Le armi chimiche della Siria
La Siria ha negato ripetutatmente di disporre di armi di distruzione di massa, ed in particolare armi chimiche, firmando un trattato a riguardo nel 1993.
Però non ha mai firmato o ratificato il trattato internazionale sulle armi chimiche dello stesso anno (CWC), creando di fatto una situazione di grande ed anomale ambiguità (questa convenzione ONU del ’93 è infatti stata ratificata da quasi tutto il mondo, ed è una delle più importanti in materia. Stabiliva la distruzione di tutte le scorte mondiali entro il 2007).
Quindi l’arsenale chimico siriano è clandestino (oggi però dichiarato) e sostanzialmente conosciuto solo per fonti d’intelligence, quindi inaffidabili, o di analisiti militari appena più affidabili.
Si tratta comunque di stime.
Secondo al Jane (una delle più importanti riviste americane di difesa) nel 2007 c’è stata un’esplosione in Siria quando personale non ben addestrato ha provato a montare una testata chimicha (gas mostarda o simile) su uno Scud B (o copia iraniana).
Questo dimostrerebbe sia la capacità di gestire armi chimiche a lungo raggio montate su missili, sia la non capacità a farlo bene e con personale ben addestrato.
Il grosso dell’arsenale dovrebbe essere vecchiotto (anni ’60-’70) e formato dal “buon vecchio” gas mostarda, un regalo all’umanità fatto dalla prima guerra mondiale, e l’unico di cui i sovietici fossero ben disposti ad insegnare le tecnologie in giro per il mondo.
E’ un gas molto pericoloso per i civili, ma facilmente trattabile e gestibile dai militari, in effetti in caso di guerra con Israele avrebbe un impatto limitato sulle operazioni, viceversa, come insegna Saddam con i Curdi, può essere micidiale se usato contro un villaggio inerme.
Per “infastidire” gli eserciti israeliani e turch,i la Siria si è dotata (anni ’70-’80) di gas nervini, come il micidiale VX (un liquido vischioso che libera per lungo tempo gas nervino, ideale per le testate degli Scud a submunizionamento, ma i sovietici si sono ben guardati da dare ai loro alleati testate con la capacità di trasportare submunzionamento al posto della carica esplosiva convenzionale, quindi se la Siria avesse questo tipo di munizionamento sarebbe su tecnologie indigene o, presumibilmente, iraniane e nord-coreane).
Diffusi sono inoltre anche i nervini GB e i GA, quelli, per la cronaca, usati dai nazisti nelle camere a gas, estremamente letali, molto più facili da produrre del VX, ma molto volatili e difficili da impiegare, visto che se se ne impiega una piccola quantità all’aperto basta un colpo di vento per perdere buona parte dell’efficacia del gas.
Le serie G dei nervini sono quelle più diffuse nel “terzo mondo”, e furono ampiamente impiegate contro l’Iran dall’Iraq quando questo era un alleato dell’occidente. Anche per questo l’Iran le conosce molto bene.
Se gli Scud siriani sono a testata singola senza sub-munizioni, hanno solo una limitata capacità di contaminare le aree abitate, causando una devastazione di grande entità. Ma in una zona contenuta (un isolato invece che un quartiere per intenderci, grande concentrazione, povera dispersione).
Inoltre questo tipo di testata è intercettabile per la contraerea israeliana, (in teoria, in pratica ho i miei dubbi), mentre quella a sub-munzioni, anche se abbattuta da un missile anti missile, rimane relativamente pericolosa, persino se cade su zone poco abitate.
La Siria ha però razzi d’artiglieria a lunghissimo raggio con testate a sub-munizionamento, sia indigeni, sia su avanzate tecnologie iraniane, forse anche a guida “inteligente”, ma sono armi da poco entrate nell’arsenale siriano, e in piccola quantità.
Non sembra, stranamente, che vi siano depositi di Iprite, un’altro gas piuttosto primitivo, “vecchio” e facile da produrre, ma persistente (fu molto usato dall’Italia in Etiopia).
L’Iran, pur disponendo della piena capacità di produrre gas, anche nervini, è una delle nazioni in cui è più forte la contrarietà al loro utilizzo, per le traumatiche esperienze, condivise anche da molti politici del regime, derivanti dalla guerra con l’Iraq.
I gas sono uno spauracchio, ma non sono sostanze altamente efficenti (anche se i nervini lo sono più degli altri) in guerra.
