Gheddafi vs al-Qaida: la partita è stata già giocata
Diversi deliranti elaborati riguardanti al-Qaida&co. in Libia si aggirano per il web negli ultimi giorni.
La principale la pubblica “Il Giornale”.
Il giornalista annidato di quella testata, il prode Fausto Biloslavo, fa un tuppertù con Gheddafi, il quale lo prende letteralmente in giro per una mezz’oretta senza che Biloslavo se ne accorga.
Il risultato è un’intervista in stile paurista nella quale prima Moammar mette in guardia dal rischio alqaidista, dicendo di essere lì per combatterlo, e in chiusura (la traduzione è comunque molto dubbia) dice che si alleerà con al-Qaida se mai questa per lui fosse l’ultima opzione.
Biloslavo, evidentemente, non sa quasi niente di al-Qaida e in particolare di al-Qaida in Libia.
Gli consiglio vivamente – visto che insomma ogni tanto uno deve pure tirarsela – la lettura del mio “Libia: Gheddafi e la polpetta avvelenata“.
Se vuole lo trova anche su Limes.
Fausto, te la spiego in poche parole: Gheddafi finora ha controllato alqaidisti e simili in Libia, e ora li usa per mettere paura a te e a tutti quelli come te.
Ovviamente nel web e altrove rimbalza solo l’affermazione che Gheddafi “potrebbe allearsi con al-Qaida”.
E supera le barriere linguistiche.
Adnkronos mangia la foglia e riporta addirittura il dibattito apertosi in un sito jihadista, nel quale – ed era ovvio – si definisce Gheddafi un pazzo.
Parallelamente pubblica un proclama dell’AQMI, cioè al-Qaida nel Maghreb Islamico, che si dichiara “contro la risoluzione dell’ONU”.
Titola “Libia, audio al-Qaeda contro risoluzione Onu: non fidarsi di Usa e Nato“, senza specificare che l’AQMI non è al-Qaida tout court e che l’AQMI finora non ha mai agito in Libia.
Insomma il solito meccanismo mediatico perverso che finisce per impaurire tutti senza che vi sia davvero motivo.
L’esatto contrario di Fukushima.
In chiusura voglio indirizzarvi su 2 testi che invece sono di interesse per chi qualcosa davvero di al-Qaida voglia capire.
Il primo si chiama “Al-Qaeda Operating Environments” e ci spiega di cosa ha bisogno un’organizzazione come al-Qaida&co. per fiorire, strutturarsi e produrre atti terroristici.
E’ un lavoro serio perché lega il fenomeno ad aspetti “ambientali”: necessità di territorio non battuto, situazione di “quasi-stato” nella quale introdursi e proliferare etc. etc.
Ci fa capire come alcune aree della Libia potrebbero essere adatte all’impiantarsi di una base alqaidista.
Ma non ci dice che al-Qaida è lì per il fatto che da lì non arrivano da decenni attentati di al-Qaida.
Il tutto con mappe, analisi etc.
Il secondo esce tradotto su Medarabnews col titolo di “Test libico per la nuova al-Qaeda” e la sua particolarità sta nel fatto di usare fonti afghane e pakistane.
Ci parla di Abu Yahya al-Libi, che ora è in Afghanistan ma sta cercando di organizzare le cose in Libia.
Ci parla di una nuova strategia di al-Qaida della quale forse avremo conferme in futuro:
La fibrillazione di al-Qaeda per assumere un ruolo attivo in Libia va contro una precedente decisione di rimanere in secondo piano nei disordini scoppiati in Nord Africa e altrove all’inizio di quest’anno. Al-Qaeda aveva deciso di lavorare semplicemente al fianco delle forze islamiche per rafforzare la posizione dei movimenti islamici contro le forze liberali e laiche. Con l’imminente esplosione di una guerra civile senza quartiere in Libia, però, al-Qaeda non vuole essere messa da parte.
Be’, a questo punto vi auguro buona lettura.
E evitate la monnezza ché poi vi fa male la pancia.
https://in30secondi.altervista.org/2011/03/19/gheddafi-vs-al-qaida-la-partita-e-stata-gia-giocata/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/al-qaeda.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/al-qaeda-150x150.jpgLost Osamaabu yahya al-libi,al-qaida,al-qaida nel maghreb Islamico,fausto biloslavo,fukushima,il giornale,moammar gheddafi
“Brevi” aggiornamenti vari dal fronte libico.
In guerra, si è detto molte volte, la prima vittima è la verità.
Questo è a maggior ragione vero oggi, visto che fino a venerdì non eravamo una parte in causa, e quindi non eravamo intasati anche dalla nostra propaganda interna nell’analizzare gli avvenimenti libici.
