«Homs, la guerra civile è già cominciata»
Da leggere:
https://in30secondi.altervista.org/2012/06/08/%c2%abhoms-la-guerra-civile-e-gia-cominciata%c2%bb/In fiammeguerra civile,lorenzo trombetta,paolo dall'oglio,siria(Lorenzo Trombetta da Beirut, Europa, 8 giugno) Una «guerra civile guerreggiata» a sfondo confessionale «è in corso in alcuni territori della Siria». In particolare in quelli a maggioranza sunnita «attorno alla regione montuosa» nord-occidentale, abitata tradizionalmente dagli alawiti, branca dello sciismo e a cui appartengono i clan al potere da quarant’anni. Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita romano, da più di tre decenni in Siria e fondatore della comunità monastica di Mar Musa a nord di Damasco, parla di quel che ha visto con i propri occhi nella regione a ovest di Homs, nella Siria centrale e al confine col Libano, durante otto giorni, tra la fine di maggio e i primi di giugno, passati nei territori controllati dai ribelli sunniti… continua a leggere.
Una piccola chiosa su uno degli attori della guerra civile siriana l’ESL.
Non ho avuto molto tempo di seguire le vicende, ma dal 6 giungo l’ESL ha dimostrato di avere (per la prima volta e dopo mesi in cui si discuteva di questo fatto) la possibilità di impiegare armi contro carro adeguate distruggendo 5 o 6 MBT (probabilmente T-72) Siriani.
Ora resta da capire se sono davvvero MILAN (importati dall’estero), o missili catturati ai regolari.
Fino ad oggi i carristi e gli artiglieri del regime hanno agito in relativa impunità, cioè senza subire, in combattimento, perdite. Anche per questo il tasso di diserzione sembrava riguardare di più le unità di fanteria, che proprio per questo venivano rimpiazzate da milizie politiche (come i “fantasmi”) e da reparti prelevati dall’aviazione e dalla marina.
Adesso bisognerà capire se con queste nuove armi l’ESL riuscirà ad ottenre un aumento delle diserzioni anche nelle armi “tecniche”.
è presto per dire se l’ESL ha poche o numerose armi contro carro, sembrerebbe che non vi siano stati altri scontri con i carristi siriani.
Piccola chiosa finale:
Io sono un sostenitore della sovranità siriana; nella risoluzione delle controversie interne, preferisco sempre e comunque le soluzioni politiche e non violente, non appoggio l’ESL e non voglio assolutamente un intervento armato NATO ecc. ecc.
Ma sia ben chiaro che se si arriva alla guerra civile il governo di Assad non è più il legittimno rappresentante del popolo siriano in sede internazionale, poichè il diritto internazionale dice altro.
Valerio, parla pure di armi, lì non ti può dire niente nessuno, ma per favore lascia stare il diritto internazionale. Non lo conosci e si vede. Almeno per ora: sei giovane e hai tempo di documentarti. Forse la vicenda siriana può essere uno spunto importante, “usala” bene, perché già con la Libia hai perso un’occasione.
A quanto so una guerra civile (ed è difficile stabilire quando essa sia tale) paradossalmente “chiude” al diritto internazionale e contemporaneamente “apre” ad esso. Nel momento in cui si “riconosce” l’esistenza di una guerra civile si afferma implicitamente che la questione è interna a un paese, quindi il diritto internazionale non c’entra. Tuttavia nel momento in cui le parti in lotta sono “sovrane” in specifiche aree la comunità internazionale può intervenire riconoscendole, con tutte le conseguenze del caso. Lo spingere di al-Asad sul tema “terrorismo” e sul “complotto internazionale” è proprio teso a delegittimare l’ESL come entità oppositiva nazionale potenzialmente portatrice di una guerra civile. In questo modo cerca di scongiurare il rischio di un intervento che abbia come pilastro l’esistenza di aree che sono sotto il controllo di un’entità oppositiva formata da siriani. Di qui anche l’importanza per l’ESL delle defezioni, il fatto che i generali che passano all’ESL fanno vedere i loro cartellini etc. etc.
