La strategia del gelsomino
A qualche giorno dalla pubblicazione del post sulla “rivoluzione del gelsomino”, Giorgioguido mi scrisse che i suoi amici tunisini non erano affatto d’accordo con quella definizione.
Presi dunque a chiamarla direttamente “rivoluzione tunisina”, perché mi sembrava giusto chiamare quella cosa lì nel modo in cui i suoi protagonisti la chiamavano.
Nei giorni seguenti scoprii che c’erano altri tunisini che continuavano a chiamarla “rivoluzione del gelsomino” per due motivi diversi:
- gli piaceva la definizione;
- ormai il “messaggio” era passato in quel modo ed era meglio non mettersi a discutere sui dettagli.
Come scrivevo in Rivoluzionari e wannabe il meme intitolato “giorno della rabbia” non è “il giorno della rabbia” tout court.
La stessa cosa è valida per il meme della “rivoluzione del gelsomino”, che ha percorso migliaia di chilometri e si è ripresentato fenotipicamente a Pechino, sotto forma di lancio di fiori di gelsomini per le strade: un fatto che a Tunisi non è mai avvenuto.
La cosa ha comportato l’arresto di centinaia di persone e, davvero, sembra di trovarsi di fronte a un plot della serba CANVAS (Center for Applied NonViolent Action and Strategies, leggi questo fondamentale articolo):
- fai vedere che esisti;
- con iniziative che, se represse, possono far riflettere sulla stupidità e la pesantezza della repressione;
- cerca di ottenere sempre e comunque una vittoria, anche se microscopica.
In questo caso la strategia del gelsomino è azzeccatissima perché:
- anche la Cina ha una forte cultura del gelsomino;
- lanciare gelsomini per le strade, in Cina, è semplicemente bello e pacifico.
Quanto a considerazioni del tipo “la Cina non è la Tunisia” le lascio ad altri perché:
- non mi piace scrivere ovvietà;
- non mi piace usare nulla che puoi trovare nei già citati “Tyrant for Dummies” (pp. 47-49) o “Manuale del Tiranno 0.1” (pp. 67-8. Su questi due testi vedi qui, qui, qui e qui).
Incitazione alla sovversione cinese
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