanno affibbiato questa qualifica perché nella vita, fra le altre cose, ho anche tradotto (insieme a Daniele Mascitelli) diversi romanzi e un saggio (sui “messaggi” di Bin Laden) dall’arabo. Non sono stato a questionare.
Ho insegnato all’Orientale di Napoli (storia dell’islam nell’oceano indiano) e a Pesaro (lingua araba), dopo il dottorato (2001), ma poi ho abbandonato l’Università (2008), che non mi dava abbastanza denaro e mi teneva in un precariato infinito e schiavizzante.
Non appartengo a nessun ente. Il mio lavoro odierno, routinario e ordinario, non ha nulla a che vedere con gli studi e le ricerche che ho fatto nella vita, ma mi dà da vivere (e tengo famiglia). Ma qui mi fermo perché un po’ di privacy me la tengo.
PS Sono le mie opinioni ma sul fatto che Marinella sia mossa dal voler evitare una guerra e non dal voler sostenere il regime o screditare la rivoluzione posso garantire.
PS Le ho dato del lei, tornerò presto al tu.
Ho anche io qualcosa da dire in proposito. Ho incontrato la Correggia solo una volta, nell’inverno scorso, in occasione di un dibattito a Roma cui avrebbe dovuto partecipare Osama Al Tawil, rappresentante in Italia del Coordinamento Nazionale Siriano per il Cambiamento Democratico. La neve impedì ad Osama di raggiungere Roma, per cui organizzammo al volo un collegamento via Skype. In molti abbiamo fatto domande ad Osama sulla situazione in Siria, ed anche una signora che non conoscevo gli ha posto diverse questioni, tutte molto pertinenti, a cui Osama ha dato le sue risposte.
Ad un certo momento, sono uscito dalla sala per fumare una sigaretta e, mentre mi trovavo in strada, sono stato raggiunto dalla suddetta signora, che – a freddo – mi ha apostrofato così: “Allora, è proprio vero che voi di Freedom Flotilla siete pagati dall’emiro del Qatar!”. Scusate, ho dimenticato di dire che sono uno dei coordinatori della Freedom Flotilla Italia.
Inizialmente, ho risposto con calma, tentando di spiegare che si trattava di una bufala messa in giro da personaggi squallidi, fascisti e simili, ma poi, quando la signora ha gridato “Lo sanno tutti che vi paga il Qatar e l’Arabia Saudita, ho le prove e presto usciranno sulla stampa!”, confesso di aver risposto in maniera poco urbana, insomma con l’espressione rivitalizzata negli ultimi anni da Beppe Grillo.
Poi, lei se ne è andata, io sono rientrato in sala ed ho chiesto a qualcuno chi fosse la matta che mi aveva aggredito, e solo lì ho saputo che si trattava della giornalista Marinella Correggia.
Ora – mentre aspettiamo questi denari dal Qatar, che non si vedono, e dunque continuiamo ad autofinanziarci – vi ho raccontato questo episodio perché mi sembra paradigmatico del modus operandi della signora. Lancia accuse di collaborazionismo con CIA-Mossad-petromonarchie, cita (quando le cita), fonti quantomeno sospette, poi fa la vittima quando viene messa sotto critica.
Mi dispiace, ma devo dire che, se veramente vuole solo evitare una guerra e non sostenere il regime o screditare la rivoluzione siriana, non credo abbia scelto la strada migliore. Qualche tempo fa, ha accusato una persona (mi pare si chiami Evangelisti) che era intervenuta sulla Siria di lavorare in Egitto per un ente cofinanziato dal Ministero degli Esteri francese, il che renderebbe questa persona di per sé inattendibile ed al soldo del governo francese. Io lavoro – come dipendente – per un ente convenzionato con il Comune di Roma, quindi, secondo la Correggia, sarei al servizio di Alemanno. Se questa è una giornalista…
P.S. Oltre ai denari, sto ancora aspettando che la signora Correggia mi fornisca le prove del fatto che sono pagato, con i miei compagni, dall’emiro del Qatar e dal re saudita. Per ora, gli unici soldi che vedo sono quelli – pochi – del mio stipendio.
