Degli scontri tribali in Yemen*
Ai tempi del mio soggiorno in Yemen, dieci anni fa, ancora non sapevo nulla di Shaykh al-Ahmar.
Tuttavia mi capitò di sentire diverse barzellette su questo personaggio che credevo immaginario, un protagonista di barzellette appunto (lo Sceicco Rosso), antonomasia del potere, ma insomma non sapevo che esistesse davvero.
Effettivamente non solo è stato uno degli esponenti di spicco della confederazione tribale degli Hashid egemone nello Yemen del Nord da parecchio tempo. In questa veste è stato anche una delle guide della Congregazione Riformista Yemenita (partito comunemente denominato Islah), che unisce componenti religiose e tribali, ma ha anche promotore di una coalizione con altri partiti (in particolare il Partito Socialista, al potere nello Yemen del Sud ai tempi della Repubblica Democratica) alle ultime elezioni presidenziali del 2006 – dove il candidato alla presidenza ottenne il 21%, notevole progresso rispetto a quelle del 1999, quando il Presidente `Ali `Abdullah Salih attualemnte incarica (sempre lui) aveva vinto con il 98%.
Ora questo “vecchio Rosso” non c’è più (deceduto per malattina nel 2007), ma ce n’è un altro che, non da oggi, è protagonista della politica yemenita, cioè `Ali Muhsin al-Ahmar. Generale di rango dell’esercito yemenita, appartenente alla stessa tribù, fortemente radicato nel nord del paese, ma, pare, anche imparentato col presidente `Ali `Abdullah Salih, sarebbe in rapporti sia con gli al-Huti del nord che con in salafiti (!). L’alleanza fra lui e il Presidente Salih avrebbe tenuto in piedi lo Stato Yemenita dal golpe bianco del 1979 fino ai giorni nostri, passando atraverso la riunificazione, la guerra civile e la ri-riunificazione.
Recentemente si sarebbe schierato con i manifestanti anti-governativi.
Questa la cronaca del passato recente.
Ma su questi temi il buon Lorenzo mi punzecchia da tempo con alcuni calbogrammi rivelati da wikileaks e rimandati dal Guardian, su alcuni retroscena un po’ datati, ma che ci gettano una luce anche su quel che sta succedento ora.
Questi sono i links:
- http://wikileaks.ch/cable/2005/09/05SANAA2766.html
- http://www.guardian.co.uk/world/2011/apr/08/saudi-arabia-yemen-ali-mohsen
Per chi non ha voglia di spulciarseli, li riassumo: nel primo cable, l’ambasciata USA riferiva alla madrepatria dei possibili scenari della successione all’attuale (i comunicati rislagono al 2005) Presidente Salih, il quale sarebbe stato senz’altro confermato nelle imminenti elezioni presidenziali, ma non si sarebbe ricandidato nel 2013.
Speculando sugli eventuali successori, si davano valutazioni sui personaggi di spicco della politica yemenita — citando per l’appunto Shaykh al-Ahmar che, vista l’età, appariva intenzionato a svolgere un ruolo di “kingmaker” piuttosto che di protagonista — mentre si dava come poco probabile la possibilità che Salih riuscisse a garantire la successione al proprio figlio.
Insomma, lo scenario tratteggiato appariva sostanzialmente simile a quello egiziano di qualche mese fa, dove gli USA, alla ricerca di futuri interlocutori affidabili, non sapevano dove andare a cercarli.
Curiosa la riflessione riportata sul’eventualità di una rivolta popolare:
[il Qat è un erbaggio disgustoso che libera tossine eccitanti se lo si mastica, n.d.r.]Many Yemenis point out that the daily practice of Qat chewing by most Yemeni men is the major impediment to affecting change through peaceful means. “As long as we care more about chewing Qat than democracy,” said one political activist sadly, “we cannot make a difference.”
Dato che invece la rivolta popolare e pacifica (e repressa anche violentemente) è in atto da quasi tre mesi [vedi qui e qui], non credo che sia perché gli yemeniti abbiano smesso di masticare qat.
Semmai perché il prezzo del qat è arrivato alle stelle.
Nel secondo cable, l’Arabia Saudita chiedeva agli USA delle foto satellitari per un’azione aerea congiunta con le forze Yemenite contro gli al-Huti di Sa`ada. Ma ne viene fuori che le informazioni date dagli Yemeniti erano imprecise, e gli aerei sauditi avrebbero rischiato di colpire un quartier generale di `Ali Muhsin al-Ahmar.
Ora ognuno può fare le sue considerazioni, ma qui vi riporto le mie:
– Ai tempi in cui l’Egitto nasserista partecipò militarmente alla rivoluzione anti-imamista, nel 1962, in Yemen, l’Arabia Saudita sosteneva l’Imam per far sì che non si instaurasse il primo stato non monarchico nella Penisola. Allora l’Arabia Saudita non aveva molti mezzi (i petrodollari cominciarono ad affluire copiosi solo dopo il 1973). Ma oggi la situazione è molto cambiata.
