La Siria, l'opposizione e il complotto internazionale
Per capire cosa si orchestra attorno alla vicenda siriana senza cadere in semplificazioni è necessario tenere sempre presente la differenza che passa fra l’opposizione interna, sia quella pacifica che quella violenta, e l’opposizione all’estero.
E’ bene farlo per un motivo preciso: l’opposizione all’estero è di fatto “sponsorizzata” dai paesi ospitanti, che hanno una loro agenda o comunque una loro posizione sulla Siria. Accogliendo nel proprio paese l’opposizione siriana contano di avere voce in capitolo una volta che al-Asad farà le valige.
Non c’è nulla di “complottistico” in questo: la cosa è sotto gli occhi di tutti, ben evidente, e va analizzata con cura.
Recentemente abbiamo assistito a una spaccatura nell’opposizione siriana. La spaccatura s è verificata proprio sull’asse “interno/esterno”.
Prima i Comitati di coordinamento locali, opposizione interna, avevano “sfiduciato” il capo del Consiglio Nazionale Siriano, cioè il capo dell’opposizione esterna.
Poi il capo dell’Esercito Siriano Libero in patria aveva sconfessato il capo dell’Esercito Siriano Libero all’estero, facendogli sapere che, più o meno, questi non contava nulla (vedi qui).
In particolare la differenza di vedute riguardava il piano di Kofi Annan, che i ribelli in patria hanno dichiarato fallito, mentre l’opposizione all’estero vuole mantenere vivo.
Il fatto danneggia in qualche modo l’intero movimento anti-Asad ma è spia di una consapevolezza da parte di chi materialmente sta portando avanti la battaglia contro il dittatore siriano: “noi muoriamo per la Siria, noi decideremo sulla Siria”, sembrano dire.
La spaccatura, poi, rappresenta un problema per “i paesi ospiti” dell’opposizione siriana all’estero. La loro “presa” sulla compagine di opposizione si allenta perché le opposizioni all’estero perdono peso e dunque il loro ruolo nella Siria “post-Asad” è messo in dubbio.
E’ in questo contesto che vediamo in azione le famose “potenze straniere”.
Il Qatar, ad esempio,vuole una “road map” per il piano di Kofi Annan, rifiutandosi di accettare la dismissione dello stesso da parte dell’ESL.
La Turchia ospita una conferenza dell’opposizione all’estero con la quale si dà vita a un nuovo “esercito” anti-Asad, un esercito diverso –e se vogliamo “alternativo”– all’ESL.
Le strategie dei due paesi vengono allo scoperto: entrambe hanno i loro referenti nell’opposizione siriana all’estero, referenti che cercano di “promuovere” nonostante l’opposizione interna li abbia sconfessati.
Contemporaneamente il Consiglio Nazionale Siriano, opposizione all’estero “sfiduciata” dai Comitati di coordinamento locali, cerca di recuperare un po’ di credibilità e si muove per eleggere il loro nuovo leader, che dovrebbe essere l'”indipendente” curdo in esilio, Abdel Basset Sayda.
Un giornale come al-Arabiya, che tutti sanno bene essere emanazione del pensiero saudita sulla Siria, titola “L’opposizione siriana sceglie il su nuovo leader” affermando, fra le righe, che il Consiglio Nazionale di Transizione è, per quel giornale e per i suoi editori, l’unica opposizione: l’opposizione interna per al-Arabiya non conta nulla ma noi, invece, sappiamo che conta, eccome.
Facendo una semplice “retroversione” attorno a questa fase confusa possiamo farci anche una domanda, se ce ne fosse bisogno, riguardo al “complotto internazionale” citato per la milionesima volta dal dittatore/chirurgo Bashar al-Asad nel suo ultimo discorsetto in parlamento.
Che bisogno avrebbero questi complottisti internazionali di agitarsi attorno alla legittimazione dell’opposizione all’estero se avessero presa sull’opposizione siriana in patria?