Non ci conosciamo, caro Galbiati, ma spero di incontrarla. Come spero di incontrare Lorenzo Declich, ma temo che la sua suscettibilità possa essere un diaframma piuttosto forte.
Tenendo presente che in un conflitto in corso, come quello in corso in Siria (come prima in Libia, in Iraq, eccetera), le fonti fanno tutte più o meno propaganda e i fatti di cronaca bellica possono essere tutti (e di fatto sono) portati dall’una o dall’altra parte a sostegno di tesi e obiettivi contrapposti, ma sempre e comunque soggettivamente “giusti”, una cosa è contestare la veridicità di una fonte rispetto a quanto accade o può accadere, un’altra è inserirne la valutazione nel quadro storico e geografico contemporaneo più ampio. Questo vuol dire fare un passo indietro rispetto alla cronaca e in quest’ottica – come ho detto anche qui – se si parla di fonti non si può mettere sullo stesso piano l’Ansa e la Correggia, l’Associated Press e l’Irna, Il New York Times e la Sana, la BBC e Voltairenet. Una distorsione dell’informazione della Correggia ha meno potere quindi meno responsabilità dell’Ansa.
Nell’informazione il volume (la massa critica) è un fattore discriminante: la quantità diventa qualità, perché il più forte ha più responsabilità del più debole.
In caso di conflitto, tanto dal punto di vista strategico quanto dal punto di vista mediatico, il forte e il debole non possono essere valutati nello stesso modo. Come non si può mettere sullo stesso piano l’imperialismo degli USA e quello degli attori regionali, come fa Declich con Gheddafi.
Qui non è questione di pregiudizi e ideologie: io trovo, come penso lei, Galbiati, che, sia impossibile estrapolare questo conflitto dal discorso più ampio di un imperialismo e una politica di potenza che è ancora la causa principale delle tensioni e degli scontri internazionali (quelli che diventano guerre), e dal 1945 ad oggi è caratteristica sostanziale delle scelte degli Stati Uniti d’America, ovvero “il più forte”.
Declich lo slega, ma io ritengo sia impossibile (e anche fuorviante) disarticolare il tutto: la Siria non può essere slegata dalla Libia, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Somalia, dallo Yemen, dal Pakistan, ecc
Inserire la Siria nel contesto dell’Imperialismo (americano) è un ragionamento storico e non cronachistico, e la storia è sempre più lucida e consapevole della cronaca. Questo non è complottismo, è semplicemente conoscere i precedenti e sapere come ragionano gli imperi (quello americano è un impero, così lo si studierà fra un secolo se le scuole o il mondo esisteranno ancora), che pensano allo stesso modo e, come dice il citato Fisk, “usano sempre le stesse parole”.
Tranquillo Zerco, non mordo e anzi generalmente risulto mite ed educato, dal vivo. Nel confronto delle idee, però, preferisco la schiettezza e la durezza per evitare di essere equivocato. Non ero così, prima. Riguardo all’imperialismo americano vediamola pure dal punto di vista storico, Chomsky è un buon punto di partenza. Io, in un quadro del genere, cioè storico, non “slego” niente (lo “slego” soltanto quando mi vengono a dire che “era tutto già preordinato”), ma mi permetto di ragionare sul livello geostrategico. In questo quadro ritengo che l’amm. Obama, al contrario di Bush, si stia disimpegnando in quello che gli americani individuano come Grande Medioriente, per concentrarsi sul mastondonte cinese, ben più “pericoloso”, e stia delegando (ai paesi del golfo, alla turchia), le “faccende” mediorientali. Motivo per cui oggi (ri)nascono i protagonismi regionali, che ridisegnano parzialmente la linea di conflitto. In pochi, ad esempio, notano che Hamas, oggi, si rivolge ai paesi del golfo e/o alla giordania e/o all’egitto, laddove prima faceva parte del cosiddetto “asse radicale”. La novità è proprio questa. Gli USA, che hanno tenuto in caldo per decine di anni i Fratelli Musulmani (che si portano dietro anche formazioni più radicali, rendendole “compatibili” progressivamente, non a caso Hamas pensa di riconvertirsi in qualcosa di più “soft”), oggi “li schierano” in una nuova mappa che è “compatibile” con i loro interessi. La centrale è il Qatar, l’Arabia Saudita è il “vicino scomodo ma necessario da tenere buono” perché impresentabile (come se poi il qatar lo fosse, ma lasciamo perdere), la Turchia è la NATO, di Israele è inutile parlare, lo sappiamo etc. etc.. Più volte ho scritto che, a mio modo di vedere, questa cosa è irresponsabile e, alla fine, anche suicida: molto meglio sarebbe per gli usa parlare davvero con l’iran. Ma questo è un altro capitolo, In questa analisi penso che la Siria di oggi per gli USA rappresenti solo un grattacapo. Il suo intervento, laggiù, non era previsto e risulta sconsigliabile, e un’instabilità è lo stesso pericolosa. Anche se, ovviamente, dal punto di vista degli interessi americani, è “iimpossibile” non avere le mani in pasta: loro devono comunque esserci, come è successo in Libia, motivo per cui la CIA è lì etc. etc.. Se proprio vogliamo parlare di impero facciamolo, ma articolatamente.
