In Qatar – 01.3 – Culture altre – Commercianti
L’ultimo appiglio alla realtà storica qatarina riguarda la relazione della penisola del Qatar con il grande Oceano indiano, di cui il Golfo Persico, in cui il Qatar si trova, è una delle ramificazioni occidentali (l’altra è il Mar Rosso).
Fino all’avvento delle navi a vapore, metà dell’800, questa relazione si identificava con la presenza di grandi barche a vela romana, il cui nome generico in arabo è dhow.
I dhow solcavano il grande mare portando merci di ogni tipo, da quelle di prima necessità alle più lussuose.
Non è che la penisola del Qatar fosse esattamente il terminale di questo traffico, anzi.
Le barche erano dirette per lo più sulla riva nord del Golfo, con destinazione finale Baghdad – appunto – o, comunque, le grandi realtà cittadine dell’Iraq. Doha era uno scalo tecnico, un porto di rilevanza locale, e la cosa suona bene con quell’architettura di fango di cui sopra.
Prendere visione di qualche fotografia della città in periodo pre-petrolifero spiega bene questo concetto: Doha, in zona, era solo il villaggio di fango più grande degli altri.
Ciò non significa che il dhow per il Qatar non debba essere qualcosa di simbolico: lega il luogo al mondo esterno, e qui di questo simbolo si fan grande uso.
Di dhow se ne vedono a centinaia, attraccati di fronte alla skyline di Doha.
Sono sempre vuoti, a dir la verità, seppure dovrebbero rappresentare una delle maggiori attrazioni turistiche del paese.
In pochi hanno conservato gli alberi per le vele, sono quasi tutti a motore.
Di notte c’è questo spettacolo molto triste di centinaia di dhow illuminati che aspettano in rada i turisti per un giro di notte nella Baia Ovest.
Turisti che non arrivano, giro che non si compie.
Questo pezzo fa parte di una serie. Tutti i pezzi di questa serie li trovate qui, nella categoria “Nel paese dei decostruzionisti“.