Molinari è lì
Ciao, sono un copiaincollatore di articoli autorevoli e non, con cui scrivo libri sull’isis che Saviano consiglia di leggere.
Finora sono stato per lo più buonista, a me mi chiedono solo di fare finta che i palestinesi non esistano.
Sto lavoro lo faccio bene.
I palestinesi li scancello alla grande.
In realtà non ho un cazzo da dire, cioè un’idea non ce l’ho veramente.
Ma siccome sono il direttore de “La Stampa” qualche cosa la devo pur mettere in piedi su questa roba di Colonia.
Uf, non mi viene, non mi viene niente.
Ah, ecco, la tribù.
Vediamo un po’ se gira:
L’assalto di gruppo alle donne di Colonia è un atto tribale che si origina dall’implosione degli Stati arabi in Nordafrica e Medio Oriente.
Maurì. Maurizio.
Ascolta.
E’ una cazzata.
St’idea non ha senso, sta frase non funziona.
Sempre se fossimo d’accordo sull’idea di definire ciò che è avvenuto un “assalto di gruppo alle donne di Colonia”, cosa su cui potremmo discutere anche molto, non possiamo accettare, con tutta la benevolenza di questo mondo, l’idea che un evento del genere abbia un origine del genere.
Cioè: questa torma di assalitori – lasciamo un attimo da parte la tribù – esisterebbe perché quattro o cinque anni fa gli Stati del MENA hanno iniziato a implodere?
Ma come ti salta in testa?
Va bene, la geopolitica va molto di moda, ma non ti sembra un po’ troppo tirarla in ballo così in questo modo?
E poi – questo me lo chiedo perché non sono sicuro di averlo capito – che cosa sarebbe un “atto tribale”?
***
La cifra dei fatti di Colonia è il sessismo.
L’assalto di gruppo “alle donne di Colonia” è un atto sessista.
E quella non è una tribù ma un branco.
Lo dice pure il titolo – per altri versi assolutamente in linea con il pezzo – con cui forse qualche pietoso titolista ha voluto salvarti: “Da dove viene il branco di Colonia”.
Non c’è da scomodare ‘sta grande letteratura per capire la differenza fra un branco e una tribù.
Poi, Maurì, chiediamocelo.
Che tribù sarebbe, questa?
Una tribù mista: migranti, profughi, cittadini di origine straniera provenienti da paesi diversi, anche di seconda generazione.
Una neo-tribù, casomai.
Dedita all’uso di alcolici.
E per quale improbabile principio questa neo-tribù – ammesso che abbia anche il minimo senso usare questo concetto in questo contesto – dovrebbe essersi formata a partire dall’implosione degli Stati del MENA?
Cioè, questo branco di sessisti non è semplicemente un branco di sessisti?
Il domino di disintegrazione di queste nazioni fa riemergere tribù e clan come elementi di aggregazione, esaltando forme primordiali di violenza.
Fammi capire.
Questi qui, orfani di un Duce che li tiene a freno anche a distanza di migliaia di chilometri (perché “non sono pronti per la democrazia”, ovviamente), si sentirebbbero persi e quindi riemergerebbero, in una neo-forma clanico-tribale che esalta tipi di violenza “primordiale”?
Voglio dire: perché?
Le dinamiche di branco a sfondo sessista le conosciamo bene, purtroppo.
Producono certo tipi di violenza primordiali, ma sono ben presenti qui e ora – ogni giorno in ogni angolo di questo continente – e non c’è bisogno di far implodere qualche Stato mediorientale perché esplodano.
Perché mettere in discussione questo fatto chiaro e semplice inserendo balsani balzelli geopolitici?
La vuoi buttare in caciara, Maurizio?
La cosa è molto, molto chiara.
Questo branco è formato da persone non integrate, che stanno ai margini e che riproducono un modello di potere (dominante qui e ora), maschile-patriarcale, che esercitano (come sempre) contro la parte più esposta, più debole, le donne.
Niente di più terribilmente scontato.
Niente di più atavicamente irrisolto QUI, in Occidente, in queste nostre città.
Sì, sono musulmani, nei paesi islamici il sessismo è un problema gigantesco.