Lorenzo, grazie per la risposta su di te, sei stato più che esauriente. Per la cronaca io sono un docente precario delle scuole secondarie (laurea in biologia) e mi sa che dovrò anche io cercare un altro lavoro di tutt’altro tipo se voglio continuare a mantenermi (oppure trovare una compagna che mi mantenga).
Zerco, io abito a Milano, se vuoi contattarmi puoi farlo iscrivendoti alla newsletter pace di Peacelink, o su facebook oppure via email, ma ho qualche scrupolo a darti su internet il mio email principale, ho già avuto a che fare con hacker che hanno invaso il mio pc per la mia attività in rete. Cmq possiamo trovare il modo per restare in contatto.
Germano, non so proprio dirti perché Marinella associ la Freedom Flotilla ad Arabia e Qatar, è un mistero per me. Io peraltro sono amico di Maria Elena Delia (e ho conosciuto di persona Vik, con cui ero in corrispondenza). Cmq è chiaro che un pacifista non per forza ha un carattere mite e di certo Marinella usa toni un po’ ruvidi anche via email, io la conosco solo per i suoi scritti e la nostra corrispondenza. La persona a cui fai riferimento cmq è E. De Angelis, che è intervenuto nella newsletter di Peacelink più volte cercando un dialogo (all’inizio in modo un po’ brusco se non maleducato nei suoi giudizi verso Marinella, per la verità) dopo l’appellosiria. Io comunque sono diventato il suo principale interlocutore e ora siamo in corrispondenza.
Condivido in pieno l’ultimo commento di Lorenzo, aggiungo solo che l’impero americano è in decadenza per molti motivi profondi (economici, militari ecc. ecc.), che vanno al di là delle contingenze Obama-Bush (Paul kennedy l’aveva previsto con eccesso d’ancipo, ma fondamentalemnte lo schema è il suo), mentre altri soggetti sono in crescita (e non mi riferisco solo ai BRICS, anche Arabia Saudita e Iran hanno implementato le loro forze armate negli ultimi 20 anni, mentre l’Iran è una nazione economicamente emergente).
Questo sta trasformando un modno monopolare, com’era quello post ’89, in un mondo estremamente multipolare, in cui sarà bene tenere a mente come tutte le nazioni possono essere imperialiste.
Ed anzi è sbagliato sottovalutare l’imperialismo delle nazioni come la Libia di Gheddafi, proprio perchè in un mondo che non vive più né la guerra fredda, né il nadir della potenza USA “poliziotto del mondo”, questi soggetti riprendono una certa centralità e non sono più (ammesso che lo siano mai stati) marionette nelle mani delle grandi potenze.
Insomma in Siria non esiste un “occidente” con i suoi interessi, ma una dozzina di nazioni (petromonarchie e nazioni europee, USA, Turchia, Israele)che hanno interessi IN PARTE coincidenti ed in parte estremamente divergenti ed inconciliabili. Contrapposti ad altri soggetti con interessi diversi, ma non meno ignobili (Iran, Russia, Cina ecc.)
