Un po’ di memoria.

4 anni fa la rivoluzione tunisina registrò la sua vittoria.

Ben Ali scappò in Arabia Saudita, il rifugio dei tiranni.

Può essere utile ricordarsi di quello che successe da quel giorno in poi.

Respirare un po’ l’aria che tirava nei giorni e nei mesi successivi.

Capire quanto fosse già in atto la reazione.

Quali ne fossero le caratteristiche.

E ragionare anche un po’ con il senno di poi.

Ricordando che qualche giorno prima della fuga di Ben Ali succedevano cose come questa:

La blogosfera e la Twittosfera francese e maghrebina hanno reagito con violenza alla proposta di Michèle Alliot-Marie, Ministro degli esteri francese che, rispondendo a Parigi ad un’interrogazione dell’Assemblea nazionale sulla situazione in Tunisia, ha offerto “una cooperazione tecnica” e “il know-how della polizia francese” alla polizia tunisina, pur essendo quest’ultima implicata, come dimostrano molte testimonianze e video, nella sanguinosa repressione delle manifestazioni di Kasserine, Thala e altre città (fonte).

Ricordate “l’effetto domino” e una terrorizzata Hillary Clinton che qualche tempo dopo parlò di “tempesta pefetta”?

Temeva la tempesta perfetta sugli interessi americani. E tutto quello che fecero gli americani dopo il 14 gennaio fu letto dalle menti semplici come un complotto.

Eppure già nel 2007 c’era chi su Youtube postava questo video, cui nessuno fece attenzione:

Ravanando nel mio vecchio blog ho tirato fuori un po’ di roba.

Il 15 gennaio 2011 Anna Castiglioni, sul blog di Giorgioguido Messina scrisse questa cosa:

C’è stato un momento, oggi pomeriggio, un momento di confusione. Dopo una repressione che si è scatenata con una violenza inaudita per la capitale, dopo momenti di guerriglia proprio nel centro di Tunisi, dopo i gas lacrimogeni, dopo i pestaggi e dopo gli spari si sono sentite delle voci, sempre più numerose con il passare dei minuti, secondo cui il presidente Zine El Abidine Ben Ali aveva lasciato il paese. Sembrava talmente incredibile e straordinario che tutti cercavano conferme, non osando gridare vittoria. E poi la conferma è arrivata.

Ventotto giorni di proteste ininterrotte in tutto il paese e oltre settanta morti ma, alla fine, la vittoria. E il dittatore che fugge.

Può un motto diventare realtà? Oggi in Tunisia è successo esattamente questo. Le parole “Ben Ali ala barra” scandite e fatte risuonare per tutto il paese erano diventate qualcosa di concreto alla fine del pomeriggio.

Così il popolo tunisino ha dato una lezione al mondo.

Ma è bastato poco perché già iniziasse a guastarsi questo successo. Dopo tutto il sangue che hanno visto scorrere, i tunisini non hanno neanche potuto godere appieno del risultato raggiunto. Giusto il tempo di esprimere qualche parola di gioia e subito i primi dubbi. Iniziano con il discorso del Primo Ministro Mohamed Ghannouchi che cita l’articolo 56 della Costituzione in cui si fa riferimento a un “caso di impedimento provvisorio” e a una “delega” delle funzioni del Presidente della Repubblica al Primo Ministro. Non cita, come molti avrebbero voluto e come giustamente si aspettavano, l’articolo 57 che cita invece il “caso di impedimento assoluto” per il quale “il Presidente della Camera dei Deputati assume immediatamente le funzioni del Presidente della Repubblica ad interim per un periodo che varia dai 45 ai 60 giorni.” E’ solo il Presidente della Camera dei Deputati, nello specifico Fouad Mebazaâ, ad avere il potere di indire nuove elezioni. Infatti Ghannouchi non parla di elezioni. Come il discorso di Ben Ali di ieri, anche questo non sembra avere il potere di placare gli animi. Sono in tanti ad esprimere perplessità; l’élite al potere è sempre la stessa ma la gente ha lottato per un cambiamento vero. Si organizzano dunque nuove manifestazioni: una per domani in cui chiedere una “Tunisia libera e veramente democratica”. Le adesioni non sono comunque paragonabili a quelle dei giorni scorsi. La gente ha dato molto alla lotta ed è stanca dei massacri. E poi potrebbe essere solo una giusta diffidenza dopo anni di dittatura e di inganni. La possibilità di elezioni anticipate non è da escludere dopo un unico discorso.

Ma ormai non sono più solo i dubbi a sciupare la vittoria…

Poco dopo il coprifuoco iniziano a girare per la città bande armate su camionette e macchine senza targa. Saccheggiano negozi e centri commerciali, irrompono nelle case , rubano, terrorizzano e aggrediscono i cittadini. Da Ben Arous a Salambo, dal Menzah al Mouroj, si rincorrono le testimonianze di chi vede queste milizie in azione. Vengono fatti circolare numeri di emergenza da chiamare in caso di aggressione. Le informazioni arrivano come sono sempre arrivate in questi giorni: voci, testimonianze pubblicate in rete. Più sono queste voci più un fatto è probabile. Sembra un metodo poco affidabile ma è così che si è saputo cosa stava realmente accadendo a Tunisi. D’altronde spesso queste voci sono state confermate dagli organi di stampa ufficiali dopo che già si erano diffuse su internet. Riporto quindi come una voce l’ipotesi che queste bande siano costituite da poliziotti e da ex prigionieri specialisti ingaggiati con lo scopo preciso di seminare il panico nella popolazione affinché si rimpiangano i tempi dell’ ”ordine”, i tempi di Ben Ali.