La risoluzione ONU 1973 (19-73 per gli amici) è estremamente vaga, instaura una no-fly zone che però non è una no-fly ma un’area di interdizione all’esercito lealista e a tutte le forze che possono sembrare (a chi? evidentemente a discrezione) vagamente minacciose per i civili.
(il che è un assurdo, visto che tutte le foze militari possono sembrare una minaccia per i civili, inclusi i Tornado italiani per fare un esempio).
Questa zona di interdizione è estesa solo su parti del territorio Libico, l’estremo sud della Cireanica e metà Fezzan sono al di fuori della “no-fly”, idea tutto sommato sensata, che è stata pensata per lasciare all’aviazione e all’esercito libico un punto in cui rifugiarsi.
(ma se le cose si mettono male questo significherà che Gheddafi avrà una sua riserva strategica al confine con il Chad, oppure che può far partire un attacco terroristico contro Bengasi per far fare una figura barbina alle “forze ONU”, questo è il motivo per cui probabilmente verrà estesa a tutta la Libia)
Inoltre stabilisce che tutto il mondo può bombardare la Libia, senza bisogno di alcun tipo di coordinamento. Insomma l’ONU non si è presa la briga di assumersi l’onere di stabilire o (meglio ancora) coordinare una catena di comando.
Quindi allo stato attuale non c’è nessuno in cabina di regia, non c’è una strategia, non c’è una sola tattica ecc.
Come sia possibile non dico vincere ma anche solo fare una “guerra” (virgolette rafforzative) in questo caso non è dato saperlo.
Sono, infatti, emerse immediate differenze di comando.
I Francesi (ed altri) sono intervenuti con bombardamenti tattici nella zona di Bengasi fino quasi alle porte di Sirte.
Dal punto di vista “professionale” la loro missione è stata un successo notevole, che ha letteralmente salvato la capitale dei ribelli in cui era in corso una grossa crisi militare (superabile, ma a quale prezzo?). Insomma la Francia ha, per ora, salvato la ribellione da una probabile brutta fine.
Le perdite di Gheddafi in questo settore sono state pesanti, e difficilmente dei civili sono rimasti in mezzo. Le colonne di carri sono state colpite molto prima (o dopo) il loro coinvolgimento nella battaglia, quando ancora in buona parte erano montati sui rimorchi lungo la vecchia via Balbia (non usate questo nome, lo dico per farmi capire, ma quel passato dovrebbe passare) in mezzo alla campagna.
La scelta Francese è per un comando non centralizzato, o se centralizzato posto in una struttura nuova ad hoc e non sotto il controllo NATO. La strategia francese prevede un certo grado di appoggio diretto agli insorti, con missioni che, piuttosto che le normali pattuglie da no-fly (PAC) somigliano all’appoggio tattico ravvicinato (CAS)
Appoggio che per ora viene garantito con molta più generosità nell’est del paese rispetto che nell’ovest; anzi in Tripolitania è ancora Gheddafi all’offensiva, con la caduta imminente di svariate piccole cittadine anche sa a Misurata oggi si è molto duramente combattuto.
(la situazione dal fronte sembra caotica, le informazioni incomplete, l’esito degli scontri oscuro, però i ribelli dovrebbero avercela fatta un’altra volta; su Misurata sono intervenuti i missili della US Navy, con scarso successo).
Viceversa Italia, Gran Bretagna ed ora gli USA chiedono a gran voce il comando NATO.
Ma non c’è solo una divergenza nello stabilire chi comanda (e magari chi gestirà il dopo), che comunque esise (e di cui si parla così tanto sulla stampa che penso bene di tralasciare) bensì anche strategica e tattica.
Infatti mentre la Francia eseguiva sortite di precisione su bersagli militari in movimento da e verso Bengasi, dimostrando un buon coordinamento con gli insorti, britannici ed americani iniziavano una serie di bombardamenti strategici (quasi in stile Kosovo, per fortuna che c’è un quasi), volti alla distruzione di bersagli anche molto distanti dal fronte.
Per esempio il primo attacco americano è stato portato avanti con 3 B2 (un aereoplanino da un miliardo di dollari al pezzo, non sto scherzando) decollati direttamente dal Missuri, e missili lanciati da unità navali. I bersagli che hanno preso di mira sono stati alcuni aereoporti libici, varie istallazioni militari (anche di prestigio), le basi navali, le postazioni della contrerea e altri obbiettivi fissi.
Hanno, inoltre, dato l’impressione che cercassero, magari, di far fuori il Rais, o comunque di distruggere il suo stato maggiore e la leadershp libica. Ovviamente la circostanza è stata negata alla stampa.