I modelli maschili, nei paesi islamici – sommariamente un misto di patriarcato all’islamica e patriarcato all’occidentale che si rincorrono a vicenda – sono un vero incubo.
Ma il problema è il sessismo, il problema è che questa nostra società non risolve alla radice questo problema.
E tu, esternalizzandolo (le tribù del MENA), contribuisci a costruirlo.
Questo branco di “variamente musulmani” (alcolizzati) si forma qui, si sente qui autorizzato a fare quello che fa.
La disintegrazione di cui sopra c’entra il giusto, cioè pochissimo.
***
Quindi riassumendo:
- dinamiche di branco
- a sfondo sessista
- messe in atto da gruppi non integrati nella società
E’ un problema grosso. Va affrontato per quello che è.
Con la durezza necessaria.
Con la politica, con la cultura.
Avendolo però ben chiaro.
Ma di questo, Maurizio, tu non dici un bel niente.
Ti produci in questo iniziale demenziale esercizio di diversione.
E poi continui a non parlarne, “approfondendo” il tema sbagliato nel modo sbagliato.
Tipo:
Regimi, governi ed eserciti si dissolvono e vengono sostituiti da capo-villaggio, assemblee tribali, milizie.
Ammesso che sia proprio così – e Maurizio, presentarla in questo modo è davvero da bar sport – che c’entra col branco di maschi variamente musulmani non integrati e germanicamente ubriachi che assalta le donne nelle città tedesche a capodanno?
Ma non ti sembra che mele e pere siano diverse?
Le tribù sono protagoniste del deserto dall’antichità e dai loro costumi ancestrali si originano il chador per le donne, la decapitazione dei nemici, la vendetta come proiezione di forza, il saccheggio per arricchirsi, la poligamia e il potere assoluto degli uomini sulle donne.
Ecco qua, stai parlando dell’islam.
Ecco dove volevi andare a parare.
Ti informo che le tribù sono “protagoniste” del deserto, del mare, dei monti, delle montagne, delle pianure.
E che i musulmani, sostanzialmente, fondano una cultura cittadina e cosmopolita.
E che l’uso del velo origina da preesistenti usi locali, in particolare è di origine cristiana-bizantina.
Non da tribù.
Il Corano non lo prescrive ma l’uso preesistente resiste, poi si evolve in diverse forme, poi prende una valenza politica alla nascita degli Stati moderni post-coloniali.
L’ho messa un po’ facile, va bene, ma insomma, Maurizio, capisci che il velo con la tribù non c’entra proprio un’emerita?
E vogliamo parlare della ghigliottina?
Un uso tribale importato dai beduini musulmani del deserto?
E poi: a qualcuno è stata tagliata la testa a Colonia?
Cielo, Maurizio, ma di che stai parlando?
Il “potere assoluto degli uomini sulle donne” è una costante nella storia dell’umanità, e il problema ancora esiste, ed è grosso, nelle ipermodernissime nostre società.
Non ti faccio i numeri ma dai, si sanno.
O forse implicitamente stai parlando dell’islam come “società tribale” e anche qui sbagli, oh quanto sbagli.
Ma mi fermo, perché già non ne posso più.
Ho capito il giochetto.
***
Ecco, lettori, se voleste farvi un giro e leggervi tutto l’articolo lo trovate qui.
Vi avverto, avrete la sensazione di sentir parlare del problema degli orsi polari che cercano nella monnezza sulle spiagge dei Caraibi.
Cioè vivrete un’esperienza dissociativa forte.
Con tanto di elogio a Lawrence d’Arabia, che non era un agente coloniale britannico unificatore di tribù arabe in funzione anti-ottomana, quanto piuttosto un meritorio e civilissimo “limitatore del tribalismo arabo”.
Che tristezza, che vergogna, che bruttura.
La chicca la trovate quando dice che l’Europa sarebbe investita dal conflitto di civiltà esistente fra modernità e tribalismo “a causa delle migrazioni di massa verso la sponda Nord del Mediterraneo”.
Fra chi arriva vi sono portatori di usi e costumi che si originano dalle lotte ataviche per pozzi d’acqua, donne e bestiame.