Per i gas normali basta una maschera anti gas (anche altre precauzioni, come gli occhialini e le sciarpe bagnate, unite ad una rapida fuga, fanno il loro effetto), per i nervini occorre una preparazione NBC più complessa (colpiscono anche la pelle, e non solo le mucose o le vie respiratorie come gli altri), tutto però alla piena portata di ogni esercito moderno.
Certo i gas possono portare a delle invalidità permanenti e fanno molto paura anche ai militari.
Diverso il discorso per i civili.
Comunque non bisogna mai sottovalutare la difficoltà tecnica di portare il gas a contaminare le potenziali vittime, ed in quantità sufficiente ad arrecare danni.
Molte operazioni chimiche della prima guerra mondiale (o anche di quella Iraq-Iran) accuratamente pianificate, si rivelarono dei fiaschi o addirittura furono controproducenti, perchè il gas è diverso dalle altre armi, sembra quasi dotato di una propria volontà, e non ubbidisce ciecamente a chi lo usa.
Per la Siria attaccare Israele o la Turchia con i gas, colpendo obbiettivi (civili o militari) sarebbe controproducente, e in fin dei conti le sue capacità in questo campo appaiono relativamente limitate, sopratutto in questo momento (si tenga presente che i gas nervini di tipo G sono altamente corrosivi, richiedono un maneggio molto impegnativo da parte del personale, disciplina, tranquillità nelle operazioni, lente e laboriose, prima del lancio ecc. ecc. mentre il VX è pericolosissimo se maneggiato male e può creare più problemi a chi lo lancia di chi lo riceve).
La casistica d’impiego dei gas sui civili è, fortunatamente, scarsa, l’attentato alla metropolitana di Tokyo (leggete il libro di Murakami Haruki a riguardo) è il caso peggiore mai verificatosi (assieme all’altro fatto dalla medesima setta poche settimane prima), pur causando un numero abnome di contaminati da gas nervini (con molte persone rimaste inabili in maniera seria e permanente), ha causato pochi morti perchè la dispersione del gas non è un affare da nulla, richiede tempo, buone condizioni meteo (il vento rimane fondamentale). In quel caso però vi fu una pronta reazione da parte del sistema sanitario giapponese (relativamente pronta, visto il livello di polemiche successivo), un buon ospedale può curare facilmente buona parte delle contaminazioni.
Se invece il gas come il VX (ma anche il mostarda) venisse sparso su un villaggio isolato, sotto assedio, ecc. ecc., sarebbe un disastro. Potenzialmente morirebbero tutti. Ed i pochi sorpavvissuti potrebbero rimanere ciechi (mostarda) o subire lesioni neurologiche ulteriori alla cecità (nervini).
Certo per fare questa operazione servirebbe personale addestrato, buone condizioni meteo, tempo, probabilmente un attacco notturno o all’alba sarebbe più letale, sorprendendo le persone nel sonno. Esistono molte semplici precauzioni contro le armi chimiche (contro i nervini per esempio bisogna togliersi i vestiti non appena si esce dalla zona contaminata ecc. ecc.) ma queste precauzioni le conosce un militare, non una donna o un bambino.
La possibilità di utilizzare gas lanciati da elicotteri o da aerei (ma sopratutto da elicotteri con soluzioni “di fortuna” che potrebbero colpire anche i lanciatori, comunque nella metropolitana di Tokio usarono una sorta di gavettone) esiste, e i danni su un villaggio sarebbero, sia pure più contenuti, seri.
Il munizionamento d’artiglieria siriano per le armi chimiche non lo conosco, ed in tutta franchezza non credo a nessuna della fonti che ne parla. Resta la possibilità di avere proiettili da cannone-obice pesanti caricati con gas, sopratutto con gas mostarda che ben si presta a questo impiego (i nervini sono un po’ più complicati, i proiettili andrebbero caricati poco prima del loro impiego, il ché a mio avviso è difficile in un paese in guerra civile come la Siria adesso).
Il mezzo più indicato sarebbe il cannone sovietico da 180mm, ma la Siria ne dovrebbe avere solo 10 (peraltro in funzione anti-nave), ma anche i mortai pesanti da 240 mm e i cannoni/obici da 152 andrebbero bene. Anche i razzi d’artiglieria pesanti di progettazione iraniana o indigena (come il Kaibar da 302 mm, dotato anche di cariche a submunzioni e di 200 km di gittata, tale da renderlo in grado di coprire buona parte di Israele) andrebbero più che bene.