Da notare, infine, che alla succitata spaccatura è seguita una serie di dichiarazioni da parte di esponenti della diplomazia internazionale formalmente anti-Asad circa la non intenzione di intervenire militarmente in Siria, primi fra tutti gli americani (la cosa, fra l’altro, era stata preceduta dall’irrigidimento di Mosca e dalle battagliere dichiarazioni iraniane –russi e iraniani sono alleati di al-Asad — in merito a un eventuale soluzione militare). Queste voci sembrano dire: “in questa situazione, nella quale non abbiamo voce in capitolo sui destini della Siria, noi non ci muoviamo”.
Per chiudere con una nota politica: è auspicabile, certamente, l’unione delle opposizioni contro al-Asad, ma chi ha a cuore davvero la Siria non può non guardare con sospetto gli sponsor dell’opposizione all’estero, e deve sostenere prima di tutto l’opposizione in Siria.
https://in30secondi.altervista.org/2012/06/05/la-siria-lopposizione-e-il-complotto-internazionale/In fiammeopposizione,siria
Perché qui non si parla mai del Coordinamento siriano per il cambiamento democratico? Che è opposizione siriana, nata in Siria, ed è fortemente rappresentativo delle varie appartenenze dei cittadini siriani? Ovviamente poi il CSCD è anche presente all’estero. Il CSCD è siriano, non è quindi “esterno”, si oppone a ogni ingerenza, è fermamente contrario a interventi armati sia dall’interno da parte del regime (e da parte del LES) sia dall’esterno. E lavora molto a livello diplomatico. Ma ogni volta che si parla di opposizione siriana non lo si cita. Capisco su tv e giornali, che da mesi e mesi spingono per far coincidere il concetto di opposizione siriana con quello del CNS, se non con gli “attivisti” del LES, in modo da spingere l’opinione pubblica verso un intervento armato legittimato dall’ONU, ma non capisco perché non se ne parli qui.
Ho pubblicato a suo tempo un appello firmato dal CNSD
http://in30secondi.altervista.org/2012/03/07/siria-un-appello/
Ultimamente non ho avuto notizie significative in merito al raggruppamento cui fai riferimento. Hai ragione sulla loro dimensione interna/esterna ma sono giunto alla conclusione che la sua reale rilevanza nel contesto globale del movimento anti-Asad sia, all’oggi, ridotta. Sarei ben felice di ricevere smentite in merito: questa mia impressione potrebbe essere effetto di “oscuramento” mediatico.
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Cito da un documento che stavamo preparando io e Valerio (Peverelli) sulla Siria ma che non abbiamo mai pubblicato.
Il più antico [raggruppamento di opposizione] è il CNSD (Coordinamento Nazionale Siriano Democratico, noto anche come NCC ovvero Comitato di Coordinamento Nazionale, e CNSCD ovvero Comitato Nazionale di Coordinamento per il Cambiamento Democratico in Siria, le sigle delle organizzazioni politiche siriane possono essere in francese, inglese o arabo) che raggruppa la maggior parte delle sigle storiche dell’opposizione legale ed illegale del regime degli Assad, incluse molte organizzazioni laiche, nazionaliste, liberali, progressiste, comuniste, socialiste e socialdemocratiche, a loro volta raggruppate in altre alleanze omogenee per cultura in un gioco di scatole cinesi. Il CNSD raccoglie buona parte della “Dichiarazione di Damasco” il gruppo dell’opposizione siriana (interna ed in esilio) più attivo negli ultimi 10 anni. La molteplicità delle sigle di questa organizzazione vale come indice della confusione sulla sua linea politica. Nel NCC si trovano ben 13 partiti, alcuni dei quali privi di seguito reale nel paese e con l’intera dirigenza in esilio, altri interni (la direzione del CNSD è comunque all’interno della Siria). Il processo di riorganizzazione di questi partiti è tanto magmatico quanto discontinuo e poco comprensibile, molte delle organizzazioni di sinistra siriane hanno beneficiato della primavera di Damasco (2000-2002), una breve fase di distensione politica e liberazione di prigionieri seguita alla morte di Hafez al Assad ma questa apertura fu interrotta prima che i partiti riuscissero a riorganizzarsi e radicarsi nella società.
