La prima moschea di Germania: il thriller
In questo post si citava la prima moschea della Germania.
Sarebbe stata costruita a Potsdam nel 1739 per i soldati musulmani di Federico Guglielmo I, il Re “Sergente” di Prussia.
La cosa sarebbe, se vera, assolutamente notevole, se non incredibile. Una moschea eretta in uno stato cristiano europeo, per iniziativa ufficiale, in quel periodo è in effetti un fatto raro (con l’ovvia eccezione di Polonia e Russia, dove esistevano ed esistono comunità musulmane autoctone).
La cosa ha incuriosito me e Roseau. Dopo qualche indagine, sembrerebbe che nel regno di Prussia sotto Federico Guglielmo I e il suo successore Federico il Grande vivevano dei musulmani, che prestavano servizio militare nell’esercito prussiano. In particolare il duca di Curlandia e ciambellano di Russia, von Biron, conoscendo la passione di Federico Guglielmo per i soldati di alta statura gli inviò 22 prigionieri di guerra “turchi” catturati durante la guerra russo-ottomana del 1735-39.
Federico Guglielmo cercava per il suo sesto reggimento di fanteria (i “Giganti di Potsdam”) reclute alte almeno un metro e 88, ovunque potesse trovarle, e senza preoccuparsi troppo della loro disponibilità al reclutamento. La Russia era solita spedirgli cento spilungoni all’anno in segno di amicizia. In effetti è sorprendente, che tra i “Giganti” non sia attestato un numero maggiore di musulmani, visti i metodi con cui ce se li procurava.
Sembra che Federico Guglielmo I avesse assegnato ai suoi “turchi” una sala da preghiera nel castello Sans-Souci. Ma a quanto mi è dato di capire, tale sala non era la “Moschea di Potsdam”, almeno non quella di questa foto. Questo edificio infatti, pur essendo a forma di moschea e comunemente chiamato tale, non è una moschea. È una Dampfmaschinenhaus (un edificio che conteneva una pompa a vampere che pompava l’acqua in una fontana) costruita sotto Federico Guglielmo IV verso il 1840. Come si capisce, può bastare un errore di stampa per confondere la moschea con la sala di preghiera.
Sotto il successore di Federico Guglielmo, Federico il Grande, i “turchi” del reggimento dei giganti sarebbero stati congedati, ma in seguito, nel 1745, un reclutatore di Federico, il gioielliere albanese Sarkis riuscì a portare all’esercito prussiano un centinaio di ussari bosnaici provenienti dal confine tra impero ottomano e Polonia, di fede musulmana, che avevano servito l’Elettore Augusto di Sassonia (che era anche re di Polonia, paese i cui sudditi musulmani prestavano normalmente servizio nell’esercito).
Si era nel corso della guerra di successione austriaca e in quel momento la Sassonia era in guerra contro la Prussia. Questi primi bosniaci diventeranno il nucleo del Bosniaken Korps, una unità di ussari dell’esercito prussiano istituita come reggimento regolare (il nono) nel 1760 e composta inizialmente da musulmani reclutati nell’Impero Ottomano o in Polonia, e vestiti ed armati secondo l’uso bosniaco o quel che si credeva essere tale.
In seguito alle spartizioni della Polonia il nono reggimento acquistò sempre più reclute polacche (probabilmente una piccola parte di esse poteva essere di fede musulmana, ma non la maggioranza) e si avvicinò anche esteticamente alla tradizione degli ussari della Polonia. Più tardi il suo nome fu cambiato da “Bosniaken” a “Towarczys” (fonte).
Questa cosa del corpo bosniaco doveva soddisfare un qualche Zeitgeist (siamo in una fase di interesse europeo per un certo esotismo orientaleggiante, come testimonia ad esempio il Diwan di Goethe o l’altra cosa a forma di moschea fatta costruire dall’Elettore del Palatinato e Baviera a Schwetzingen) perché ebbe una imitazione in un analogo corpo di ussari dell’esercito danese.
