Pensavo che le vette della fuffa le avesse raggiunte Repubblica con quel divertentissimo reportage sui Fratelli Musulmani in Italia così ben commentato da Karim Metref su A.L.M.A.

Invece oggi ho trovato di meglio sul Tempo.

Trattasi di un articolo che, si badi bene, troviamo pubblicato nella sezione “cultura e spettacoli”.

Cosa che, in fondo, ridimensiona l’abnormità dell’idiozia che esprime, specialmente se consideriamo che il Tempo punta più sullo spettacolo che non sulla cultura.

L’articolo si intitola “All’istituto orientale gli studenti sognano piazza Tahrir”, occhiello: “Napoli. Sui muri della scuola si incita alla rivoluzione”.

Primo: l’Istituto Orientale non esiste più da decine di anni.

Oggi quel luogo si chiama Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”.

Secondo: non è una scuola ma, appunto, un’università.

Che ha subito un certo qual ridimensionamento, non vi sto a dire perché e percome né come la penso in merito, ma che ha oggi tre dipartimenti:

Ruggero Guarini, autore dell’articolo, questa cosa la elide e si chiede:

Ma che cosa insegnano all’Istituto Orientale?

E approfondisce in questo modo:

Da un pezzo mi chiedo che cavolo insegnino, oltre le lingue arabe e la storia dei paesi in cui si parlano, nelle aule dell’Istituto Orientale di Napoli, e in particolare nei corsi del dipartimento dedicato agli studi sull’Asia e sull’Africa mediterranea.

Guarini non sa che di lingua araba ce n’è una sola (molti dialetti, d’accordo) e neanche che il dipartimento che cita raccoglie gli studi su Asia, Africa E Mediterraneo.

Così facendo cancella dal nostro spazio di ragionamento:

  1. l’Africa subsahariana e le sue lingue;
  2. tutte le lingue, le storie e le culture di quel microscopico luogo che prende il nome di Asia, nel quale troviamo ad esempio la Cina, l’Indonesia e il Giappone.

E, assorbendo tutti i musulmani, che notoriamente sono in massimissima parte non-arabi, ai parlanti in arabo, che non sono tutti musulmani, ci restituisce l’immagine di una “scuoletta” che, per quanto in oggettivo sgretolamento, si è sempre solo occupata di islam, affermando che:

ormai da molti anni quell’Istituto ha lasciato capire in più occasioni di essere diventato un centro di appassionata propaganda islamofila

Il concetto di “propaganda islamofila” è davvero interessante, specialmente se lo vediamo nel cono di luce (ormai fioca, d’accordo) prodotto da un’ininterrotta tradizione di studi sul mondo islamico (e non arabo), di archeologia del mondo classico, di sinologia, yamatologia, berberistica, lingue dell’Africa Subsahariana, persiano, indonesiano, turco, urdu e altro (fra cui letteratura ispanoamericana, per dirne una).

Una tradizione che ha sedimentato, nei decenni, uno dei più importanti plessi librari del nostro paese (ora in stato di avanzata polverizzazione, va bene).

Il problema di Guarini è che gli studenti dell’Orientale, seguendo questa “vocazione” islamofila, appendono dei manifesti.

Ora. Che gli studenti appendano manifesti è un fatto che possiamo considerare acclarato.

E’ una tradizione risalente alla seconda metà del XX secolo.

Ma a Guarini risulta nuova, nuovissima:

Il testo, insieme stringato e gemebondo, scribacchiato sullo striscione e recante in calce, a mo’ di firma, l’indicazione di un imprecisato «International Tahrir», offre alla riflessione del passante il seguente lamento in dieci telegrafiche parole: «Due anni di primavera araba e qua è ancora inverno».

Questa scritta stimola la fervida immaginazione del “passante informato”, che si lancia in una fantasiossima ricostruzione riguardo a cosa davvero questi studenti vogliano dire.