Scusate, ma voi sì che siete davvero impareggiabili, signor Valerio e signor Lorenzo…
Lasciate intendere (e ciò capita con una certa frequenza e in contesti diversi), tra le righe e non solo, che la “guerra civile” in Siria (perché è mai esistita una guerra esclusivamemte “militare”?) – cominciata sì e no, in marcia sì e no, in preparazione si e no – è un “fatto” (secondo la mia o la vostra visione adesso sorvoliamo) che può creare delle vere e proprie “opportunità” un po’ per tutti:
in primis e pacifintamente(ovvero aborrendo le e coccodrillando sulle inevitabili vittime civili passate presenti e future), “opportunità” sulla via della “liberazione del popolo siriano” dal giogo del clan Assad;
“opportunità” altresì per la “comunità internazionale” (sic et simpliciter, ossia senza aggiungere nemmeno un “criminale” o un “dominante” o un ancora più sfumato “così autoproclamatasi attraverso i suoi grandi media”)… “opportunità” in che senso… la risposta viene ormai da sé….
Così, veniamo anche a sapere la “guerra civile” in Siria “apre” e “chiude” all’applicazione del “diritto internazionale” dell’omonima comunità (idem…)… Ma si può? Claro que si, se si ragiona con una mente di superficie…
Tutavia, questo sarebbe troppo tragicamente esilarante se non fosse espressione di quello che in altri testi ho definito il vostro fanatico cerchiobottismo (e qua l’espressione calza purtroppo per voi proprio a pennello: qua si vede che siete solamente giornalisti doc e dop!)…
Ora: questa vostra visione di supericie è tutta intrinsecamente falsa, e con la mente che in essa si forma, come ogni buon scienziato sa, non c’è modo di collegarsi o di accedere a strati più profondi (e perciò concreti) e a chiavi di lettura non preformate dal pensiero dominante…
Del pari, Valerio secerne la perla che se si arriva ad una “guerra civile” lo stesso “diritto internazionale” dice che il governo di Assad cessa di essere il “legittimo rappresentante” del popolo siriano: perché finora vi è mai stato un popolo che ha potuto parlare, incontrare, dialogare direttamente con la “comunità internazionale” e dire o far capire ai suoi “rappresentanti” “questo o quest’altro è il governo che “legittimamente ci rappresenta”?? Ma voi a cosa siete connessi? O siete allora solo sui media di rete, cioè davvero fuori dal mondo che viene fatto vivere ovunque alla gente… Oppure siete ancora cognitivamente, pavlovianamente colonizzati da una qualche illusione circa l’effettualità sociale di una qualsiasi rappresentanza politica di tradizione liberaldemocratica…
Ma sì, sì, voi sì che siete concreti e niente affatto astratti… Ma sì, sì che voi vivete con i piedi, la pancia e le orecchie incollate al terreno delle “operazioni” (adesso in Siria, in passato su tutti gli altri “teatri” delle “primavere arabe” rifatte…).
Squisitamente, lo avevo già constatato (e mi conforta non essere stato il solo…) leggendo le vostre sciagurate parabole “fattuali” durate mesi sulla Libia (ma anche sulla Tunisia e sull’Egitto…).
Avendo pazienza, però, tutte queste cose ed “altarini” si cominciano adesso a vedere più chiaramente. E penso che il caso siriano sarà ancora, per voi e per tutti, una cartina di tornasole grandemente indicativa delle rispettive (supposte, più o meno consapevoli) chiavi di lettura.
Concreti saluti.
Marian Stibei
Primo: io e Valerio NON siamo giornalisti.
Secondo: fare analisi NON significa LASCIARE INTENDERE un bel niente bensì, semplicemente, analizzare attraverso gli STRUMENTI che io e Valerio abbiamo. Le opportunità le leggi tu. Per favore: basta accusare me e anche Valerio di avere qualche secondo fine, di voler dirigere chissà quale opinione pubblica chissà dove. io e Valerio non ci siamo neanche mai visti di persona, fra l’altro. Ci siamo conosciuti qui. Scriviamo e ragioniamo su quello che scriviamo. E’ proprio l’approccio alla lettura e all’analisi che ti manca, Marian. Mi sono davvero stancato di leggere le tue provocazioni e i tuoi doppi sensi, le tue ambiguità che poi, solitamente, sono appoggiate sul nulla. Abbi pazienza, qui si ragiona, non si fa propaganda.
Mi ero preparato una dotta disquisizione sul diritto internazionale, il suo essere fondamentalemnte consuetudinario, il suo mutare profondo dopo la nascita della corte penale internazionale (e il suo mancato riconoscimento da parte di mezzo mondo), il suo non essere mai riuscito a comprendere tutte le situazioni.