Solo che questi erano danesi di nascita e cristiani, che si vestivano da ciò che credevano essere un cavaliere bosniaco.
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Da noi c’era, e c’è tuttora (a meno che qualche gerarca padano abbia deciso di costruirci sopra una fabbrica di salsicce) il cimitero “ottomano” di Trieste, che è pure bello. Cito da Cristina Rovere (“Triesre Con-turbante: tre tombe ottomane nella Trieste dell’Ottocento”):
“Questo luogo è di notevole interesse, perché unico cimitero di tal genere in tutta l’Europa Occidentale. Istituito nel 1842 e concesso formalmente nel 1849, venne realizzato seguendo tutti i crismi della fede islamica. Al suo interno si trova infatti un edificio adibito a lavacro per la purificazione e preparazione della salma; la cupola a pepaiola che lo copre è sormontata da una mezza luna orientata secondo la qibla – la direzione che indica dove si trova la città santa di Mecca – così come sono ugualmente orientate le lapidi delle sepolture.
Immagini qui:
http://mytrieste.blogspot.com/2008/06/trieste-cimitero-musulmano.html
In “Islam italiano” di Stefano Allievi leggo che Livorno nel ‘600 contava ben 4 moschee per gli schiavi musulmani che in questa città erano particolarmente numerosi. Si cita dalla relazione di viaggio di un frate siciliano di passaggio a Livorno: “la Moscova dei Turchi quale è una piccola casa, nella quale i Turchi non entrano se non a piedi scalzi e ben limpi d’ogni sporchezza, in cui vi è una cattedra con due scale, il libro del suo Alcorano ed altri libri della sua legge, in una parte vi sta indorata una cappa, in altra un trobante e altre coselle quali sono da loro adorati e quivi facciono i loro esercitii della loro maumettana legge. Questa moscova gli si permette perché anche i Turchi permettono ai Christiani nei loro bagni il fare le loro segrete chiese”. (p. 110 e segg.)
Non c’entra nulla con la Germania, ma mi pare molto illuminante circa i tempi (e i luoghi, a un passo dal Papa) non sospetti in cui questa mirabolante concessione veniva fatta.
Sono quasi sicuro che, a cercar bene, si troverebbe una moschea tedesca più antica (tra il 700 e il 900 vi fu grande confusione confessionale ad est del reno e a nord del danubio).
Comunque nell’alto medioevo tutta l’Europa occidentale conobbe infiltrazioni mussulmane (prima del 1000), non solo in Al Andalus, ma in Provenza, Linguadoca, Liguria, Piemonte, Puglia, Lazio, Campania, Toscana, Sardegna, Corsica, Svizzera e, ovviamente, Sicilia furono fondati emirati, magari di brevissima durata.
Alcune di queste comunità, come quella Siciliana deportata in Puglia, durarono fino al ‘300 inoltrato e svolsero spesso compiti d’élite militare (arceri di Lucera).
Poi nel ‘200 (e poco prima) l’Islam iniziò ad arrivare in Europa da est (ancora in parte pagana), colonizzando ampie parti di Balcani, Mittel-europa danubiana e la zona del Mar Nero, sia prima che dopo la nascita della potenza ottomana. Assieme agli islamici arrivarono anche alcune comunità buddiste (o pagane), come i calamucchi che in effetti vivono sul volga sin dal 1260.
Sarebbe lungo da spiegare, ma mai, nemeno per un giorno, l’Europa è stata giudaico-cristiana al 100%.
Su i soldati mussulmani (o “esotici”) delle corti europee tra il ‘300 e il ‘700 si potrebbero scrivere lunghi tomi (ed in effetti si scrivono), per esempio gli Aragonesi di Napoli ebbero un bel nucleo di mammelucchi tra il 1470 e il 1498, ed anche successivamente cavalleggeri mussulmani combatterono nelle guerre d’Italia al servizio di vari potentati italiani (e gli stradioti albanesi, originariamente cristiani ortodossi, fuorno utilizzati massicciamente da Venezia e Milano, tanto che il cognome Albanese-Albanesi si è diffuso nella valle dell’Adda).