Quanto alla Correggia, lo ribadisco, potrei sbagliarmi, spero di no, ma una guerra d’invasione contro la Siria non è imminente, nè prossima, e probabilmente non ci sarà mai.
Noi abbiamo già avuto modo di dire e ribadire che non la vogliamo, se le bombe cadranno ci impegneremo nuovamente come già ho fatto per ogni intervento “umanitario”, però direi che è decisamente prematuro supporre come tutta la disinformatija main stream sia funzionale alla giustificazione di un futuro intevento.
P.S. Io non solo non sono un giornalista di regime, sono pure disoccupato…
Mi fa piacere che, finalmente, sulle vicende siriane ed il loro contesto si passi dalla rissa alla volontà di discuterne senza pregiudizi. Sono convinto che il problema, in Italia, sia il fatto che, sin dall’inizio, uno schieramento non vasto, ma molto attivo, abbia spostato l’attenzione dalla realtà dei fatti all’evocazione di una nuova guerra di aggressione, sul modello di quelle avvenute contro la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq e, da ultimo, la Libia. Inoltre, su questa sorta di coazione a ripetere si è inserita una dinamica politica assolutamente inedita nella sua brutalità, dinamica già vista nel caso libico: all’opposizione alla guerra, si è voluto sovrapporre la difesa ideologica di un regime, presentato come “antimperialista”, “laico” e – addirittura – “socialista”, con grandissimo disprezzo dell’evidenza. Gheddafi è stato presentato come un novello Che Guevara e Assad come un secondo Fidel Castro e, a mio avviso, è su questo terreno che si è verificata l’obiettiva convergenza fra spezzoni di sinistra – più o meno stalinisti – ed estrema destra. Di qui, le iniziative che ho definito byfascist, perché chiamarle bypartisan mi suona come un’offesa ai partigiani. Il pacifismo, a questo punto, non c’entra più nulla: siamo in presenza di una deriva politico-culturale, che si alimenta di pregiudizi e menzogne, martellati sistematicamente su siti, blog, mailing list ed attraverso “convegni” dove si sente una voce sola. Tutto questo si è svolto in maniera sistematica ed organizzata, mentre dall’altra parte – quella della ricerca della verità, per intenderci – esistevano solo individualità, anche capaci e competenti, ma del tutto scollegate fra loro e senza strutture a disposizione. Personalmente, ho faticato mesi alla ricerca di informazioni sulla Siria, trovandole solo in lingue straniere (inglese e francese, non conosco l’arabo), fino alla scoperta di blog come questo e come SiriaLibano, che non nascondo essere stati per me (e per altri) preziosissimi.
Ora, grazie anche all’azione di questi blog e dei loro animatori, si sta aprendo la possibilità di mettere a confronto voci diverse, senza dare per scontato ciò che scontato non è affatto. Spero di non sbagliarmi.
Quanto alla Correggia, la ritengo gravemente responsabile per la creazione del clima che ho descritto, se non altro perché ha a “disposizione” il solo quotidiano – il Manifesto – in cui la parte più attiva dei movimenti pacifisti ed internazionalisti ripone una certa fiducia. Il fatto che questo quotidiano dia regolarmente spazio ai suoi articoli ed ai comunicati ed appelli degli “antimperialisti” sostenitori di Assad, mentre omette, altrettanto regolarmente, di pubblicare materiali diversi (come l’appello “Basta con il sostegno alla repressione in Siria”), è indice dello stato confusionale vigente a sinistra… oltre che il motivo per cui, dopo trent’anni e passa di acquisto giornaliero, ho smesso di comprarlo.
Con Maria Elena lavoriamo per la Freedom Flotilla, è una persona a cui voglio molto bene, come ne volevo a Vik, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente quando sono riuscito ad entrare a Gaza, poco dopo la fine di “Piombo fuso”. Gli schizzi di fango che la Correggia ed altri – per motivi che ignoro – lanciano contro la Freedom Flotilla, oltre ad essere privi di fondamento, io li vedo anche come un insulto a Vik, assassinato proprio mentre si apprestava a tornare in Italia per aiutarci nelle iniziative di promozione della flotilla. Per me, questo è imperdonabile.