Una delle componenti più importante del CNSD è il National Democratic Rally, che a sua volta raccoglie in un unico cartello numerose forze politiche di sinistra e di sinistra radicale come il Partito Popolare Democratico Siriano, ex partito comunista clandestino principale della Siria , il DASU partito socialista-nasseriano illegale, il partito arabo operaio rivoluzionario (ARWP), il “forum della sinistra”, il movimento dei socialisti arabi uniti, il partito d’azione comunista e la sinistra bahatista scissionista fuoriuscita dal governo negli anni ’80.
Il NDR, con situazioni diverse da partito a partito, ha un grosso problema di ricambio generazionale, poiché la maggior parte dei suoi dirigenti ha iniziato a ricoprire quegli incarichi prima del 1980, oppure è in esilio da decenni, inoltre è stato particolarmente falcidiato dagli arresti, sia negli anni ’80, sia negli ultimi mesi. Una delle figure più rappresentative e note in Siria è Riyad al-Turk, comunista, classe 1930, incarcerato per più di 20 anni, ma ancora capace durante la primavera di Damasco del 2000 di radunare diverse migliaia di persone in alcune assemblee pubbliche. Sempre nel CNSD esistono numerose forze esterne al NDR e non di sinistra, mentre notevoli per seguito sono 4 partiti curdi, oltre a diversi “forum” ed associazioni progressiste.
L’opposizione interna è prima di tutto i Comitati di coordinamento locali degli attivisti. Non è un’opposizione come siamo abituati a concepirla da noi (una sigla, un leader) ma di certo rappresenta centomila volte di più i siriani in rivolta, con o senza armi. Il Cns e il Ccn sono sempre meno influenti.
Bene,
Lorenzo sostiene che anche il Coordinamento nazionale siriano per il cambiamento democratico (CNSCD), al pari del CNS, sia sempre meno influente e dunque non rappresenti “i siriani in rivolta”, che sarebbero invece meglio rappresentati dai Comitati di coordinamento locali. Bontà sua.
Intanto, bisognerebbe capire meglio quali personaggi e forze si muovono dentro tali coordinamenti, o se tutto, al dunque, si riduce all’ennesima espressione araba colorata agita in primis dalla rete. Dentro paiono esserci militanti onesti e sinceri mischiati a trescatori dirittumanisti infiltranti ed infiltrati prima di tutto ideologicamente dalle varie foundations ongate e no…
Ma questo ci potrebbe anche stare trattandosi, come dice Lorenzo, di un tipo di opposizione particolare…
Si tenga tuttavia presente il fatto che tali comitati (verosimilmente la loro maggioranza) hanno respinto la cornice del piano Annan e, anche indipendentemente da questa, sono vieppiù per la lotta civile armata nei confronti del governo (lo erano anche nel periodo in cui hanno trescato e non poco col CNS): una posizione dietro la quale, per quanto fin qui espresso sui loro circuiti e social network, nascondono il rifiuto del dialogo non tanto col governo (questo è scontato anche per il CNSCD) quanto con le altre componenti dell’opposizione siriana che puntano sulla lotta interna non armata che è cosa ben diversa, in quelle circostanze, dalla lotta pacifica/pacifinta)e che sono risolutamente contro l’intervento della comunità criminale internazionale e di tutti i loro servi mercenari infiltrati tagliagole takfiristi salafisti al qaedisti e compagnia mortifera cantante.
Ora: siccome qua si fa un grande appello ai “fatti” contrapposti alle “ideologie” sappiate che in una situazione come quella siriana (e prima libica, egiziana, tunisina, ecc.) i fatti davvero importanti sono quelli costruiti dalle forze principali del conflitto. Fatti nudi ed oggettivi, dall’inizio della rivolta, non se ne sono ancora visti: so che da bravi giornalisti insorgerete leggendo ciò. Ma così è, nondimeno, come ogni vero scrittore, al contrario dei giornalisti, sa.
I fatti sono creati by design, e anche una rivolta popolare, per quanto “spontanea”, lo è. Al che, è meglio andare a vedere quali sono i contenuti che si esprimono in tali fatti.