Per non parlare degli schiavi, indispensabili per spingere le galere ponentine (in Adriatico non si usavano schiavi salvo eccezioni).
La presenza di mussulmani negli eserciti era abbastanza normale, anche se non sempre dava origine a moschee e luoghi di sepoltura islamici (anche se, per esempio, moschea e cimitero islamico dovrebbero esserci stati anche a Genova nel XVII secolo), del resto le guerre di religione furono combattute da eserciti multi confessionali, di mercenari professionisti molto più che da venturieri spinti dalla fede.
Anzi, eserciti e marine dell’età moderna avevano bisogno di uomini e se li procuravano ovunque, addirittura uno dei marinai della battaglia di Trafalgar (sul lato inglese) era nato in Cina, svariati erano indiani e barbareschi (ma in teoria dovevano mangiare maiale e bere rum, i pasti delle marine del ‘700 erano stbiliti dal regolamento).
Più complessa era la possibilità che questi stranieri diventassero ufficiali, moltissimi eserciti europei la proibivano espressamente, per esempio in Inghilterra solo gl Anglicani potevano diventare ufficiali nel XVIII secolo (ma molti calvinisti e qualche cattolico ottennero una deroga), mentre in Francia bisognava essere nobili (come in Polonia, dove però esistevano “nobili” particolari di fede mussulmana cui era demandato il comando dei tartaro-polacchi).
Però crepe di ogni tipo esistevano anche allora (e c’era sempre una conversione “formale”, parecchi ufficiali d’artiglieria turchi del ‘700 erano tedeschi “convertiti” all’Islam), mentre i regolamenti non proibivano a “non-bianchi” di diventare ufficiali (nel XIX secolo invece la segregazione razziale iniziò a diffondersi), comunque uno dei primi generali dei Bersaglieri (e siamo già nel XIX secolo) era un Sudanese…
La fame di soldati nell’età moderna era enorme, vista anche la maggior frequenza delle guerre, in quasi tutti gli eserciti europei (eccetto forse solo Spagna e Papato) non si facevano domande sulla fede dei coscritti (anche quando alcune religioni erano espressamente probite), e si arruolava di tutto, mentre al contempo si pensava (in maniera vagamente proto razzista) che alcuni popoli erano più abili di altri, e quindi più richesti, tra questi molte popolazioni mussulmane (circassi, turchi, cabili-berberi, albanesi, bosniaci, tartari, p.s. in questa classifica gli italiani risutlavano imbelli e, se possibile, scartati). I pantaloni alla zuava sono un memento della divisa dei berberi al servizio francese all’inizio del XIX secolo, ma molti elementi di moda extra-europea entrarono negli eserciti europei, sopratutto il fez turco (ancora oggi utilizzato dai bersaglieri) la mitra (sempre turca, usata dai granatieri prussiani), la moda polacca poi era piena di elementi tartari.
Fu solo durante il XIX secolo, con la leva e il nazionalismo, che si identificò l’esercito nella patria, e gli eserciti divennero “nazionali”, con poche eccezioni (legione straniera ecc.).
I soldati “non europei” fuorono rinchiusi nei reparti coloniali (se c’erano colonie), dove si inviarono ufficiali metropolitani, eccetto che in Russia dove continuarono ad esistere reggimenti basati sulle minoranze etniche (ed in parte autogestiti).
Beh, Valerio ricorderà senz’altro le eroiche gesta di Khudadad Khan alla battaglia d’Ypres, che spinsero per la prima volta la Corona britannica a concedere la Victoria Cross a un suddito del Subcontinente. Il totale di vittime fra i soldati indiani (volontari, per di più) nelle due guerre mondiali supera i 160.000, in gran parte musulmani e sikh. Un discreto obolo per la libertà dei loro dominatori coloniali. Già, la liberazione dal fascismo in Italia (provvisoria, che oggidì ci siamo ripiombati allegramente) è merito anche di truci volontari musulmani…