In questo mondo di merda la politica non risolve nulla già da un bel po’.

Gli anni renziani lo hanno certificato: o la politica è piccola, egoista e pelosa o non è.

Adesso sono arrivati questi altri.

Questi altri si dividono in due parti.

Salvini già lo sa che la politica è fatta così.

Di Maio forse anche, ma si rappresenta come quel Qualcuno che farà grandi politiche.

Fra breve si capirà che questi due non sono in grado di cambiar nulla se non nel livello di polarizzazione della società.

Cioè: non potendo fare nulla davvero, si metteranno a urlare (Salvini, che già lo sa, già lo fa) e basta, rendendo questo paese una bomba a orologeria.

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L’assenza di una politica grande o almeno vagamente commisurata al tipo di sfida che si ha davanti, genera quella che definisco la “sindrome dell’orso polare”.

La politica deve potersi rappresentare per ciò che attualmente non è: un qualcosa che risolve i problemi.

Per questo pratica la strategia di risolvere o affrontare con fermezza o denunciare con forza problemi che non ci sono o sono molto relativi o sono già parzialmente risolti.

Come salvare l’orso polare dell’appennino, ad esempio.

Un animale che sì, è a rischio d’estinzione, ma in appennino non ci ha mai messo piede.

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La sindrome dell’orso polare è molto diffusa in politica se non pervasiva.

Pensate ai nasoni di Roma.

Pensate al tavolo coi rider.

Pensate all’emergenza criminalità.

Pensate al decoro.

Pensate alla “collaborazione giudiziaria” dell’Italia con l’Egitto nel caso di Giulio Regeni.

Pensate soprattutto alla “risoluzione del problema dell’emergenza migranti”.

Il problema non c’era.

Non c’era nessuna emergenza.

C’era il manifestarsi chiaro di un fenomeno di lunga durata che non si risolve con una politica piccola.

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Questo nostro mondo è fatto di evidenze chiarissime e di una patente voglia di ignorarle per il fatto che queste evidenze mostrano la necessità di fare qualcosa di grosso che nessuno vuole o può fare.