Dopo la carneficina nella chiesa siro-cristiana di Baghdad, sono partite minacce ai copti d’Egitto ad opera di chi la rivendica, ovvero “Lo stato islamico dell’Iraq” (دولة العراق الإسلامية), un’organizzazione “ombrello” fondata nel 2006 che raccoglie sigle terroristiche iraqene tristemente famose laggiù, fra cui anche “al-Qaida in Iraq”.

Ciò che voglio sottolineare, qui, è che i terroristi iraqeni si stanno appropriando di una vicenda che ha un forte impatto sull’opinione pubblica egiziana. Vicenda che, nel merito, ha un sapore diverso da quello che i giornali italiani in questi giorni tendono a descrivere.

La materia della minaccia l’ho già trattata (citando un post di Alaa al-Aswani) e quindi la riassumo brevemente, rimandandovi a quel post per un approfondimento.

La minaccia vede come protagoniste due donne copte, Wafa’ Costantin e Camelia Shehata:

Secondo SITE, i terroristi iracheni nella loro minaccia ai copti egiziani fanno riferimento a due mogli di preti copti, che sarebbero segregate in strutture religiose perché una si sarebbe convertita all’islam e l’altra avrebbe detto di volerlo fare. L’ISI ha messo su internet un messaggio attribuito al capo del commando suicida di Baghdad che minaccia i cristiani egiziani e identifica le donne come Camellia Shehata e Wafa Constantine (fonte).

Ora: di Camelia Shehata sapevo, grazie a Alaa al-Aswani, che aveva cercato senza successo di ottenere il certificato di conversione all’islam, e quindi anche il diritto a divorziare dal marito prete.

Recatasi presso le autorità preposte, ovvero di fronte ai funzionari dell’università islamica di al-Azhar, per formalizzare la conversione e chiedere il divorzio, si era infatti vista negare la ratifica con futili motivi e questo era avvenuto per evitare un incidente diplomatico fra rappresentanti dell’establishment religioso egiziano.

Secondo il racconto di al-Aswani era sparita subito dopo, nel tumulto di una manifestazione di protesta organizzata dai copti del Cairo.

Come sottolineava il famoso romanziere, tutte le istituzioni egiziane avevano teso a dare ragione ai copti che però, di fatto, stavano negando il diritto (costituzionale) di Camelia alla conversione  in base a un inaccettabile principio di “discriminazione positiva” ovvero: le gerarchie copte vogliono mantenere il controllo della loro comunità anche con le cattive (se ti sei sposata un copto non puoi divorziare, e basta) e lo Stato egiziano tende a dar loro ragione, superando ostacoli di ordine costituzionale (la libertà di scegliere a quale religione appartenere) e in accordo con le autorità ufficiali musulmane, solo per il fatto che i copti sono una minoranza che non va discriminata.

Così facendo, però, a non venir discriminate sono le elites copte o “i copti” in quanto denominazione religiosa, e non le persone copte, le quali dovrebbero avere diritto a cambiare religione quando e come vogliono.

Insomma, niente di più ghiotto per un gruppo terroristico: c’è uno Stato nazionalista, corrotto, “falsamente” islamico e amico dei copti che nega a una donna di convertirsi all’islam!

Asianews oggi riporta le opinioni dei copti egiziani, che “rifiutano l’ultimatum” e “negano le conversioni”.

Nell’articolo si legge:

Hanno preferito rifugiarsi in qualche convento o comunita’ ”per la forte pressione sociale che subivano”, le due donne copte chiamate in causa nella rivendicazione dell’attacco alla chiesa siriaco-cattolica di Bagdad. A riferirlo al telefono e’ Samia Sidhom, direttore editoriale al Cairo di El Watani, storico settimanale dei copti d’Egitto con sede anche a New York. ”Avevano lasciato le loro case per disaccordi familiari – dice Samia Sidhom ad ANSAmed – ma non vi e’ stata da parte loro alcuna conversione all’islam, come hanno confermato anche le massime autorita’ religiose musulmane”. Conferma giunta dalla stessa autorita’ sunnita di Al Azhar, precisa la giornalista. In realta’ entrambe (una di loro, Wafa Costantine, gia’ vedova all’epoca della sparizione nel 2004) avrebbero voluto tornare ad una vita normale, spiega ancora Samia Sidhom, ma ”c’erano troppe pressioni su di loro” e dunque sono state costrette a trovare rifugio in due luoghi (conventi o comunita’, appunto) diversi, che lei stessa dice di non conoscere. Ma entrambe sono rimaste ”vittime di strumentalizzazione”, aggiunge, sia nelle manifestazioni che hanno fatto seguito al diffondersi della notizia della loro conversione sia, ora, da parte dei terroristi che hanno rivendicato l’attacco in Iraq (fonte).

Le fonti qui citate sono entrambe autorevoli ma le verità narrate non coincidono.

Che fare? Stavolta mi sembra che a indossare la casacca di una squadra siano quelli di Asianews, a meno che Alaa al-Aswani, un uomo moderato di grande cultura che scrive per World Affairs, non si sia fatto abbindolare dalla “propaganda islamista”.

In tutto ciò resta da chiedersi che impatto possa avere la rivendicazione di un’organizzazione terroristica iraqena in Egitto. Azzardo un “molto basso” soprattutto perché gli animi in Egitto sono già sufficientemente riscaldati e questa “intromissione”, tesa evidentemente a creare consenso in Egitto, cade come una goccia nel mare.

E’ come se andassi in curva sud a urlare “Lazio merda” al derby: le parti sono già in conflitto e non ho sbagliato curva.

Proprio per questo voglio segnalare a chi si fosse perso il relativo post l’esistenza di un’organizzazione egiziana di nome “Osservatorio islamico di resistenza alla cristianizzazione” che da tempo conduce una facile campagna d’opposizione all’atteggiamento dello Stato egiziano sugli argomenti delle “convertite”.

Sono ritornato a far visita a questi inquietanti controcrociati per scoprire che:

  1. hanno ristrutturato il sito, rendendolo molto più amichevole e per questo, forse, ancora più inquietante;
  2. pubblicano una lunghissima lettera a “Wafa’ Constantin e le altre prigioniere“, la prima di una serie ancora da venire. Guardacaso proprio oggi.

Morale della favola?

Fatela voi.

——————-

p.s. fra le altre cose il sito pubblica una recensione alla nuova traduzione di Ida Zilio Grandi al Corano. Attenti, dunque: i cattivi ci guardano.

——————

[fuori misura] Lorenzo DeclichFuori misuraal-azhar,alaa al-aswani,asianews,camelia shehata,copti,egitto,Lo stato islamico dell\'Iraq,musulmani,terrorismo,wafa' constantin,دولة العراق الإسلامية
Dopo la carneficina nella chiesa siro-cristiana di Baghdad, sono partite minacce ai copti d'Egitto ad opera di chi la rivendica, ovvero 'Lo stato islamico dell'Iraq' (دولة العراق الإسلامية), un'organizzazione 'ombrello' fondata nel 2006 che raccoglie sigle terroristiche iraqene tristemente famose laggiù, fra cui anche 'al-Qaida in Iraq'. Ciò che voglio...