Mi ero preparato a dotte disquisizioni sul lento riconoscimento dell’URSS dopo la rivoluzione, sulla guerra civile inglese del ‘600, sui trattati di Vienna del 1815 e del 1969, sugli stati con deficit di legittimità (da Cipro Nord all’Ossezia, dalla Transdnistria al Somaliland, passando per Taiwan), sui governi in esilio della seconda guerra mondiale, sui governi rivoluzionari, sul riconoscimento della spagna franchista da parte del mondo (URSS inclusa) tra il 1939 e il 1975, sul riconoscimento internazionale in sede nazionale e di quanto esso sia differente da quello in sede ONU, o anche di come l’ONU non sia l’unica fonte di diritto internazionale, sul diritto internazionale prima e dopo la carta delle nazioni unite ecc. ecc.
Sopratutto cercavo di dimostrare come il diritto internazionale, più di ogni altra forma di diritto, sia figlio dei rapporti di forza. Dopo tutto è, ripetiamolo, essenzialmente consuetudinario e basato su attori spregiudicati come gli stati, in cui, appunto, una violazione del diritto crea un precedente che può diventare fonte di diritto, una cosa semplicemente inconcepibile in altre forme di diritto (e che per questo porta tutti gli attori internazionali ad urlare “no, sarebbe un precedente!”) E come sia relativamente stabile solo in tempo di pace (anche se ultimamente molto violato, sopratutto da Obama nei celi pakistani, in tempo ufficialmente “di pace”, con fatti gravissimi).
O su come il diritto internazionale preveda eccezioni, modifiche, sia cioè caotico ed appunto non preveda nei casi come quello proposto da Lorenzo una risposta univoca, ma mille possibilità. Tutte “corrette” perchè usate nella consuetudine.
Insomma il diritto internazionale sta diventando molto meno serio di quanto non fosse una cinquantina d’anni fa, quando, tra la nascita dell’ONU e il trattato di Vienna del 1969, si cercò di toglierlo dalla pratica consuetudinaria e formalizzarlo. Fallendo in parte, riuscendoci in parte.
Insomma discutere, anche aspramente, con Zerco, mi è sempre piaciuto.
Però veramente non ho voglia ora di rivangare tutto, visto che poi arriverà sicuarmente un commento abilmente retorico e vagamente (ma nemmeno troppo velatamente) insultante di Marian Stibei.
P.S.
Non sono un giornalista, non ho nulla contro i giornalisti, ho pubblicato anche N 1 articolo sul Manifesto (su delle elezioni comunali, quindi su tutt’altro), ma per carità Marian non mi definisca un gironalista, anche qui è una questione di fatti.
Se pensa che io sia un cerchiobottista fatti suoi. (e sappia che in italiano è un isulto piuttosto grave).
P.P.S.
In Libia ho preso qualche cantonata, ma sono anche stato tra i primi a scrivere in italiano di certe cose. Mentre sia chiaro che Libyan Free Press o Reseau-Voltaire (gli “eroi” della contro informazione) dicevano, ad esempio, che non c’era alcuna battaglia di Tripoli fino praticamente al giorno prima in cui iniziarono a supplicare di essere evacuati perché Tripoli era caduta.
Ma evidentemente erano le mie fonti ad essere pura propaganda e rappresentazione ideologica dei fatti e la presa di Tripoli è stata realmente girata in un Set cinematografico.
Vedi come va il mondo, Valerio? Uno si prepara sul diritto internazionale, pensa di averci capito un minimo, poi arriva qualcosa o qualcuno (e in genere sono gli imperi) a riportare tutto sul consueto binario del diritto “arbitrio del più forte”, come diceva Trasimaco: e siamo sempre lì: i Greci nel – 500 avevano capito tutto).
Comunque io sostengo, mi sembra di averlo già detto anche a te, che la dottrina r2p (che in questi giorni stanno cercando di applicare alla Siria utilizzando tutti i cavilli possibili) è la morte del diritto internazionale contemporaneo nato dopo la seconda guerra mondiale, quindi la morte dell’Onu, suo garante.
Che curioso! gli Stati Uniti d’America hanno sia creato che ucciso tanto la Società delle Nazioni quanto l’Onu.
Concordo, la R2P è aberrante, e si vide in Kosovo nel 1999 quanto sia arbitraria e portatrice di un ulteriore livello di sciagure per i Kosovari serbi ed albanesi (per non parlare dei Rom).
