Oz e Nusseibeh al Siegrfried Unseld Prize
Il 28 settembre a Berlino Amos Oz e Sari Nusseibeh hanno ricevuto il premio Siegfried Unseld. Il New York Review of books ha pubblicato i loro discorsi (qui i testi in inglese).
Ho tradotto qualche passaggio e ho inserito qualche collegamento:
Una lotta tragica (Amos Oz)
Il conflitto israelo-palestinese è una lotta tragica tra due vittime dell’Europa: gli arabi subirono imperialismo, colonialismo, repressione e umiliazione, mentre gli ebrei furono vittime di discriminazione, persecuzione e, infine, di un genocidio senza paragoni nella storia. Due vittime, specie se colpite da uno stesso oppressore, dovrebbero diventare come fratelli, ma la verità, sia tra individui che tra popoli, è che alcune delle lotte peggiori esplodono proprio tra due vittime di uno stesso oppressore. Due figli che abbiano subito gli abusi del padre rivedranno l’uno nell’altro l’immagine dell’oppressore. Gli arabi guardano allo stato ebraico d’Israele [Jewish Israel] e non lo vedono per quel che veramente è, cioè un campo profughi mezzo isterico, bensì come la lunga e arrogante mano del colonialismo europeo, sfruttatrice e opprimente. Noi ebrei guardiamo agli arabi e, invece di vederli come nostri compagni nella sofferenza, vediamo i persecutori del nostro passato, i cosacchi, gli antisemiti. Nazisti baffuti e abbronzati, ma ancora vogliosi di massacrarci.
Poi Amos Oz prende posizione contro la soluzione dello stato unico, indicando parallelismi con il novecento europeo:
Dopo la Seconda Guerra Mondiale nessuno avrebbe sognato di fare un paese solo della Germania e della Polonia.
[Siamo] due famiglie scontente. Questo è il motivo per cui è vitale dividere la nostra casa in appartamenti più piccoli, così come hanno fatto Cechi e Slovacchi, senza versare una sola goccia di sangue.Si lancia in un profezia che, quando si realizzerà, gli potrebbe valere la dedica della strada tra due ambasciate a Gerusalemme e chiarisce quali saranno i prezzi ideologici da pagare per l’unica pace possibile:
È difficile essere un profeta, specialmente a Gerusalemme dove c’è parecchia competizione, ma permettetemi di concludere con una piccola profezia: verrà un giorno nel quale ci sarà un’ambasciata israeliana in Palestina e un’ambasciata Palestinese in Israele e saranno a distanza di una passeggiata.
Quando verrà la pace uno dei suoi eroi sarà il mio co-vincitore di questo prestigioso premio, il mio amico Professor Sari Nusseibeh. Sari ha combattuto per decenni in favore di una pace pragmatica, di compromesso. Una pace nella quale entrambe le parti rinunciano a qualcuno dei loro sogni e a una parta della propria percezione dei diritti storici, per amore del futuro.
La magia dentro di noi (Sari Nusseibeh)
Il discorso di Sari Nusseibeh si concentra su un punto diverso: il diverso valore che le due parti attribuiscono alla vita umana dei propri connazionali e dei nemici, quasi arrivando a considerarlo il maggiore pericolo per l’attuazione della soluzione dei due stati.
Nulla divide il sangue ebraico da quello arabo, o vice versa. Gli arabi potrebbero benissimo essere ebrei in qualche altro mondo, o il contrario. Le loro attuali identità possono veramente essere scambiate o abbandonate, come maschere ad un ballo.
La soluzione dei due stati, o una delle soluzioni dei due stati, è pronta per la prova dei fatti. Dobbiamo sperare che la superi, sebbene con una camera divisa dal lato palestinese, un governo col paraocchi da quello israeliano e una comunità internazionale pateticamente debole, le prospettive di successo sembrino esigue.
I posso solo considerare la mia difesa di questi diritti [dei palestinesi] un esempio specifico della mia difesa dei diritti universali dell’uomo.
Chiaramente dopo lo slancio di speranza, a.k.a. wishful thinking, di Amos anche il caro Sari non può sottrarsi a un po’ di retorica:
https://in30secondi.altervista.org/2010/10/18/oz-e-nusseibeh-al-siegrfried-unseld-prize/In 30 secondiamos oz,israele,New York Review of books,pace,pacifismo,palestina,Sari Nusseibeh,siegrfried unseld prizeNon credo che l’angelo della pace ci abbia lasciato o che sia in procinto di farlo […] per quanto impossibile le cose possano sembrare possiamo ancora farle accadere, magari non saranno esattamente nel modo in cui le pensavamo, ma potrebbero essere persino migliori.
beh io nutro ancora dei forti dubbi sul fatto che Israele non sia uno stato europeo…perlomeno considerando la classe politica e quella economica, Israele è una specie di avanguardia mittleuropea a oriente. cosa ne pensi?
Personalmente penso che Israele si sia molto “orientalizzata”. Almeno in proporzione alla “occidentalizzazione” del MO.
Ormai, dopo più di 60 anni, sono alla seconda generazione di “autoctoni”.
D
È sempre arbitrario classificare gli stati in europei e non, ma non c’è problema finché c’è unanimità nella classificazione, cioè per i paesi europei in senso stretto. Per gli altri stare a discutere della loro attuale europeicità non è molto utile, chiediamoci piuttosto in che direzione vanno.
La Turchia l’abbiamo vista europeizzarsi, Israele l’esatto contrario: vuole sempre più israelizzarsi.
Mutatis mutandis, un po’ come la Russia.
Terzogiro: ma la questione è, cosa significa, per un paese abitato (anche) da gente (l’elite, perlopiù) di origine europea che si chiama Israele, “israelizzarsi”? Diventare sé stesso? O diventare qualcosa di diverso da sé (inteso origine “europea”)?
Poi, sempre la solita questione. Gli ebrei in Europa, un secolo fa, erano ritenuti troppo “asiatici” per l’Europa (non a caso si dice “antisemitismo” al posto di “antiebraismo”) e ne pagarono le dure conseguenze. Adesso sono troppo “europei” per l’Asia. E i palestinesi ne pagano le dure conseguenze.
(tutto ciò semplifica in modo belluino qualcosa che non è facilmente semplificabile, ma lasciamo stare).
Per “israelizzarsi” intendo sviluppare una politica (in senso molto ampio) che cerchi marcare sempre di più le specificità dello stato israeliano rispetto, in questo caso, ai paesi europei.
“verrà un giorno nel quale ci sarà un’ambasciata israeliana in Palestina e un’ambasciata Palestinese in Israele e saranno a distanza di una passeggiata.”
E allora, verrà da chiedersi, a che serviranno?
(sì, ok, a Roma succede una cosa simile con le ambasciate presso la Santa Sede, ma non ci sono mai state che io sappia intifade per riavere il Papa Re. Anche se, adesso che ci penso…)
P. S.
L’Armenia è uno stato “europeo”? Secondo me questa domanda dimostra che “europeo” è una categoria fallace.
a che serviranno?
penso che la risposta di Oz sarebbe “ad avere rapporti più normali tra i due governi”, ma secondo me stiamo parlando di previsioni talmente lontane nel tempo che potrebbero non esistere più né gli stati-nazione, né le ambasciate.
“europeo è una categoria fallace”
infatti, è la parola che cercavo quando ho detto che classificare gli stati in questo modo è arbitrario.