Per fortuna non sembra che la Siria disponga di centinaia e centinaia di pezzi di questo tipo, con centinaia di munzioni caricate ad aggeressivi chimici. Per colpire Israele (o un altro bersaglio), oltre a volerlo (cosa tutta da dimostrare) occorrerebbero alcune settimane di preparazione.
Altre possibilità sono l’utilizzo delle semplici taniche, aperte sotto vento rispetto all’obbiettivo (è il metodo più usato dal 1916 in poi, andrebbe bene contro un villaggio indifeso), oppure riempire di gas mostarda i normali proiettili a lacrimogeni lanciati con tromboncino dai fucili e dai lancia granate. In questo caso la quantità di gas sarebbe limitata, inoltre questi gas sono spesso meno aggressivi dei lacrimogeni, con piccole quantità la zona contaminata risulterebbe piccola, e basterebbe spostarsi di qualche decina di metri (sopratutto se ci si alza di quota) per uscire dall’area d’effetto, mentre i lanciatori dovrebbero preoccuparsi di non avere il vento in faccia.
Anche se i nervini spesso sono inodore e incolore danno subito delle sensazioni di malessere (nausea, vomito, difficoltà a respirare, visione nera), in quel caso chi si spostasse dall’area contaminata, sopratutto se lo fa alla svelta, ha ottime chance di salvarsi. Solo una contaminazione prolungata provoca la morte. In effetti sia nella prima guerra mondiale che nella guerra Iran-Iraq molte pesone morirono perchè non potevano abbandonare le trincee, sottoposte a bombardamento e sotto attacco con mitragliatrici e fucili, mentre se si fossero spostate di 100 o 200 metri si sarebbero salvate.
Per tradizione chi usa i gas prima afferma che il nemico li ha impiegati contro di se, lo fece persino l’Iraq negli anni ’80.
Secondo Global Security, che ha l’autorevolezza di una nonna in cariola, la Siria ha 5 siti principali e uno secondario per lo stoccaggio e l’utilizzo delle armi chimiche: Al-Safir (l’unico in cui vi sarebbero anche gli Scud), Cerin, Hama, Homs, Palmira e Latakya. E’ presumibile cha a Hama e Homs li abbiano tolti, anche se probabilmente lì tenevano lì, da anni, per impiegarli contro una rivolta.
Ma per fortuna pare non vi sia stata la decisione di impiegarli.
Nessuna di queste basi mi sembra dell’aviazione, il che mi puzza, e mi porta a credere che ve ne siano altre, o che questa lista sia completamente di fantasia.
In conclusione è molto probabile che la Siria abbia un arsenale chimico di una certa entità, è meno probabile che possa impiegarlo in una guerra convenzionale contro i propri vicini usando Scud o altri missili (anche se lo sviluppo dei razzi d’artiglieria iraniano è impressionante e continuo), è ancora più improbabile che questo utilizzo risulti devastante.
Però non si può escludere che, come già fece Saddam contro i Curdi verso la fine degli anni ’80, il regime li impieghi come arma di rappresaglia per terrorismo di stato e strategie di repressione dura.
Sarebbe però una facccenda serissima, con ripercussioni altrettanto serie nell’oppinione pubblica mondiale ma sopratutto iraniana, da sempre molto contraria ai gas, molto più che verso le armi atomiche (del resto in Iran il reduce iceco o con problemi polmonari deve essere una presenza diffusa e ben nota alla gente).
Se accadesse le conseguenze sarebbero comunque inimmaginabili, proprio per il grande peso ed impatto psicologico che hanno le armi chimiche rispetto, poniamo, ad un normale bombardamento d’artiglieria (cosa che ormai è la norma in Siria e che uccide lo stesso donne e bambini, ma in modo più “tradizionale” ed “accettabile” psicologicamente di un avvelenamento).
Che la Siria abbia un arsenale chimico è estremamente probabile.
Ma siamo sicuri al 100%? No.
E’ solo “quasi certo”, perché un tempo ne aveva uno e non ha firmato il trattato di messa al bando delle armi chimiche nel 1993 (un’era geologica fa).
C’è una sottile differenza.
La Siria potrebbe aver abbandonato da anni la produzione e disporre di testate fuori uso, un po’ come l’Italia che non ha ancora smaltito del tutto le sue scorte di Iprite fatte da Mussolini durante la guerra d’Etiopa e stoccate dalle parti di Latina.