La situazione si fa grave al tal punto da spingere Ghannouchi a fare un altro discorso. Afferma che l’esercito ha avuto il compito di difendere la popolazione ma che le forze dispiegate nella capitale non sono abbastanza e che in tutti i quartieri gli uomini devono organizzarsi in maniera spontanea per difendere le loro famiglie e i propri beni. Afferma anche che si tratta di vandali, sempre presenti nei paesi che attraversano momenti simili; dice che vogliono rubare, approfittare della situazione e poi ipotizza che abbiano anche altri obiettivi. Non specifica quali ma si gioca il jolly pronunciando più volte la parola “terrorismo”.

La sera della liberazione è segnata dalla paura; sempre la stessa paura, marchio di fabbrica del regime.

Dopo giorni durissimi qualcuno ha rubato ai tunisini la gioia che meritavano di godere in questo momento.

Il resoconto di questo 14 gennaio avrebbe dovuto essere fatto di parole e toni diversi, più ottimisti e più incoraggianti. Ma questo è quello che è successo.

Del 15 gennaio è questa foto, pubblicata da nawaat.org, in cui dei poliziotti saccheggiano un supermarket:

Il 20 gennaio scrivevo ‘sto post:

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Non c’è solo al-Jazeera a spingere su un fantomatico ruolo dell’islam nella rivoluzione tunisina.

Anche la televisione iraniana non scherza.

Da “Angry Arab”:

Iranian media also want to bring in religion in Tunisia analysis

Nir sent me this (I cite with his permission): “so Press TV from iran always wants me on. they just called me here in baghdad and asked me to go on to talk about tunisia. i said i wasnt an expert about it and she said they wanted me to talk about the role of religion in the uprising. i said ‘what role of religion?’ she explained that they were rebelling because women were not allowed to wear headscarves and religious expression was repressed. i said that religion had almost no role and it was a secular uprising, but what a strange interpretation.”

via The Angry Arab News Service/وكالة أنباء العربي الغاضب: Iranian media also want to bring in religion in Tunisia analysis.

Chi in Medio Oriente detiene il potere e i soldi grazie al conflitto di civiltà proprio non vuole abbozzare.

Come è possibile che 10 ragazzini, 5 operai e 2 intellettuali tunisini  possano minare così al cuore un impianto che abbiamo costruito, a suon di bombe, repressione e merci?

Temo che, a forza di spingere, qualcosa accadrà.

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Dopo, quando iniziò la rivoluzione in Siria, Angry Arab si rivelò come un antiamericano generico.

Dello stesso 20 gennaio era quest’altro post:

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Moody’s era con Ben Ali, è ovvio.

Ora la Tunisia, secondo questi mezzi criminali, ha un outlook “negativo”.

Prima era “stabile”.

Un bel premio ai 100 e più morti della rivoluzione.

Questi qua sono più voraci degli assicuratori: se fai un’incidente ti declassano in 1 minuto.

Per riconquistare la classifica perduta ci vogliono 2 anni.

Se poi i’incidente è la democrazia… ahivoglia te… pedala!

19/01/2011

Tunisia, Moody’s declassa l’affidabilità economica del Paese

L’agenzia di rating ha peggiorato la sua valutazione a causa delle proteste per il caro vita e la destituzione del Presidente

Secondo l’agenzia di rating Moody’s, le proteste contro il caro vita e la conseguente caduta del presidente Zine El Abidine Ben Ali hanno fatto sprofondare la stabilità economica tunisina.

L’agenzia, che si occupa della definizione dell’affidabilità finanziaria dei Paesi, ha declassato il debito del Paese portando il rating da Baa2 a Baa3 a causa delle “gravi incertezze economiche e politiche dopo l’inatteso cambio di regime”.

Peggiora anche l’outlook, che passa da stabile a “negativo”. Per gli analisti di Moody’s i disordini “in corso, oltre che la situazione politica, mettono ulteriormente a repentaglio la stabilità futura del Paese”.

Ma sono in allerta anche le altre agenzie internazionali: i titoli di stato tunisini sono infatti sorvegliati speciali anche per Standard & Poor’s e Fitch che potrebbero abbassarne del rating.

via PeaceReporter – Tunisia, Moody’s declassa l’affidabilità economica del Paese.

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Più avanti, in aprile, Valerio Peverelli scrisse questa cosa sul mio blog.

Postò ad esempio questo video, risalente a marzo:

E quest’altro

E questo:

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Questo qui è un tag dal vecchio blog.

Buona giornata.

Lorenzo DeclichIn fiammetyrants2011.01.14,rivoluzione tunisina,tunisia
Un po' di memoria. 4 anni fa la rivoluzione tunisina registrò la sua vittoria. Ben Ali scappò in Arabia Saudita, il rifugio dei tiranni. Può essere utile ricordarsi di quello che successe da quel giorno in poi. Respirare un po' l'aria che tirava nei giorni e nei mesi successivi. Capire quanto fosse già in...