Per altro creando un precedente pericoloso, che, appunto, ha fatto giurisprudenza (con ulteriore forzatura, visto che lì, semplificando al massimo, non era una R2P ma una “semplice” autodeterminazione) per la crisi Osseto-Georgiana.
Mi fa piacere che vi sia condivisione da parte tua nel fatto che gli USA stiano svuotando l’ONU e minandolo, perchè, come super potenza (residuale ed in crisi, fra 10 anni non conteranno più un gran che, ma non se ne rendono bene conto) vedono in qualsiasi altro potere un freno.
(ed anche per questo non hanno ratificato il trattato che stabilisce la nascita della corte penale internazionale, un altro ente che, in maniera differente rispetto alla R2P, distrugge le basi tradizionali del diritto internazionale, ironia della sorte anche Siria e Libia erano fuori dal trattato di Roma).
Di solito si tende a vedere nell’ONU un pagliaccio al servizio degli USA (e coinvolto nelle peggiori trame), mentre oggi è un agenzia in crisi, necessità di una riforma (che però minerebbe le rendite di posizione di USA, Russia, Cina, Francia ed UK); è incapace di gestire la complessità del mondo attuale, ma tutt’ora rimane differente da un semplice passacarte.
E commette una miriade di errori.
Comunque questa è una semplificazione, perchè anche negli USA esiste chi si rende conto che servirebbe un nuovo diritto internazionale “stabile” e sottratto al controllo della legge del più forte. Purtroppo sono spesso gli stessi che spingono per l’R2P, una sorta di sinistra interventista, in parte prossima alla Clinton, in parte invece fieramente contraria ad essa e molto più “sinistra” vera, sia pure di tipo americano.
Questi, anche in ambito governativo, si rendono conto che l’ONU andrebbe riformato, ma sono contrari (o quanto meno sospettosi) proprio perchè si rendono anche conto che riformando l’ONU e il consiglio di sicurezza gli USA diminuirebbero il loro potere dentro questa struttura.
Inoltre riformare, in se, non vuol dire nulla. Riformiamo per avere un ONU solo di liberal-democrazie? Oppure per avere un ONU di minima decenza? O un agenzia per la prevenzione delle guerre internazionali e fonte di arbitrati?
Non ho risposte.
Il povero Trasimaco è un autore di cui non ci è pervenuto praticamente nulla, e conosciuto solo per le fonti secondarie. Quindi il discorso a cui credo ti riferisci (“il giusto è l’utile del più forte”) è un ragionamento sviluppato da Paltone ed attribuito, per convenienza sua o reale corrispondenza di indeali, a Trasimaco.
La cosa interessante di quel ragionamento è che, partendo da principi quasi Hobbesiani, arrivava a conclusioni quasi anarchiche, o meglio anarco-individualiste di carattere borghese-oligarchico.
L’anarco-individualismo è poi un’altro aspetto fondativo del trentennio conservatore che (forse) sta finendo adesso, e che ha visto nella dinastia Regan-Bush i suoi uomini forti.
C’è un’altra ragione, molto più prosaica, della decadenza dell’Onu. Ovviamente, il tristo, sudicio e onnipresente denaro (ma guarda). Gli USA sono i principali finanziatori: in momenti di crisi non possono permettere che un carrozzone tenuto in piedi a suon di dollari faccia qualcosa che non valga l’investimento e non abbia un ritorno tangibile. Il manuale del perfetto businessman dei diritti umani 2.0 cosa prescrive? La solita cosa: o si chiudono i rubinetti dei soldi, o si cercano nuovi finanziatori. All’Onu (guarda caso, con sede New York – e già se avesse sede a Ginevra parecchi problemi sarebbero risolti) si verificano tutte e due le cose: gli USA “investono” (che parola orrenda, ma è così) di meno e lasciano entrare altri “stockholders”. Indovina indovinello, chi sono? Al Saud, Al Thani. Alé, viva il diritto internazionale!
Ma queste sono cose che nella crisi siriana, come prima libica, come prima kosovara, eccetera, lavorano e lavoravano sottopelle, creando e rimescolando gli interessi.
Hai mai visto i media farne menzione?
Condivido anche questo, ovviamente per sommi capi, visto che poi la vera domanda è perchè tanti altre potenze, ben più fornite oggi come oggi di denaro, non investano nell’ONU.