Ormai sono solo inquinanti e non più tossiche.
La Siria può anche volere che il mondo creda abbia un arsenale chimico per fare paura.
E parla oggi di armi chimiche per far paura agli oppositori interni ed esterni.
Cioè per far pensare che sia in grado di usarle in caso di attacco (quindi in funzione deterrente), e per far pensare all’ESL che se pensa di vincere senza venire gasato sbaglia di grosso.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Insomma sull’arsenale chimico si resta, come sembra, sullo speculativo.
https://in30secondi.altervista.org/2012/07/25/le-armi-chimiche-della-siria/In fiammearmi chimiche,siria
Certo, è un deterrente, che comunque ha funzionato, come quasi sempre fanno i deterrenti.
Infatti hai notato che da quando il ministro degli esteri siriano ha sibilato delle armi chimiche i capi dei ribelli (Obama, Al Thani, Netanyahu) non hanno propalato più i loro quotidiani bellicosi proclami di attacco?
Il governo siriano sa che chi conosce solo la forza come approccio ai problemi, può capire solo la forza.
Il messaggio del governo siriano è: “abbiamo la bomba”, quindi noi non solo siamo una potenza, siamo “lo stato”, e le risposte ricevute sono quelle che si danno a uno stato. E’ illuminante, forse sorprendente per qualcuno, sconfortante per qualcun altro, vedere che il concetto di Stato e di Potenza è legato ancora alla distruttività delle armi, ma questa non è certo un’invenzione di Assad. E’ la politica dell’annientamento caratteristica degli Stati Uniti d’America (e prima di essi, dell’impero inglese) che sta diventando il sistema strutturale di comportamento delle società.
Lo stesso deterrente sta mettendo in pratica l’Iran da anni creando ad arte i sospetti di possedere la bomba atomica perché gli sia riconosciuto lo status di Potenza e quindi il timore che possa assestare un colpo letale.
Per quanto violenti e tracotanti, gli Stati Uniti e soci sono anche tremendamente vigliacchi in battaglia: uccidere è un dovere e un atto di libertà (l’etica del good job), essere uccisi è un’ingiustizia e una vergogna (etica del loser).
La dichiarazione siriana è stata anche strategicamente efficace: non è stato Assad (o chi per lui) a parlarne per primo e a usarne la minaccia, ma l’accenno alle armi chimiche è venuto fuori dopo una settimana di battage mediatico in lingua inglese “stile Iraq” che era cominciato dal Guardian, se non sbaglio, come consueto strumento di pressione e propaganda di guerra, per suscitare in occidente il timore senza fondamento per una cosa che non c’è. La dichiarazione “ebbene sì, le armi chimiche le abbiamo” ha preso in contropiede la trojka del regime change, che secondo me è rimasta tanto sorpresa dall’annuncio quanto scossa dal dubbio che tali armi ci siano veramente.
(Più che un post questo è un appunto sulle armi chimiche.)
Non certo solo degli imperi USA e UK, tutti gli imperi (e aspiranti tali) ragionano così.
Non credo però che questo fatto, per altro ben noto (molte fonti che ho citato, siti e riviste, sono filo-pentagono e riportano quello che il pentagono gli dice, purtroppo non c’è molto altro) muova molto in politica internazionale.
Siamo ormai nel secondo anno della rivolta siriana, da quasi un anno questa rivolta si è tramutata, progressivamente, in una guerra civile, dal primo giorno il cosidetto occidente (più il mondo arabo-conservatore-filo occidentale) ha fatto bellicosi proclami e proposto duri embarghi.
E basta.
Non credo, salvo novità di rilievo o l’implosione (possibile e probabile) del regime che faranno altro. Ed anche in quel caso non escludo che si muoveranno tardi. Anzi se si muovessero davvero, e non più per fare un po’ di guerra fredda contro l’Iran, non escludo che possano fare i pompieri.
Si ricordano tutti quanto sia fallita la guerra USA con l’Iraq.
Agli imperi conviene una Siria stabile, se facessero la guerra sarebbe per stabilizzarla non per “liberarla”; Assad garantiva la stabilità e gli andava benissimo (anzi era anche un bello spauracchio per la destra israeliana, utile in politica interna).
I bilanci, inclusi quelli per la difesa, sono quello che sono, soldi non ci sono in Europa e in USA; Turchia e Arabia saudita ne hanno (proporzionalmente) di più ma da soli non interverranno.