Maurizio, tu non sei neocolonialista o postcolonialista.
Tu sei proprio un colonialista (e non voglio parlare dell’unico colonialismo ancora esistente de facto, del quale ti adoperi abitualmente a cancellare i crimini. Non voglio farlo e non lo farò, no, non lo farò).
Ma di un colonialismo postmoderno, nel senso che “assumi una postura” da colonialista ma poi non hai neanche il coraggio di dire quello che un colonialista direbbe.
Te lo dico io quello che dovevi dire, se ne avessi avuto il coraggio: questi selvaggi maltrattano “le loro donne” e stuprano “le nostre”. E che quindi tocca a noi, maschi occidentali, “difendere l’Europa dal ritorno delle tribù”.
E grazie Chiara, che se non me lo postavi in privato, io ‘st’articolo non lo leggevo proprio, e stavo meglio, molto meglio.
p.s. sul “tribalismo” (vero e proprio cliché) vedi “Il medioriente tribale” e, volendo, “Michele Serra e il tribalismo dell’islam”
p.p.s. oggi 12 gennaio è uscito da Giap questo puntualissimo “Il razzismo italiano e i fantasmi del deserto, ovvero: 20 sfondoni di Maurizio Molinari (e una nota su Dacia Maraini)”
https://in30secondi.altervista.org/2016/01/10/molinari-e-li/insectatiometaislamcolonia,islam,la stampa,molinari,sessismo,tribù
Complimenti per l’eccellente analisi!
Chapeau!
“Le otte ataviche per i pozzi d’acqua” ?
Maurì, ti riferisci forse a quella politica di apartheid dell’ acqua (*) praticata da Israele in Palestina?
Giacchè al tuo occhio di colonialista fuori tempo massimo non sarà sfuggito che, dietro la propaganda israeliana del “deserto trasformato in giardino” c’è la realtà vera e feroce di una politica razzista che, sottraendo l’80 delle acque del fiume Giordano nei territori palestinesi, ed usandola in maniera intensiva per serre e insediamenti illegali, sta di fatto producendo scempio ambientale e desertificazione, oltre a lasciare la sua popolazione araba senz’acqua, anzi costretta a ricomprarsi la sua stessa acqua a prezzi anche sei volte superiori a quelli praticati nelle colonie.
Colonie…. ti dice niente questa parola, Maurì?
Insediamenti illegali (di tribale c’è che arrivano con tende e container, proprio come pionieri d’altro secolo) su territori occupati, quelli che tu eufemisticamente – che ganzo, Maurì – chiami territori amministrati da Israele……..
ma se quindi le chiamassero tribu, più o meno primitive (sono indecisa tra il primo e il secondo neolitico) ?
Ok, hai ragione, forse sarebbe offensivo nei confronti delle tribu primitive, che quantomeno magari un codice morale l’avevano, mentre per andare a occupare terre e case altrui avanzando diritti divini ci vogliono solo una buona dose di pelo sullo stomaco e fanatismo).
PS.: la definizione di “apartheid dell’acqua” non è mia, ma viene da rapporti di commissari Onu (quando riescono a entrare), di Amnesty International, di Human Rights Watch…… eh, ma che vuoi, una civiltà superiore la riconosci subito, vero, Maurì?
(l’espressione non è mia, sono precisi pareri e relazioni di commissioni
Brava, ottimo, completamente d’accordo!
Non mi è chiaro questo passaggio: il branco è formato da persone cresciute in una cultura che ha forti problemi di sessismo, ma il problema di quello che è successo è che la nostra società non ha ancora eliminato il sessismo? Quindi se la nostra società non fosse sessista quelle persone non avrebbero fatto nulla?
Sulle persone che formano questo branco ti invito a leggere questo bell’articolo:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=23250
L’ambiente sociale e culturale è fondamentale nelle dinamiche di branco.
Il nostro certo non contribuisce a frenare il branco.