E qui si torna al discorso riforma, visto che i BRICS sono divisi proprio tra 2 che già stanno nel conisglio di sicurezza (ma evidentemente non vogliono aumentare la loro influenza sull’ONU) e 3 che vorrebbero entrarci, ma non li fanno entrare…
Se mi permetti qualche riga in più su questo tema, c’è un altro motivo della decadenza dell’ONU, di questo suo farsi problema invece che soluzione, causa ed effetto insieme di uno svilimento complessivo dell’istituzione e del suo piegarsi a interessi diversi dai suoi. Fino agli anni ’90, fine della guerra fredda, il personale dell’Onu era per la gran parte di formazione e provenienza diplomatica. Ciò significava che un funzionario delle Nazioni Unite era dotato di preparazione specifica: storica, legislativa, politica e linguistica, vanto della più alta tradizione europea e, in parte, asiatica. La diplomazia è sempre stata un’arte europea e ciò era una garanzia che l’organizzazione custode del diritto internazionale avesse un’ispirazione “illuministica”, giacché la carriera diplomatica era il coronamento di un itinerario culturale e giuridico di alto profilo. Diversa la concezione americana del diplomatico, che deve essere un rappresentante di interessi: lo dimostra il fatto che è sempre stata cosa rara che un ambasciatore statunitense conoscesse la lingua del paese dove era ospitato. Successivamente alla guerra fredda c’è stata una sostituzione, anche abbastanza rapida, di questi elementi di apparato con personale di provenienza politica (per gli europei e gli asiatici) ed ancor più industriale-commerciale (per gli americani). Che questo processo sia di corruttela è quantomeno evidente se si pensa che quella politica è l’unica professione (insieme alla showgirl e al vigile urbano) che si può intraprendere senza avere nessuna conoscenza approfondita di niente e che quella industriale commerciale fa dell’interesse di parte, da perseguire con ogni mezzo, la propria bandiera.
E’ altresì evidente quanto un funzionario ONU di adesso, di qualsiasi livello, sia del tutto impossibilitato a resistere a pressioni esterne, non possedendo più quella cultura, quell’equilibrio e quella capacità di negoziazione caratteristiche della diplomazia. Faccio un esempio: verso la fine della guerra Iran-Iraq, il capo negoziatore per il medio oriente e responsabile degli affari speciali dell’allora segretario generale Perez de Quellar era un italiano: Giandomenico Picco, persona competente, seria, riservata; di grande statura intellettuale e con una reputazione impeccabile in medio oriente. I contendenti della guerra erano entrambi stremati e Perez de Quellar intravvide il momento per fare un ultimo tentativo di negoziazione ed arrivare a una conclusione del conflitto, inviando Picco a Teheran e Baghdad. Il nostro diplomatico riuscì ad ottenere da Tariq Aziz e da Velayati (mi pare) la disponibilità a trattare per un cessate il fuoco. Rientato al Palazzo di vetro, dopo aver riferito a Perez de Quellar i risultati e prima di intraprendere ulteriori passi, Picco ricevette una telefonata del segretario di Stato degli Stati Uniti il quale, poiché in quel momento l’Iraq stava iniziando una controffensiva con nuovi rifornimenti di armi da parte degli USA, lo minacciò dicendo che se fosse andato avanti col negoziato “I will cut you like a knife in the butter”. Consultatosi con Perez de Quellar, questi gli promise appoggio a patto di concludere il negoziato in 48 ore. Picco ci riuscì e la guerra finì. De Quellar finì il mandato senza lodi, Picco fu costreto ad andarsene dall’Onu, ma erano persone che potevano ancora resistere alle pressioni. Chi potrebbe farlo oggi? Chi può negoziare, oggi, all’Onu? Chi ha interesse, capacità, forza, o solo personale, per intavolare un negoziato sulla Siria o su qualsiasi altra questione al centro di interessi politici e strategici? Nessuno ha voglia di fare un negoziato quando i giochi sono già fatti, e quando il burro si squaglia da solo se il coltello (che però è sempre lo stesso!) si avvicina.
Come volevasi:
“(ANSAmed) – BEIRUT, 13 GIU – Quella in Siria non è una ‘guerra civile’ ma “una guerra contro gruppi armati che hanno scelto il terrorismo” e “cospirano contro il presente e il futuro della Siria”. Lo ha detto oggi il ministero degli Esteri di Damasco, in una nota diffusa dall’agenzia Sana, manifestando “stupore” per le parole usate ieri dal capo delle operazioni di mantenimento della pace dell’Onu, Hervé Ladsous, che parlava appunto di una “guerra civile” nel Paese. (ANSAmed).”