Siamo al paradosso.

Come ho spiegato più volte su questo blog la rivolta del Bahrain nasce da un genuino desiderio di democrazia e libertà.

La componente confessionale entra in campo solo nella misura del fatto che in Bahrain la maggioranza sciita viene discriminata: il sovrano assoluto del Bahrain è sunnita e adotta una politica “sunnizzante” agitando da sempre lo spauracchio dell’Iran, il minaccioso vicino sciita, pronto a mangiarsi il Bahrain e poi tutto il resto.

Fin dai primi giorni di proteste tutti quanti hanno provato a fare questo giochetto e ancora recentemente ho tracciato il tentativo, qui in Italia, di collegare i cattivissimi di Hezbollah ai rivoltosi del Bahrain.

Continuo ad affermare che di agenti dell’Iran o di Hezbollah in Bahrain ce ne sono di certo, ma che ciò rappresenta un handicap per i rivoltosi, che non vogliono essere aiutati da quei personaggi e sanno bene che è già stata posta in atto una pesante strumentalizzazione (si è urlato al complotto trentennale).

Bene: oggi il Washington Institute, che non è un’organizzazione sciita amica dei rivoltosi del Bahrain, ma un think tank americano che promuove gli interessi americani, pubblica un articolo in cui sostanzialmente si afferma che gli iraniani non ci sanno fare in Bahrain, che gli iraniani non sono “capaci di aiutare gli sciiti iraniani”.

E’ come se dicessero: “ma insomma, il copione vuole che voi aiutiate i rivoltosi ma voi non siete in grado di farlo!”.

La cosa farebbe anche ridere se non fosse drammatica perché la verità è ovviamente che di mezzo ci vanno i rivoltosi del Bahrain che, a questo punto, possono tranquillamente essere considerati vittime di un complotto internazionale.

I rivoltosi del Bahrain vogliono cose diverse da ciò che l’Iran è disposto a dar loro, chiaro?

 

Lorenzo DeclichIn fiammebahrain,iran,rivolta,sciiti
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