L’Iran è una potenza, punto, con o senza “la bomba”, una guerra che coinvolga direttamente l’Iran sarebbe catastrofica. Anche e sopratutto per l’Arabia Saudita (da sola sarebbe spazzata via militarmente, malgrado molti la credano molto più forte solo perchè ha un esercito più “ricco”), che quindi fa la guerra fredda contro i persiani.
Nell’area c’è una, dicasi una, portaerei USA, il minimo sindacale, ed è arrivata pure di recente.
Non c’è uno spiegamento di forze e di preparazione, nemmeno al modesto livello libico.
La Siria ha ancora una discreta difesa aerea (cosa che non si può dire né di Libia, Afghanistan e Iraq post 1991, ed a ben vedere nemmeno dell’Iraq pre 1991), quindi non sarebbe facile una guerra a zero morti.
ecc. ecc.
Insomma gli imperi “occidentali” in Siria, direttamente, non ci vogliono mettere piede.
Se non vengono tirati per la giacca non lo faranno. Se non altro per non offendere la Russia e le sue logiche imperiali. Questo ci insegnano gli eventi di quasi due anni.
Nel frattempo il popolo siriano crepa, a ritmo di 1.000-1.500 di morti al mese (inclusi i filo-governativi). Siamo attorno ai 17.000 adesso e la lista si allunga.
I leader della rivolta non sono Obama, Al Thani, o Netanyahu; citi proprio tre persone che nei cortei a Damasco e ad Aleppo (o anche a Latakia, che coraggio ci voleva per manifestare a Latakia?) non si sono visti. I leader della rivolta sono ragazzi sui 20-30 anni i cui nomi non vanno sulla stampa, prevalentemente maschi, prevalentemente (ma non solo!) sunniti, prevalentemente poveri, prevalentemente disoccupati o sotto occupati, spesso ex militari o disertori, spesso contadini inurbati o studenti, spesso figli, nipoti e parenti di persone perseguitate dal regime negli ultimi 40 anni. Fanno parte per lo più di oragnizzazioni politiche di recente formazione come i comitati locali o l’ESL. Per non parlare di quelle della sinistra laica e progressista “tradizionale”, che, quella sì, subisce l’oscuramento totale e la rimozione dalla maggioranza dei media mainstream.
Non credo abbiano una grande oppinione di Netanyahu, né hanno, a occhio, una scarsa di Obama e a malapena riconoscono in Al Thani un interlocutore. Il carattere più cospiquo dell’opposizione siriana è la sua frammentazione e la precarietà di tutte le “gerarchie”, nessuno comanda, nessuno ubbidisce, tutti i gruppi sono un po’ rivali, e l’opposizione in esilio non ha grandi rapporti (nemmeno nell’ESL) con quella in patria.
Semmai guardano alla Tunisia e all’Egitto, come mi confermano tutte le conversazioni che ho avuto con immigrati ed esiliati sirani in Italia (non politici, gente comune); sarò stato fortunato (e poi sono quasi tutti laureati), ma questi anti-Assad che ho conosciuto sono laici e progressisti. Compagni. è anche per questo che tendo a simpatizzare con i rivoluzionari, che con scarsi aiuti (dati poi a quelli “sbagliati” della rivoluzione) stanno cercando di fare la rivoluzione a casa loro senza secondi e terzi fini, ma parlando di dignità, libertà, giustizia, equità sociale, lotta alla coruzione, libertà di parola, pensiero, riunione, associazione, informazione. Mi parlano di quanto Assad ha rubato, di quanto rubano i suoi parenti, di quanto vivono nel lusso mentre la gente fa fatica a trovar lavoro faccia fatica a studiare, non abbia più nulla da mangiare dopo una vita di fatica. E di come per difendere i suoi privilegi, il suo possesso personale sullo stato, oggi Assad nuoti in un mare di sangue che poteva evitare.
Uno mi ha chiesto pochi giorni fa se la morte di un americano vale di più di quella di un siriano. Oppure si inorgogliscono del fatto che il popolo siriano era civile quando in Grecia e a Roma erano barbari (lo faccio anche io ogni volta che vedo un tedesco in questi tempi di spread), e che oggi rivuole onore, dignità, liberta e il ruolo che si merita. E tutti aspettano il momento, lo pregustano, quando Assad se ne andrà.