E’ molto divertente e, ovviamente, piena di errori che non sottolineerò:

Il timbro di desolata costernazione della frase sembra esprimere la non troppo vaga convinzione che sia assolutamente indegno e deprecabile, segno di arretratezza e di barbarie, nonché di vergognosa codardia, il fatto che nelle nostre piazze non sia ancora accaduto qualcosa di simile agli avvenimenti che appunto da due anni stanno animando e allietando quelle dei paesi islamici del Medio Oriente e del Nord Africa, e che nessun nostro tiranno locale sia stato ancora scannato o messo in fuga dalle nostre masse pavide masse, e che insomma anche da noi non siano ancora scorsi fiumi di sangue come quelli che hanno irrorato, o stanno ancora irrorando, e ci si augura che continueranno a lungo a irrorare, la Libia, l’Algeria, l’Egitto, la Tunisia, la Siria, e quasi tutti, insomma, i paesi benedetti dal verbo di Allah e del suo Profeta. Di quali miraggi e speranze si nutre lo sconsolato sospiro di questi dotti studenti mortificati e delusi dal nostro caparbio, pusillanime rifiuto di affrettarci a imitare l’audacia piazzaiola delle masse maomettane? Si sogna forse una nostra conversione in massa al principale precetto del Corano, ossia il dovere, per ogni alunno di Maometto, di scannare o soggiogare tutti gli «infedeli»? O si spera nel miracolo di un Islam salvifico anche per noi, ossia disposto a tappare, con la sua gagliardissima fede, i buchi spirituali del nostro corrotto Occidente? O più modestamente ci si limita ad augurarsi che i nostri capi e capetti politici, grazie a una salutare esplosione del nostro scontento, facciano quanto prima la fine di Hosni Mubarak o, meglio ancora, quella di Mohammed Gheddafi? O più concretamente si vagheggia l’ascesa al Quirinale di un Primo Cittadino capace di definire gli ebrei, come suole fare quel figlio della fratellanza musulmana che è il nuovo presidente dell’Egitto, Mohammed Morsi, discendenti di scimmie e maiali? O ciò a cui questi ragazzi anelano non sarà magari il desiderio di imitare, nelle loro italiche lotte, quelle tecniche di resistenza civile che nell’universo delle sommosse arabe, insieme ai soliti scioperi, cortei e massacri, comprenono talvolta anche atti esaltanti come quei suicidi divenuti noti come «auto-immolazioni»?

Mi chiedo perché Guarini esca di casa.

Se ogni volta che legge un manifesto si spaventa così tanto forse ha problemi di depressione.

Ma chiudiamo.

La sua allucinazione  attorno alle dodici parole contenute nel manifesto si chiude con una citazione dellagloriosa storia dell’Orientale (Collegio de’ Cinesi, non degli arabi o dei musulmani) e con un’invettiva contro (mi tocca difenderli, mannaggia) i pur validi docenti dell’Orientale.

La parola agli esperti del ramo, che in questo caso sono inoppugnabilmente i docenti di quella che resta la più antica Scuola di sinologia e orientalistica del continente europeo, e in particolare del dipartimento di palazzo Corigliano, dove oggi viene impartito un insegnamento basato, secondo il testo ufficiale che ne illustra il programma, dovrebbe incitare gli allievi a «lasciarsi penetrare dal dubbio, aprirsi al confronto, disgregarsi come unità troppo compatte, farsi incrinare e arricchire dall’altro, dal diverso, insomma diventare “porosi”»: dove dopo aver letto il citato tazebao sembra lecito insinuare che «diventare porosi» potrebbe anche voler dire «diventare cretini».

Meglio cretini che Guarini, vien da dire.

Secondo lui i docenti dell’Orientale dovrebbero occuparsi di ciò che gli studenti scrivono sui manifesti.

Come a “scuola”, dovrebbero assegnare voti in condotta.

Anche in base all’appropriatezza di frasi scritte su un manifesto.

E tenendo conto che per piazza San Domenico Maggiore potrebbe passare un giornalista ansiogeno.

Secondo Guarini gli studenti non dovrebbero leggere i giornali, non dovrebbero informarsi su ciò che succede nei paesi che studiano. Dovrebbero imparare “le lingue arabe” per poi farne non si sa bene cosa.

E invece si dà il caso che il collettivo di nome “International Tahrir” faccia un ottimo lavoro di informazione su ciò che succede nel mondo arabo.

Ottimo per gli standard nazionali e superlativo se teniamo conto del fatto che esiste Guarini.

Vi invito a leggere “International Tahrir” su Facebook.

 

 

 

Lorenzo Declichinsectatioislametro,Prequel
Pensavo che le vette della fuffa le avesse raggiunte Repubblica con quel divertentissimo reportage sui Fratelli Musulmani in Italia così ben commentato da Karim Metref su A.L.M.A. Invece oggi ho trovato di meglio sul Tempo. Trattasi di un articolo che, si badi bene, troviamo pubblicato nella sezione 'cultura e spettacoli'. Cosa che,...