Se i comitati di coordinamento abbracciano senza ritorno la lotta armata contro una struttura militare e di potere come quella siriana o sono illusi autolesionisti o hanno/pensano di ricevere aiuti da dentro o da fuori del paese.
Se nel far ciò pensano di non dover dialogare con le altre componenti dell’opposizione che la pensano diversamente (come il CNSCD o anche il Fronte popolare per il cambiamento e la liberazione) allora vuol dire che in loro ha attecchito un certo settarismo. Tenete poi presente che invece diversi importanti diplomatici russi, tra la fine d’aprile e l’inizio di maggio, hanno incontrato proprio queste ultime componenti dell’opposizione siriana, e pare che la posizione della Russia ne sia stata in qualche modo influenzata. Come si spiega questo fatto?
Sarebbe troppo lungo continuare in questa sede. Di spunti ce ne sono già abbastanza, se si vuole ragionare in modo non subalterno.
Ripeto qui soltanto una cosa: state attenti alla malattia del cerchiobottismo, alle infatuazioni per i movimenti in rete e, soprattutto, alla sottovalutazione della sussunzione del little game interno siriano (come di quello tunisino, egiziano, libico, italiano, ecc.) nel big game inscenato e gestito col criminale protagonismo dei Megamedia dai veri dominanti del mondo per reiterare il loro (questo schifo di)mondo.
Ideologia, n’est-ce pas?
Saluti. Marian Stibei
Preziosissimi i tuoi commenti. Hai un tuo sito?
Signor Zerco,
sono solo un uomo che ragiona da uomo fuori da questo tempo formandosi certe chiavi di lettura estranee, con calma. Non ho un mio sito o blog di tipo personale. Frequento la rete in dipendenza dal mio cammino. Quando abitavo in Romania, intorno al 2005, insieme ad alcuni scrittori molto giovani avevo provato a fare una specie di rivista in un sito ormai defunto.
Poi le dico una cosa: la rete la usi con la sua testa e cum grano salis (del megliore), studi in profondità solo le fonti vere, i pochi pensatori davvero importanti, qualche raro filosofo, qualche scienziato, al più un certo Hegel e qualche cosa di Marx (specie la sua idea di sussunzione formale e reale…). Lasci perdere gran parte del resto. Si faccia delle chiavi di lettura da sé e mantenga la sue domande di fronte alle tante confuse narrazioni in rete. Non esistono, oggi, tenori e leaders intellettuali cui tributare rispetto. Passata è quest’era… Figuriamoci poi che cosa si dovrebbe tributare ai novelli e aspiranti accedemici precarizzati di cui pullula anche in rete questo paese devastato nell’imbambolamento agito dall’alto.
Le posso dire solo un’altra cosa. Con alcuni (pochi) amici studiosi e scrittori questo prossimo sabato (9 giugno, dalle 11 in poi) mi vedo a Bologna in una sala del Centro Giorgio Costa (via Azzo Gardino 48) per discutere di un centro di ricerca che vogliamo aprire per confrontarci da uomini fuori dalla rete su questi ed altri argomenti.
Se lei è curioso e magari non troppo lontano da questa città può raggiungerci e parlare personalmente con noi.
In rete lei non mi leggerà che raramente. Adesso sto studiando per scrivere un libro di “fantascienza” su questo mondo. Poi, in verità, lavoro per far bollire la pentola tutti i giorni e ancora incontro una certa fatica a scrivere sempre e rapidamente in un italiano affatto corretto; senza dire che mi inquieto molto trovandomi spesso circondato da letterati italiani che non si curano di scrivere correttamente nella loro splendida lingua (grammatica,logica e struttura del periodo).
Ma sto divagando, succede per capirsi, penso.
Le auguro di continuare a ragionare e le dedico qualche verso di Antonio Machado sulle nostre ricerche in corso (in lingua spagnola, ma voi italiani comprenderete: è più bello in originale, mi creda).