Quindi io inviterei tutti a ragionare sopratutto su questo.
A mio avviso discutere di una situazione di guerra “umanitaria” da evitare in questo caso è forviante. Non abbiamo di fronte l’assurda propaganda USA come sul Kossovo. Non c’è la volontà di risolvere la situazione con i B-52.
Anzi a ben vedere non c’è nemmeno l’unanimità d’intenti sul voler “risolvere” la situazione. Anche una Siria istabile ed azzoppata può andare bene per alcune logiche di potenza imperiale.
Io ho scelto di informare, spero tutti voi sappiate che sono contrarissimo a dei bombardamenti (anche in ambito ONU) sulla Siria, e lo ricordo agli smemorati. Poi vi dico anche che se volessimo parteggiare la scelta vera non è tra pace e guerra (e ci mancherebbe che non mi schierassi a favore della pace), ma è tra Assad e le variegate opposizioni, tra cui vi sono anche e sopratutto persone che non potrei definire altrimenti che compagni.
P.S. il Guardian, come anche l’Indipendent o The Observer, sono giornali molto autorevoli, sopratutto sul Medio Oriente e il mondo arabo, anche se come tutto il mainstream occidentale qualche volta cadono in trappoloni della propaganda, sono testate particolarmente attente alle loro fonti e con giornalisti di elevatissima professionalità ed esperienza (pensa solo a Fisk).
Quello del Guardian mi è sembrato più che altro uno scoop.
Comunque in questi appunti sulle armi chimiche mi premeva anche sottolineare come sia difficile, per la Siria, colpire efficacemente Israele con le armi chimiche, mentre, purtroppo, è molto più semplice distruggere un villaggio ribelle. La deterrenza oggi il regime credo la faccia verso i villaggi ribelli.
L’uso intensivo dell’artiglieria nelle missioni di contro guerriglia (come avviene da mesi) è già di per se una tattica di terrorismo verso la popolazione.
“appoggiate i ribelli e morirete”
La paura come arte di governo.
E le armi chimiche fanno più paura delle cannonante “normali”, che continuano a centrare le case delle persone normali.
D’accordo su quasi tutto (non sul cospiquo, che si scrive con la c), tranne che sul fatto che nelle tue analisi tratti di striscio un fatto: in Siria ci sono truppe armate irregolari introdotte, organizzate e armate da stati esteri. Questo non è un fatto collaterale, è centrale in questa crisi e, da alcuni mesi, è determinante, per quanto i media mainstream continuino a descriverla come una repressione.
Sai tutto degli armamenti del governo (ti ricordo ancora una volta che, piaccia o non piaccia, e neanche a me piace, il governo attuale della Siria è legittimo), ma non dici niente sugli armamenti di queste truppe irregolari. per te è come se non ci fossero, eppure queste forniture sono state deliberate alla luce del sole da governi altrettanto legittimi: tre giorni fa il dipartimento di Stato americano ha comunicato che avrebbe “raddoppiato l’impegno” nei confronti degli attori locali “per abbattere il regime di Assad” (quindi l’impegno c’è sempre stato, alla faccia della soluzione politica), ultima di una serie di decisioni prese in ogni riunione degli “amici della Siria” a suon di centinaia di milioni di dollari di stanziamenti strombazzati dai petromonarchi. L’UE emana misure di embargo nei confronti del solo governo siriano per lasciare libere le navi di consegnare armi alla Turchia e al Libano per i contras (in aprile è stata bloccata una nave in acque libanesi che ne trasportava una grossa partita). La Turchia ha messo a disposizione campi alle frontiere all’ELS (e forse la stessa base di Incirlik) ed effettua voli di ricognizione spia su territorio siriano (anche se forse l’ha finita dopo l’abbattimento dell’F4). Questi sono fatti esperiti da fonti ufficiali: c’è un flusso ininterrotto di armi e un costante supporto organizzativo dato da governi esteri a queste truppe irregolari, tanto che il parlare ancora di “manifestazioni”, “repressione” è – ad oggi – totalmente fuorviante. Il ministro degli esteri italiano riceve il capo del CNS a Roma per coordinare le “azioni” e per avere una piccola italica parte di torta nella spartizione del dopo-Assad.
I tuoi “compagni” sono relegati a un ruolo talmente trascurabile che persino l’Ansa non cita più i Ccl(da due o tre mesi la fonte è solo l’Ondus) non considerandoli nemmeno esornativi.
