Il momento, anche se raramente il tema è stato considerato di meno in questo paese di merda, è importante e tragico.

Se escludiamo le fette di deserto occupate da pantomime di eserciti liberi siriani e le aree che ancora sono sotto il controllo dei curdi siriani – che prevedibilmente, visti anche i recenti contatti, potranno essere oggetto di accordi fra le parti – l’unica zona della Siria non controllata da Asad – o meglio da Putin – è la regione di Idlib.

Quella di Idlib, ricordiamolo, era una provincia decisamente svantaggiata nella Siria pre-2011.

Fra gli indicatori più importanti c’era il tasso di istruzione, il più basso nel paese.

A stragrande maggioranza sunnita, la popolazione della regione – altro fatto su cui riflettere – era nota per il suo carattere conservatore da un punto di vista sociale e religioso.

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La provincia di Idlib negli ultimi anni è stata usata dal regime e dai suoi alleati come una specie di discarica umana.

Le truppe governative piantavano la bandiera su aree riconquistate (e definitivamente devastate) e i suoi residui abitanti – oltre a frotte di combattenti in larga parte jihadisti con famiglie – venivano deportati nella provincia di Idlib.

Idlib in pochi anni è diventato un melting pot di sofferenza per siriani che mai, nella loro vita, si erano incontrati né mai si sarebbero incontrati, se è vero che la Siria è un mosaico socio-economico oltre che etno-linguistico e religioso.

Insieme a quelle categorie di individui finora citati nella provincia di Idlib sono finiti anche quegli attivisti che in questi anni sono rimasti in Siria.

Probabilmente è stata loro l’idea di fare una manifestazione “vecchio stile”, stile 2011 – una manifestazione pacifica e piena di cartelli, messaggi al mondo – lo scorso 7 settembre.

Una manifestazione che commuove e fa male per cento motivi diversi, il primo dei quali è la constatazione della resilienza dell’attivismo siriano, che nonostante tutto continua ad avere una grande seguito.

Il secondo è la constatazione che anche questa volta, come le mille volte precedenti, quelle persone che abbiamo visto in piazza verranno a breve bombardate senza pietà perché bollate come “terroristi”.

Il terzo è che – come è successo in quella stessa provincia anni fa, parliamo del 2016 – la dimostrazione era contro Asad, contro Putin, contro Rohani e anche contro gli oppressori diretti, i jihadisti di HTS (a leadership qaidista), che dominano militarmente nell’area e che sono stati cacciati dalla dimostrazione.

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Con uno studente di Venezia si ragionava proprio su questo.

Io gli facevo presente che una manifestazione come questa ricorda a tutti che quelle persone sono la rappresentazione dell’opzione “civile” contro l’opzione “militare”.

Un’opzione che tutti, da tutte le parti, dentro e fuori la Siria, hanno voluto far cadere in questi anni.

L’unica opzione che invece dava una speranza e un futuro alla Siria.

“Dava”: non ho sbagliato a scrivere al passato.

Perché ora guardiamo a quelle persone come vittime designate di una carneficina annunciata da falsi avvisi di operazioni “chimiche” di false flag, da ipocriti appelli per la “salvaguardia dei civili” da parte di Erdogan, intento a mettersi d’accordo con Putin, Rohani e Asad sul modo di non far apparire il ritiro turco da Idlib un qualcosa di già stabilito.

Sarà una carneficina e l’ONU spiega che l’ondata di profughi, cioè di persone che varcano la frontiera per scappare dalla guerra, sarà gigantesca.

Che ci sono 3 milioni di persone a rischio.

3 milioni di civili.

Questa volta non ci saranno i famigerati bus verdi perché queste persone non avranno più un luogo dove farsi deportare.

Si tratta da questo punto di vista di un atto finale.

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Ma da queste parti il silenzio non è mai stato così assordante.

Trump qualche giorno fa si è portato avanti coi compiti. Ha “tuonato” contro possibili eccessi e contro possibili “fatti chimici”.

Il pacchetto mediatic è dunque pronto.

In mezzo alle devastazioni – e già gli aerei di Putin hanno iniziato a dare la caccia agli ospedali, come da copione – il Puffo Americano sgancerà forse qualcuno dei suoi inutili missili.

Giusto per attirare l’attenzione sul maschio bianco dominatore.

Giusto per distrarre le masse occidentali dall’ennesimo atto criminale del suo amico Putin e del suo utile idiota Bashar al-Asad.

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L’opinione pubblica si schiererà sulle linee di faglia mistificanti di sempre.

Con forse un ennesimo “no alla guerra” tanto ipocrita quanto assassino nel caso Trump dovesse scorreggiare ancora.

L’opinione pubblica è già pronta a dimenticare le vittime, il palcoscenico è predisposto.

I sintomi della rimozione sono chiari: dal punto di vista mediatico l’elettroencefalogramma è piatto anche se, appunto, bombardano gli ospedali.

E quando succede questa cosa qua, cioè quando l’attenzione non c’è, succede – lo insegna il passato – che a un certo punto una notizia la si deve comunque dare.

Perché magari è successo qualcosa di abnorme.

E questa notizia sarà chiaramente un sasso nello stagno.

Senza contesto in cui inserirla questa notizia sarà facile preda delle propagande.

Le posizioni già predisposte saranno attivate.

Ci saranno quelli che diranno che è tutto finto, visto che è caduto così dal nulla.

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E’ per questo che io stamattina volevo mandare un gigantesco improperio a tutti quelli che nelle prossime settimane – se mai quegli eventi abnormi si dovessero verificare – scriveranno editoriali puntuti, produrranno analisi rigorosissime, poseranno come “neutrali”.

Vaffanculo, di cuore.