- Allo stesso tempo l’AS ha ogni interesse a sostenere la componente wahhabita-salafita del partito Islah, sebbene dichiari di voler contrastare la presenza di terroristi (di effettiva ispirazione wahhabita-salafita) in Yemen come in tutta la Penisola.
- Lo scontro fra il Presidente e il Generale evidentemente risale a ben prima delle recenti rivolte, e non è uno scontro tribale, almeno nel senso tradizionale del termine, in quanto entrambi appartengono alla stessa tribù o confederazione tribale (gli Hashid). Ne consegue che l’elemento tribale nei tumulti recenti è probabilmente marginale nella misura in cui le tribù minori da sempre rivendicano maggione “attenzione” (ovviamente di tipo non militare: droni che bombardano) da parte del governo centrale.
Gli equilibri sono precari, sempre più precari. - Le proteste sono diffuse in tutto il paese, in tutte le principalei città San`a’, Ta`izz, `Aden, la qualcosa è certo indice che non si tratta di rivendicazioni regionali o tribali.
- L’ingerenza esterna sembra una costante, ma una costante che non ha mai trovato una chiave di volta. Nemmeno la recente iniziativa del Consiglio di Cooperazione del Golfo, capitanata dal Qatar (ativissimo in questi ultimi tempi), a oggi, ha trovato un punto di accordo fra il Presidente e i manifestanti.
Altri interventi sull’argomento: qui, per il resto si attendono sgli sviluppi di una situazione che è in divenire e (a mio avviso) ancora imprevedibile.
D
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* questo post è stato scritto da casa, quindi coi limiti di chi, non stando sul posto, cerca di capire la situazione dalle fonti che ha a disposzione.
Sembra un lavoro per il “mascalzone rosso”!
@Valerio: un giorno sarebbe bello discutere delle “analogie e differenze” fra la situazione yemita e quella libica…
En passant, mi dissocio dalla definizione di “erbaggio disgustoso” usato dal redattore per riferirsi al qat. Quello di buona qualità ha anzi un sentore di liquirizia con retrogusto di insalatina di campo…
D
Lo degustai solo d’importazione, allo Starehe Club di Stonetown, Zbar. E’ ovvio quindi che mi diedero il pacco :-)
e già, come sai va degustato al massimo entro un giorno dalla raccolta… poi probabilmente quello proveniva dai bilad al-Habash, che è più forte e meno aromatico…
D
E bravi i nostri consumatori di qat…
Libia e Yemen, due situazioni con qualche analogia, molto pompata dai media e su cui quindi non aggiungo nulla, e moltissime differenze.
tra queste sottolinierei:
1) in Yemen la situazione di guerra civile, più o meno strisciante, continua dagli anni ’50, in Libia invece Gheddafi, pur avendo dal 1975 (o forse da prima) dovuto confrontarsi con opposizioni di vario tipo le ha sempre stroncate.
2) in ambedue gli stati lo “Stato” è debole, ma in Yemen è veramente debole, visto che esistono davvero soggetti alternativi (clan e tribù, minoranze religiose, opposizioni politiche laiche, centri di contro potere nell’esercito e altrove), mentre in Libia lo stato è mantenuto artificialmente debole da Gheddafi, che ha governato tramite un diwan informale
3) lo Yemen e la Libia sono la somma di più entità (la Libia fu una federazione fino al 1963, il “regno unito di Libia”), ma in Libia l’unità risale alla colonizzazione italiana e da allora non si è mai arrestata del tutto. In Yemen invece divisioni e riunioni sono già avvenute.
4) le strutture economiche dello Yemen non sono state mai coinvolte da una pioggia di petrodollari
5) la Libia ha conoscito una rivoluzione imposta dal governo (ed assai poco amata dai cittadini), che però aveva, nelle intenzioni del governo, valore universale e internazionale, tanto da inserire la Libia come potenza mondiale di secondo piano
6) lo Yemen (esattamente al contrario) è stata una nazione influenzata dall’esterno, sia nel gioco delle grandi potenze, sia da quelle regionali (sopratutto l’Egitto), la politica interna della Libia, fino ad ora, è stata portata avanti dai Libici in maniera autonoma.
Questo per quello che riguarda l’ultimo cinquantennio.
Poi nella estrema contemporaneità anche in Yemen assistiamo alla saldatura di tante opposizioni diverse (ma questo vale per molte “primavere” arabe), ad un appoggio dei rivoltosi che coinvolge solo un settore dell’esercito, ad un conflitto “tribale” che proprio tribale al 100% non è (ma in Yemen le tribù credo esistano eccome, mentre in Libia sono sempre più convinto che non esistono quasi più, eccetto quelle due o tre favorite dal governo).
Manca in Yemen un salto di qualità nella guerra, e spero proprio che l’opposizione non sia così stupida da farlo (ovvero i metodi di lotta rimangono essenzialmente pacifici, il che è encomiabile in un paese in cui le armi sono così diffuse), mentre al contrario è evidente il peso del terrorismo di varia matrice nella poltiica yemenita degli utlimi anni, tanto che da molto tempo gli USA praticano oprazioni coperte e usano droni in quel paese.