I tuoi “compagni” non li ha fatti fuori Assad, li han fatti fatti fuori Obama e Al Thani, con i loro guerriglieri e i loro media, escludendoli totalmente dai giochi.
Adesso sono tagliati fuori, la rivoluzione è già morta, rimane la strategia bellica di regime change.
mmmm la rivoluzione è proprio difficile da controllare per chi sta fuori.
Certamente le armi adesso le ricevono quelli che piacciono all’Arabia Saudita, però devo dire che la qualità dei rifornimenti è aumentata solo di recente.
Insomma questi rifornimenti fino a poco fa erano più fantomatici che reali, ovvero sin da subito si sono inviate munizioni e armi leggere (fucili, mitragliatrici ecc.) ma per vedere dei vecchi missili anti carro MILAN si è dovuto aspettare il mese scorso (due mesi fa per il governo), i mortai in dotazione ai ribelli sono pochi e tutti compatibili con armi catturate al governo, idem gli RPG, la contraerea è scarsa e tutta di provenienza siriana ecc. ecc. ecc.
Insomma l’appoggio internazionale c’è eccome, va prevalentemente nelle mani di gruppi conservatori-reazionari, sopratutto spalleggiati dai fratelli mussulmani, ma non siamo nemmeno al livello dell’Afghanistan degli anni ’80, quando gli Stiger arrivavano a pacchi dalla frontiera pakistana.
Ho come l’impressione che molti di questi “aiuti” e quasi tutti i soldi si fermino tra l’opposizione in esilio, dove saranno impiegati solo dopo la fine della guerra civile, in modo che il CNS (che oggi in Siria conta relativamente) disponga dell’esercito più grosso del dopo-guerra. Mentre altri finiscono semplicemente nelle tasche di profittatori e corrotti.
Il grosso dei combattimenti avviene con armi antiquate (economiche) e di origine sovietica, compatibili con forniture recuperate in loco (oppure eccedenze irachene fornite dagli USA? è possibile).
Ai ribelli manca molto per vincere, se gli occidentali volessero introdurre ulteriori armi anti carro e anti aereo/anti elicottero (ma non si fidano evidentemente, e fanno bene, gli Stiger inviati in Afghanistan sono stati un incubo per tutte le agenzie di sicurezza degli anni ’90) e magari qualche mortaio a guida laser e qualche visore notturno, oltre ad un po’ di istruttori (quella del campo di finti libici in Giordania si è rivelata almeno una mezza bufala, il campo serviva davvero ad addestrare polizziotti libici e questi sono tornati a casa loro in queste settimane) farebbero la differenza.
Perchè non lo fanno?
Perché giocano sporco, sporchissimo (visto che appoggiano anche i salafiti), ma non giocano per vincere alla svelta, non sanno bene che pesci pigliare e non si stanno impegnando molto nemmeno in queste operazioni “coperte”.
(che sia detto per inciso di solito finiscono con un clamoroso fallimento, la CIA finanzia guerriglie dagli anni ’50, a parte in Afghanistan non mi risultano grandi successi ma dozzine di fallimenti,come in Tibet e i Cambogia, o mezzi fallimenti come in Angola, Mozambico -ma lì c’erano i sudafricani che erano molto più bravi degli americani- e Nicaragua -ma lì si giocava in case, eppure i contras si sono beccati delle batoste incredibili ed a ripetizione).
Certo “di roba” ne arriva tanta da fuori, come in ogni guerra, ma non in quantità e qualità tali da essere determinate. Del resto dal punto di vista militare sono convinto che la vittoria dei ribelli libici (per fare un paragone tra due conflitti divestissimi, che spero non ti infastidisca)sia stata al 75% merito loro ed al 25% merito degli aiuti e dei bombardamenti NATO+-, in Siria l’apporto straniero (per altro forse anche discontinuo, sicuramente con anche invio di spie e agenti delle forze speciali ecc. ecc., ma sempre su piccola scale e non con continuità) è, a mio avviso, ancora minore.
Con una eccezione importante.
L’internazionale mercenaria del terrore, i vari gruppi salafiti, i filo sauditi in armi, i reduci dell’Iraq ecc. ecc., ecco questi gruppi, che per altro vivono appena fuori le frontiere Siriane (quando non al loro interno, dopo tutto in Siria vive un milione di profughi iracheni),. sembrerebbero accorsi un po’ alla volta, sempre di più, sempre con più soldi, armi, know how e determinazione.
