Invasi di merce identitaria, non importa quale
L’inserto culturale di Repubblica ha pubblicato qualche giorno fa un fondamentale articolo intitolato “L’invasione culturale cinese“.
Il tema è il seguente:
Il soft-power è la condizione per salvare la stabilità dell’ autoritarismo di mercato, fondato sull’ egemonia del partito comunista.
La Cina si appresta a diffondere, assieme alle sue merci, la sua “identità”, recuperando anche il taoismo originario e quindi dimenticando l’ateismo di Stato.
Domenica ai piedi del monte sacro Hengshan si è tenuto l’ inedito Forum Internazionale sul taoismo. Oltre 500 rappresentanti di venti paesi hanno concordato che la filosofia precristiana di Lao Zi è «la base per rendere la cultura cinese la più importante del mondo». Imbarazzata da Buddha e da Confucio, la Cina riscopre il taoismo quale credo nazionale e universale del futuro.
Dunque: come sopravvive il capitalismo in assenza di democrazia?
Benissimo, basta portare un’offensiva “culturale” in grado di dare identità alle merci.
In questo caso l’identità è quella cinese e, si noti bene, è un’identità pre-maoista, collegata all’ambito religioso.
Se andiamo nelle zone di pertinenza di questo blog vediamo che la situazione è la stessa.
La fanno da protagonisti i grandi capitali del Golfo e i grandi imprenditori “islamizzanti”, ma la dinamica è identica: “l’offensiva culturale”, basata sull’identità islamica, proviene da paesi in cui la democrazia non è nemmeno presa in considerazione.
Anzi: il mercato è lo strumento per continuare a non prenderla in considerazione.
Invito a leggere il pezzo e a fare i dovuti paralleli, sempre che siate usi a leggere su questo blog temi di islamercato.
Lastly: parliamo di democrazia. In questo bell’articolo apparso su Internazionale, segnalato oggi da Alessandro Lanni ma tradotto già il 1 novembre da Leonardo Clausi, Slavoj Žižek ci spiega perché un sistema che dia alla politica tutto l’onere di rappresentare la democrazia fallisca proprio nel non assicurarne.
I nostri sistemi democratici sono al capolinea perché a una democrazia rappresentata in politica non corrisponde una democrazia delle relazioni sociali.
Al livello delle relazioni sociali le nostre democrazie, sempre più, si riducono ad essere luoghi in cui possiamo “scegliere fra prodotti diversi”.
Poter scegliere fra Amerimercato, Cinamercato o Islamercato non è una gran libertà: su questo sarete d’accordo.
https://in30secondi.altervista.org/2011/11/04/invasi-di-merce-identitaria-non-importa-quale/In assenza di democraziaIslamercatocina,democrazia,islam,mercato
“le nostre democrazie, sempre più, si riducono ad essere luoghi in cui possiamo ‘scegliere fra prodotti diversi'”.
aggiungerei che per certi versi non è neanche possibile scegliere: se sei musulmano “devi” comprare halal, se sei occidentale e democratico “devi” bere la nota bibita gassata coloro caramello e mettere il ketchup sulle patatine fritte.
;)
D
Mi ricordo il manuale di microeconomia che definendo la democrazia diceva una cosa come “la libertà è poter comprare i beni al prezzo che il mercato stabilisce”.
off topic: anche per me quello di zizek è un pezzo fondamentale:
http://wp.me/p1aELq-bA
;-)
credo sia del tutto imperativo ripensare i fondamentali, o perlomeno smettere di darli per scontati.
No, non è una gran libertà. Hai ragione. Ma siamo già ridotti solo a questo? Secondo me, no. La globalizzazione ha risvolti impensabili, la contaminazione di linguaggi e culture può produrre ancora sorprese, perciò io, caro Lorenzo, non mi iscrivo al partito degli apocalittici. Almeno non per ora. Ne riaprliamo fra una ventina d’anni. Nel frattempo, teniamoci in contatto.
Marco/MilleOrienti
No, certo, non siamo già a questo. La mia è una voce allarmata, constatato il profondo silenzio attorno riguardo a questo tema.
Scusate il riepilogo: se ho ben capito 500 distinti signori di 20 diversi paesi si ritrovino in un’amena località montana cinese, e uno di loro — essendo a un convegno taoista ce lo immaginiamo quantomeno simpatizzante, se non proprio agghindato come il maestro di Kill Bill — in preda all’entusiasmo spara il suo peana per il taoismo come radice culturale cinese. Da ciò la giornalista deduce prontamente che “la Cina riscopre il taoismo quale credo nazionale e universale del futuro”. Quel che è peggio, premette che la suddetta Cina sarebbe “imbarazzata da Confucio”, il che è platealmente falso, e qualche sospetto potrebbe anche venire dal fatto che l’estabilishment abbia investito milioni in un blockbuster titolato per l’appunto Confucius, con l’esplicito intento di sostituire il grande cinese ai vari Avatar occidentali… comunque sia, che riscoprano (ammesso che li avessero mai dimenticati) Confucio e/o Lao Zu, non significa che gli serva il brand confuciano o taoista per legittimare l’invasione dei mercati. Direi che finché vado all’emporio cinese e trovo l’identica prolunga elettrica made in china del Mediaworld, e però all’emporio costa dieci volte in meno, mi sento fortemente spinto all’acquisto anche se non è rigorosamente taoista o non è conforme al rituale confuciano. Hanno bisogno di ricostruirsi un’identità pre-maoista per trionfare sui mercati internazionali? A me pare di no. Il paragone con lo sfruttamento delle necessità halal su cui si fonda l’islamercato mi sembra un po’ tirato pei capelli, anzi per il codino…
Be’, Mizam, al di là della “suggestione” sul convegno, il pezzo ci porta alcuni esempi un po’ più concreti (ad es. il cinema) sulla avanzata di una nuova “offensiva culturale” cinese in un’ottica di mercato.
E la cosa fa il paio con il marketing del “mondo halal”, credo.
Come scrivevo nel paper (http://in30secondi.altervista.org/2011/07/18/paper-haramhalal-la-riscrittura-dell%e2%80%99identita-musulmana-nel-nuovo-mercato-islamico/) riportando Zizek:
Mah, purtroppo il prof. Zizek e la sua prosa sono quasi del tutto al di là delle mie limitate capacità di comprensione… Comunque sia aderisco fin d’ora al programma cinese citato nell’articolo, laddove intendono dare “lo stop a varietà, reality, fiction sexy o violente. Per «ricostruire moralità, armonia, salute e cultura» le 34 emittenti più diffuse dovranno concentrarsi su informazione, storia, geografia, arte e astronomia, preventivamente vagliate dai funzionari del partito”.
Daranno asilo politico? Adesso che riscoprono le loro radici, una casetta tradizionale sulle pendici di quelle montagne daoiste non mi dispiacerebbe proprio. Sorseggiare 安吉白茶 fra rocce contorte, ascoltando il mormorio dei pini… io sarei pronto. Certo che, come si suol dire, ci troviamo in un 刀山火海 e in quei luoghi di sicuro ci sono 藏龙卧虎, e alla fine rischiamo di 对牛弹琴, ma che altro ci resta?