Khaled, dici davvero o fai lo gnorri?
Khaled Fouad Allam, che conosco e stimo, è intervenuto lo scorso 12 febbraio sul tema del Comitato per l’islam italiano, di cui è membro. Quasi me lo perdevo.L’articolo, apparso sul Sole24ore, si intitola OLTRE LA CONSULTA / Un think tank aperto a tutti per integrare l’islam italiano.
Riassumo:
nel panorama europeo la gran parte delle esperienze consultive, che hanno cercato di aggregare le diverse sensibilità che caratterizzano le comunità musulmane, si sono di fatto concluse in parziale fallimento.
Ciò avviene perché:
non essendovi nell’islam istituzioni di tipo ecclesiastico, risulta difficile per uno stato inventarne una, perché ogni volta che si riconosce un’istituzione rappresentativa, se ne fa avanti un’altra che vuole delegittimare la prima
E ciò avviene perché l”islam della diaspora si coagula attorno:
- le comunità nazionali
- ideologie (es. Fratelli musulmani, Tabligh)
Insomma: bisogna trovare una via nuova, una via diversa da quella della rappresentanza, per costruire l’islam italiano.
E questa via è:
una specie di think tank, un laboratorio d’idee che di volta in volta cerca di analizzare i problemi e proporre soluzioni innovative: ad esempio sulla questione del velo, sull’annoso problema della formazione degli imam, sulla protezione dei minori (matrimoni forzati, infibulazione, eccetera), sulle regole relative alle sepolture e così via.
Bene, dunque, l’iniziativa di Maroni, Mantovano e Sbai.
Ok Khaled, ora ti pongo qualche domanda perché il metodo è importante, potresti avere ragione, perché posso dare per buono ciò che dici ma:
- ti sei guardato attorno mentre eri lì?
- Hai visto chi c’era?
- Non credi che il metodo, viste le persone di cui sei circondato, valga meno di niente?
Altro che think tank, quello è un think, please!
Dai, ammettilo, fai buon viso a cattivo giuoco.
Per chiudere due domande ai titolisti del Sole24 ore: quando scrivete “aperto a tutti” che cosa intendete? Che il prossimo 19, quando si parlerà del velo, posso andare anch’io, alzare la mano e prendere la parola?
https://in30secondi.altervista.org/2010/02/16/khaled-dici-davvero-o-fai-lo-gnorri/In 30 secondialfredo mantovano,comitato per l'islam italiano,integrazione,islam,italia,khaled fouad allam,roberto maroni,sole 24 ore,suad sbai,think tanks
Appena ripresa dal trauma della lettura di certi nomi facenti parte della lista di Maroni per il cosiddetto “Comitato per l’islam italiano”, condensato tutto in una frase del tipo “ma questi non c’hanno più neanche il pudore”, gironzolando su Google mi sono trovata davanti queste parole attribuite a Panella, uno di quelli che come consigliere per l’islam italiano fa proprio rabbrividire:
“Stop al criterio di rappresentanza: ora si dà spazio alle idee, idee concrete per problemi concreti. Questo il carattere tutto nuovo del Comitato per l’Islam italiano secondo Carlo Panella, membro del nuovo organismo, e il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano intervistati dal VELINO.”
Parole tese prima di tutto a giustificare l’esclusione dell’U.CO.I.I principale organizzazione delle comunità musulmane d’Italia. Tale frase potrebbe sembrare poi un invito al pragmatismo, ma è esattamente il contrario. Abbandonando il criterio di rappresentanza in favore di quello delle idee si attua un distacco dalla realtà oggettiva, aprendo il campo alle “interpretazioni”soggettive e al loro subordinamento all’ideologia dominante e all’interesse. Il termine “rappresentanza” deriva dal verbo latino arcaico re-ad-praesentàre, da cui il latino classico repraesentàre. Questo verbo è dunque composto della particella re (”di nuovo”), di praesens, accusativo praesentem (”presente”) e della particella interposta ad (”a”). Dunque, il significato forse più letterale è “rendere presenti cose passate o lontane”, e di conseguenza quello di esporre sia fisicamente che mentalmente figure o fatti”. Quando si debbono affrontare questioni che riguardano l’immigrazione, culture lontane o una religione ‘altra’ il rischio di sovrapposizione ideologica alla realtà è ancora più forte e dunque anche la necessità di una rappresentazione più ampia possibile di coloro dei quali si vuole discutere.
La rappresentanza attiene poi, nel senso politico, alla forma democratica e in fondo significa dare la possibilità alle persone reali di esserci e di esprimersi.
I criteri di scelta del Comitato per l’islam rappresentano dunque una diminuzione di realtà, un aumento dell’influenza ideologica e in fondo una perdita di democrazia.
« Spesso abbiamo stampato la parola Democrazia. Eppure non mi stancherò di ripetere che è una parola il cui senso reale è ancora dormiente, non è ancora stato risvegliato, nonostante la risonanza delle molte furiose tempeste da cui sono provenute le sue sillabe, da penne o lingue. È una grande parola, la cui storia, suppongo, non è ancora stata scritta, perché quella storia deve ancora essere messa in atto. »
(Walt Whitman, Prospettive democratiche)
Patrizia Khadija Dal Monte
Patrizia Khadija, grazie del commento, anche se avrei preferito che invece di fare copia incolla da qui avessi lasciato soltanto il link.