I migliori saluti. Marian Stibei
Caminante, son tus huellas el camino
Y nada mas
…
Caminante, no hay camino
Sino estelas en el mar
Mi scuso con lei, Signor Zerco, e con gli altri lettori. Ho obliato di fornire una mia traduzione dei versi riportati nel mio testo precedente.
Azzardo qui di seguito l’arduo compito (delle opere di Machado conservo soltanto un’edizione spagnola non recente e un’altra ancor più antica in rumeno d’antan).
Ancora le mie scuse e i miei saluti cordiali.
Marian
Caminante, son tus huellas el camino
Viandante, sono le tue impronte il cammino
Y nada mas
E niente di più
…
Caminante, no hay camino
Viandante, non esiste il cammino
Sino estelas en el mar
Solamente scie nel mare
Caro Signor Marian,
le sue parole (in un italiano che dovrebbe far provare un po’ di vergogna alla gran parte dei miei connazionali) non possono che trovarmi concorde.
Selezionare informazioni e concetti per alimentare una cultura non vana e tentare di conoscere ragionevolmente il mondo: è questa la sfida della nostra era, che naufraga in un oceano di parole false. Per quanto mi riguarda a Hegel e Marx preferisco Spinoza e Russell, ma il problema non è tanto trovare grandi maestri quanto avere interlocutori sinceri.
Peccato che per me Bologna non sia vicina e il 9 giugno non sia un giorno libero, l’avrei incontrata volentieri, ma conto in ogni caso di “intercettare” i suoi commenti e le sue belle citazioni in rete.
A presto
Z
Marian, quanto alle opposizioni c’è un problema di peso reale. Se un’opposizione “realmente” pesa poco il fatto che diventi referente di qualcuno nel “grande gioco” è quantomeno sospetto. Vale per le opposizioni che si rivolgono ai russi e per quelle che si rivolgono agli americani o agli europei o alle petromonarchie. Quanto al big game, cioè in altre parole al dato geopolitico io ne scrivo continuamente, un po’ meno ultimamente. Sull'”emergenza” delle petromonarchie come “centrale” di un progetto politico “islamizzante” nel mondo arabo (ad esempio in Libia, ma anche in Egitto, in Tunisia, in Marocco, in Yemen e persino in Algeria) ritengo di essere stato fra i primi, se non il primo, a parlarne. Non è questione di sottovalutare, piuttosto di capire quello che davvero succede. Poi ognuno tira le sue somme.
Aggiungerei che il CCN-CSCD mi è, personalmente, “simpatico” e credo raggruppi un personale politico che, per quanto datato, può gestire un paese e governarlo qualora nè avesse la possibilità, verso una transizione ad una democrazia e all’indipendenza. Anche dai desiderata dell’occidente.
Però, effettivamente, sono i Comitati di coordinamento locali a gestire la “rivoluzione”, soggetti che noi, da fuori, non possiamo indagare “scientificamente”, ma che appaiono sia dotati di un radicamento forte in determinate zone del paese, sia di una grande trasversalità ideologica (che in parte recupera anche le posizioni del CCN), sia di un’età media più bassa dell’opposizione tradizionale.
Sottolineo ancora come sia il CCN-CSCD, sia i comitati, siano contrari (con varie oscillazioni locale relative al ruolo da attribuire all’ONU) all’intervento straniero in Siria (ed anche in questo io sono decisamente dalla loro parte).
Sopratutto amavo in questo modello d’opposizione la ricerca di una rivoluzione pacifica o comunque il meno violento possibile. Non è stato possibile ed anche diverse persone del CCN sono passate alla clandestinità e all’auto difesa armata.
Infine direi che l’esercito siriano libero è a sua volta molto meno “uniforme” di quanto non venga riportato.
Purtroppo io, a differenza di Lorenzo, non leggo l’arabo, ma per quel poco che sono riuscito a capire vi è sia una divisione tra chi cerca di rappresentarlo in esilio (tra eterodiretti filo-turchi, eterodiretti filo-petromonarchi, seguaci del CNS, non eterodiretti, ecc. ecc.), sia all’interno, tra zona e zona, con ufficiali, per esempio, alawiti, cristiani o sunniti laici ed altri sunniti decisamente più osservanti.