(questo fatto sarebbe stato proibito fino a 6 anni fa, poi Bush ha pasticciato -come al solito- eliminando, nei fatti, la norma che proibiva di attentare a capi di stato stranieri, una norma risalente al ‘700, di elementare buon senso politico visto che i capi di stato stranieri sono quelli che, nella migliore delle ipotesi, devono firmare la resa, o no?).
In pratica alcune potenze NATO si preparano ad una guerra lunga e parallela a quella degli insorti, in cui l’unico obbiettivo (che, come questa sera Obama ci ricordava, non rientra negli obbiettivi della 1973) è defenestrare Gheddafi.
I Francesi invece danno l’impressione di voler fare la guerra al fianco del governo di Bengasi, anche subordinando la loro strategia alle esigenze delle forze ribelle (e senza curarsi di Misurata).
Il problema del comando NATO però non è semplice.
Innanzi tutto la NATO (in teoria) deve decidere all’unanimità (anche se poi questa può arrivare in maniera piuttosto forzosa, visto che la Grecia non voleva votare l’attacco ala Serbia nel 1999). La Turchia sta vivendo una situazione poco chiara, in cui però sembra che il governo si stia schierando decisamente contro l’intervento NATO in Libia. Mancando la Turchia l’opposzione della Francia risulta persino pleonastica.
In secondo luogo bisogna vedere se gli stati non NATO accetterebbero questo comando.
Per esempio è notizia (non confermata) che per la prima volta ci sia un serio contrasto nella leadership russa, con Putin che sembra ancora il vecchio amico di Gheddafi, e Medvedev che quasi quasi si unisce alla coalizione (puntando forse alle spoglie), tentato da Baiden (in visita a San Pietroburgo). Siccome Batman è Putin direi che la Russia resterà a guardare, o addirittura farà propaganda pro Gheddafi.
Poi ci sono, di sicuro, il Quatar e con molte probabilità gli Emirati arabi uniti (ma la rivoluzione lì proprio non arriva?), oltre ad una potenza fiera della propria indipendenza come la Svezia (ed in cui la costituzione si rispetta, quindi un eventuale partecipazione avverrà solo dopo un eventuale passaggio parlamentare). Anche queste 3 nazioni verebbero marginalizzate in caso di comando NATO, per non parlare della decina di stati e staterelli (dall’Albania alla Croazia, passando per alcune nazioni arabe come la Giordania che sembra però intenzionata a sfilarsi) che appoggerebbero la missione senza però prendevi parte nemmeno con un aquilone.
La NATO ha esperienze di comando su contingenti non suoi, ma è sempre un pasticcio, per altro piuttosto umiliante per le potenze non NATO.
Daltro canto l’Italia (governativa) è in piena francofobia, convinta che la TOTAL voglia sostiruirsi all’ENI (cosa piuttosto difficile in realtà), vede imboscate dappertutto e rimpiange i bei vecchi tempi del baciamano (anche oggi Berlusconi, qui a Torino, mentre era impegnato a sostenere il candidato sindaco Coppola, uno che riuscirebbe a far votare Fassino persino a me, ha fatto dichiarazioni del tipo “dispiacere perché uno stato amico come la Libia sia sotto attacco”, ma ca..o se tu che l’attacchi?), quindi sembra che l’interesse principale dell’Italia sia diventato usare il comando NATO per tenere sotto controllo l’attivismo Francese.
Alla fine resta l’ONU a non far bella figura, non essendo stato capace di prendersi le sue responsabilità e gestire la “sua” operazione.
Aggiungerei che la strategia anglo-americana mi sembra sbagliata e rischiosa, capace di far durare il conflitto più a lungo, visto che è basata sul presupposto che Gheddagfi sia una persona razionale, ed una volta che gli obbiettivi strategici della Libia saranno distrutti, con tutto l’annesso di vite umane e perdite materiali, si ritirerà di buon grado,( e allora perché non immaginare che vada direttamente davanti al tribunale penale internazionale, magari chiedendo di scontare la pena in un carcere-tenda?).
Cominciare con la soppressione delle difese antiaeree linbiche aveva un senso militare (anche se la Francia ha dimostrato che si poteva già operare e che non erano necessarie randi contro misure) proseguire con i bombardamenti strategici invece non mi sembra un’idea così brillante. Anzi rafforza la mia impressione che questo intervento sia sbagliato o comunque molto più che discutibile, avvenuto dopo aver perso più di un’occasione di aiutare i ribelli (anche militarmente, ma senza entrare in guerra).
Inoltre i bombardamenti strategici hanno sempre avuto la brutta abitudine di inserire tra gli “obbiettivi legittimi” anche strutture economiche e civili (come per esempio le TV, le radio e qualsiasi altro aparato della “propaganda”, i ponti, i porti, le centrali elettriche, gli acquedotti, le fabbriche).