Grazie per il link, ma l’ho già letto. Sono arrivato qua proprio dopo averlo letto, ti ho già letto su NI, e con interesse. Io però ti ho fatto un appunto preciso. Su Molinari c’è poco da dire, ho letto varie cose questi giorni e tutte condivisibili sulla strumentalizzazione in atto (Lipperini, Giulia Blasi). Però io quando ho letto questo passaggio sono rimasto perplesso. Ed è lo stesso tipo di perplessità che ho provato leggendo tutti questi altri articoli di cui ti ho detto, compreso quello dei WuMing. Io posso capire che non si possa attribuire il sessismo e le dinamiche di branco, stupri eccetera a una sola cultura, questo è ovvio (che non lo sia per tanti è un altro discorso). Ma tu hai scritto che il problema è il sessismo nella nostra società, e nella tua risposta continui a parlarmi del nostro ambiente sociale e culturale. A me pare che non c’entri in alcun modo. Ciò che è stato commesso a Colonia dipende dall’ambiente culturale di quelle persone, non dal nostro. Non vedo infatti in che modo un ambiente non sessista dovrebbe fermare delle persone che vogliono molestare una donna. Anche perché altrimenti non capisco in che senso queste persone non sono integrate e cosa significa intergrarsi. Se la nostra società ha gli stessi problemi di quelle da cui provengon in che modo integrarsi dovrebbe renderli persone migliori? E se non è così, cosa significherebbe integrarsi, se non capire che in questa società cose che nella propria non si vivono? Questo vale anche per tanti uomini occidentali, ovviamente, ma appunto cosa c’entra con quello avvenuto a Colonia?
<< Ciò che è stato commesso a Colonia dipende dall’ambiente culturale di quelle persone, non dal nostro.>>
Definiscimi “nostro”, a questo punto. Quando parlo di integrazione (termine fra l’altro discutibile ma che qui ho usato genericamente, insomma per farmi capire) parlo di persone non integrate qui e ora, non lì e chissà quando. Fra di esse ci sono molti musulmani e molti non musulmani. Spostando il problema altrove si sbaglia, questo è il punto. Dopodiché, poiché è necessario specificarlo, specifico nel pezzo che il patriarcato nei paesi musulmani va alla grande. Ma, ripeto, non si deve fare l’errore di pensare a un “lì” quando le cose sono “qui”. A meno di non voler dare tutta la colpa a una sola categoria di “non integrati”.
Non credo si possa parlare di nostra cultura, ma per semplificazione il nostro ambiente culturale, anche volendo pensare che così si possa chiamarlo, è quello nel quale viviamo in Europa. Qualunque sia questo ambiente, in che modo influisce sulle azioni di chi arriva da fuori? Vogliamo pensare che queste persone abbiano commesse le violenze perché arrivati in Germania? Ho capito bene ciò che ti preme, giustamente, spiegare ovvero che questo tipo di violenze non sono proprie di qualsiasi altra cultura, ma sono presenti, in vario modo, in qualsiasi cultura umana, dato che hanno origine comune. Ma, detto questo, la colpa di quello che è successo è di quegli uomini. Questo non significa spostare il problema altrove, questo significa spacchettare il problema e vederlo per quello che è. In Europa si dovrà comunque continuare a trattare il sessismo e gli effetti ancora presenti del patriarcato, ma non tutti i problemi sono lo stesso problema. E questo riguarda semplicemente l’arrivo di tot uomini nell’età in cui gli uomini sono più pericolosi, per di più nati e cresciuti in una certa cultura. Un problema, sperando di no, che si aggiunge a un altro, ma un problema che arriva da fuori, del quale si deve fare carico la nostra società e che ha un costo, come si è visto. E per esempio, non si capisce perché il costo dell’integrazione lo debba pagare qualcun’altro, in questo caso le donne che hanno subito le molestie. Grazie comunque per avermi risposto. Ho scritto qua cose che avrei scritto anche altrove.
