E' solo pollo industriale (2)
Lo scorso aprile registravo lo scandalo del pollo non-halal in Francia.
In breve: Kentucky Fried Chicken spacciava per “islamicamente trattato” e quindi “islamicamente commestibile” del pollo che non era tale (macellazione islamica for dummies: posizionamento dell’animale verso la Mecca + sgozzamento – preceduto in occidente e in alcuni paesi islamici da un pudico stordimento – + dissanguamento + recitazione di una formula assai breve = carne halal).
Rilevavo anche che v’erano stati diversi casi del genere anche in paesi islamici.
Concludevo con la riflessione che il cibo industriale, di qualsiasi genere, offre meno garanzie perché è molto più “una merce” di quanto non sia il cibo non industriale.
Oggi la controprova: in Gran Bretagna molti supermercati vendono carne halal senza dirlo o scriverlo da nessuna parte.
Sembra che il tutto nasca in Nuova Zelanda, da dove arrivano agnelli halal surgelati.
La cosa è verosimile, visto anche come si sta attrezzando un suo competitor, l’Australia, in merito al businness delle pecore morte e dei cammelli.
E avviene, ovviamente, per motivi di produzione: perché avere due filiere, una islamicamente corretta e una non, quando il risultato è più o meno lo stesso?
Infatti dal punto di vista igienico-sanitario, e anche tutto sommato dal punto di vista del gusto, la qualità della carne non cambia.
Il fatto è che, scoperto l’inghippo, molti la prendono male.
Ad alcune persone, soprattutto islamofobe, fa senso pensare di mangiare carne islamizzata, e dicono che tutto questo è un sintomo di Eurabia.
Altri, invece, non accettano di mangiare animali che, dal loro punto di vista, sono stati uccisi in maniera inumana.
Come fare, allora?
Con un bollino che recita “questa non è carne halal“? O anche “animale non sgozzato né dissanguato”?
La realtà è una: dovunque vi mettiate nello spettro di gradimento del cibo halal non sarete mai sicuri di mangiare ciò che pensate sia giusto mangiare se il prodotto che acquistate è industriale.
Perché alla fine, c’è qualcuno che fa i conti senza di voi. E se a quel qualcuno viene utile mettere scaglie di uranio impoverito nelle vostre salsicce, state sicuri che prima o poi lo farà.
Per l’ennesima volta, dunque, vi invito:
- a mangiare poca carne;
- a farvi un macellaio di fiducia.
—————————
Altri post correlati:
- Non è halal se non ha il bollino
- Non è halal se non ha il bollino (2)
- La fame vien mangiando
- Halal italiano, halal francais
- Halalizzazione in corso
- China cena halal
—————————-
Davvero: non sai quello che mangi.
https://in30secondi.altervista.org/2010/09/30/e-solo-pollo-industriale-2/Islamercatoaustralia,carne halal,europa,francia,gran bretagna,halal,islam,italia,nuova zelanda
Alcune considerazioni. Condivido il suggerimento #1 di Lorenzo. Sul #2, mi permetto di definire utopistica l’idea che un qualsiasi macellaio musulmano in Italia (e probabilmente nel mondo occidentale) abbia un pieno controllo della cosiddetta “filiera”, ovvero che possa garantire, per quanto indipendente, onesto e pio, che la carne provenga da animali che non hanno avuto i trattamenti ributtanti di cui al filmato, e che sia stata macellata con tutte le regole tradizionali della macellazione islamica (e sottolineo tradizionali, non adattate dall’ “imam” accomodante di turno, nostrano o arabo che sia). Insomma, che possano offrire prodotti “non industriali”. Ho l’impressione che si limitino a distribuire — nel loro piccolo, e in piena buona fede — prodotti provenienti da catene più o meno vaste, e di difficile controllo. Questo porta a un’altra considerazione: se qualcuno in totale onestà, trasparenza e verificabilità di tutti i punti (alimentari e religiosi) fosse in grado di garantirmi che un prodotto, animale o meno, è halal sotto ogni punto di vista, non vedrei nulla di male a usare i suoi servigi, per quanto possa essere avverso al cosiddetto islamercato. Va da sé che considero abbastanza utopistica anche questa ipotesi, ma direi che è auspicata da vaste schiere (anziché esaminare col microscopio una scatola di biscotti e cercare di capire se i vari ingredienti, addittivi ecc sono halal, torna più comodo avere un bel bollino messo da chi si è preso la briga di farlo, possibilmente con controlli accurati, anche se solo per ottenerne un tornaconto).