Anche qui c’è qualche “eterodiretto”, anche qui c’è qualche straniero, ma decisamente meno che nei comandi in esilio. Mentre vi sono moltissimi ufficiali formati dalle forze armate del regime e mantenuti nei ranghi intermedi perchè poco “sicuri” politicamente.
Mentre, contrariamente a quanto si dice in giro spesso sul weeb, l’armamento dell’esercito siriano libero appare (almeno a prima vista) scarso, per lo più di recupero.
Ad esempio i missili contro carro tanto decantati dal regime (in particolare i “vecchi” ma sempre buoni MILAN, standard europeo degli anni ’70-’80) arrivati nelle mani dei ribelli erano o pochissimi, o mitologici, o si sono esauriti alla svelta.
O meglio possono anche esserci, ma non hanno determinato un cambiamento strategico evidente, cosa che avrebbero fatto se impiegati in grande numero.
(in Libia l’arrivo dei MILAN determinò un cambiamento immediato delle tattiche dei regolari, però va anche aggiunto che i MILAN arrivarono solo dove c’erano brigate spalleggiate dal Qatar, per esempio non arrivarono a Misurata per un bel po’, quindi non è impensabile che ad Homs ci siano alcune centiania di miliziani spalleggiati dal Qatar che siano quindi gli unici a disporre di un arma contro carro decente in tutta la rivolta siriana).
Certamente vi sono anche numerose segnalazioni di uso di armi pesanti da parte dei ribelli, ma ad occhio mi sembrano molto inattendibili, anche per la difficoltà tecnica del caso. Insomma in Siria non c’è un fronte uniforme, come invece in Libia ad un certo punto, e i ribelli non credo possano utilizzare le armi pesanti (artiglieria, razzi d’artiglieria, carri armati, mortai pesanti ecc.) nemmeno se riuscissero a procurarseli, poichè privi di retrovie e di linee di rifornimento stabili.
Certo ammetto che su questo potrei essere smentito, ma probabilmente si sapranno i dettagli solo dopo la fine della guerra, così come la logistica dei ribelli libici è stata chiarita (sopratutto per il ruolo di Qatar e la quantità dell’impegno francese -per altro, quest’ultimo, più modesto di quanto mi immaginassi- solo a ridosso della presa di Tripoli e nelle settimane successive.
Ad occhio l’unico “vero” esercito in Siria è ancora quello regolare, ovvero è l’unico esercito in grado di far funzionare realmente l’artiglieria, la logistica e i reparti corazzati. Certo le diserzioni sono in aumento, così come il ricorso ad elementi paramilitari fedeli al regime, oppure a reparti prelevati da marina ed aviazione. Tutti e tre elementi calssici che lasciano intendere una forte crisi.
Staremo a vedere.
Ho l’impressione leggendo questi e altri commenti che noi da fuori ci arrovelliamo molto su questioni che possono apparire di lana caprina ai siriani che vivono nelle regioni più colpite dalla repressione e dalla conseguente rivolta armata. Il sostegno o no alla rivolta armata da chi è nei comitati (che è gente comune, giovani per lo più) è dato dall’esposizione più o meno alta alla violenza e alle sue conseguenze dirette e alle ripercussioni emotive, soggettive, dei singoli individui.
Comprendo la difficoltà di categorizzare, di etichettare (si chiede di capire chi c’è dietro, chi manovra chi, ecc), di classificare per farsi un’idea, ma una delle “rivoluzioni” di questo fenomeno è proprio l’assenza di leader precisi e di teorizzazione della lotta, pacifica o armata che sia.
Può essere utile abbonarsi alla newsletter dei comitati ad esempio, in arabo e in inglese, ed entrare via skype sulle loro chat-room dove oltre a visionare materiale video è possibile rendersi conto del linguaggio usato, degli interlocutori, potendo interagire con loro, verificando l’autenticità o meno delle fonti. Insomma, oggi ci sono i mezzi per provare di alzarsi dalla sedia di fronte al computer dove si scrivono i massimi sistemi e ragionare con elementi un po’ più concreti di quel che accade sul terreno.