Ho capito. Non è colpa loro, siamo noi occidentali cattivi che diamo il cattivo esempio. Noi poveri “indigeni”, ottusi e sessisti. Bell’articolo, stesse peripezie dell’ articolo pubblicato da Vice, secondo il quale la cultura dello stupro è tipica del popolo tedesco ( come se io guardando filmetti porno mi sentissi autorizzato a possedere biblicamente gente per strada .. ). Ho capito, ora. Il problema che queste culture ( culture, non necessariamente religioni ) hanno con il ruolo della donna ce le siamo immaginati, e nulla avrebbe avuto corso se noi colpevoli occidentali non avessimo ottenebrato quelle menti innocenti con il nostro becero sessismo :). Ora, sono consapevole. Ma poi, mi chiedo, il fatto che molti di loro fossero “ospiti” ( e richiedenti asilo, ohibo’ ) non conterebbe nulla ? scusate, ho parlato di confini, casa mia e casa tua. Sacrilegio. Sicuramente, non li abbiamo accuditi abbastanza. Si,sono un povero limitato. E da povero limitato , se avro’ modo, verro’ a fare il comodo mio a casa vostra. Sono sicuro che non vi offenderete, e saprete indicarmi la retta via. Cordialmente, sempre. Saluti .
Bene, da qui parte la qualunque. Lo sapevate che mi nonno ci aveva cinque palle?
Caro Lorenzo, complimenti per la tua replica a Molinari, a cui io pure sono arrivato dall’articolo degli Wu Ming che citi e per cui ancora non hanno attivato i commenti. Oltre alla tua analisi, condivido ovviamente anche quella degli Wu Ming, che leggo, seguo e ammiro da anni, salvo per un punto: personalmente credo che nei fatti di Colonia ci sia stata pianificazione. Lo dimostrerebbe soprattutto il foglietto trovato dalla polizia tedesca nelle tasche di uno dei fermati – e subito rilasciato (!) – e che era un piccolo prontuario arabo-tedesco di frasi finalizzate all’approccio erotico, più che di insulti sessisti come testate quali Repubblica hanno voluto far passare. Ora, resta il dubbio, secondo me, se sia stato un attentato islamista alla cultura occidentale, in particolare a quella sofferta e sanguinosa dei diritti delle donne, processo niente affatto completato, o piuttosto sia stato il comportamento collettivo adottato da un branco di sfigati che volevano approfittare della notte di capodanno per conseguire qualche avventura, a partire però dal presupposto ineccepibile – lo dico a ragion veduta, avendo vissuto in Paesi musulmani -, che per i musulmani in genere ogni donna occidentale è una “leggera”, tanto per usare un eufemismo. In ogni caso in Occidente non credo che possiamo salire in cattedra e pretendere di criticare il maschilismo altrui, e anche questo lo dico per esperienza vissuta, visto che, per esempio, nella scuola in cui insegno, una ragazza ha subito un pesante insulto sessista da compagni di scuola (non musulmani) durante una circostanza pubblica alla vigilia dello scorso Natale. Grazie comunque per aver acceso il dibattito: mai tacere di fronte alle manipolazioni e strumentalizzazioni!
Vedremo quali saranno le conclusioni degli inquirenti, tuttavia dovremmo intenderci su cosa intendiamo per “pianificato”. Una cosa è appostarsi in 3, 5, 10, 40 persone in un luogo poco battuto dalla polizia per dedicarsi all’aggressione più o meno sistematica di donne. Un’altra è un attacco a fini politici pianificato da un’organizzazione islamista. In questo secondo caso un indicatore (orientativo) è lo stato di ubriachezza degli assalitori. I quali, da quello che ho letto, si sono ben guardati dall’invocare/evocare una qualche divinità mentre aggredivano le donne. Se lo avessero fatto di certo la cosa sarebbe uscita. Ormai, dove c’è un “Allah akbar”, anche solo biascicato o scimmiottato, c’è notizia.
Per gli amanti dell’islam percepito ho fatto questo feed di google alert “Allah akbar”
https://www.google.it/alerts/feeds/13874897844286482864/3898233116676527821
Concordo con te, ma, insisto, è un fatto che il maschilismo musulmano abbia forti connotazioni religiose e anche di sfida all’Occidente – lo dimostra il caso delle ragazze di famiglie musulmane punite talora dai padri in quanto troppo ‘occidentalizzate’ -, in tal senso si può parlare, con un po’ di forzatura, di ‘attentato islamista’, laddove di questi tempi, di sicuro, è comunque una buona occasione per gettare benzina sul fuoco, da parte di figuri quali Molinari, appunto. Grazie ancora.