Insomma la Libia è una nazione autonoma lo Yemen è uno stato condizionato da protettorati vari, eppure in Libia l’unico modo per fare opposizione è stata una guerra, subito internazionalizzata, in Yemen potremmo schivarla (speriamo).
ottimo articolo.
Al tempo della mia permanenza in Yemen – lo sceicco Ahmar era appena morto – avevo capito solo che era un personaggio importantissimo (pieno di foto in giro e sulle macchine) che aveva funto da tramite moderato tra il raiss e gli islamisti e che la sua morte avrebbe influito su quest’equilibrio… A quanto mi avevano spiegato Saleh, zaidita, quando ha unito nord e sud ha dovuto in un certo senso compiere un ilghà2 (non mi viene una parola italiana) del lawn zaidita del suo governo in nome dell’unione con il sud sunnita e questo avrebbe fatto incazzare gli zaiditi più incazzosi tipo gli Huthiyyin.
il qat – quello buono coi rametti rossastri – è una sostanza meravigliosa e utile. Alcuni vecchi sceicchi di sana alqadima ne smorzavano l’effetto verso la fine con hashish afgano o erba locale per passare poi al wisky di contrabbando gibutino. i giovani che ho conosciuto io invece erano un po’ più tristi, vestiti occidentali, niente jambiyya e niente alcol.
@Valerio: lo stimolo alla comparazione ovviemante riguardava il recente, più che il passato. sono d’accordo che la grande differenza fra Yemen e Libia sta nella differenza nel flusso di pretrodollari. Ma non sono d’accordo sul fatto che in Yemen sia preponderante l’influenza esterna, rispetto alla Libia. Ricordiamo che lo Yemen (del Nord) è l’unica regione della Penisola (insieme alla Yamama) a non aver mai conosciuto il colonialismo (la parentesi turca è stata davvero poco incisiva, meno di quanto non sia stata nel Hijaz, ad esempio). E fino a vent’anni fa il paese era considerato fra i più chiusi dell’universo.
Anche sulla presenza del terrorismo avrei dei dubbi. Gli eventi terroristici degli ultimi dieci-quinidici anni nel paese erano principalmente dovuti ai conflitti interni. Sul fatto che dallo Yemen siano passati vari esponenti del terrorismo internazionale, e sui miei dubbi in proposito, vedi precedenti post.
Il punto più delicato è sicuramente quello del tribalismo. Io non sarei tanto sicuro che in Libia (come in Yemen) tali legami siano scomparsi. A mio avviso sono invece sublimati in raggruppamenti di clan (o forse semplicemente lobbies) che ne riproducono le dinamiche. Ma su questo avrei bisogno di indagare di più.
@ Rafiqqq: ilgha’ = eliminazione/epurazione/proscrizione?
Quel che hai sentito è sicuramente giusto e un’ottima chiave di lettura, ma è proprio questo che mi suona molto strano: qual è il rapporto fra zaiditi (che nel nord sono tantissimi, forse la maggioranza) e i sostenitori del vecchio Imam. E poi come questo contrasto si colleghi (oggi) al sostegno o all’opposizione a Salih.
D
PS: quello coi rametti rossastri, se ricordo bene, era il hamdani?
Esatto l’hamdani!
comunque quando guardo gli speciali di al-jazeera sulla rivolta yemenita di piazza taghiir cerco sempre di beccare qualche guancia gonfia ma nulla: mi sa che non si mastica durante le manifestazioni!
Quanto ri-masticherei adesso! al tempo a San’a scrissi una ventina di pagine di diario del mio yemen sotto effetto di qat, quando infatti poi le ho pubblicate su internet hanno suscitato le ire dell’ambasciatore italiano e della mia ex professoressa…ripensandoci ora, quasi 4 anni dopo, erano deliranti ma simpatiche e genuine..
e se non fosse una “rivolta del pane?”
http://www.alarabiya.net/articles/2010/06/12/111135.html
D
;-)
Cari, ho scovato anche questo
http://wikileaks.ch/cable/2009/08/09SANAA1617.html
Sembra che un altro al-Ahmar, Hamid, nel 2009 abbia detto agli americani che avrebbe organizzato grosse manifestazioni per scalzare Saleh se questi non si fosse fatto da parte. Diceva anche che i sauditi non erano molto convinti che la cosa potesse funzionare ma che era essenziale il loro appoggio.
Oggi sembra che le cose si siano messe in fila…
C’è anche questo
http://narrabyee-e.blogspot.com/2011/04/hamid-al-ahmar-conspired-with-ali.html
Due cose sui leaks che segnali:
– è assodato che in Yemen esisteva, e da parecchio, una opposizione al presidente. che si manifestasse attraverso organizzazioni politiche trasparenti (partiti, elezioni, campgne politiche, o anche rivendicazioni non ortodosse come i rapimenti e le bombe) oppure in maniera più sotterranea (quel che rivelano i leaks) in ogni caso c’era da tempo. Il processo di unificazione, come già detto, non è stato indolore e ha scontentato in molti.
– le modalità di azione proposte dal “cospiratore” farebbero crollare il mito della “primavera araba (in realtà inverno, ma si sa che nella penisola le stagioni non corrispondono alle nostre), se la cosa fosse stata pianificata in questi due anni.
;)
D