Detto questo parliamo di rappresentanza&co.
La prima cosa è una puntualizzazione (anche a me sulle prime era scappata): la Consulta di Pisanu, in cui c’era l’Ucoii, non partiva come entità rappresentativa bensì come una sorta di “Consiglio di saggi” alla maniera del primo organismo francese nato all’inizio degli anni ’90.
Ora: le strade percorribili sono 2 a mio modo di vedere, tenendo conto che nonostante ciò che dichiara Khaled Fouad Allam l’esperienza francese (vedi qui) non è stata del tutto negativa:
La prima strada, per me, è foriera di fraintendimenti ed errori per un motivo fondamentale: in Italia, oggi, i musulmani italiani sono una percentuale esigua rispetto a tutti i musulmani che vivono in Italia pur non essendo italiani (50.000 contro 1.200.000). La rappresentatività di un Consiglio, dovendo tener conto in prima istanza dei cittadini e non dei residenti, risulterebbe quindi molto esigua. E i problemi accennati da Allam (K.F.) potrebbero divenire insormontabili con il risultato che non vi sarebbe l’emergenza di un islam italiano. Detto questo, però, c’è da sottolineare che una legge ragionevole sulla cittadinanza potrebbe ribaltare l’analisi rendendo invece utile lo strumento del Consiglio così come l’ho descritto.
La seconda strada, invece, avrebbe il vantaggio dell’elasticità proprio rispetto alle diverse configurazioni delle comunità musulmane. Ovviamente si dovrebbe puntare sulla capacità e la volontà delle comunità di auto-organizzarsi e di presentarsi presso le istituzioni con le credenziali richieste e con richieste che non aggirino o offendano in principi stabiliti a livello centrale.
Facciamo l’esempio degli imam. Se una comunità di musulmani è principalmente composta di cittadini marocchini e registrata come tale l’imam della moschea sarà quasi sicuramente marocchino e malikita. In questo caso “le credenziali” che questo individuo dovrà mostrare di avere sono diverse da quelle che invece dovrà mostrare un Pallavicini nella sua moschea del Co.Re.Is. Ed è certamente la comunità di cui fa parte, essendo espressione di reali bisogni, che avrà in sé gli strumenti per giudicare questa persona un imam degno di essere tale o meno.
Questo sistema avrebbe fra l’altro il merito di far emergere comunità reali e non immaginarie o immaginate da Consulte e Comitati. E “far emergere” significa anche “portare alla luce”, “mettere in chiaro”, “rendere trasparenti” quelle realtà.
E qui veniamo al nocciolo del problema: l’Italia è un paese “in nero”, culturalmente “in nero”. L’emergenza di realtà auto-organizzate di qualsivoglia genere, in Italia, non è visto di buon occhio.
In breve: il problema è italiano, non “islamico”.
Lorenzo scusami, alla base della pubblicazione del mio articolo di islam-online, c’è un malinteso… Non ho capacità di avventurarmi in dibattiti politici veri e propri, le osservazioni fatte nel mio articolo sono osservazioni semplici sul pericolo che scegliendo il comintato in base alle idee s’ingrandisca il pericolo di staccarsi dalla realtà, che per me è rappresentata da coloro che si dicono musulmani, cittadini o no (a livello di percezione della loro religione non c’è differenza). Credo che debbano essere ascoltati per primi, poiché è molto facile elaborare un’idea di ciò che è giusto per i musulmani a partire dai propri interessi (che in questo caso sono evidenti) o semplicemente dalla propria precomprensione. Certo è anche un problema italiano, ma anche di desidero di controllo dei musulmani che verso altre religioni non si manifesta affatto.
Anch’io credo che debbano essere ascoltati per primi. Come ho scritto nel precedente commento, tutto sta nell’avere l’approccio giusto alla questione. Penso che riporterò quel commento in un post per dare modo a tutti di discutere sull’argomento, che in questo blog è centrale.
Salve, blog interessante, post ancor di più. Personalmente credo che le elezioni siano il modo migliore per eleggere i rappresentanti dell’Islam italiano. Sicuramente migliore di quello scelto da Maroni, dato che questo suo nuovo consiglio tutto ha dentro tranne che persone riconosciute essere attive a livello generale islamico (tranne Redouane, che conosco di nome ma del quale poco so a proposito delle attività in seno alla comunità) e arbitrariamente corrette (Panella che parla di Islam??? Ma per favore…). Magari sarebbe il caso di eleggere questi rappresentanti a livello italiano facendo modo che si candidino solamente coloro che hanno la cittadinanza, dato che questo requisito indica una permanenza sufficiente sul territorio tale da poter conoscere bene la realtà del paese. Marocchini, albanesi, pachistani o no a me, italiana, non interessa. L’importante è che siano corretti, e che siano persone oneste e praticanti. E che ci siano anche donne. Perchè i problemi più grandi sul territorio li abbiamo proprio noi. Aisha.
Grazie per i complimenti Aisha. Nel post Protesta vs proposta ho precisato meglio il mio pensiero in merito alla questione.
Invito tutti a commentare lì!
Hai ragione, scusa, avevo letto entrambe i post e ho risposto a tutti e due qui :)
Copio e incollo di là se non ti spiace, al massimo cancella i commenti che ho lasciato qui.
Ciao.