Non sono d’accordo sull’impostazione, Roberto. Chiamare “attentato islamista” una cosa del genere assimilerebbe questa cosa agli attentati terroristici di al-Qaida, Daesh etc. Non ha senso, anzi è pericoloso. E poi, scusa, quante punizioni di ragazze da parte di padri non musulmani ma “timorati” di qualche dio vengono definiti “religiosi”? Parleremmo di “maschilismo cristiano!? Così si cade nello scontro di civiltà senza nemmeno esserne coscienti.
Mettiamola così: l’islamismo è una radicalizzazione politico-culturale dell’islam, che ha dei precedenti e precursori nei mahdisti in Sudan e negli wahabiti in Arabia Saudita, se vogliamo limitarci all’epoca contemporanea e al confronto con l’Occidente, altrimenti potremmo persino rimontare alla polemica tra il “laicista” Averroè e l’islamista ante litteram Al Ghazali nel XII secolo, ma è meglio non mettere troppa carne al fuoco.
Ora, nonostante il carattere peculiare dell’islamismo sia il rifiuto della cultura occidentale – e la sfida all’imperialismo occidentale -, gli USA ma non solo hanno appoggiato, alimentato, sovvenzionato e armato l’islamismo mediorientale allo scopo di servirsene per scongiurare la diffusione del comunismo nell’area, specie all’epoca dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan (Al Qaeda era un gruppo direttamente addestrato dagli USA), ma anche prima in Iran: non dimentichiamoci che Khomeini era in esilio in Francia e dalla Francia è stato aiutato a tornare in Iran dopo la caduta dello Shah in modo da evitare che in quel Paese al potere ci andassero i comunisti.
Insomma, l’islamismo è stato usato dalle potenze occidentali in Medio Oriente con un ruolo analogo a quello del nazifascismo in Europa dopo la I GM, il ruolo di baluardo contro il comunismo filosovietico.
In seguito, questo bel giocattolino si è rivoltato anche contro l’Occidente, lo sappiamo bene, forse anche indotto a farlo: non dimentichiamoci nemmeno che, finita l’era comunista, gli USA avevano bisogno di un nemico che giustificasse i loro interventi militari in MO finalizzati al controllo delle risorse degli idrocarburi, dei gasdotti e degli oleodotti. Il “terrorismo islamista” si prestava benissimo e già alla fine degli anni ’90 il politologo statunitense Samuel Phillips Huntington pubblicava, guarda caso, il “profetico” The Clash of Civilizations.
Da allora in poi siamo arrivati davvero allo scontro di civiltà, preconizzato dall’Occidente, ma alimentato ovviamente anche dal risentimento che i musulmani in genere hanno conservato, peraltro comprensibilmente, nei confronti dell’imperialismo occidentale.
Infine, quando io parlo di “attentato islamista”, mi sto quindi riferendo alla volontà, sia pure di un branco di musulmani ubriachi, di esercitare atti di “disprezzo della donna” (uso non casualmente l’espressione futurista) sentiti anche come una sfida all’Occidente, laddove, lo dici tu, evocando il maschilismo cristiano occidentale (anche laico, aggiungo io), ma l’avevo detto già anche io, che comunque l’Occidente in materia non può certo permettersi di salire in cattedra!
E, anzi, questo branco di musulmani ha approfittato invero di un terreno fertile, dal momento in cui ancora le donne, nel nostro “civile” Occidente, sono oggetto di violenze e molestie che ora rischiano di aggravarsi ulteriormente, con l’alleanza di fatto tra le culture retrive maschiliste dei due soggetti ufficialmente contrapposti, l’Occidente e l’Islamismo. Rischiano soprattutto di diventare “ordinarie e normali” come lo erano un tempo neanche troppo lontano pure da noi.
Scusami se mi sono dilungato oltremodo (senza peraltro aver esaurito i miei argomenti), ma spero finalmente di essermi spiegato meglio.
Grazie.