Sin da quando Doueht l’ha formulata, la teoria del bombardamento strategico è rimasta piuttosto sanguinaria, cinica, spietata, ostile ai civili (Doueht, dopo tutto, era un fascista anti umanista) e sopratutto, malgrado il Kosovo, indimostrata.
Infine l’Italia.
Se fossimo una potenza….
(oltre ad aver risolto in maniera dignitosa la questione dei profughi di Pantelleria, quando La Russa parla di rispettabilità internazionale per il nostro paese farebbe meglio a ricordarsi che proprio dalla capacità di risolvere queste crisi in maniera umana e civile si misura la rispettabiltà di una nazione)
Se fossimo una potenza seria avremmo una strategia chiara e ci atterremmo a quella, qualunque essa sia. Se fosse “guerra” averemmo un presidente del consiglio che dichiara alle TV perché è giusto violare la nostra costituzione (o perché non la stiamo violando, l’equilibrismo può anche essere “serio”), perché siamo in guerra (anche una scusa propagandistica, già vorrebbe dire che l’oppinione pubblica merita di essere presa in considerazione). Se fosse “pace” dovremmo dire ai nostri alleati quali sono i limiti della nostra partecipazione alla NATO e alle risoluzioni ONU, spiegare a loro la nostra costituzione, contribuire magari in altro modo. Inoltre, essendo la posizione del governo, dovrebbe essere una posizione collettiva, condivisa, su cui esiste una maggioranza e su cui converge almeno tutto il governo.
In ogni caso avremmo dovuto eliminare il trattato di amicizia italo libica, che sembra proprio pensato per situazioni come queste (visto che stabilisce come minimo la neutralità dell’Italia in caso che una coalizione internazionale attacchi la Libia, o vice versa). Non avendolo sopeso ci siamo dimostrati ancora una volta dei machiavellici pulcinella che cominciano le guerre con un alleato e le finiscono con l’altro.
(Il che non necessariamente è sempre un male)
Però non abbiamo uno straccio di posizone politica, abbiamo invece almeno 4 idee distinte in 4 ruoli chiave del governo: il ministro dell’interno vorrebbe rimanere neutrale, il ministro della difesa vorebbe bombardare di più (italiani di terra, di cielo e di mare, l’ora delle decisioni irrevocabili, la quarta sponda ecc. ecc.), il ministro degli esteri (insomma, quello a cui hanno detto di fare il ministro degli esteri) vorrebbe sbattere fuori tutti quelli che non accettano il comando NATO e il capo del governo afferma che noi non abbiamo mai sparato, non siamo lì per sparare e non spareremo mai.
Il che se lo dice lui….
Infatti i piloti che tornana alla base dichiarano, sempre più spesso, “missione compiuta” (mentre in TV fanno rivedere alla nausea il pilota di Tornado Nicola Scolari, che afferma di non aver fatto partire gli HARM, il che potrebbe anche essere vero, nel suo caso, questi missili anti radar vengono lanciati se e solo se la contraerea libica accende i radar, cosa che pare venga fatta a sprazzi. Quindi il suo caso conferma solo che in quella missione nessun radar a puntato il suo aereo, altrimenti avrebbe sparato).
Oltre tutto Canadesi, Francesi, Inglesi, ed Americani hanno dato un nome alla loro missione, noi invece ci siamo adattati al nome americano al massimo traducendolo con un maccheronico “Odissea all’alba” (il che è simbolico, non trovate?).
P.S.
Volevo scrivere Gates ho scritto Baiden….scusatemi anche per un paio di altri errori di grammatica.
P.p.s
Quando si entra in guerra cercando “il pungo di morti (…) per sedersi poi al tavolo di pace dalla parte dei vicnitori” (che per chi non lo sapesse è quanto dichiarato, privatamente, da Mussolini nel 1940) si tende a dimenticare una delle regole base: prima di dare il via alle operzioni si richiamano in porto le navi.
Infatti ci siamo dimenticati un rimorchiatore e Tripoli, oggi preda di guerra…
Sarebbe solo una figuraccia se non fosse per il povero equipaggio, ormai ostaggio degli eventi.
Grazie Valerio per i tuoi egregi approfondimenti, faro nel guazzabuglio mediatico.
Se io non appartenessi alla cultura dell’odio e dell’invidia, quasi quasi il Berlò comincerebbe a farmi tenerezza: con una mano bombarda, con l’altra carezza, languido e nostalgico, con la lingua già pronta a lambire qualsiasi mano altrui, che tanto ha dichiarato tutto e il contrario di tutto. Che struggente bisogno di essere amato!
Per quanto riguarda il titolo della missione italiana, volendo restare in tema di classici, propongo il più calzante “Amleto al crepuscolo”.