Già che siamo in tema, alcuni interrogativi: da dove vengono tutti gli studi sulle grandi sofferenze patite dagli animali con la macellazione islamica? Chi ha interesse, per un motivo o per l’altro, a sbandierarli? Le tecniche di stordimento sono davvero più indolori? Un piccolo tarlo mi spinge a guardare una definizione su wikipedia:
lipotimia – La lipotimia è una perdita di coscienza poco grave. Nella lipotimia si ha una cattiva ossigenazione del cervello per un abbassamento della pressione arteriosa. La causa può essere la stanchezza, il calore eccessivo, scarsa o cattiva ossigenazione nell’ambiente, emorragie, ustioni, traumi fisici o emotivi, abbassamento della pressione, ipoglicemia (basso tasso di zuccheri nel sangue) e così via.”
Devo dedurre che un umano può perdere coscienza per cattiva ossigenazione del cervello causata da “trauma emotivo”, mentre un montone rimane ostinatamente lucido a soffrire anche dopo la resezione di giuglare e carotide?
Convengo che in generale sia meglio la carota della carotide, tuttavia concedetemi qualche dubbio sulle propagande varie, di varia fonte…
Il mio è un modo per mettere in evidenza alcune contraddizioni su cui non si riflette mai. Riguardo alle sofferenze non saprei davvero come mettermi.
Riguardo alle sofferenze ho consultato a suo tempo una amica biologa per chiederle lumi e lei mi ha mandato tantissimo materiale su conferenze e istituti etc. etc. (chissà dove li ho messi, la mia casa straripa di carta). Ma non sono riuscito a farmi un’idea anche perché non si risponde alla mia domanda: è umano trattare “umanamente” gli animali? Ovvero: i nostri parametri di umanità sono sufficienti a garantire l’animalità della morte di un animale? (non so se si è capito….)
C’è però questo commento di Stefano sull’iniezione letale che mi suona molto. Tenuto conto, , che per molti – e anche per me in fin dei conti – c’è una bella differenza fra uccidere per mangiare e uccidere per fare giustizia…
Capisco la tua volontà di evidenziare contraddizioni, e cerco di darti manforte.
Chissà cosa ne pensano gli astici negli acquarietti asfittici nelle pizzerie, pronti al tuffo nell’acqua bollente. Sicuramente la soluzione più sicura sotto tutti i punti di vista è non mangiare animali, o mangiarne un minimo per quanto possibile garantito.
Se può valere l’esperienza personale, e per me vale, ho assistito a qualche macellazione rituale, ovviamente clandestina, ma eseguita con tutti gli scrupoli. Gli animali, per quanto suoni sinistro dirlo, erano letteralmente coccolati e tenuti lontani da ogni traccia di sangue, e non si dibattevano minimamente; al taglio netto e rapidissimo di vene e arterie hanno immediatamente strabuzzato gli occhi, e sono rimasti immobili. Tutto qui.
Di certo non è la prassi dei macelli, islamici o meno. Il problema sono appunto il mercato e i consumi smodati, più o meno indotti. Per il resto ognuno fa fa i conti con la propria coscienza, ma una certa vigilanza sulla diffusione di notizie anche mediche o pseudo-mediche (cui prodest?) mi sembra doverosa.
Esattamente!
Visto che hai persino citato il mio commento :-) mi preme circostanziare una cosa per evitare la figuraccia: il barbiturico DOVREBBE renderti incosciente, quindi in teoria il discorso funziona. In pratica, in fase di autopsia sono stati riscontrati casi in cui le cose non sono andate esattamente per questo verso (l’effetto dell’anestetico dura solo pochi minuti, e il veleno che blocca il cuore è dolorosissimo; ma il condannato è paralizzato, quindi non si agita e sembra in pace). E comunque, è stato agghiacciante il caso di quel poveraccio che ha chiesto e ottenuto di cercarsi la vena da solo perché continuavano a non trovargliela e lui non ne poteva più. Rimando a una selezione di qualche fonte fra le migliaia disponibili: qui, qui, qui e qui.