Mettiamola così: l’islamismo è una radicalizzazione politico-culturale dell’islam, che ha dei precedenti e precursori nei mahdisti in Sudan e negli wahabiti in Arabia Saudita, se vogliamo limitarci all’epoca contemporanea e al confronto con l’Occidente, altrimenti potremmo persino rimontare alla polemica tra il “laicista” Averroè e l’islamista ante litteram Al Ghazali nel XII secolo, ma è meglio non mettere troppa carne al fuoco.
Faccio molta difficoltà a definire al-Ghazali un “islamista ante-litteram”. Quanto ai precedenti e ai precursori c’è una storia molto lunga da raccontare, ma non è questo il luogo. Ma – la butto là – l’autore medievale (sempre che quello islamico si voglia definire un medioevo) più usato e citato dagli autori dell’islam politico è Ibn Taymiyya.
Ora, nonostante il carattere peculiare dell’islamismo sia il rifiuto della cultura occidentale – e la sfida all’imperialismo occidentale -,
L’islam politico è un “accomodamento” con la “cultura (politica) occidentale” più che un rifiuto. L’idea di Stato elaborata dai primi esponenti dell’islam politico è moderna. L’islam politico si inscrive nel solco di una cosa che si chiama “modernismo”.
gli USA ma non solo hanno appoggiato, alimentato, sovvenzionato e armato l’islamismo mediorientale allo scopo di servirsene per scongiurare la diffusione del comunismo nell’area, specie all’epoca dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan (Al Qaeda era un gruppo direttamente addestrato dagli USA), ma anche prima in Iran: non dimentichiamoci che Khomeini era in esilio in Francia e dalla Francia è stato aiutato a tornare in Iran dopo la caduta dello Shah in modo da evitare che in quel Paese al potere ci andassero i comunisti.
… Da allora in poi siamo arrivati davvero allo scontro di civiltà, preconizzato dall’Occidente, ma alimentato ovviamente anche dal risentimento che i musulmani in genere hanno conservato, peraltro comprensibilmente, nei confronti dell’imperialismo occidentale. …
Lo scontro di civiltà è un progetto politico, non una dinamica reale, ricordiamolo.
Infine, quando io parlo di “attentato islamista”, mi sto quindi riferendo alla volontà, sia pure di un branco di musulmani ubriachi, di esercitare atti di “disprezzo della donna” (uso non casualmente l’espressione futurista) sentiti anche come una sfida all’Occidente, laddove, lo dici tu, evocando il maschilismo cristiano occidentale (anche laico, aggiungo io), ma l’avevo detto già anche io, che comunque l’Occidente in materia non può certo permettersi di salire in cattedra!
Vedila come ti pare, a questo punto, a me ‘sta cosa che dici mi sembra un bel po’ assurda. Ripeto: lì non c’era nessuno che anche solo invocasse dio in qualche forma.
Ok, non pretendo di convincerti a niente, anche perché, in realtà, siamo più in sintonia di quanto il linguaggio ci permetta di esprimerlo. Quanto voglio dire io è che l’islamismo nei fatti, non solo quelli politici, ma anche in quella che tu definisci dinamica reale, è il fascismo musulmano, tra i cui “principi” c’è il “disprezzo della donna”, in piena sintonia con il fascismo occidentale, inteso come cultura retriva e repressiva e, appunto, maschilista, I balordi di Colonia, anche se non sono membri dell’Isis o di al Qaeda e non hanno gridato allah hu akbar, ne sono immancabilmente condizionati, esattamente come i balordi occidentali sono condizionati dal clima fascistoide che incombe sull’Occidente quando molestano una donna o incendiano un campo rom, senza bisogno che siano membri di organizzazioni o partiti di estrema destra.
Se avessero principi diversi, non commetterebbero quegli atti.
Poi, non intendo cimentarmi con te sulla storia dell’islam, su cui appari molto preparato, la cosa certa che so, è che questo islamismo che stiamo vivendo oggi si è affermato così come ho detto, i dettagli e i modelli poco importano, anche perché penso che ce ne siano vari a seconda dei singoli orientamenti locali.
Grazie ancora per il proficuo scambio di opinioni.