Ma con questi gruppi rendi ingovernabile un paese, non conquisti Aleppo. Mentre oggi la battaglia dei ribelli, ex militari regolari spesso e volentieri, è proprio per conquistare Aleppo, così come pochi giorni fa hanno tentato il colpaccio su Damasco.
Mi sonos embrate due offensive dimostrative, fatte anche a scopo propagandistico per scalfire il regime e farlo crollare psicologicamente, un po’ come il Tet nel viet-nam del 1968. Però erano offensive da guerriglia vera e matura, male armata (con più armi e più rifornimenti forse avrebbero vinto, o almeno avrebbero inflitto perdite disastrose ai lealisti) ma ben organzizata. Mi hanno anche un po’ sorpreso perchè pensavo che l’ESL non fosse ancora arrivato a capacità simili di coordinazione e fosse formato da brigate molto gelose ognuna della propria autonomia. C’è stato invece un uno due puglistico, roba da manuale franco-sovietico tra le due guerre, che denota gioco di squadra.
Mia personale opinione è che in questa seconda fase del conflitto (io vedo un discrimine nella successione dei fatti: prima e dopo Bab Hamro) esulando dallo scenario ELS-Turchia che è tutto sommato indipendente, ruolo fondamentale lo abbiano le milizie libanesi: soprattutto adesso che gli scontri si sono spostati a Damasco e Aleppo. Il Libano è una bomba a frammentazione con una miccia sempre accesa, è il paese al mondo con la più alta percentuale di miliziani in servizio permanente abitante, deposito perenne di armi (leggere ed esplosivi, per lo più) “a cielo aperto”.
Damasco e Aleppo sono i teatri più adatti per localizzare una guerra di tipo libanese e per esportarvi lo scontro armato clanistico-fazioso tipico del paese dei cedri.
Anche il tipo di battaglia che si sta svolgendo, un gruppo armato feroce e deciso di piccole dimensioni che si insedia in un quartiere, magari in un caseggiato, e da lì combatte fino alla morte come in un fortino, secondo me ha proprio le caratteristiche “di tipo Beirut”, solo che in questo caso è contro un governo e non contro altre milizie simili.
I combattenti libanesi conoscono i luoghi, hanno familiarità con i clan siriani e non ci mettono niente a riprodurvi le condizioni di battaglia che hanno avuto in patria per decenni.
Questo filone di guerra civile atipica, adattato alle caratteristiche di un putsch, è gestito direttamente (mio parere, perché nessuna fonte ne parla) dal clan Hariri, nemico giurato degli Assad, che è diventato – dopo l’omicidio di Rafiq – progressivamente il referente dei Sauditi per l’area mediterranea orientale (qui invece le fonti ci sono). La “società” Hariri-Saud è la forza politica-armata centrale in questa fase del conflitto, che sta agendo in via autonoma rispetto alle altre forze attive nel tentativo di Regime Change, ovvero ELS-Turchia, Qaedisti dall’Iraq, Salafiti-Qatar, con gli Stati Uniti che pretendono di avere la “governance” del tutto, tentando in realtà di sfiancare tutti, limitandosi più che altro a fornire organizzazione spionaggio insieme agli israeliani (adesso, perché questi ultimi sono entrati abbastanza tardi in gioco).
Ripeto, questa è una mia teoria personale, ma trovo impossibile che le milizia libanesi non abbiano un ruolo fondamentale in tutto questo. Il fatto che i media non ne facciano cenno (Trombetta da Beirut, per esempio in un anno e mezzo di crisi siriana, non ha mai neanche nominato di sfuggita gli Hariri, forse per convenienza, forse per paura) mi fa quasi pensare di averci azzeccato.
Mi trova d’accordo Zerco quando dice che ora di manifestazioni con conseguente repressione non si possa più parlare. Ora c’è la guerra civile, con gli insorti armati foraggiati da Turchia, petromonarchie e Occidente.
E’ sostanzialmente corretto dire, mi pare, che la rivoluzione (ma è giusto usare questo termine?) è stata spenta dalla lotta armata, che insieme ai bombardamenti di regime ha portato alla guerra civile e alla fine delle manifestazioni e della resistenza civile. Questo lo ha detto Haytam Manna del Cnscd di recente su France 24, precisando che la lotta armata vede sempre più islamisti (non quelli come Declich) tra le sue schiere e una generale “salafitizzazione”.