Al mondo ci sono quasi 7 miliardi di persone, 5 dei quali, secondo “Il Giornale”, sono perseguitati per motivi religiosi (fonte).

Bene, diamo per buono questo conto. D’altronde a dare questi numeri sono quelli del Pew.

Allora: poiché 7 sta a 5 come 100 sta a 71,5 possiamo dire che 71,5 persone su 100 sono perseguitate per motivi religiosi.

Un dato abnorme la cui analisi, però, diventa più chiara quando consideriamo gli agnostici e gli atei.

Secondo il Book of the Year dell’Enciclopedia britannica gli atei e gli agnostici nel mondo sono complessivamente 1,154 miliardi. Secondo la World Christian Encyclopaedia, invece, ci sarebbero 1,071 miliardi di agnostici e 0,262 miliardi di atei. Cioè, complessivamente, 1,323 miliardi di non credenti. Secondo Philip Zuckerman, l’autore di Society without God (vedi questo articolo di Laura Piccinini), siamo a 0,918 miliardi.

Che facciamo, togliamo 1 miliardo di atei dal computo di coloro che sono perseguitati per motivi religiosi? No, non si può fare. Ci sono posti dove se sei ateo vieni perseguitato, e anche questa è una persecuzione religiosa.

Ma c’è di più. Sempre seguendo Zuckerman, i paesi in cui c’è più libertà religiosa sono anche quelli in cui ci sono più atei (fonte). Insomma, i persecutori di credenti sono credenti. Ovvero: sono davvero pochi i paesi in cui vengono perseguitati i credenti in quanto tali, cioè al di là della loro religione di appartenenza. Sono molti di più, invece, i paesi in cui vengono perseguitati credenti di religioni non ammesse o poco tollerate dallo Stato.

Comunque, a giudicare dal numero di “agenzie”, di parte o meno, focalizzate sulle libertà religiose, sembra quasi che la non libertà di religione sia il vero problema di questo pianeta mentre il vero problema, ad intuito, dovrebbe essere la fame, la povertà, la libertà tout court.

Inoltre, se diamo per buono ciò che dice Zuckerman, il processo di ateizzazione del mondo è incontestabile/irrefrenabile, e non a causa delle persecuzioni.

La questione delle libertà religiose, insomma, è sovraesposta dal punto di vista mediatico, e occorre chiedersi perché ciò avviene.

A questo proposito un dato è certo: nelle priorità di ogni agenzia di promozione di una religione qualsivoglia c’è, ai primi posti, il persecution watch. Essere perseguitati rappresenta un fondamentale grimaldello identitario, dà credibilità a quella agenzia. E’ qualcosa che serve a rinvigorire il senso di appartenenza. O comunque un qualcosa che fornisce buoni spunti per la polemica interreligiosa:

– tu mi perseguiti qui
– ma tu mi perseguiti là
– io ti perseguiterò perché tu mi perseguiti
– io non lo farò perché sono buono
– tu dici così ma intanto mi perseguiti qui
– ma tu mi perseguiti là

Etc. etc. fino alla fine dei tempi.

Se non sei perseguitato non sei credibile, dunque? Due esempi fra i tanti di persecution watch:

  1. L’Islamophobia observatory della Organizzazione della Conferenza Islamica (di cui scrivo qui).
  2. Opendoors serving persecuted christian worldwide (di cui scrivo qui)

Ma non è finita qui.

Essendo un ottimo argomento in diplomazia e in politica la questione delle persecuzioni religiose non interessa solo chi è direttamente coinvolto, chi si occupa attivamente della promozione dell’una o dell’altra religione.

Ad esempio il Dipartimento di Stato Americano (qui) o istituti come il già citato Pew Forum on Religion & Public Life (qui) stilano ogni anno i loro rapporti su questi argomenti.

Inoltre, verosimilmente, tutti gli attori politico e/o economici che basano il loro consenso o la loro prosperità sull’identità religiosa hanno interesse a promuovere la religione come elemento centrale nella vita di ogni giorno.

E, poiché nel mondo dei ricchi siamo sostanzialmente dei consumatori, a promuovere il consumo della religione-merce.

Altro che “relativismo culturale”, “multiculturalismo” etc. etc.: qui si parla di soldi e potere, ci vuole un consumatore credente e radicalizzato*.

Per quanto riguarda l’islam questo blog dedica una certa attenzione all’osservazione di come l’islam sia anche un vero e proprio brand. E quanto ciò configuri sempre più un antagonismo di mercato che si riflette sulla percezione che il mondo intero ha dell’islam stesso come polo antagonista.

Di certo l’economia delle religioni** è più forte quando le si associa una qualche minaccia.

E inoltre poiché, tornando a Zuckermann, le religioni sono in crisi, può essere utile soffiare sul fuoco.

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* C’è anche chi sul web, compila liste di “estermisti anti-religiosi“.

** Sull’economia delle religioni segnalo Le fedi come le aziende aspirano al monopolio di Paolo Mieli: una recensione a il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo, cristianesimo, islam di Philippe Simonnot.

Lorenzo DeclichIslamercatoNumeri e favoleatei,ateismo,cristianesimo,ebraismo,islam,islamofobia,laura piccinini,medjugordje,mercato,open doors,organizzazione della conferenza islamica,paolo mieli,persecuzioni,pew forum on religion & public life,philip zuckerman,philippe simonnot
Al mondo ci sono quasi 7 miliardi di persone, 5 dei quali, secondo 'Il Giornale', sono perseguitati per motivi religiosi (fonte). Bene, diamo per buono questo conto. D'altronde a dare questi numeri sono quelli del Pew. Allora: poiché 7 sta a 5 come 100 sta a 71,5 possiamo dire che 71,5...